Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1923, XXII.djvu/436

428


Frontino. (Gli dà una canna, a cui è attaccato un pezzo di cerino per accendere le candele di cera) Tieni, aiutami ad accendere le candele.

Fiorillo. Volentieri, (tutti due cominciano ad accendere, e parlando nel medesimo tempo.)

Frontino. (A Fiorillo che comincia ad accendere il gran lampadario di mezzo) Fa pian piano. Abbi attenzione alle candele. Non sono che pezzi vecchi, attaccati su de’ bastoni dipinti.

Fiorillo. Sì, farò piano, non dubitare. Ma, Frontino mio, spero che tu mi darai da cena questa sera.

Frontino. Vedremo, se avanzerà qualche cosa, I piatti sono grandi, ma il di dentro non è forte.

Fiorillo. Avremo una bottiglia almeno.

Frontino. Diancine! s’io osassi prendere una bottiglia, me la farebbe scontare col mio salario.

Fiorillo. Ma in una cena di tante persone, come può egli accorgersi, se manca una bottiglia di vino?

Frontino. Come potrebbe accorgersi? Egli ha in saccoccia un certo numero di pallottole di carta: le tira fuori ad una ad una, a misura che bevono, e al fine della tavola, sa quante bottiglie si son bevute.

Fiorillo. Che il diavolo...1

Frontino. (Vedendo venire il suo padrone) Zitto, zitto.

SCENA III2.

Il Conte e detti.

Conte. (Da sé, e adirato) (Poteva io aspettarmi un simile trattamento? Poteva egli dirmi, in pochi accenti, impertinenze maggiori? Poteva usarmi maggior disprezzo? Sua figlia non è per me: non verrà a cenar meco; e poi ridermi in faccia! E poi burlarsi di me! Sciocco! imbecille! Non sa parlar che di biada, e replica cento volte la biada), (a Fiorillo seriosamente, con isdegno) Il vostro padrone avrà bisogno di voi. Andate.

  1. In qualche esemplare dell’ed. Zatta: Che diavolo...
  2. Sc. 5 dell’originale.