Il sistema della tariffa annonaria sul pane in Roma/Paragrafo IX
Questo testo è completo. |
◄ | Paragrafo VIII | Paragrafo X | ► |
§. IX.
Voi multate di scudi dieci se la tariffa non si trovasse affissa in ciascun forno, e si trovasse alterata Art. 7. Voi multate di scudi dieci se in dodici pani di piccolo volume riscontrati a peso freddo mancasse un’oncia dal peso prescritto. Se la mancanza fosse di due once, raddoppiato la pena; se di tre la triplicate, e così di seguito attribuendovi anche il diritto di distribuire il pane gratuitamente ai poveri. Così se il pane di grosso volume fosse venduto mezzo quattrino di più alla libbra dal prezzo stabilito, v’è la punizione di scudi dieci che aumenterà nella proporzione di della somma per ogni mezzo quattrino indebitamente percetto, oltre la perdila del pane, e la facoltà in voi di raddoppiare questa penale nel caso di recidiva, Art. 8. Voi multate di scudi dieci, di scudi venti, e più in caso di recidiva ec; se un fornajo non confeziona il pane in ragione delle quattro qualità che prescrivete, e secondo le proporzioni delle varie materie panizzabili, di cui date le regoie nell’Art. 10; se i suoi pani di grosso volume hanno un peso minore di due libbre o maggiore di tre; se il pane non è tutto bollato, e visibilmente bollato; se il fornaio vendesse un pane in grosso volume a prezzo fisso; e vi riserbate finalmente d’inabilitarlo all’esercizio dall’arte se fa atto d’insubordinazione ai vostri ministri ec. ec. Art. 11. 12. 13. 14. e 17. Noi ossequiamo la legge che porta la sua sanzione: sia in diritto naturale, e noi non miscrediamo i principii elementari della filosofia morale. Ma che poi si abbia a tollerare una sanzione severa sopra atti indipendenti dalla volontà umana perchè una legge insipiente li chiama in colpa, sarebbe signor Municipio una dabbenaggine riprovevole troppo dal buon senso della generazione che occupa attualmente la scena del mondo; e se in faccia a questa non si protestasse altamente.
Avete ben ragione di multare chi non obbedisce di tenere affissa nel suo negozio la tariffa, perchè il precetto divino sull’obbedienza, potevate credere, che non obbligasse abbastanza. Il supporre poi possibile l’alterazione quando in tutti gli angoli di Roma affiggete la stessa vostra bisettimanale pubblicazione, è ingiurioso e maligno supposto; ma è pure un saggio della dolcezza dell’animo vostro. Ciò che non possiamo perdonarvi è la multa dei scudi dieci, dei venti, dei trenta ec. sul difetto di un’oncia, di due, di tre oncie sul peso freddo di dodici pagnottelle.
Voi avete copiato alla lettera la legge del 1838, e perciò non avete trovato scritto che fino al limite di tre oncie in difetto sopra dodici pagnottelle, i ministri annonari avevano istruzioni di non dichiarare caduto in multa il fornajo, e ciò era perchè quelle buone anime erano entrate in ragione che questa mancanza poteva essere incolpabile. Voi avete bisogno di qualche nozione in preposito.
Le pagnottelle sono pesate in posta e e quasi sempre di notte da un uomo abile, lavoratore indefesso, e quindi attentissimo al pieno e completo esaurimento dei propri doveri: questi per consuetudine fa il peso di un brano di pasta per due pagnottelle. Questo brano è diviso materialmente senza altra regola che quella della pratica da coloro che spianano, e configurano il pane, che così ridotto è posto cassette infarinate, e da quivi è raccolto da altro uomo, e collocato sopra tavole a lievitare. Finalmente si cuoce. Ammettiamo pure che facendo sei pesi, quegli che è inteso a ciò non si sbagli mai; che gli altri che li dividono e ne configurano i dodici piccoli pani, li dividano esattamente, e nessun brandeilo di pasta si perda, o si confonda per la spianatoi; così colui che li colloca sulle tavole mai scambi le parti di una coppia coll’altra, potendo avvenire, che alcuni riusciti più piccoli a vantaggio di altri resi maggiori, i primi vadano a far parte di una serie di dodici e gli altri di un altra. Che se la prima incogliesse nelle bilancie del Commissario non ammetterebbe, secondo le vostre istruzioni, pietoso senso per queste accidentalità che pur noi osserviamo frequentemente accadere per la moltiplicità incessante del lavoro, eseguito, come si disse, quasi sempre nella notte, e mentre voi Municipio tranquillamente dormite i vostri lunghi sonni. Ma i due processi che subisce la pasta, la lievitazione cioè, e la cottura per divenir pane vi sembrano signor Municipio calcolabili con tale esattezza, che posta pure tutta la volontà dell’uomo e sia non dissimile da quella che si ebbe il massimo modello dei pazienti nell’orto, si possa ottenere la ponderabilità sì scrupolosa conte voi l’ordinate in dodici pani così piccoli e delicati? O voi non conoscete neppur’una di tutte quelle contingenze che possono accompagnarsi a queste due operazioni da far cadere questa merce sotto gli attentati della leggo involontariamente: o voi vi siete voluto creare un diritto di farla mal capitare quantunque volte vi aggrada.
Tuttociò che é stato detto sulla difficoltà di ponderare i prodotti panizzabili nell’attraversare la fermentazione e la razione, torna inutile ripetere, per persuadersi con quanta più ragione la differenza di una o due oncie in peso sia facile ad accadere. La fermentazione È un processo catalitico dissolvente nel quale le sostanze proteiche del grano ridotto a pasta subiscono un cambiamento che dà pure lo sviluppo di materie gasiformi, e il suo risultato modifica il volume ed il peso. Le qualità differenti di ogni farina danno quantità differenti in questi risultati, e il peso della pasta può restare alterato involontariamente sotto queste differenze sconosciute nella natura della farina che si adopera empiricamente. Altera il peso della pasta ogni difetto di lavorazione, e la mancanza delle necessarie circostanze per la buona lievitazione. Che il Padrone di notte vegli, ed i lavoranti siano pare intenti alla fatica che tutte le cautele non si trascurino; nondimeno avverrà talvolta che i lieviti s’inacidiscano, e l’impastamento non resulti perfetto; quindi la fermentazione avvenga, ed ecco che il Fornaio, il soggetto delle vostre paterne cure e sollecitudini, oltre a ricevere danno nello interesse, è di suprasselto condannato a subire anche la pena della legge. La temperatura della stufa, se non è al giusto grado, e sia secondata dallo stato igrometrico del l’aria ambiente, può alterare sensibilmente il peso del pane nell’atto che subisce la fermentazione, a disturbare la quale basta un colpo di freddo che riceva la pasta mentre compie questo processo, perchè ne sospenda lo sviluppo, ne alteri il corso, e la lasci così sottoposta a tutti quei danni che emanano dal disturbato equilibrio di rapporto fra il giusto punto di lievitazione, e il contemporaneo stato di giusta temperatura del forno. Egualmente nel subire che la pasto fa la cozione, il calore del forno che non si scandaglia col pirometro, ma deve dipendere dalla pratica dello infornatore , è una di quelle circostanze che frequentemente inducono ribasso sensibilissimo sul peso del pane malgrado tutte le attenzioni, e le abilità del lavorante. Lo stato umido, o di soverchia secchezza delle legna e la loro qualità che, servono a scaldare il forno, influiscono potentemente o a scaldarlo troppo, o troppo poco indipendentemente dalle cure dello infornatore in quei quarti d’ora che sono concessi a questa operazione fra un’infornata e l’altra. Vi sono delle stagioni nell’anno che la previdenza sulla provvisione delle legna non basta per ovviare a questi inconvenienti. Intanto una infornata che trovi, o eccesso, o difetto di calore, non potrà dare un pane nel giusto limite di peso calcolato regolarmente in pasta. Tuttavia voi condannerete perciò il padrone a dieci scudi di multa per ogni oncia sopra dodici piccoli pani che nello insieme dovrebbero pesare all’incirca tre libbre e mezzo! In Roma non abbiamo ancora il merito di possedere forni aerotermi e disposti a Sole tournante perchè si possa pretendere che non accadano gli inconvenienti riconosciuti nei forni comuni da chiunque tratta queste materie, ad eccezione di chi le vuole soprantendere in questo paese. Cade in opportunità l’aggiungere ancora che lo stato igrometrico dell’aria che incontra il pane all’u- scire dal forno, non è il solo ad influire potentemente sul peso, ma lo stato anemoscopico dell’aria sutto un limite così scrupoloso di peso come lo esige la legge, può cagionare il difetto del quale si accusa il fornaio. Sono queste ovvie cognizioni tecniche che rendono la disciplina della legge doppiamene odiosa per la crassa ignoranza di chi l’ha compilata. — Ma seguitiamo.
Per chiamare in multa i fornari su dodici pagnottelle, voi le mettete sulla bilancia, e vi basta che non siano in regola col peso prescritto dalla tariffa. A sorprendere però il fornaio che vende il pane in grosso volume mezzo quattrino di più alla libbra per multarlo di scudi dieci, e di venti su un quattrino, quale pratica teniate nè voi ce lo dite, nè il versatile ingegno de’ vostri officiali ci ha manifestate le traccie. Tuttavia anche questo è un articolo, che meritava qualche critica prima di essere riprodotto all’uso Merlin Coccai. Voi dovrete trarre la frode per una di queste due vie: o pel mezzo quattrino percetto di più dal venditore, o per la frazione di pane data in meno al compratore. Il sistema attuate della nostra monetazione non ammette il mezzo quattrino, ed il farvi appello per istabilire il massimo rigore, è veramente ridicolo; molto più che la vostra tariffa calcola il prezzo a decine ed il compratore di una libbra di pane non può esibire il giusto valore. Esigete forse che il fornaio abbia una bilancia formata sul principio idrostatico di Archimede, e sia il calcolatore più esatto delle frazioni per non incappare fra i denti della legge? Ne sia un esempio la tariffa attuale che segua il prezzo di ogni decina di pane secondo la sua qualità baiocchi 26, 21 e 19. Una libbra di questo pane costerà rispettivamente baj. 2 6|O, baj. 2 1|10, baj. 1 9|10, il compratore non può esibire questa frazione di moneta, bisogna adunque frazionare il peso della libbra in più o in meno, secondo piace all’acquirente; ed ecco il fornajo in un imbroglio dentro il quale la multa del mezzo quattrino avrà largo il campo di correre nella sua puerilità, mostrandosi in tutto il rigore di cui è stata rivestita, quale che giunge ali punto, nientemeno di potersi rodere lutto il pano che contiene la bottega del: fornaio dopo aver rubato a questi dieci, venti e più scudi, per accrescere lo splendore della festa. Ma usciamo per carità di chi ci ascolta, da questa noja.
Altro titolo della multa che ferisce il fabbricatore del pane è, se questo non sia confezionato secondo le proporzioni delle varie materie panizzabili di cui è data la regola all’Art. 10 per le diverse qualità. Il sapere quali siano queste proporzioni poco importa; sono una norma, un numero dato che non potrà seguirsi che approssimativamente nella pratica. Voi Signor Municipio avete fatto i vostri conti sopra un rubbio esatto di grano; se il fornaio dovesse seguirvi in questa operazione dovrebbe avere un bilancione sul farinaio, un altro nella stufa, e tutto insaccare per mettere a peso; creare un ordegno per pesare i lieviti, moltiplicare la mano d’opera e accrescere così le spese. Voi avete fatto pone per quanto ve ne dava, secondo le vostre regole, il rubbio di grano; il fornajo deve fare tanto pane quanto serve ad empirne il suo forno, e farne tante infornate e di quella qualità che può vendere nel suo negozio. Malgrado tuttociò, teniamo in discorso l’ipotesi la più generale che possa accadere, quella cioè che il fornaio studi esattamente di eseguire le norme prescritte, e confezioni il suo pane in proporzione delle vostre norme; ammettiamo pure che costretto di fabbricarne non quanto ne viene di ciascuna qualità, secondo la vostra media delle tre rubbia, ma quanto ne può smaltire colla vendita. Avvenga ora, come è attualmente, che il raffinamento del gusto fa ambire il pane di prima qualità anche nella classe povera, il pane di qualità infima non se ne venderà abbastanza, cosicchè quei grossumi, altronde buoni, rimangono sui farinai, come quisquilia a far parte degli utili del fornaio. È il pane secondo le vostre regole esposto alla vendita; entra tuttavia nel negozio un vostro ministro, e sia pel desiderio di farvi cosa grata, e sia per l’ignoranza sua, o per l’animosità che gli avete saputo ispirare, dichiara il pane incriminato, e se lo trascina a salire l’onore del Campidoglio. Tralasciamo di dire per ora di tutte le formalità legali su cui si transige dispoticamente. Come fate, con quale misura, con quali giudizii acquistale voi la certezza, che il pane chiamato in frode difetti di proporzione nelle sostanze panizzabili? Se per esempio, e un pane di 2.a qualità, che nella proporzione di un rubbio, secondo i vostri conti, debbano andar commiste ottanta libbre di grossumi, in libbre trecentocinquantuna di pane, ossia circa centoquaranta pani del peso di libbre due e mezzo l’uno, ciò che stabilisce in ciascuno di questi circa sette oncie di detti grossumi, Come e con quali esperimenti analitici vi accerterete, se invece di sette fossero otto o nove le oncie dei grossumi? Se sono proporzionati nel pane inquisito a termini di legge, ovvero se sono anche in dose minore, e per altre ragioni il pane manchi di comparsa, e l’erudito vostro ministro l’ho ha repulato degno del sequestro? Voi fate appello al vostro perito, il perito giudica sulle qualità fisiche di questo pane, il suo giudizio emana dalla capacità che ha di giudicare, il suo giudizio se è guidato dalla capacità dalla intelligenza dell’arte altro che nei casi di una sensibilissima distanza dalle proporzioni volute potrebbe soccorrere la vostra coscienza. Un grano che di natura panizzi male; un grano buono malamente molito; una lavorazione in pasta mal condotta, possono alterare le qualità tisiche di un pane confezionato secondo le vostre norme, e voi lo dichiarerete per l’alto del vostro ministro, sulla fede dell’inesperto perito, cadute nella multa; voi sarete ingiusti per la mala scelta dei ministri, per la peggiore del perito, se non siete avvisati che il dar giudizio di una dose quantitativa di fiore di farina, di seconde farine, di grossumi in una massa di pasta che ha subito il lavoro, la fermentazione, la cottura è un alto d’imprudenza se non è dato sotto una formula che includa probabilità, a meno che la sproporzione non sia rilevantissima. V’hanno de’ grossumi, di seconde farine di grani buoni, che uniti ai lieviti eccellenti possono sorpassare di gran lunga la proporzione che voi non esigete per avere un pane di 2.a qualità ohe i vostri ministri, i vostri periti, voi stessi reputereste fatto secondo la legge; come v’hanno per contrario di quelle che in poca dose minore assai dell’assegnata, danno un pane che reputereste, multabile specialmente se accompagnato da cattivo lavoro. Ciò letto dimostri che il vostro sistema di multare per questo titolo può essere fallacissimo, perchè manca di argomenti intrinseci di prova, c l’autorità a cui si appoggia, è più o meno morale, secondo la scelta delle persone di cui, Ecc.mo Municipio, vi late sostegno....
La multa di scudi dieci che applicate ai panattieri se formano pani minori di due libbre, e maggiori di tre, è piuttosto un vincolo che voi imponete alla libertà dei consumatori, anziché una necessità plausibile della legge. Due persone, sedute a mensa civile, amanti di mangiare questa specie di pane, prima solevano vederlo apparecchiato intiero, oggi devono soffrire per vostra cura di vedersi serviti di un tozzo di pane. Il bollo che imponete sia posto sopra ogni pane qualunque volume abbia, e per il quale avete ripetuto il solito intercalare dei scudi dieci di multa, se non è visibilissimo a che vi serve, se colla legge avete distrutto la necessità d’identificarlo al suo fabbricatore, resultando responsabile verso di voi chi possiede il pane? Eppure l’idea del bollo non è l’idea del più felice ricordo nella storia della civiltà. Potevate risparmiarlo almeno a carico dei piccoli pani, che per essere delicati hanno l’onor della vostra tavola, e perciò stesso rifiutano prendere l’impressione di quel bollo villano, senza esporre il vilipeso panattiere alla multa di scudi dieci, se S. Lucia non conserva la vista ai vostri ministri. Così la vendita dei pani a prezzo fisso, che voi avete vietata colla minaccia di perdita dei soliti scudi, disconoscendo le ragioni di comodo che il commercio di tutti i generi ha riconosciuto in questa modalità di offerta, fa parte di quello spirito di manomessione prodigato a questa industria, poiché la legge sul peso, regolato dalla ragione di prezzo bustava a garantire i consumatori.
Finalmente sul diritto che vi assumete di privare un fornajo di tutto il suo pane, perchè lo credete caduto in frode; sul diritto d’inabilitarlo all’esercizio dell’arte se fa atto d’insubordinazione ai vostri ministri, sarà materia di discorso parlando intorno al modo di fiscaleggiare colla vostra legge gli alti di questa industria per opera dei vostri ministri, abili come voi in questa specie di giudizi, animati dal vostro spirito di severità verso una classe, che ha pure qualche cosa di onorevole ed apprezzabile di fronte alla vostra dignità.