Appendice

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Atto III Nota storica
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APPENDICE.

Dalle edizioni Bettinelli e Paperini.

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ATTO TERZO.

SCENA PRIMA1

Camera.

La Marchesa Beatrice e Rosaura.

Beatrice. Orsù, Rosaura, venite qui, parlatemi con quella ingenuità che è propria del vostro carattere, ed in me troverete uguale sincerità. Leviamoci ambedue la maschera, e senza riguardi trattiamo la nostra causa.

Rosaura. Signora, non mi abuserò della libertà che mi concedete; parlerò, se m’incoraggite a parlare.

Beatrice. Voi non siete contenta del vostro stato.

Rosaura. Se lo fossi, mostrerei di meritare la mia sfortuna.

Beatrice. Quali sono le vostre pretensioni?

Rosaura. Quelle che mi vengono inspirate dal sangue nobile, e autenticate dalla cognizion di me stessa.

Beatrice. Spiegatevi.

Rosaura. Lo farò in poche note. Io sono figlia del marchese Ercole di Montefosco. Dal feudo non sono escluse le femmine. Mio padre lo ha venduto prima del mio concepimento; ma la mia nascita rende nullo il contratto.

Beatrice. Il marchese Ridolfo, mio marito, ottenne dal Sovrano la investitura.

Rosaura. E il Sovrano medesimo troverebbe giusto di revocarla, se al di lui trono pervenissero le mie querele.

Beatrice. Volete voi muover guerra a chi vi ama e benefica2?

Rosaura. Mi è grato il vostro amore, vi rendo grazie dei benefici, ma non potrei tradire me stessa.

Beatrice. Avete dunque fissato di ricorrere a Sua Maestà? [p. 86 modifica]

Rosaura. Prima di presentarmi al Sovrano, ho destinato ricorrere a un altro giudice.

Beatrice. A qual tribunale?

Rosaura. A quello del vostro cuore medesimo. Voi siete pia, siete giusta; nasceste dama, e non sapete che nobilmente pensare. Nota è la fama della vostra virtù, e il modo con cui meco vi diportate, autentica la vera bontà vostra. Voi conoscete la mia ragione, a voi son noti i diritti ch’io serbo su questa terra. Capace non vi conosco di volermi oppressa con ingiustizia, anzi voi medesima sarete il mio avvocato, la mia protezione, la mia difesa. Se io non conoscessi appieno la vostra virtù, non vi aprirei sì facilmente il mio cuore, saprei anch’io dissimulare, fingere e lusingarvi. Potreste perdermi, se aveste cuore di farlo. Potreste togliermi ogni mezzo ai ricorsi, troncarmi ogni strada alla Corte; e non sareste la prima, che in caso simile avesse dato mano alla violenza, all’inganno, alla crudeltà. Vi conosco, di voi mi fido. Vi parlo col cuor sulle labbra, e chiedo a voi medesima giustizia, risarcimento, consiglio, compassione, pietà.

Beatrice. Ora che a me dinanzi avete trattata la vostra causa, volete che io pronunzi la mia sentenza?

Rosaura. Pronunziatela. Con impazienza l’attendo.

Beatrice. Voi siete l’erede del marchesato di Monte Fosco.

Rosaura. E vostro figlio...

Beatrice. Non può ritenerlo, senza taccia d’usurpatore.

Rosaura. Dunque poss’io sperare di conseguirlo?

Beatrice. Un giudice senza forze non può assicurarvi di più.

Rosaura. L’autorità della madre non potrà costringere il figlio?

Beatrice. Sì, vi prometto di farlo. Florindo non è fuor di tutela. Posso disporlo, posso costringerlo al suo dovere. Non tralascerò mezzo alcuno per illuminarlo della ragione3 e della giustizia. Egli è avvezzo ad ascoltarmi, ad obbedirmi; e quando in ciò l’ambizione lo rendesse restio, saprò volere, saprò [p. 87 modifica] minacciare. Rosaura, ve lo prometto: voi sarete la marchesa di Monte Fosco.

Rosaura. Oh Dio! Mi consolate, mi colmate di giubilo e di conforto.

Beatrice. Dopo avervi io assicurata della vostra felicità, posso sperare da voi gratitudine e ricompensa?

Rosaura. Vi deggio la vita istessa; comandatemi, e v’obbedirò.

Beatrice. Sposatevi al Marchesino mio figlio.

Rosaura. Perchè egli in dote abbia quel titolo che ingiustamente dall’eredità riconosce?

Beatrice. Sì, vi sembra forse ch’io ragionevolmente non pensi? Se posso assicurare la vostra sorte, senza toglierla ad un mio figlio, non loderete la massima, non seconderete il disegno? Sola non vi conviene di vivere; ad uno sposo vi dovete legare; e avreste cuore di posporre ad un altro il figlio della vostra benefattrice, di quella che vi ama, che vi difende, che vi soccorre?

Rosaura. Non ho cuor di resistere. Troppi sono gli obblighi miei verso il generoso amor vostro. Disponete del mio cuore, della mia mano, dei miei beni, di me medesima. Amorosissima madre, ecco a’ vostri piedi l’umile vostra figlia.

Beatrice. Sì, cara, sarete la mia delizia, la mia unica, la mia perfetta consolazione.

Rosaura. Ma, oh Dio! Chi mi assicura che il marchesino Florindo alle mie nozze acconsenta?

Beatrice. Vi amerà, perchè siete amabile; vi sposerà, perchè siete nobile; apprezzerà la riguardevole dote; ascolterà i miei consigli; rispetterà un mio comando.

Rosaura. Deh, non fate che il timore, l’ambizione, l’interesse siano i pronubi delle mie nozze. Se amore a me non l’unisce, pensiamo ad altro. Trovisi un espediente più onesto.

Beatrice. No, Rosaura, altro mezzo non trovo per rendere voi contenta, senza tradire il mio medesimo sangue.

Rosaura. Dov’è il Marchesino? Sentiamo dalla sua bocca quale speranza possa io concepire.

Beatrice. Ecco Pantalone che torna. Spero non sarà lontano mio figlio. [p. 88 modifica]

SCENA II.

Pantalone, dette, e poi il Servitore.

Pantalone. Servitor umilissimo de Vostra Eccellenza.

Beatrice. Dov’è il Marchesino?

Pantalone. Eccellenza, mi no so cossa dir. El xe dove che lo porta la so allegria, la so zoventù, el so caprizzio.

Rosaura. Buon preludio per le mie nozze.

Beatrice. Non lo avete voi ritrovato?

Pantalone. Eccellenza sì; l’ho trovà da Eleonora4.

Rosaura. Cantava le canzonette?

Pantalone. El cantava.

Rosaura. Contro di me?...

Pantalone. No so gnente...

Rosaura. Sì, contro di me. Ecco com’egli mi ama, com’egli mi stima.

Beatrice. Non vi conosce ancora perfettamente. Non dubitate, vi amerà, vi stimerà. Ditemi, signor Pantalone, è egli uscito di quella casa?

Pantalone. Eccellenza sì.

Beatrice. È venuto con voi?

Pantalone. Mo, Eccellenza, no.

Beatrice. Dov’è egli andato?

Pantalone. Ah! no ghe lo so dir.

Rosaura. Sarà andato da5 altre donne. Da tutte fuori che da me.

Beatrice. Gli avete detto che io lo ricercavo?

Pantalone. Ghe l’ho dito seguro.

Rosaura. Ecco come obbedisce la madre.

Beatrice. Non tarderà a venire.

Pantalone. Ho paura che per adesso nol vegna.

Beatrice. Per qual ragione?

Pantalone. El va de qua e de là per i prai, per i campi, per le colline. El salta i fossi come un lievro6; el se rampega7 [p. 89 modifica] co fa un gatto; el se cazza per tutti i busi8, e voggia el cielo che no ghe succeda qualche desgrazia.

Rosaura. Ah! il Marchesino non si vorrà legare col matrimonio!

Beatrice. Si legherà, non temete.

Rosaura. Ma un tal legame costerà a me la pace, e forse ancora la vita.

Pantalone. Eccellenza, una parola. (a Beatrice) (Tutto el paese mormora. L’insulta9 tutte le donne. I omeni de montagna i xe più zelosi de quelli delle città. Nasserà qualche inconveniente).

Beatrice. (Presto... si cerchi... si ritrovi...)

Rosaura. Ah signora Marchesa, prevedo la mia rovina.

Beatrice. Quietatevi, sarete contenta.

Rosaura. Temo dovermi augurare un giorno questa mia povertà!

Beatrice. E giovane, è docile, si assoderà.

Servitore10. I deputati della Comunità vorrebbero passare.

Beatrice. Introduceteli. (a Pantalone11)

Pantalone. La servo. (Adesso che i vien complimentar la siora Marchesa, bisogna ch’el capo dei martuffi sia all’ordene). (da sè, parte)

Rosaura. Io mi ritirerò.

Beatrice. No, restate. Ho piacere che vi vedano meco, e sappiano che io vi stimo e vi amo. Voi dovete essere la loro Marchesa.

Rosaura. Ma unita a vostro figlio.

Beatrice. Sì, così spero.

Rosaura. Se lo sperate voi, non ho ragione di sperarlo io.

Beatrice. Ma perchè?

Rosaura. Ecco i deputati.

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SCENA IV.12


Beatrice. (Oimè! Cresce il pericolo. Mio figlio è precipitato), (da sè)

Rosaura. (Quelli di Montefosco si dichiarano in mio favore?) (da sè)

Beatrice. Rosaura, che dite della temerità di costoro? [p. 90 modifica]

Rosaura. Non so che dire. Il Marchesino li averà provocati.

Beatrice. E per le leggerezze del figlio, non rispettano13 la madre?

Rosaura. Fra questi monti trovasi più sincerità che prudenza.

Beatrice. Voi li scusate, perchè si chiamano14 difensori della vostra causa.

Rosaura. Io parlo per la verità.

Beatrice. E soffrite che da costoro si ricorra ai tribunali per voi?

Rosaura. Signora, io non posso impedire che mi si faccia del bene.

Beatrice. Questo bene vi è stato prima proposto da me.

Rosaura. Ma con una condizione, che mi mette quasi in disperazione15.

Beatrice. Aborrite mio figlio?

Rosaura. Non lui, ma i suoi costumi.

Beatrice. Che ha egli fatto di male? Costoro, che son16 salvatici, si formalizzano di tutto.

Rosaura. Bel difetto è la delicatezza d’onore! Questo è l’unico pregio di queste genti.

Beatrice. Non so17 che dire. Mi veggo circondata da mille pericoli, da mille affanni; da antichi rimorsi e da novelli timori. Confidai18 nella vostra gratitudine, nella vostra bontà; ma vi vedo19) vacillare alla lusinga de’ vantaggiosi progetti. Fate ciò che v’aggrada; porgete l’orecchio a chi sa meglio persuadervi. Fidatevi di chi meglio voi conoscete. Armatevi contro di me; distruggete ogni mio disegno; scordatevi della mia pietà, dell’amor mio, della mia tenerezza; trattatemi da nemica; e non temete che, ad onta di tutto ciò, usi del mio potere per abbattervi, per annientarvi. Son dama, son giusta; ho giudicato in vostro favore; sarà nel cuor mio irrevocabile la mia sentenza. Dirò sempre20: viva la verità; trionfi la giustizia. Tutto perisca, pria di commettere una violenza, un atto solo di crudeltà. (parte) [p. 91 modifica]

SCENA V21.

Rosaura sola.

E a fronte di tanta virtù avrò cuore di resistere, di vacillare? La mia ingratitudine mi renderebbe indegna della pietà del cielo. La mia felicità troppo cara mi costerebbe, se accompagnata l’avessi dal rimorso d’averle mal corrisposto. Florindo è giovane, si cambierà. Oh Dio! E a questo rischio esporrò la mia pace? Esporrò la mia vita? Numi, assicuratemi, assistetemi, illuminatemi22. Facilmente la mente nostra confonde i buoni con i cattivi consigli. Pace vera, felicità perfetta, in terra si spera invano. Dunque che risolvo? che fo? Servami ognor di norma quel saggio detto

     Che di rado pentir l’uomo si vede,
     Quando a lungo pensar l’opra succede. (parte)

SCENA V23.

Camera rustica in casa di Corallina24; con sedie di paglia ecc.

Corallina.

Il signor Marchesino da me non si vede; sarebbe bella che mi facesse questo torto. Dalle altre sì, e da me no? Da me, che fra quelle del basso rango sono la più civile di tutte? Se mi fa questa, me n’ho25 per male assaissimo. Se non viene oggi da me, domani, da quella che sono, gli serro la porta in faccia.

SCENA VI26.

Eleonora27, Olivetta e detta.

Elenora. Corallina, ci siete? (di dentro)

Corallina. Ci sono. (Cosa vuole costei?) (da sè)

Eleonora. Siamo passate di qua, e siamo venute a ritrovarvi. [p. 92 modifica]

Olivetta. Questa sera credo che il signor Marchese verrà da me; se volete venir anche voi, siete padrona.

Corallina. Ve l’ha detto che verrà da voi?

Olivetta. Me l’ha detto sicuro.

Corallina. (Sarebbe bella, che da me non venisse). (da sè)

Eleonora. Da voi non è venuto? (a Corallina)

Corallina. Se non è venuto, verrà.

Eleonora. In quanto a questo poi, gli sono obbligata. Ha voluto venir da me, prima d’andar dalle altre.

Corallina. Perchè credete ci sia venuto?

Eleonora. Perchè è un signore, che sa conoscere chi merita.

Corallina. Poverina! È venuto, perchè c’ero io.

Eleonora. (Olivetta). (burlandosi di Corallina)

Olivetta. (Delle sue solite). (secondando Eleonora)

Corallina. Se non ci fossi stata io, non sarebbe andato dalle altre prima di venir da me.

Olivetta. Perchè ragione? Cosa siete più di noi?

Eleonora. Non siamo tutte del basso rango?

Corallina. Compatitemi, amiche care, da voi altre a me vi è qualche differenza.

Eleonora. In che consiste questa differenza?

Corallina. In tutto.

Olivetta. (Sentite? In tutto).28 (ad Eleonora)

Eleonora. (Sì, in tutto). (ad Olivetta) Anche in bellezza? (a Corallina)

Corallina. Mi parrebbe di sì.

Eleonora. (Oh, che ti venga la rabbia!) (da sè)

Olivetta. Della buona grazia non se ne parla.

Corallina. Non fo per dire, ma chi vuole un buon discorso, ha da venire da me.

Eleonora. (Sì, non sapete che la chiamano la dottoressa?) (ad Olivetta)

Olivetta. (Lo so che la burlano). (da sè)

Corallina. E poi son figlia del deputato di mezzo, e moglie di un laterale. [p. 93 modifica]

Olivetta. Ed io son moglie di un chirurgo, che può cavar sangue anche a un re di corona.

Eleonora. E mio marito conosce tutte le erbe, e non si può far la triaca29 senza di lui.

Corallina. Il mio è il primo cacciatore di Monte Fosco.

Olivetta. Il mio, oltre cavar il sangue, ha anche il segreto per i calli.

Eleonora. Ed il mio sa perfino incantar le vipere.

Corallina. Sì, ma il vostro va sempre in montagna, e porta i sacchi d’erbe sulle spalle. (ad Eleonora)

Eleonora. E il vostro, coll’occasione che tira alle bestie, ammazza anco gli uomini.

Olivetta. E fa il sicario.

Corallina. Ed il vostro, se cava sangue a dieci, ne stroppia otto. (ad Olivetta)

Olivetta. Mio marito è dottore.

Eleonora. Il mio è stimato anco dalli speziali.

Corallina. Il mio fa una professione da nobile, ed io sono la più nobile del basso rango.

Olivetta. Illustrissima.

Eleonora. Eccellentissima.

Corallina. Pettegole! In casa mia mi venite a burlare?

SCENA VII30.

Servitore e dette.

Servitore. Signora Corallina: è qua la signora Marchesa, che vi vorrebbe parlare. (via)

Corallina. Venga, venga. Vedete se io sono la più nobile e la più stimata? Vengono da me le signore marchese.

Eleonora. E da me viene il signor Marchese.

Olivetta. E verrà da me ancora.

Corallina. Voi non potete dire che da me sia venuto, o non venuto. [p. 94 modifica]

SCENA VIII.

La Marchesa Beatrice col Servitore, e dette.

Corallina. M’inchino al merito di Vostr’Eccellenza.

Eleonora. Serva umilissima di Vostr’Eccellenza. (s’inchinano)

Olivetta. Per obbedire Vostr’Eccellenza.

Beatrice. Mi preme di parlarvi, e perciò sono venuta segretamente31 da voi.

Corallina. Sono ai comandi32 di Vostr’Eccellenza.

Eleonora. Serva umilissima di Vostr’Eccellenza.

Olivetta. Per obbedire Vostr’Eccellenza.

Corallina. Ehi! Chi è di là; portateci delle sedie. (al servitore, che sta un poco indietro)

Servitore. (Se non ci fosse la padrona, vorrei io insegnarle a dir chi è di là). (da sè; va a prender le sedie)

Beatrice. Sono stato a casa di Eleonora, e non vi ho ho ritrovate.

Eleonora. Vedete? È stata prima da me.

Olivetta. Poteva venire da me, Eccellenza.

Corallina. Ha fatto bene a venir da me. Sono la prima del basso rango.

Beatrice. (Che sciocche!) (da sè; siede)

Eleonora. (Sendo vicina alla Marchesa, vuol sederle appresso.)

Corallina. (Le dà una spinta, e siede ella vicino alla Marchesa.)

Eleonora. Bella creanza!

Corallina. Vi sono delle altre sedie. Cosa mi comanda, Eccellenza?

Beatrice. Sedete tutte.

Eleonora. Per obbedire a Vostr’Eccellenza. (siede)

Olivetta. Serva umilissima di Vostr’Eccellenza. (siede)

Beatrice. Donne mie carissime, voi vedete che il Marchesino mio figlio è giovine ed allegro...

Corallina. È vero: è il più caro mattarello del mondo. [p. 95 modifica]

Eleonora. È stato da me a ritrovarmi.

Olivetta. E questa sera verrà da me.

Beatrice. Ecco appunto il motivo per cui sono venuta a ragionarvi. La sua età, il suo brio, non gli lascia qualche volta conoscere le sue convenienze. Egli si abbassa troppo, e quando trova facilità ed allettamenti, s’invesca e si pregiudica. Io non dico che voi altre siate di mal costume, ma, o per soggezione o per vanità, potreste soffrirlo; so che i vostri padri e i vostri mariti sono di ciò gelosi, ed essi in vece di ammonire voi altre, si rivoltano contro del Marchesino. Vi avverto per tanto a non riceverlo, s’egli viene; ad isfuggirlo, se vi ricerca; a non badargli, se vi fa delle grazie; se v’insolenta, se vi molesta, avvisatemi, e non temete. Toccherà a me a rimediarvi. Ma se ardirete riceverlo, trattarlo, allettarlo, vi giuro e vi protesto, che saprò farvene eternamente pentire.

Corallina. Eccellenza, ha ragione. Io non me ne sono impacciata33. Ha inteso? È stato a casa di Eleonora, e questa sera anderà da Olivetta.

Olivetta. Eh, da me non verrà, verrà dalla dottoressa.

Eleonora. Se è venuto da me, è venuto per causa di Corallina, per altro non ci veniva.

Beatrice. Basta, m’avete intesa. Quello ch’è stato, è stato. Per l’avvenire regolatevi con prudenza.

Corallina. Lasci fare a me, che per prudenza ne so quanto ne può sapere un34 architetto.

Beatrice. Dunque me ne vado.

Corallina. Si fermi, Eccellenza.

Beatrice. Perchè mi devo fermare?

Corallina. Voglio anch’io aver l’onore35 di darle un bicchiere di cioccolata? (s’alza)

Beatrice. Eh, non mi occorre...

Corallina. La supplico di questa grazia. (via)

Beatrice36. Ma se dico... [p. 96 modifica]

Eleonora. Eccellenza, non se ne fidi di Corallina: è finta.

Olivetta. E poi non è la prima del basso rango.

Eleonora. Le prime siamo noi.

Beatrice. Voi siete quella del semplicista. (ad Eleonora)

Eleonora. Eccellenza sì. (le siede appresso)

Olivetta. Ed io quella del chirurgo. (va presso ad Eleonora)

Beatrice. Che cava sangue ai cavalli.

Olivetta. Eccellenza sì. (Vedete se ha stima di noi? Si ricorda di tutto). (ad Eleonora)

Eleonora. Quando mio marito viene giù dalla montagna, voglio regalare Vostr’Eccellenza dell’erba lunaria.

Beatrice. A cosa serve?

Eleonora. Serve per far buon cervello.

Beatrice. Ne ho forse io di bisogno?

Olivetta. Se Vostr’Eccellenza averà bisogno di sangue, mio marito la servirà.

Beatrice. Il cielo me ne liberi.

SCENA VIII (i).

Corallina con un bicchiere sul tondino, ed un boccale in mano con vino bianco; e dette.

Corallina. Resti servita. (versa il vino nel bicchiere)

Beatrice. Cos’è questo? (2)

Corallina. Quest’è la cioccolata, che da noi si usa.

Beatrice. A quest’ora non bevo vino.

Corallina. Mi favorisca.

Beatrice. Vi dico di no.

Corallina. Non mi faccia questo torto.

Beatrice. Se non bevo! (3)

Corallina. Mo via.

Beatrice. Mi stancate.

Corallina. Non faccia cerimonie. (I) Se. IX nell’ed. Pap. (2) Pap.: che cosa e questa? (3) Pap.: Se non ne bevo I [p. 97 modifica]

Beatrice. Vi dico che non ne voglio.

Corallina. Lo assaggi per cortesia.

Beatrice. Son stanca.

Corallina. Ne beva un poco per civiltà.

Beatrice. Siete un’impertinente.

Corallina. Alla salute di Vostr’Eccellenza. (lo bevi lei)

Beatrice. (Mi farebbe ridere, se ne avessi voglia). (da sè)

Eleonora. E a noi niente?

Corallina. Via, tenete. (empie il medesimo gotto di vino, e lo presenta ad Eleonora.)

Eleonora. Favorisca lei, Eccellenza. (l’offre a Beatrice)

Beatrice. Eh! via.

Eleonora. Eh! via.

Beatrice. Siete una sciocca.

Eleonora. Alla salute di Vostr’Eccellenza. (lo beve)

Corallina. Non l’ha voluto da me, e lo prenderà da voi?

Olivetta. E a me?

Corallina. Sono stanca. Chi è di là? Tenete, date da bevere a quella donna. (al servitore)

Olivetta. Che maniera è questa di parlare? Son più di voi.

Corallina. Non siete degna che io vi dia da bevere colle mie mani.

Eleonora. Sentite che donna superba!

Beatrice. Via, quietatevi. Abbiate un poco di rispetto.

Olivetta. La moglie di un chirurgo può bevere alla tavola di un fattor generale. (via)

Eleonora. Son chi sono, e se non sapete il trattare, imparatelo, (via)

Corallina. Come! Pettegola! Son la moglie del cacciatore, e son la prima del basso rango. (via)

Beatrice. Mi hanno lasciata sola. Creanza di Monte Fosco. (via)

Servitore37. Galateo di campagna. (via)

  1. Dalle edizioni Bettinelli di Venezia (t. VII) e Paperini di Firenze (t. VI).
  2. Bett. a chi vi benefica?
  3. Bett.: della verità, della ragione, della ecc.
  4. Nell’ed. Paper, è Giannina.
  5. Bett.: dalle.
  6. Lepre.
  7. Si arrampica.
  8. Buchi.
  9. Bett.: L’insolente.
  10. Comincia la sc. III nell’ed. Bettin.
  11. Bett. aggiunge: Servitore via.
  12. Vedasi a pag. 68, n. 1.
  13. Bett.: rispetteranno.
  14. Bett.: dichiarano.
  15. Bett.: che mi dispera.
  16. Pap.: Costoro sono ecc.
  17. Bett.: Ah Rosaura, non so ecc.
  18. Bett.: Fidai.
  19. Bett.: Ma veggovi ecc.
  20. Bett.: Mi lagnerò della vostra ingratitudine, ma dirò sempre ecc.
  21. È unita alla scena preced. nell’ed. Bett.
  22. Bett. ha solamente: Numi, assistetemi.
  23. Sc. VI nell’ed. Paperini.
  24. Questo nome è nell’ed. Bettin., invece di Ghitta.
  25. Paper.: l’ho.
  26. È unita alla scena preced. nell’ed. Paper.
  27. Questo nome è nell’ed. Bett., invece di Giannina.
  28. Segue nell’ed. Paper.: «Giann. (Sì, in tutto), ad Olivetta. Oliv. Anche in bellezza? a Ghitta».
  29. Paper.: teriaca.
  30. Segue sc. VI nell’ed. Paper.
  31. Pap.: Mi preme parlarvi, perciò segretamente son venuta ecc.
  32. Pap.: Ai comandi ecc.
  33. Pap.: intrigata.
  34. Pap.: ne so quanto un ecc.
  35. Pap.: farle l’onore.
  36. Comincia sc. VIII nell’ed. Pap.
  37. Mancano nell’ed. Pap. le parole che qui seguono.