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co fa un gatto; el se cazza per tutti i busi1, e voggia el cielo che no ghe succeda qualche desgrazia.

Rosaura. Ah! il Marchesino non si vorrà legare col matrimonio!

Beatrice. Si legherà, non temete.

Rosaura. Ma un tal legame costerà a me la pace, e forse ancora la vita.

Pantalone. Eccellenza, una parola. (a Beatrice) (Tutto el paese mormora. L’insulta2 tutte le donne. I omeni de montagna i xe più zelosi de quelli delle città. Nasserà qualche inconveniente).

Beatrice. (Presto... si cerchi... si ritrovi...)

Rosaura. Ah signora Marchesa, prevedo la mia rovina.

Beatrice. Quietatevi, sarete contenta.

Rosaura. Temo dovermi augurare un giorno questa mia povertà!

Beatrice. E giovane, è docile, si assoderà.

Servitore3. I deputati della Comunità vorrebbero passare.

Beatrice. Introduceteli. (a Pantalone4)

Pantalone. La servo. (Adesso che i vien complimentar la siora Marchesa, bisogna ch’el capo dei martuffi sia all’ordene). (da sè, parte)

Rosaura. Io mi ritirerò.

Beatrice. No, restate. Ho piacere che vi vedano meco, e sappiano che io vi stimo e vi amo. Voi dovete essere la loro Marchesa.

Rosaura. Ma unita a vostro figlio.

Beatrice. Sì, così spero.

Rosaura. Se lo sperate voi, non ho ragione di sperarlo io.

Beatrice. Ma perchè?

Rosaura. Ecco i deputati.

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SCENA IV.5


Beatrice. (Oimè! Cresce il pericolo. Mio figlio è precipitato), (da sè)

Rosaura. (Quelli di Montefosco si dichiarano in mio favore?) (da sè)

Beatrice. Rosaura, che dite della temerità di costoro?

  1. Buchi.
  2. Bett.: L’insolente.
  3. Comincia la sc. III nell’ed. Bettin.
  4. Bett. aggiunge: Servitore via.
  5. Vedasi a pag. 68, n. 1.