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nacciare. Rosaura, ve lo prometto: voi sarete la marchesa di Monte Fosco.

Rosaura. Oh Dio! Mi consolate, mi colmate di giubilo e di conforto.

Beatrice. Dopo avervi io assicurata della vostra felicità, posso sperare da voi gratitudine e ricompensa?

Rosaura. Vi deggio la vita istessa; comandatemi, e v’obbedirò.

Beatrice. Sposatevi al Marchesino mio figlio.

Rosaura. Perchè egli in dote abbia quel titolo che ingiustamente dall’eredità riconosce?

Beatrice. Sì, vi sembra forse ch’io ragionevolmente non pensi? Se posso assicurare la vostra sorte, senza toglierla ad un mio figlio, non loderete la massima, non seconderete il disegno? Sola non vi conviene di vivere; ad uno sposo vi dovete legare; e avreste cuore di posporre ad un altro il figlio della vostra benefattrice, di quella che vi ama, che vi difende, che vi soccorre?

Rosaura. Non ho cuor di resistere. Troppi sono gli obblighi miei verso il generoso amor vostro. Disponete del mio cuore, della mia mano, dei miei beni, di me medesima. Amorosissima madre, ecco a’ vostri piedi l’umile vostra figlia.

Beatrice. Sì, cara, sarete la mia delizia, la mia unica, la mia perfetta consolazione.

Rosaura. Ma, oh Dio! Chi mi assicura che il marchesino Florindo alle mie nozze acconsenta?

Beatrice. Vi amerà, perchè siete amabile; vi sposerà, perchè siete nobile; apprezzerà la riguardevole dote; ascolterà i miei consigli; rispetterà un mio comando.

Rosaura. Deh, non fate che il timore, l’ambizione, l’interesse siano i pronubi delle mie nozze. Se amore a me non l’unisce, pensiamo ad altro. Trovisi un espediente più onesto.

Beatrice. No, Rosaura, altro mezzo non trovo per rendere voi contenta, senza tradire il mio medesimo sangue.

Rosaura. Dov’è il Marchesino? Sentiamo dalla sua bocca quale speranza possa io concepire.

Beatrice. Ecco Pantalone che torna. Spero non sarà lontano mio figlio.