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ATTO TERZO.

SCENA PRIMA1

Camera.

La Marchesa Beatrice e Rosaura.

Beatrice. Orsù, Rosaura, venite qui, parlatemi con quella ingenuità che è propria del vostro carattere, ed in me troverete uguale sincerità. Leviamoci ambedue la maschera, e senza riguardi trattiamo la nostra causa.

Rosaura. Signora, non mi abuserò della libertà che mi concedete; parlerò, se m’incoraggite a parlare.

Beatrice. Voi non siete contenta del vostro stato.

Rosaura. Se lo fossi, mostrerei di meritare la mia sfortuna.

Beatrice. Quali sono le vostre pretensioni?

Rosaura. Quelle che mi vengono inspirate dal sangue nobile, e autenticate dalla cognizion di me stessa.

Beatrice. Spiegatevi.

Rosaura. Lo farò in poche note. Io sono figlia del marchese Ercole di Montefosco. Dal feudo non sono escluse le femmine. Mio padre lo ha venduto prima del mio concepimento; ma la mia nascita rende nullo il contratto.

Beatrice. Il marchese Ridolfo, mio marito, ottenne dal Sovrano la investitura.

Rosaura. E il Sovrano medesimo troverebbe giusto di revocarla, se al di lui trono pervenissero le mie querele.

Beatrice. Volete voi muover guerra a chi vi ama e benefica2?

Rosaura. Mi è grato il vostro amore, vi rendo grazie dei benefici, ma non potrei tradire me stessa.

Beatrice. Avete dunque fissato di ricorrere a Sua Maestà?

  1. Dalle edizioni Bettinelli di Venezia (t. VII) e Paperini di Firenze (t. VI).
  2. Bett. a chi vi benefica?