Il Governo Pontificio o la Quistione Romana/Capitolo 18

Capitolo 18

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CAPITOLO XVIII


Perchè il Papa non possa aver soldati.


Visitai un prelato romano, notissimo pel suo impegno nel favorire gl’interessi della Chiesa, il poter temporale de’ Papi e l’augusta persona del santo Padre.

Entrato in discorso secolui, trovailo leggendo le bozze di grosso volume intitolato: Amministrazione dei corpi delle truppe; ei, gettata la penna, come uomo sfiduciato, mi fe’ osservare le due epigrafi seguenti, che aveva scritto di sua mano sulla prima pagina del libro:

«Ogni Stato indipendente deve bastare a sé stesso,

ed accertare l’interna sua sicurezza con sue proprie forze.»

Conte Di RAYNEVAL.

Nota del 14 maggio 1856.


«Le truppe del Papa saranno sempre truppe del Papa.

Che cosa sono guerrieri che in lor vita non hanno mai guerreggiato?»

DE BROSSES.


Mi diè spazio a meditare coteste scoraggianti sentenze, poi mi disse: «Voi non siete in Roma da lunga pezza, e perciò le impressioni ricevute, sendo vergini e recenti, hanno ad essere anche giuste. Che vi par egli de’ nostri Romani? I discendenti di Mario sarebbero una razza scema di coraggio e timida nell’affrontare il periglio? Se fosse vero che la nazione nulla serbasse del patrimonio redato, neppure il coraggio fisico, a niente approderebbero i nostri conati, ed.i Papi si rimarrebbero per sempre disarmati nanti i loro nemici: nè altra scappatoia troverebbero [p. 172 modifica]che trincerarsi dietro il coraggio prezzolato di svizzera guarnigione, o la protezione rispettosa di una grande potenza cattolica. Ad ogni modo, dove l’indipendenza? dove la sovranità?

— Monsignore (risposigli), le calunnie dei nemici non falsano il concetto che mi ho pienissimo dei Romani. Mi è sott’occhio il cotidiano spettacolo del coraggio indomato di cotesto popolo che corre alla violenza, al sangue e a dare o ricevere la morte. So in qual conto Napoleone I teneva i reggimenti che aveva qui reclutato. Ultimamente, possiamo dirla a quattr’occhi, nell’esercito rivoluzionario, che fu alle prese coi Francesi, erano valenti Romani. Il perchè mi persuado che il Padre-santo non ha da uscir di casa sua per levar milizie; e che pochi anni di vigorosa educazione trasmuterebbono cotesti uomini in soldati. Quello che sembrami assai men chiarito è la necessità di un esercito romano. Vuol egli, il Papa, distendere i suoi confini con la guerra? Non pare. Ha a temere che altri invada gli Stati suoi? Impossibile. Non è egli più assicurato dalla venerazione di Europa che da una cinta di fortezze? E sorgesse, pognamo ipotesi, materia di contesa fra la Santa Sede ed una monarchia italiana, il Papa, senza colpo ferire, avrebbe modo di vittoriosamente resistere, avvegnachè egli conti più soldati in Piemonte, in Toscana e nelle Due Sicilie, che Napoletani, Toscani e Piemontesi non saprebbero inviarne contro lui. E ciò fuori di casa; ed è si spedita e netta, che il vostro ministero [p. 173 modifica]di guerra s’intitola con cristiana modestia ministero delle armi: in casa poi, una buona gendarmeria vi basta.

— Eh, signor mio, tosto il prelato, non domandiam meglio; chè popolo non destinato a far guerra non dee stipendiare eserciti, ma tenere in piè forza bastante a serbar l'ordine pubblico. Dal 1849 ci arrovelliamo per mettere insieme un po’ di soldati di polizia e d’interna sicurezza: siam riusciti? bastiamo a noi stessi? con le proprie forze poniamo in sodo la tranquillità nostra? Mainò, mainò!

— La imponete alta, monsignore: da tre mesi che vo girellone per le vie di Roma ho fatto conoscenza con l’esercito pontificale. I vostri soldati han bello aspetto, piglio non disaggradevole, non mancano di spiriti marziali, e, quanto ne so, paionmi abbastanza destri. Difficile, se non impossibile, riconoscere in essi l’antico soldato del Papa, personaggio mitologico nato a fiancheggiar le processioni e trar cannonate nei fuochi artificiali delle feste; possidente in uniforme, che, minacciando il tempo, iva in fazione coll ’ ombrello. Lo esercito del santo Padre staria ben dovunque; e, fra vostri soldati, non veduti dappresso, sono che prenderebbonsi per francesi.

— Ben dite: l’apparenza è buona, e me ne terrei se gli scapati si lasciassero imbrigliare da apparenze. Tutto non so, ma so quanto basta per perdere il sonno. So, a mo' d’esempio: che il collettar soldati ed anco ufficiali è ardua cosa; che i giovani ben nati [p. 174 modifica]sdegnano comandar nell’esercito e i campagnuoli servire; che parecchie madri vedrebbero i loro figliuoli al remo, anzichè al reggimento. So che i nostri soldati, raccozzati la più parte dalla feccia del popolo, sono scemi di fiducia pe’ camerati, di rispetto per gli ufficiali, di venerazione per le bandiere. Cercar in essi ossequio al paese, fedeltà al sovrano e le belle virtù guerriere che fanno dell’uomo un eroe, gli è come a cavar sangue dalle rape. Le leggi del dovere e dell’onore, per la maggior parte, sono lettera morta. Gli stessi gendarmi non procedono troppo rispettosi verso i proprietarii del paese; e i nemici dell’ordine fanno loro calcoli sull’esercito, quanto e meglio che noi. A che, dunque, avere 14 o 15,000 uomini in tutto punto, e versar 10 milioni ogni anno, se dopo si grandi sforzi abbiam mestieri della protezione degli stranieri, come per lo innanzi?

— Monsignore, voi mi riuscite un pessimista, e giudicate un fantino le cose sul fare di Geremia. Il Papa ha parecchi buoni militari nelle armi speciali e nelle truppe di linea; fra la bordaglia son pure non pochi valenti soldati, e gli ufficiali francesi, che sono giudici da ciò, attestano l’intelligenza e buon volere dei vostri. Io, per me, son sorpreso del progresso fatto dalla truppa pontificia nelle deplorabili condizioni in cui versava. Possiamo favellarne alla libera, avvegnachè il capo dello Stato tenti riorganarla da cima al fondo. Vi maravigliate che i figli di famiglie onorevoli non accorrano alla [p. 175 modifica]scuola dei Cadetti nella speme di ottenere gli spallini: ma, poffare! che onore rendesi costi agli spallini? e che è un ufficiale nello Stato? Si sa che il diacono precede il suddiacono; ma la legge e l’usanza di Roma non soffrono che un tonsurato sia dammeno di un colonnello. Quale de’ vostri generali la condizione, quale il rango?

— Di quali generali parlate voi? Generali abbiamo solo negli ordini religiosi. Che cosa direbbe il generale de’ gesuiti, se vedesse un soldato farsi bello di si orrevole appellazione?

— Gua’! Ora vi penso.

— Per dare a’ nostri soldati de’ capi siamo iti in cerca di tre colonnelli, tutti e tre stranieri, e data ad essi facoltà di farla da generali. Ne hanno financo le assise, ma non sarebbero si audaci di assumerne il nome.

— A maraviglia. In Francia però, un fanciullaccio di diciotto anni non entrerebbe nell’esercito, se gli si dicesse: «Colonnello puoi ben divenire, generale non mai!» Od anche: «Tu diverrai generale, ma non maresciallo di Francia. Per qual motivo si porrebbe in una carriera senza uscita? — Vi duole che tutti gli ufficiali non siano istruiti a modo; io per contro ammiro che sieno giunti a saper qualche cosa, sendo entrati alla scuola senza concorso, senza esame, talvolta senza ortografia ed aritmetica. La prima ispezione de’ nostri generali scopri de’ futuri luogotenenti, i quali non sapevano fare una divisione; un corso di lingua francese senza maestri e senz’allievi! un corso di storia in [p. 176 modifica]cui, dopo sette mesi d’insegnamento, il professore sta tuttora teorizzando sulla creazione del Mondo! È mestieri che l’emulazione sia assai viva, perchè cotesti giovani rendansi capaci di sostenere una conversazione con francesi ufficiali. Vi sorprende che essi permettano che la disciplina sia alquanto rilassata; qual maraviglia? Nulla o quasi nulla ne fu ad essi insegnato. Sotto papa Gregorio XVI, un ufficiale sbarrò la via ad un cardinale; tal era l’ordine. Il cocchiere, nulla badando, tirò diritto, e l’ufficiale, per aver adempito al dover suio, messo nel forte Sant’Angelo. Per demoralizzare un esercito non è uopo di due esempii di questa fatta; uno avanza. Il re di Napoli, egli medesimo, terrebbe a scuola i Papi su questa bisogna. Una semplice sentinella, che aveva sfregiato il cocchiere di un vescovo, fu messa all’ordine del giorno! Vi scandalizzate che un certo numero di amministratori militari scemano il frusto di pane del soldato; ma niuno ha loro detto che, mal governandosi, sarebbero stati messi alla porta.

— Il piano delle riforme sta elaborandosi con grande attività, e nel 1859 vedrete del nuovo e del buono.

— Tanto meglio, monsignore, e vi do malleveria che un racconciamento savio, ammisurato, lentamente progressivo, come ogni cosa che fassi in Roma, produrrà fra qualche anno risultati maravigliosi. Le cose di rilevanza non possono rimutarsi dall’oggi al domani: ma l’industre agricoltore cade, per [p. 177 modifica]avventura, d’animo nel piantare un albero, perchè non recherà frutto che dopo quattro o cinque anni? Il soldato è cattivo, moralmente parlando, siccome dicevate testè, ed io ascolto tutto di che un campagnuolo onorato si terrebbe a vile d’indossare uniforme. Fate presentire un avvenire onorato, e voi non avrete a scender fra la ribaldaglia del popolo per porre assieme le vostre reclute. Il soldato assumerà sentimenti proprii di sua dignità, allorché cesserà a suo riguardo cotesto dispetto che lo annienta. Tutti si fan lecito, anco i servi de’ signorotti da dieci al soldo, guardare i soldati da alto in basso; respirano essi un’atmosfera di spregi, che bene si addimanderebbe la mal'aria dell’onore. Rialzateli, monsignore; dessi non altro vi chieggono.

— E sapreste voi foggiarci un esercito tanto gagliardo quanto fedele, come il francese? Saria secreto cotesto, che il cardinale compererebbe a peso d’oro.

— Ed io ve l’offero per nulla, monsignore. La Francia è stata maisempre il paese più militare dell’Europa; ma, nel secolo passato, il soldato francese non valeva guari più del vostro: gli ufficiali han poco cangiato; se non che il re sceglievali allora fra i nobili; ed oggi si nobilitano da sè stessi, mercè le fatiche ed il coraggio. Non cosi il soldato che era, cent’anni addietro, presso noi, ciò che è presso voi tuttodì; la schiuma della bordaglia, razzolata nelle taverne, fra un mucchietto di scudi ed un gotto di acquavite, [p. 178 modifica]dove era il terrore dei villici, non dei nemici. Lo spregio delle popolazioni, l’umiltà del suo stato, l’impotenza di poggiare alto, gravitavano sulle sue spalle, ed ei d’ogni torto toglieva largo compenso vendicandosi sulla bassa gente. Aveva posto tra’ flagelli desolatori della Francia monarchica. «La fame, i creditori, i soldati, la fatica rendono l’immagine compita d’un infelice,» dice La Fontaine. – Ben vedete che i vostri soldati del 1858 sono angeli, se paragoninsi a’ nostri vecchi soldati della monarchia. Che se vi paiono assai lontani ancora da perfezione, provate la ricetta francese. Sottoponete alla coscrizione i cittadini tutti, affinché i reggimenti non rampollino dal rifiuto della nazione; create....

— Tacete, interruppe il prelato.

— Perché? monsignore.

— Mio caro, io taglio corto, poichè voi andate spaziando lungi dal vero e dai possibili. Primo, noi non abbiam costi cittadini, ma soggetti. Secondo, la coscrizione è ritrovato rivoluzionario, cui non ci acconceremmai. Per essa viene a consecrarsi il principio d’eguaglianza tanto alle idee del governo ripugnante, quanto ai costumi del paese. Essa forse ne fornirebbe un eccellente esercito, il quale però sarebbe esercito della nazione, non del Sovrano. Non perdiam tempo, ven priego, dietro utopie di tal calibro.

— Ma si acquisterebbe forse popolarità.

— Peggio! La coscrizione è spina nel cuore di tutti i sudditi di sua Santità. Il malcontento della Vandea e della Bretagna [p. 179 modifica]sarebbero caramelle in confronto de’ tumulti e delle ’disperazioni che cagionerebbe fra noi.

– L’uom si abitua ad ogni cosa, monsignore. Ho veduto contingenti bretoni e vandeesi raggiungere il loro corpo cantarellando.

— Tanto meglio per essi! Ma ponete ben mente, che il solo carico, che si fa alla dominazion francese nel nostro paese, è per appunto la coscrizione che l’Imperatore avea ordinata, come in tutto l’impero, anche costi.

— Voi, dunque, non volete udir di coscrizione?

— Nullamente.

— Sarà giusto che non vi pensi più?

— Si, per vita vostra.

— Ebben, monsignore, ne fo senza. Seguiremo il sistema di arruolamento volontario, con una sola condizione però, che adottiate modo di reclutare che assicuri l’avvenire al soldato. Qual premio date ora all’uom che va sotto le bandiere?

— 12 scudi; ma, d’ora in poi, si giungerà a 20.

— 20 scudi sono belli buoni; ma forte temo che con 107 lire non avrete eletta di uomini. Convenitene; uopo è che un campagnuolo sia bene al verde se per 20 scudi può indursi a vestire una spregiata divisa! Volete che le reclute spesseggino intorno alle caserme più che i vagheggini di Penelope presso alle sue case? Dotate l’esercito. Offerite ai cittadini, cioè ai sudditi dello Stato Pontificio, un premio che metta appetito nei riguardanti; date loro un po’ di contanti [p. 180 modifica]perchè rechino soccorso alle famiglie; serbate il rimanente pel tempo in cui usciranno dal corpo. Allo spirare del loro congedo, riteneteli con onorevoli promesse, osservate con fedeltà; fate che ogni nuovo anno di servizio aumenti il peculio del gregario nelle mani del Governo. Quando sapranno i Romani, che un soldato, senz’appoggio, senza istruzione, senza straordinarii avvenimenti, ma unica mente per la fedeltà de’ servigi, può assicurare, in 25 anni, cinque o seicento lire di reddito, faranno a pugna per entrar nelle file dell’esercito. Ed entro malleveria che il privato interesse li avvinghierà stabilmente al potere, come al depositario di loro economie. Il popolano più incurioso e più tardo, se vedesse in fiamme lo studio del suo notaio, correrebbe sul tetto, come un gatto, per estinguere il fuoco. Per la stessa ragione, un Governo deve tanto aspettarsi più da’ suoi servitori, quanto questi maggiormente hanno a sperar da lui.

— Son con voi; ed il vostro discorso mi garba: l’uomo non vive senza scopo. 120 scudi di rendita preparano buon letto di riposo dopo la faticosa carriera militare. A tal prezzo non patiremmo più inopia di gente. La classa media ella stessa dimanderebbe l’impiego militare altrettanto volentieri, quanto il civile, e a noi il vantaggio di scegliere. Ma, mi sgomenta la spesa.

— Su via, monsignore, la buona mercanzia non vendesi a ribasso. Il governo pontificio ha 15,000 soldati per 10 milioni: la [p. 181 modifica]Francia spenderebbevi 5 milioni di più, ma ella ne avrebbe abbondante profitto. Gli uomini che ebbero due o tre congedi sono quelli appunto che costano più caro; e pure v’è economia a conservarli sotto le bandiere; imperciocchè ciascuno d’essi val tre coscritti. Volete voi, si o no, creare una forza nazionale? Siete decisi e stabili al preso divisamento? Pagate dunque, e avvenga che può. Se poi il Governo preferisce la sicurezza all’economia, deh! non gettate questi 10 milioni per l’esercito, e fate vendere all’estero i 15,000 fucili più pericolosi che utili; chè non sapete se sieno per voi o contro voi. La questione, insomma, è: sicurezza che costa, o economia che uccide.

— Ma voi dimandate un esercito di pretoriani.

— Il nome non cangia natura alla cosa: dico, e ripeto, che se. pagherete bene i vostri soldati, essi saranno vostri.

— I pretoriani, peraltro, insorsero sovente contro gli imperatori.

— Perchè gl’imperatori davano nell’errore di pagarli a contanti.

— Non vi ha dunque in questo mondaccio più nobile movente dell’interesse? E l’oro è solo stabil legame per attaccare i soldati alle loro bandiere?

— Non sarei francese, monsignore, se nutrissi tali pensieri. Se v’ho consigliato di provvedere più lautamente i vostri soldati, gli è perchè l’oro è stato fino ad ora il solo mezzo per attirare le vostre reclute: anche [p. 182 modifica]perché loro vi costerà meno d’ogni altra cosa e vi ci adatterete meglio. Ora che ho ottenuti i milioni che bisognavanmi per avvinghiare i vostri soldati al governo pontificio, datemi il mezzo di nobilitarli ai proprii occhi e a quelli del popolo. Onorateli, affinchè si trasformino in gente d’onore. Provate loro, coi riguardi che userete, che non sono punto valletti o servi, e che non denno averne gli spiriti. Accordate ad essi un posto nello Stato; versate sul loro uniforme quel prestigio, che è privilegio esclusivo della sottana.

— Or, che mi chiedete voi?

— Il solo necessario. Pensate, che cotesto esercito, costituito per operare nell’interno dello Stato, vi servirà manco con la forza delle armi, che coll’autorità morale di sua presenza. Ma quale avrà agli occhi del popolo autorità, se il Governo fa vista di noncuranza?

— Supponiamo che danaio ed onori accordi il Governo; l’esercito sarebbe sempre sotto l’accusa del presidente di Brosses: «Che cosa sono guerrieri che in vita loro non hanno mai guerreggiato?»

— Ben dite. La stima pel soldato rampolla dal riflettere ai perigli che corse e può correre. E noi ammiriamo in lui il sacrifizio di un uomo presto a versare il sangue al cenno de’ suoi capi. Se i fanciulli del nostro paese salutano con rispetto il vessillo, è perchè pensano ai valorosi che caddero per difenderlo.

— Sarà dunque mestieri che spingiamo alla guerra i soldati, prima di farli servire alla polizia nella pace? [p. 183 modifica] — Certo è, monsignore, che quando incontrasi tra i fantaccini del Papa un antico soldato di Crimea, entrato a caso fra uno dei vostri reggimenti stranieri, la medaglia che reca sul petto lo fa riguardare con altro occhio che i suoi camerata. E perchè mai il popolo Romano è sempre andato riverente verso il corpo dei carabinieri pontificii, se non perchè furono scelti da principio fra gli antichi soldati che militato avevano sotto Napoleone?

— Amico mio, voi uscite di seminato. Vorreste, per avventura, che dichiarassimo la guerra all’Europa per esercitare i nostri gendarmi a serbarci in casa la pace?

— Il Governo del santo Padre è assennato per bene, ne uccella leggermente alle avventure: nè siamo ai tempi di Giulio II che indossava corazza e gorgiera, e saltava da sè nella breccia. Ma, perchè il Capo della Chiesa non farebbe come Pio V, che inviò i suoi marinai con Spagnuoli e Veneti alla battaglia di Lepanto? Perchè non distaccherebbe uno o due reggimenti romani nell’Algeria? La Francia concederebbe forse posto nelle sue armate, e con noi servirebbero alla causa santa della civiltà. Allorchè cotesti soldati, dopo cinque o sei campagne, reddissero per ripigliare il modesto servizio dell’ordin pubblico, state a fede che tutti ubbidirebbero ad essi. I malcreati servi non direbbero loro ciò che ieri udii nell’ingresso al teatro: «Fate vostro mestier di soldato, e lasciatemi fare il servitore!» Coloro che oggi li umiliano, [p. 184 modifica]sarian lieti di onorarli, essendo che le nazioni sieno corrive ad ammirarsi nelle persone che rappresentano la loro forza e bravura.

— Per quanto tempo?

— Per sempre. Gloria acquistata è capitale che non si esaurisce mai. E i reggimenti conserverebbero per sempre quel senso di onore e di disciplina che avrebbero recato dai campi di battaglia. Non potete intendere che sia un’idea incarnata ne’ soldati! Memorie, tradizioni, virtù senza numero, s’aggirano invisibili, ma pur presenti, fra coteste riunioni d’uomini. Gli è il patrimonio spirituale del corpo: i veterani nol portan via col loro congedo; i coscritti ne fruiscono dal loro arrivo. Cangiansi colonnello, officiali e tutti i soldati l’un dopo l’altro; ciò non ostante, il medesimo reggimento perdura, avvegnachè lo stesso spirito svolazza sempre nelle pieghe del medesimo stendardo. Fate quattro buoni reggimenti d’uomini scelti, pagati, onorati, e sperimentati al fuoco; eglino dureranno quanto Roma lontani, e Mazzini, ei stesso, nulla potrà contro il loro coraggio.

— Cosi sia! E che il cielo vi ascolti!

— La cosa è fatta a metà, se voi m’avete inteso, monsignore. Non siam lungi dal Vaticano, ove ha seggio il vero ministro delle armi.

— Ei mi farà novella obbiezione.

— E quale?

— Dirammi che se mandassimo nostri reggimenti in Africa per apparare ad esser soldati, eglino ne recherebbero idee francesi.

— Cosa, certo, impossibile a schifare: ma [p. 185 modifica]