Giovani/Un'amante
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Un’amante.
Mi sveglio al suono d’un organo di Barberia. Deve essere tardi, ma ho la sensazione indefinibile che sia mattina ancora! Non mi riesce a pensare, ed ascolto il ballabile lungo e sempre uguale. Allora, mi par di essere nel mio paese; d’inverno. Sono un poco sorpreso, ma poi mi ricordo di tutto.
Ero riuscito a trovarmi un’amante; proprio una donna maritata. Non sto a descrivere la mia gioia; benchè qualche volta me ne pentissi sinceramente; e, guardando mia moglie, provavo per lei una dolcezza infinita, che mi faceva star male. Ma la tradivo lo stesso! Mi ricordo conte salivo in fretta le scale dell’amante, mentre il mio cuore palpitava di paura e di voluttà. Trovavo l’uscio socchiuso, entravo in punta di piedi; mi soffermavo per udire se era sola o parlava. Quasi sempre sola! Facevo altri passi, strascicando i piedi perchè capisse.
Amelia diceva:
— Chi è?
Dal tono della voce sentivo che ella aveva capito. Ed entravo, vergognoso, con un poco di vertigine. Ella impallidiva, e poi arrossiva. Poi si alzava e mi veniva incontro. Io, impacciato anche di più, sorridevo. Ella mi veniva incontro. Io l’abbracciavo e la baciavo; mi ricordo che volevo essere baciato sempre su la bocca.
E poi con una calma ostile al mio desiderio, ella chiedeva:
— Anche oggi?
Allora, la abbracciavo stretta stretta. I suoi capelli neri mi sembravano elettrici, come i suo occhi, lionati e voluttuosi. Non era più giovine, ma ancora bella; con quel suo volto un poco allungato, con quelle sue guance sane sebbene sfiorite.
Stavamo un poco abbracciati così, ebbri, quasi vacillando; e dovevamo sorreggerci. Qualche volta, ella mi lasciava, e andava ad appoggiarsi al muro tenendosi le mani su la fronte. E, allora, io, tra la contentezza e il desiderio, andavo vicino a lei, ma senza abbracciarla; aspettando che mi sorridesse con quel suo sorriso doloroso e indefinibile: il sorriso di una giovinezza trapassata.
— Siamo soli?
— Il ragazzo è a scuola.
Al marito non ci pensavano nè meno, perchè eravamo sicuri che non sarebbe tornato: c’era un modo di assicurarsene, che sarebbe troppo lungo a ridire. Il ragazzo, Giulio, aveva cinque anni.
Amelia mi s’era data per bisogno: io lo sapevo, ma non me ne importava; e, poi, credevo che avesse un certo amore per me, come io un desiderio violento per lei.
Allora, congestionato, con la gola asciutta, le chiedevo di baciarmi ancora.
Prima le avevo già parlato molte volte, famigliarmente, con tutta confidenza e comodità, per scherzare soltanto però: era stata la mia padrona di casa.
Ammogliatomi, da quattro o cinque mesi non l’avevo nè meno più vista; ma ci pensavo più di quando ero il suo inquilino.
E sospettando che tradisse il marito, e forse per bisogno, come era vero, mi venne l’idea di approfittarne.
L’incontrai per istrada una volta e chi sa perchè le detti un ramoscello di mandorlo che per caso tenevo in mano.
Ma non le dissi niente. Soltanto mi sentivo impacciato, non riescendo nè meno a parlarle come le altre volte.
Alla fine, mi feci tanta forza che andai a trovarla. Perchè non poteva pagare sempre la pigione, era costretta a cambiar di frequente.
Bussai alla sua porta tremando. La porta era aperta, ed ella rispose senza muoversi da dove era. Io sporsi la testa nella stanza, senza osare d’entrare, come prima avrei fatto.
Ella, forse, capì qualcosa: perchè si fece seria e impallidì. Io temevo che mi rispondesse male, invece!
Stava dinanzi ad un armadio aperto, mettendo al posto la sua biancheria tutta vecchia e rammendata. Io mi avvicinai sempre di più: ella era sempre pallida, ed evitava di guardarmi; per quanto dentro di me la supplicassi di farmi coraggio. In quel momento l’amai davvero!
Ella, però, continuò quella faccenda. Feci un altro mezzo passo avanti, immaginando che le avrei parlato sottovoce; e dissi:
— Signora Amelia, io so che lei ha bisogno.... non se l’abbia a male....
Levai di tasca il mio portafogli e feci l’atto di prendere il denaro.
Ella abbassò la testa e arrossì: certo provava una forte emozione, che non era tutta di vergogna.
Io aspettavo che mi rispondesse subito qualche cosa; ma dovetti aggiungere:
— Ci ho pensato sempre.... però prima d’ora.... Vuole che io l’aiuti.... per quanto posso?
E tolsi un biglietto da cinque lire, proprio da cinque lire, coprendolo sotto la mano. Ella fece alcuni passi a dietro, ma prese il denaro allungando il braccio.
Poi, rapidamente, senza che io me lo aspettassi, andò nell’altra stanza; e fece l’atto di sbottonarsi la vestaglia. Di possederla subito a quel modo non aveva preteso; ma mi precipitai ad abbracciarla, baciandola sopra una tempia. La pelle delle sue spalle nude era umida di sudore freddo.
Amelia disse, con una voluttà che mi sconvolse:
— Ora no.... un’altra volta.
Io risposi, sinceramente:
— Non m’importa se subito non vuoi: io t’amo davvero!
Allora si riabbottonò anche più di prima e mi guardò, quasi con orgoglio freddo. Le sue labbra mi parvero più tumide, i suoi occhi scintillarono.
Quel suo silenzio lo sentivo vergognosamente ironico per me. E le dissi, pensando che non dovessi star zitto:
— Mi piaci!
Ma ella fece l’atto di mandarmi via dalla stanza, e si allontanò dal cassettone: a cui s’era un poco appoggiata entrando. Come mi parve bella! Perchè non avevo sposato una donna a quel modo?
Le afferrai una mano e gliela baciai; ma certo non ci era abituata. Poi feci per baciarle un’altra volta il viso: non sarei stato, capace d’altro. Ma ella intese il contrario; e, facendosi allargare il petto dal respiro, mi guardò ancora, con un pallore bellissimo. Disse:
— Perchè non me l’ha detto prima?
Abbassò la testa, e si mosse per la stanza senza nessun motivo. Nè meno ella, certo, sapeva più quel che facesse: era in pantofole, e le pantofole erano strappicchiate. Poi, per non farsi vedere così sconvolta, mi disse:
— Ora, vada.
Io le sorrisi, appassionatamente, e chiesi:
— Mi vuoi bene?... Perchè non rispondi?
Il suo viso divenne smorto, quasi floscio; i suoi occhi turbati; certo, a guardarmi, soffriva.
E, allora, l’amai perchè era così sporca, spettinata, tutta in disordine.
Poi ella mi sorrise, e fu il più bel sorriso di tutta la nostra amicizia; un sorriso che smise subito, quasi pauroso, ma ebbro: un sorriso che è bastato per sempre: promettendo subito, per sempre, tutto.
Riescii a farmi baciare, e andai via quasi scappando.
Qualche giorno dopo, come era naturale, andai a trovarla. Una volta, passò un mese senza che io la potessi rivedere: i miei affari me lo impedivano; e poi ne ero un poco sazio, forse. Mi veniva voglia di raccontare tutto alla mia moglie; come se si fosse trattato non di me o come se avessi comprato una botte di vino: diveniva quasi un’ossessione pericolosa. Ma, poi, ridevo forte.
La moglie mi chiedeva:
— Di che ridi?
Io dovevo inventare, lì per lì, qualche cosa.
Una mattina, mi decisi a risalire le scale. L’uscio era tutto aperto; ed Amelia mi venne incontro, dicendo con aria di chi vuol rimproverare, ma è anche triste:
— Ti fai rivedere oggi?
— Prima non ho potuto.
E subito provai da vero un forte rammarico, e il bisogno di farmi perdonare; forse, per la paura che ella mi lasciasse.
Era molto inquieta, e mi parve perfino dimagrata. I suoi occhi avevano una insolita fissità, cerchiati.
Io, senza pensare ad alcuna cosa, la baciai; ma ella si torse dall’altra parte. Poi, quasi di mala voglia, mi disse:
— Di là, tu non lo sai, c’è il mio povero ragazzo... dopo cinque giorni soli di febbre...
Io esclamai, facendo uno sforzo per non dire un’altra cosa qualunque:
— È morto Giulio?
Ella capì che non me ne importava niente, e che questa morte inattesa quasi mi esasperava. Non riesciva a commuovermi, e non ci si provava nè meno; ma pareva che fosse priva di voluttà per sempre: mi fece, perciò, un poco di disgusto.
Non riescivo a capacitarmi come avessi baciato quella sua bocca: io la guardavo facendo queste considerazioni. Ed ella, vedendo nei miei occhi il desiderio deluso, volle starmi lontana.
Aprì la porta di camera e andò a inginocchiarsi a piè del lettuccio, accanto al letto grande.
Giulio, vestito di nero, era lì steso, con due candele accese così vicine alla testa che avrebbero potuto, mi parve, bruciarlo. Il suo viso era di un giallo che non si poteva guardare, la bocca già disfatta, una bocca che avesse conosciuto tutta la vita; e i capelli gli luccicavano in modo orribile, come umidi di umori.
Amelia prese il rosario infilato ai ferri del letto; e senza più volgersi a me, come se non ci fossi stato nè meno, pregò. Io mi feci verso l’uscio, impaziente che si alzasse.
Guardavo il suo volto così pallido che la carne pareva doventare un poco come quella del figlio.
Ella si drizzò in piedi, appigliandosi al letto; poi mi disse:
— Povero angelo! Non vedi come è caro? Dio mio, ho una passione che mi sento schiantare! Non starò mai più bene.
Feci un gesto come per consolarla, ma ella non ne tenne nessun conto: c’era la madre che aveva preso il sopravvento su l’amante.
— Che posso fare per te, ora?
Ma lo dissi a malincuore. Ella, invece, n’ebbe piacere e mi rispose:
— Bisogna che tu mi dia cinque lire: mi devono portare la cassa per lui. Però, oggi, tu non vuoi che io ti abbracci; non è vero?
S’era accorta che, guardandola, io dimenticavo Giulio.
E risposi con dispetto:
— No di certo.
Ella, temendo di perdermi, aggiunse:
— Fra qualche giorno.
E mi guardò con odio, ma appagata di vedermi ben disposto. Io le detti il doppio di quel che m’aveva chiesto; ma non scesi le scale, prima che mi avesse sfiorato il volto; con una mezza carezza: tutto il resto importava poco.
Scese le scale, sentii che tra me e quella donna c’era solo un vincolo che io pagavo; e mi sorpresi, giacchè pagavo, di non averla abbracciata come le altre volte.
E trovai un’altra amante.
Ah, ma l’organetto di Barberia suona già più lontano, e non ho voglia di pensare più! E queste cose, a ricordarle, fanno molto male.