Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
194 | un'amante |
ci fossi stato nè meno, pregò. Io mi feci verso l’uscio, impaziente che si alzasse.
Guardavo il suo volto così pallido che la carne pareva doventare un poco come quella del figlio.
Ella si drizzò in piedi, appigliandosi al letto; poi mi disse:
— Povero angelo! Non vedi come è caro? Dio mio, ho una passione che mi sento schiantare! Non starò mai più bene.
Feci un gesto come per consolarla, ma ella non ne tenne nessun conto: c’era la madre che aveva preso il sopravvento su l’amante.
— Che posso fare per te, ora?
Ma lo dissi a malincuore. Ella, invece, n’ebbe piacere e mi rispose:
— Bisogna che tu mi dia cinque lire: mi devono portare la cassa per lui. Però, oggi, tu non vuoi che io ti abbracci; non è vero?
S’era accorta che, guardandola, io dimenticavo Giulio.
E risposi con dispetto:
— No di certo.
Ella, temendo di perdermi, aggiunse:
— Fra qualche giorno.