Giovani/Il morto in forno

Il morto in forno

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Un amico Vita
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Il morto in forno.


Cecco non solo beveva per sentirsi allegro, ma anche, come diceva lui, per scaldarsi il sangue; specie d’inverno, quando doveva alzarsi tre ore prima di giorno per governare i due muli e poi per attaccarli al barroccio, con il quale portava i mattoni dalle fornaci a dove muravano qualche casa. Pigliava sbornie che gli duravano due giorni di seguito; e, allora, l’udivano cantare a un chilometro di distanza, di mano in mano che si avvicinava.

I contadini, ch’erano a lavorare nei poderi lungo la strada, lo riconoscevano subito; e, quando passava, lo salutavano ridendo; o, se si era addormentato sul barroccio, gli tiravano zollate di terra. Egli era già vecchio: magro, con i baffi bianchi. Sempre sporco di mattoni e di calcina, con le scarpe senza legare e rotte, con [p. 147 modifica] i calzoni rattoppati da tutte le parti. Anche i due muli erano vecchi e non si reggevano ritti, mezzo scorticati dalle stanghe e dalle botte che avevano dato loro altri padroni; con i ginocchi gonfi; e con certi finimenti più di spago e di corda che di cuoio; con le sonagliere senza sonagli, con i ferri schiodati. Il barroccio tutto sfasciato, con le ruote disuguali, tenuto insieme a forza di legni legati con il fil di ferro arrugginito; tutto pendente da una parte e con le tavole così deboli e infrollite che il più delle volte si sfondavano a mezza strada. Cecco, allora, si faceva regalare un uscio che non serviva più, lo stendeva al posto delle tavole; e alla meglio rimetteva su il carico. Egli dava poco da mangiare ai muli, e invece diceva che, se fosse stato ricco, avrebbe fatto pigliare la sbornia anche a loro. Però, quand’era vicino a casa, li mandava a mangiare tra le pecore, in un prato abbandonato; dove l’erba non faceva mai in tempo a spuntare.

Alla fine, il barroccio si sfasciò; e Cecco vendè i pezzi a una donna che aveva da fare fuoco. I due muli si sbandarono per quel prato; e uno morì affogato, perchè andò a bere [p. 148 modifica] dove la Tressa era più fonda. L’altro lo prese un mugnaio, ma schiantò sotto due sacca di grano; mentre faceva una salita. I primi giorni Cecco, che non aveva più niente da fare, andò a dormire nella stalla; ma un altro barrocciaio, che l’aveva presa a pigione, lo mandò via. Allora, trovò vicino alla Coroncina, dov’era l’osteria, un forno dietro la casa d’un contadino; e tutte le notti si ficcò lì dentro. Egli vi giungeva cantando, perchè non si sa come trovava sempre il modo di pigliare le sbornie. Per mesi interi, piuttosto che parlare, cantava.

Non rispondeva nè meno alle donne che lungo la strada degli usci delle case lo chiamavano: pigliava un pezzo di pane o due centesimi; e ringraziava facendo viso da ridere. Il prete di Pecorile gli dava anche qualche boccone di carne e lo rimproverava. Cecco abbassava la testa tendendo le due mani scarne e pelose; e si metteva a cantare qualche cosa di allegro, benchè ormai lo avesse preso un tremito anche nella voce.

— Se anch’io avessi fatto il prete, come lei!

— Ti avrebbero levato la messa presto. [p. 149 modifica]

Cecco si batteva la testa e rispondeva:

— È vero! È vero!

E tu gira e fai la rota,
e gira gira gira gira!

Quando aveva parlato con il prete, alla prima donna che incontrava diceva:

— Io non ci credo nè alla chiesa nè ai Santi. Non mi riesce a crederci! È colpa mia? Non lo faccio mica a posta! Preferisco un bicchiere di vino; se non è annacquato.

E siccome finiva con il metterle le mani addosso, per fare qualche scherzo, la donna si scansava e fingeva di voler chiamare il marito; per mandarlo via.

Ma Cecco se n’andava contento, voltandosi a dietro e mettendo la lingua tra i denti, per scherno. Le donne ci ridevano. Faceva chilometri e chilometri dalla mattina alla sera; finchè non ne poteva più. E i fattori, che l’avevano conosciuto quando faceva il barrocciaio, gli davano sempre qualche soldo o gli regalavano un cencio; ch’egli rivendeva al primo contadino che incontrava. Quand’era solo in mezzo alla strada, qualche volta si fermava: stringeva un [p. 150 modifica] pugno, lo guardava lungamente come se fosse stato un bicchiere, lo accostava alla bocca. Faceva altri passi, e si rifermava; per fare lo stesso.

Quando vedeva le vigne vicine alla vendemmia, con quei filari che su dai poggi venivano fitti alle siepi come se avessero voluto scendere sulla strada, Cecco pensava alle svinature, sentendosi più vigoroso e ringiovanito; e camminava più dritto. Qualche volta si fermava davanti a una vigna, allargava le braccia, tirava su l’aria dentro il naso; sentendosi pigliare da una dolcezza che gli metteva su la faccia una malizia ilare e felice.

— Quanto vino! Quanto vino! E gli pareva che scorresse giù dentro le fogne della strada, quando sentiva il brontolìo dell’acqua.

E quand’erano passati i carri con le uve, egli raccattava da terra le ciocche cadute dai bigonzi troppo colmi, agli sbalzi delle ruote: ciocche che si schiccolavano su la strada, bagnandola. Egli non le lavava nè meno; ma succhiava i fiocini uno alla volta; poi, avendo fame, mangiava anche il raspo, dispiacendogli buttarlo via. Alle svinature, s’arrampicava alle inferriate [p. 151 modifica] delle cantine; inebriandosi dell’afrore dei vini. Poi lo chiamavano dentro, e facevano bevere anche lui.

Gliene facevano bevere tanto che, perchè non gli riescisse dalla bocca, doveva tenersi dritto al muro con la testa alta. Poi s’addormentava su gli scalini di qualche tabernacolo; raggomitolato nei suoi cenci, e mezzo morto.

Egli s’era dimenticato che aveva una sorella, Clelia, la quale faceva con il marito la tabaccaia in un paesucolo nascosto tra certe boscaglie che segnano il confine della maremma e delle crete senesi. Ella non aveva saputo più niente di lui, e credeva che facesse sempre il barrocciaio. Ma, una volta, volendogli mandare un sacchetto di castagne secche, le fu detto, da qualcuno, ch’era morto.

La sorella, venendole il dubbio che fosse vero, volle accertarsene. E, trovato, dopo due o tre giorni, un calesse che andava a Siena, passando dalla Coroncina, tanto pregò che vi si fece portare.

Le faceva piacere a sentire che amava il fratello; ed era, forse, la prima volta. Si ricordava d’aver dormito insieme con lui da [p. 152 modifica] piccola, nello stesso letto; ma non c’era mai stata quella tenerezza, di cui ora si sentiva curiosa. Era una donna più giovane di lui, la fronte quadrata, con certe righe dritte nel mezzo; il viso magro e una bocca che, se non fosse stata sciupata da una piega sempre più floscia, avrebbe avuto un sorriso grazioso. Era robustissima e maschia; così dritta che lungo il dorso le ci veniva una buca. Sotto il mento, ci aveva un cecio rosso.

Quando arrivò alla stalla, aprì subito l’uscio da sè, intanto per vedere i due muli: ma vide invece un cavallo bianco e brizzolato. Stette a guardarlo, di dietro. Il cavallo, senza smettere di pigliare boccate di biada, si voltò verso di lei; e poi si rimise a mangiare. Ella, allora, guardò anche i finimenti, e vide ch’erano piuttosto signorili. Sorrideva e scoteva la testa, incredula: è possibile che Cecco sia arricchito? Dio buono!

Ella non sapeva dov’egli stesse di casa; e allora uscì dalla stalla, per domandarlo. Si avvicinò a una donna che dava la pappa al suo bambino in collo.

— Dove sta Cecco? [p. 153 modifica]

La donna, prima di rispondere, la guardò lentamente e con tutto il suo comodo da capo a’ piedi:

— Non s’è fatto più vedere in paese!

— Ma non è sua quella stalla?

— Sua? Due anni fa.

— E perchè? Dov’è?

— A me lo domandate? Gira come un cane guasto.

E, a forza di domandare e di rispondere, Clelia seppe tutta la verità. Allora le prese una paura pazza di essere venuta a trovarlo. Avrebbe voluto escire subito dal paese, per non farsi vedere; e per non farlo sapere. E, invece, quella donna andava a chiamare tutte le sue vicine perchè conoscessero la sorella di Cecco. Si sentiva sola; e pentita di essere lontana dal marito. E, prima di sera, intanto, il calesse non ripassava a prenderla! Che avrebbe fatto in tutto il giorno, tra quella gente che la guardava a quel modo? Allora, si mise a piangere. Una donna le dette da sedere. Ella restò lì, vicina al muro, sotto il sole, con il fazzoletto su la testa; rifiutando d’entrare in qualunque casa. Si sentiva stordire, e aveva paura che le [p. 154 modifica] venisse male. Teneva gli occhi bassi, e rifiutava anche di guardare le persone. Mentre un branco di ragazzi le stette tutto il giorno attorno, cantando e facendo chiasso in tutti i modi. Si sentiva fame, ma non voleva alzarsi. Per fortuna, aveva un tozzo di pane che le gonfiava la tasca del grembiale. Ella lo mangiò, cavandone un piccolo pezzetto alla volta: e i ragazzi interrompevano il loro chiasso per guardarla masticare; mentre i suoi occhi pareva che vedessero chi sa che.

Verso sera, quand’ella ormai non ne poteva più, ed era per addormentarsi con la testa all’indietro, su la sedia, il calesse giunse.

Il padrone la destò da quell’assopimento, schioccando la frusta; poi l’aiutò a salire: perchè da sè non sapeva nè meno dove mettere il piede. Per la strada, ella raccontò tutto, dicendo che si sentiva molto afflitta, mentre al marito biasimò il fratello, giudicandolo con una convinzione che non accettava nessuna scusa. Ella fece così anche perchè temeva di essere rimproverata; con una certa piacevolezza; non smettendo finchè non fu rassicurata su l’impressione che di lei provava il marito. [p. 155 modifica]

Un’ora dopo che Clelia se n’era andata sul calesse, capitò Cecco. Egli camminava rasente i muri, scansandosi solo quando c’era qualche uscio aperto o qualche arpione che sporgeva in fuori.

La donna che aveva parlato con Clelia fu la prima a dirgli:

— Cecco, c’è stata tua sorella.

Egli, al ricordarsi della sorella, credette di non essere più lo stesso; e si voltava a destra e a sinistra, per trovarla con gli occhi. Non disse una parola, però. Aveva un poco impallidito e basta.

— Ora non c’è più: è andata via con un calesse.

Egli, allora, disse:

— Perchè non me l’avete detto prima?

— O dov’eri?

— Ho dormito da stamani, dietro le prime case del paese.

— Dite vero? Madonna benedetta! Sicchè siete stati a due passi di distanza, e non vi siete visti?

Ma egli non pensava più a niente; e rispose: [p. 156 modifica]

— Non me ne importa!

— Le avevano detto che tu eri morto; e perciò era venuta.

Egli non udì o forse non capì. Continuava a guardare in fondo al paese, con quei suoi occhi buoni e lacrimosi di briaco tranquillo. Egli non pensava più alla sorella: sentiva il bisogno di bevere un bicchiere di vino. La disperazione di questo desiderio, quasi folle, gli si spandeva nel viso; e lo faceva soffrire. Non gli importava più di niente. Egli guardava tutti quelli che gli stavano attorno come se avessero nascosto qualche bicchiere di vino. Li guardava con un’aria tetra di rimprovero; con una ghiottoneria melanconica e cupa.

Ma era già briaco, perchè ormai a fargli perdere la testa bastava mezzo bicchiere. Allora entrò in un’osteria dove giocavano a briscola e a scopa. Egli si sedè e stette a vedere le partite. Le carte gli facevano girare la testa; ed egli le avrebbe baciate come fossero state madonnine.

Qualcuno gli dette da bere. Egli non capiva più niente, e solo l’istinto gli fece trovare la via per andare al forno dentro il quale [p. 157 modifica] dormiva. Per di più, era anche buio che non ci si vedeva a due metri di distanza.

Egli s’arrampicò alla bocca del forno e si distese. Sentì un certo calore troppo vivo e soffocante; ma non ebbe la forza di muoversi nè gli venne in mente di gridare. Aveva sempre più sete.

La mattina dopo, lo trovarono morto, quasi cotto; perchè la sera avevano fatto il pane e il forno era restato caldo.