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il morto in forno 147


i calzoni rattoppati da tutte le parti. Anche i due muli erano vecchi e non si reggevano ritti, mezzo scorticati dalle stanghe e dalle botte che avevano dato loro altri padroni; con i ginocchi gonfi; e con certi finimenti più di spago e di corda che di cuoio; con le sonagliere senza sonagli, con i ferri schiodati. Il barroccio tutto sfasciato, con le ruote disuguali, tenuto insieme a forza di legni legati con il fil di ferro arrugginito; tutto pendente da una parte e con le tavole così deboli e infrollite che il più delle volte si sfondavano a mezza strada. Cecco, allora, si faceva regalare un uscio che non serviva più, lo stendeva al posto delle tavole; e alla meglio rimetteva su il carico. Egli dava poco da mangiare ai muli, e invece diceva che, se fosse stato ricco, avrebbe fatto pigliare la sbornia anche a loro. Però, quand’era vicino a casa, li mandava a mangiare tra le pecore, in un prato abbandonato; dove l’erba non faceva mai in tempo a spuntare.

Alla fine, il barroccio si sfasciò; e Cecco vendè i pezzi a una donna che aveva da fare fuoco. I due muli si sbandarono per quel prato; e uno morì affogato, perchè andò a bere