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148 | il morto in forno |
dove la Tressa era più fonda. L’altro lo prese un mugnaio, ma schiantò sotto due sacca di grano; mentre faceva una salita. I primi giorni Cecco, che non aveva più niente da fare, andò a dormire nella stalla; ma un altro barrocciaio, che l’aveva presa a pigione, lo mandò via. Allora, trovò vicino alla Coroncina, dov’era l’osteria, un forno dietro la casa d’un contadino; e tutte le notti si ficcò lì dentro. Egli vi giungeva cantando, perchè non si sa come trovava sempre il modo di pigliare le sbornie. Per mesi interi, piuttosto che parlare, cantava.
Non rispondeva nè meno alle donne che lungo la strada degli usci delle case lo chiamavano: pigliava un pezzo di pane o due centesimi; e ringraziava facendo viso da ridere. Il prete di Pecorile gli dava anche qualche boccone di carne e lo rimproverava. Cecco abbassava la testa tendendo le due mani scarne e pelose; e si metteva a cantare qualche cosa di allegro, benchè ormai lo avesse preso un tremito anche nella voce.
— Se anch’io avessi fatto il prete, come lei!
— Ti avrebbero levato la messa presto.