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In appresso si affidò l’esame dei tre Olj alla destillazione. A tale oggetto si presero due oncie mediche d’Olio di Faggio filtrato per carta emporetica, e si collocarono in una piccola storta di vetro, la quale si pose in un fornello a vento, ed applicato al di lei collo un recipiente tubulato, s’intraprese l’operazione a fuoco nudo, e gradatamente aumentato sino all’intera bollitura dell’Olio. Sul principio sortì flemma del peso di mezz’ottava: in seguito si presentò un vapore bianco unitamente ad un liquor oleoso limpido, e chiaro, che nel fine della distillazione si cangiò in rosso. Nell’atto che cominciarono a sortire i vapori bianchi, s’annodò alla tubulura del recipiente una vescica di Bue privata d’aria, la quale vescica per due volte si riempì di un gas permanente ed occupante il volume di circa cento ottanta polici cubici Bolognesi di acqua.

Questo gas esalava un odore empireumatico fetente, misto ad un acido volatile, che presto si dissipò. Di codesto gas inoltratane una porzione a traverso dell’acqua di calce caustica produsse da prima nubecole bianche, e in appresso lasciò precipitare carbonato di calce. La residua porzione del medesimo gas si spinse mediante un tubo di vetro contro una candela accesa: arse lentamente con fiamma alla base azzurra, e all’apice bianca. Dall’esposta particolarità ne risulta, altro non essere l’accennato fluido elastico permanente, che gas idrogeno mescolato con gas acido carbonico: ambidue si trovavano uniti ad un vapore acido dissipabile al grado della nostra temperatura.

Nel recipiente rimase un’oncia con sei ottave di Olio di color giallo assai carico, altamente empireumatico congiunto ad un’acido volatile penetrantissimo, e molto importuno agli occhi, e alle narici. Unita una goccia di quest’olio alla tintura di girasole, sul momento la fece rosseggiare. L’Olio medesimo, nel tratto di poche ore, acquistò la consistenza di tenera adiposità, e perdette quasi del tutto l’odore penetrantissimo dell’acido volatile sopraindicato.

Residuo nella storta si rinvenne un carbone fogliaceo, del peso di otto grani, il quale calcinato accordò alla calamita poche mollecole di ferro lisciviato escluse totalmente la presenza dell’alkali.

Trattate in simil modo due Once d’Olio di Amandorle dolci, si ebbero ventisei grani di flemma, un’oncia con sei ottave, e mezza di Olio, sei grani di carbone, e cento ventun polici cubici circa di gas: il tutto in corrispondenza dei prodotti avuti dall’Olio di Faggio.


Final-