Dell'entusiasmo delle belle arti/Parte I/Passione

Passione

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Parte I - Maraviglia Parte I - Trasfusione

[p. 157 modifica]PASSIONE.

Da’ tutto il detto sin qua ben si veda non potersi a rigor separare, e distinguere con precisone ogni parte, che compon l’enrusiasnio, poichè nel terribile della grandezza, e nell’amabile della bellezza tanta parte ha la passione, di cui siamo per ragionare.

Se l’entusiasmo ha quelle proprietà, chi per iui non risentesi e non si commove? Il cuor dunque partecipa sempre uh poco cieli’estro dell ’immaginazione, ed estro non v’ha senza affetto, e l’affetto insieme e il più attr,stromentt a destar P estro. Ciò pruova ognor meglio quanto sopra abbiam detto, che queste parti costitutive dell’entusiasmo sono insieme congiunte ed entran l’una nell’altra.

Ma per amor di chiarezza noi le separiamo, non però a rigore di geometria. Or venghiair.o al particolare della passione. [p. 158 modifica]

Il termine di sensibilità divenuto italiano pel bisogno d’esprimere le idee più precise dallo studio prodotte del cuor umano, siccome spiega in generale la seconda prerogativa dell’entusiasmo, così da me vien ridotto in particolare a quel di passione adottato ed inteso da tutti. Ciò vuol dire nel nostro caso il talento di sentir meglio e far parlar le passioni dell’uomo, la cui natura sì volontieri commovesi e sparge lagrime di compassione o di dolore, di tenerezza o di collera per la possanza principalmente dell’amore contento o sfortunato. Di quella passione, io dico, la più inesausta e profonda e varia e possente, che trionfa cotanto del cuor umano, tanti sentieri nascosti, tante scene diverse, tanto flusso e riflusso d’affetti e trasporti ed eroismi e debolezze, tante infine contraddizioni comprende. Indi vien, che la poesia gode avvolgersi intorno all’amore, ch’è la passione più universale, benchè l’ira pur anco e la pietà, il terrore e la tristezza, la gioja e il furore servano a lei. Certo sono i poeti per quella e per queste eloquentissimi nel linguaggio del cuor umano. Ardono e [p. 159 modifica]piangono, fremono e sgridano, peroran la causa, esaltano la virtù la bellezza le chiare imprese, e non meno abborrono ed abbonir fanno le viziose azioni, i tradimenti, le ingiustizie d’ogni maniera, quando sono commossi dall’entusiasmo. Non sor. pitture inanimate, non morte statue, non languide scene, ma il cuor se n’accende, metton lai, spargon lagrime e son rapiti estaticamente da que’ lor idoli incantatori.

Sinor parlammo a quell’anime più elevate o men pieghevoli, a quelle che vanno al sublime al grande al maraviglioso per via di riflessione e di forza, che preferiscono ciò, che le innalza e sorprende a ciò che le alletta èd intenerisce, poichè si danno infatti due classi d’uomini tra le quali è diviso l’impero delle bell’arti, onde vergono le differenze e le discordie te’giudici de’ gusti e degli autori. Pochi unirono, e possedetter pochissimi ad egual grado l’una e l’altra dote, ed è felice chi le ritrova al bisogno, le distribuisce ai vari argomenti, e trascorre da questa a quella d’un piacere passando all’altro, d’una in altra delizia e sorpresa, come [p. 160 modifica]come Omero e Virgilio,. Dante e Petrarca, Ariosto e Tasso, e gli altri solo perciò divenuti immortali.

Qual sia di queste più da pregiarsi è stato al solito dibattuto dalla curiosità e dal prurito di scrivere inutilmente. L’indole di ciascuno dee decidere la questione, ed ognuno studiando sul proprio cuore ed ingegno scoprirà quale ha da sceglier per se in eloquenza e in poesia componendo, e pel teatro, dove i greci e i francesi massimamente offrirono due spettacoli assai diversi nella tragedia, P uno all’ammirazione, e l’altro alla sensibilità. Per me fu sempre la commozione del cuore il ben supremo della mia vita.

Rispetto come maggior di me gii ammiratori deile gravi sentenze, de’ caratteri grandi e maravigliosi, de’misteri politici e cortigianeschi, del valore guerriero, della potenza romana, della spartana severità, della fierezza de’ galli, e de’ germani, e de* britanni -y ma dovrò io riputarmi ed esser detto uonj debole ed effeminato, perchè nacqui con un cuor renero e dolce, pronto a fremere ed a compatire, con un bisogno inestinguibile di [p. 161 modifica]scucii-timento ora soave e delicato, or doloroso e mesto, benchè forse perciò più infelice in una vita sì soprabbondante di pene, si scarsa di gioje e di contenti? Ma parliamo dell1 arti.

( i ) Certo è che l’una e l’altra carriera han dato fama immortale agli antichi ed a moderni maestri, che hanno entrambe una elevazione novità mirafciliti grandezza, e bellezza sublime, che l’elevazione delle idee, Ja nobiltà delle immagini, la forza de’pensieri, l’eroiche sentenze, i detti mirabili incantarono P intelletto umano coll’entusiasmo più generale, che ci porta naturalmente ad ingrandire noi stessi colla grandezza altrui, ed a crederci facilmente dappiù che non siamo col gustar cose a noi superiori Ma vero e non meno esser più facile di piacer cosi, e di cosi riuscire eccellente, che fu sempre men rara questa eccellenza, che il suo effetto è men durevole men profondo meno efficace su l’uomo. Vero è pur che corrompesi per ( i ) Nota decima seconda.

Tomo III. M [p. 162 modifica]per tal via più prestamente il buon gusto» che si guasta lo stile, che gli affetti più n0; bili e più gentili ne sono alterati, che in una parola ci allontaniamo per poco dalla natura cercando il maraviglioso. Falereo, Lucano, e Seneca, e Quinto Curzio con tutta l’eloquenza e poesia tragica ed epica de’ romani dopo Virgilio e Cicerone così caddero a feria, così pur troppo i nostri oratori e poeti dopo il secolo d’oro si pervertirono per gonfiezza, acutezza, e sforzo di sentimenti confinanti al mirabile quasi lampi per abbagliare, quasi scoppj a srordire i lettori, mentre il semplice il naturale il passionato l’interessante, che scendono al cuore, che svelano i segreti della passione son più durevoli, p-ù difficili, più lontani dal raffinamento, e dafP alterazione ponendoci in quello stato di sensibilità in cui trova l’anima il suo elemento. Sembra, egli è vero a prima vista,.

che l’amor per esempio’ ( di cui fu posto sotto il ritratto quell’epigrafe sì ingegnosi e sì breve Eccoti il tuo padrone, o il fu, o l’è, o sarallo ) l’amor, dico, siccome passion comune a tutti, e speciàlmente a giovani [p. 163 modifica]dovreb-vrebb’essere sì facilmente espressa com’è seK* tita ^ Ma questo appunto ne fa difficile la dipintura, cioè l’essere familiare. Oltre a cib la sua forza che domina tutto l’uomo non permette il riflettere, la sua tirannica violenza non lascia luogo a pensare, o beato o disperato che siasi un amante è del par fuori di se, ni mai entra in se stesso a studiar il suo cuore. Nell’età pdi delle passioni altro non fassi che gioire od affliggersi; ed al contrario nell’ammirazione di cose grandi meno intime a noi medesimi riman libero il capo, sta il cuore in calma, e sentesi senza disturbo l’energia de’ concetti, sollevasi l’immaginazione, tengonsi a mente i detti e i fatti raaravigliosi, e sublimi, i quali inoltre esprimer soglionsi più ampollosamente con più strepito di figure oratorie, in tuono più sonoro, che tanto ponno su gl’immaturi cervelli. Scorrendo l’antichità fuor dell’aureo secolo greco e latino vedrem molto più di mirabile che di passionato aver levato grido, e ottenuta gran lode. Fu mille volte citato Omero per la sentenza, per le descrizioni, per [p. 164 modifica]per la sublimili de caratteri e de’pensieri, venne alfin Pope, che solo seppe osservarne il patetico e naturale degli affetti, con ch’esso ha saputo occuparsi e dilettarci nella lunga carriera di tante battaglie e vicende descritte ne’ ventiquattro libri della sua Iliade.

Le circostanze pietose, onde accompagna la morte di tanti guerrieri, contribuiscono a variarne l’uniformità, ed a sollevarne dal tedio di quegli oggetti lugubri. Quanto più leggonsi e Pindaro e Alceo cd Esiodo che Anacreonte o Mosco? I Sofocli e gli Euripidi son dati in esempio della pompa teatrale, dell’amor della libertà, dell’odio de’tiranni, del fatalismo degli eroi, ma quanto poco si parla di quelle scene mirabili per gii affetti sì ben dipinti, per le passioni sì ben contrapposte, per que’ tratti sì penetranti della pietà o del terrore, di cui tanto l’Edipo è pieno, e tante lagrime fanno spargete quelle Fedre ed Ippoliti, quell’Ifìgenie ed Elettre, e quegli Oresti, quell’Andromache e tant’altre tragedie.

Possibile che non sentissero tutto questo e nulla [p. 165 modifica]imi la si commovessel-o que’ grammaticali co* mentitori ed eruditi, che fecer le note alla Didone di Virgilio? Quali anime di ghiaccio esser doveano per non lasciarsi cader la penna di mano, per non piangere su quella terribi! passione, e quei passi divini invece di pedanteggiare su le parole, su la grammatica, sa d’ogni minuzia più frivola? Ma di ciò altrove. Chiaro è frattanto, che il cuor trionfa s’innalza trasvola in estasi affettuose, in sublimi immagini, in impeti d’amore sovrumano, talchè ivi sembra trovarsi nell’aria nativa e nel proprio centro il più bello entusiasmo. Basta il Petrarc:: a convincerne chi l’intende. Vero è che in Italia è ciò giunto all’abuso per la triviale maniera del verseggiar amoroso, ad ogni occasione e d’ogni poeta, e per P ¡stessa ragione, per cui si dice insopportabile in poesia la mediocrità, divenner pur essi insopportabili gli amor freddi ed imitati. Ma sempre i veri poeti commossero intenerirono rapiron gli altri e se stessi. Dipingono allora con pennello di fuoco e con calore di tinte i più vivi affetti, i casi [p. 166 modifica]più dolo-dolorosi, le immagini più delicate più nuove più dolci, quasi al fuoco d’amore accenda’ P estro le fiamme sue da quel prendendo la luce i! calore la vita. Il qual caldo ove avviva Popere belle ivi più le abbellisce, comg il più bel di Virgilio è il libro quarto, son le più belle le rime funebri del Petrarca, la pazzia d’Orlando, l’eroidi d’Ovidio, P Ugoiino di Dante. Sembrano allor divenire i poeti maggior di se stessi. Virgilio allora dal bello saggio, che è il proprio di lui, passa al bello sublime e maravigliqso. Ovidio allota non è più scherzevole e concettoso, si dimentica dell’ingegno e degli scherzi per gl’infortuni tragici degli amanti. Petrarca stesso non è così nobile ed elegante come suol per l’avanti, ma nel piagnere Laura morta abbandonasi alla mestizia, e allo sii! naturale di quella, Come Properzio tralascia P erudizione, e Tibullo disprezza ie grazie e le sagrifica al. ìanto. E certo investiti che sia3110 da un tal entusiasmo certo non mancaci eloquenza, evidenza, bellezza e forza poetica ed oratoria e pittoresca, e d’ogni fatta.

V [p. 167 modifica]af-V affetto è, dicea Quintiliano-, ohi ci fa eia, quv n. con l’entusiasmo ( i ). L’affetto perverrà tutto l’uomo.sin dentro ogni segreto suo nascondiglio, presenta alla fantasia degl} amanti mille forme, ed immagini del loro idolo tutte vestite di grazia, di lusinga, e beltà re gli & amare Io strai, che il ferisce, il fuoco, che lo divora; gli fa sentire, e vedere tutto l’incanto del bello, che gli offre davanti ornato per mano di tutte Je tre grazie, di tutte le nove muse, di tutto il lusso, e la pompa e ’l favor degli Dei. Allor è, che poeti, pittori, oratori sembrano dotti, e sono in ogni scienza senza averne studiato, o con pochissimo studio, e le maneg£ian con tal maestria, che di lunga mano Issciano dietro se tanti ragionatori, calcolatori, osservatori, eruditi, essendo una beiia passione, come il sol che feconda, e l’entusia(l) PeBus est quod disertos facit, & vii mentis, i. 7. c. 10. nel qual luogo pe&us significa affetto, come altrove si vede: No:) tu corpus eras sine pscìorc, e simili.

M 4 [p. 168 modifica]siasmo essendo come il terrea naturale d’os?nt dottrina, ed arte, in cui queste piante alti-’gnano meglio, fiorjscon, germogliano, e piene fannosi d’una vita novella, e non soggetta a vicende.

Ma del pari vien manco ogni fiore, ogni frutto di vera eloquenza o in versi, o in prosa, quando noi la vogltam trasportare fuor di questo suo clima, e di questo suolo, cioè fuor del patetico, e del passionato. II che fanno i servili imitator di Petrarca, i copiator freddi di Paolo, e di Rubens e soprattutto i traduttor letterali dell’opere animate, e spirate dal cuors. Chi può restringere tra cancelli un’ardor sì veemente, chi trasformarsi in uno stato sì libero col comando, e il compasso, chi colla grammatica, e coll’archipenzolo scaldò mai, scosse, mai chi mai produsse cosa amabile, mirabile, e sorprendente?

Tal fu colui nel secol passato, che credendo emendare Annibai Caro, stando alle parole più fedelmente, e non lasciando alcuna espression dell’eneida, stupì rileggendo il passo di Niso, e d’Eurialo a un amico, che [p. 169 modifica]che gl! ptestava l’anima per un poco, di non trovare invece del’a divina forza, e bellezza di Virgilio fuorchè de’ languidi versi sciolti, e inanimati. Non avea pensato a quell’anima tenera, e dolce, che avea presa ¡1 Caro insieme con i’originale, la qual ei seppe trasfondere ne’ suoi versi, e che ben supplirebbe a qualche ommissione o negligenza, o libertà.

Tal quell’altro, che copiava in S. Michele in bosco la Turbantina di Guido, il qua?

per quanto notasse ogni tratto di quella di« vina figura, e ci tornasse sopra, e ¡a correggesse più volte agli avvisi degl’intendenti, che la vedevano, dovette alfin rendersi ad uri di questi, che gli disse all’orecchio mancare a lui qualche cosa, che Guido avea nel pennello, cioè l’amore, essendo quello ritrarrò di donna amata da lui, sicchè cancellò il suo lavoro ben saggiamente, il che non fece il traduttor di Virgilio. Lo stesso avvien, dicono, a chi vuol ricopiare l’Albani, che le belle femmine, £ i bei bambini dalla bellissima moglie prendeva, e dai vezzosissimi figlioletti, che amava, Cosi quel predicatore.

cho [p. 170 modifica]che tanto commosse nella predica della morte, avendo di fresco perduto un amico sui f fior degli anni; così mille altri, che commossi nel cuore da qualche passione ancorchè ignoranti talora, e rozzi, parlano eloquentemente, trovan figure, immagini, evidenza, senza sapersi come. Il poeta nell’entusiasmo, dicea l’abate Conti, simile ad un amante appassiona la natura, parta alle stelle, agli alberi, alle montagne non altrimenti, che se fossero a parte de’suoi sentimenti j e gli rispondessero. Cammosso resta ancora l’uditore o il lettore; così Alessandra restò sì perturbato alla lettura d’Omero, che ad esempio d’Achille strascinò intorno le mura di Tiro il governatore di quella piazza. Così S. Agostino piagneva leggendo il caso di Didone in Virgilio, e dal rimorsi delle sue lagrime si vede quanto erano tenere, e dolci.

Ma forse il [ ¡ù sublime entusiasmo della passione si trova nel terribile, come accennammo al principio, e dal cuore agitato pet lui sorge forse la maggiore grandezza in pittura, scultura, eloquenza e poesia. La [p. 171 modifica]prò» fon-fonila impressione che fk nell’anima, Io spavento, e l’orrore del pericolo proprio, ovvero d’altrui, che si fa proprio ha più for-, za, e dura più lungamente d’ogni altra.

Chi ne parla trova le immagini più evidenti, e più poetiche, e i colori più espressivi, e adattati, anzi basta il silenzio, la immobilità, il gesto, il guardo, il volto a dipigner10 vivamente; e a ciò la mutolezza, l’oscurità, il voto, la solitudine, la confusione, 11 disordine giovano più che le parole, e Io stile, e la chiarezza d’una minuta descrizioni ordinata. Alcun però volle, che vero sublime non fosse, fuorchè nel sentimento del terrore, e dello sbigottimento, poichè scuote l’anima nel maggior grado di forza, e di maraviglia. Il gladiator moribondo di Ctesila, dicono, fu pur messo da Plinio sopra tutte le più stupende opere dell’antichità. Certo il terrore, e la pietà tengono luogo primario e sulla scena, e nelle arti tutte d’imitazione, che hanno tutte perciò del tragico entusiasmo. ( i ) Ccr.’.a poi queste { i ) Nota decima terza. [p. 172 modifica]

s’e lo rendono caro, e gradito per questa via del dolore, e della paura, e sino a qua] segno, e a quai condizioni debbano maneggiarlo, ciò da noi fu accennato. Par certo, che nasca in gran parte dal moto pesto nell’anima dai contrasti, e dal tumulto, ondetutto vien sorprendendo, e toccando più al vivo, e facendo però un composto di più sensazioni ad un tempo, e più organi insieme, e più parti del cuore, e circi quasi dell’aniina con più oggetti, e più opposti svegliando ed urtando. Può forse così intendersi il piacer barbaro degli spettacoli antichi de’gladiatori, il quasi barbaro della bassetta, il poco men barbaro de! ballo su la corda; e così la gloria da noi mal conceduta agli eroi guerrieri pe’ terrori vinti da loro, o per le stragi da loro fatte; e venendo alle arti, ricorderò la crocefissione di Rubens, che a me par sublime ancor per l’orrore.

Imperciocchè dopo i più gran pittori, oratori, e poeti, che trattarono quel soggetto, e fecero ancor servire i due ladri di contrapposto, e di forza all’oggetto primario, egli trovò quel pensiero di render evidentissima’ la [p. 173 modifica]Lidisperazionedelmalvagioladrone,facendo, che at divincolarsi furiosamente giunga a strappar dal chiodo un piede sbranandolo, onde veggonsi pendere i brani sanguinolenti, che c’inorridiscono.

Io poi cento volte ho considerato il mirabile boschereccio di Tiziano nel san Pietro Martire sì famoso, e andava dicendo a me stesso: se non fossero che quegli alberi coti belli per altro, che empion quasi tutta la tela, quanto meno gedrei? Ma il santo a terra ferito, e al cielo rivolto, Io sgherro feroce, e bieco, la fuga del frate compagno, e lo svolazzo dell’abito suo quanto mi muovono, e in quanti modi? Lo stesso direi del bellissimo Solitario del Pussino, detto l’Arcadia, in cui certo la selva, e l’ombra, e il deserto son dipinti da gran maestro; ma quel mausoleo colla statua giacente d’una morta beltà, ma due pastori, o due pastorelle, che sopra vi piangono, e spargono fiori, quaLdolce mestizia non mettono in cuore su la fragilità ¿’ogni bellezza, a che essi pensano, e mi fanno pensare profondan:pnte?

A [p. 174 modifica]rac-A raccogliere insieme il sin qui detto su ¡a passione or terribile, ed or molle, e sempre propria dell’entusiasmo, non saprei scegliere più bel passo di quello, che al bisogno propizia m’offre la sorte: II forti, e tenero son le due spezie di patetico, che fanno evidentemente i due gran cardini del cuor umano. Il forte ci sveglia, ci applica., ci determina: il tenero ci attrae, c’impegna, ci fa determinar da noi stessi. Il forte ci doma, per così, dire, colmarmi alla mano; il tenero c’invita, ci alletta, ci prende per intelligenza, ed accordo. Il forte entra nella nostr’anima. da conquisiator per la breccia, il tenero mostrasi avanti la piazza come un re mite, cui basta farsi vedere, perchè gii s’apran le porte.... Per imprimere a questi due generi di movimenti quel maravigli oso, che ci rapisce, invano andremmo noi ad implorare P ajuto dell’arte. La grane? arte, Parte sola si e di saper mettersi nellt situazioni di cuore, e di spirito, che gli partoriscono, a così dire, senza sforzo, i senza dolore dal seno della natura....

Altrimenti già non sarebbono fuorchè [p. 175 modifica]convul-vulsioni ài retori, caricature di comici, a furor di’ energumeni.... debbon nascere infine da un certo trasporto naturale dell’anima, che fuoco appellasi, entusiasmo, furore divino, senza il quale mai non vi fu verH eloquenza e poesia ( I ).