De mulieribus claris/Protesto

Protesto fatto per Francesco di pegolo Vettori

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Giovanni Boccaccio - De mulieribus claris (1361)
Traduzione dal latino di Donato Albanzani (1397)
Protesto fatto per Francesco di pegolo Vettori
CIII Lettera I

[p. 453 modifica]

PROTESTO

fatto per comandamento de’ signori di firenze
a’ rettori ed altri uffici che ministrano ragione

FATTO

PER FRANCESCO DI PAGOLO
VETTORI

a dì 15 settembre 1455

Se la reverenzia e la fede da me continuamente portata all’autorità di questi miei onorandi padri e maggiori dell’ufficio de’ Gonfalonieri non mi strignesse, certo io tacerei; nè in alcuno modo, magnifici S. M., arei nella mia giovanile età consentito venire in questo onoratissimo luogo dinanzi a tanti amplissimi ordini di riputatissimi ufficj, nella presenza della veneranda maiestà di voi potentissimi S. nostri, e nel mezzo del giocondo cospetto di tanti uomini probatissimi per celebrare [p. 454 modifica]l’antica solennità di questa santa mente approvata e conservata; e massimamente considerando avere a parlare alla prestantissima podestà di questi giustissimi rettori di somme dignità private e pubbliche, meritamente illustrissimi e degni, ora veggendomi circondato; all’autorità e fermo giudicio di tutti i principali magistrati di questo florentissimo popolo il mio piccolo ingegno si smarrisce, e temo non potere soddisfare a tanto peso, che ciascuno abbondante e copioso oratore farebbe tremante. Per questo due grazie nel mio dire domando alle benignità vostre: la prima, che la ubbidienza mi sia accettata da voi per sufficiente scusa di quello che in me da alcuno potesse essere in presunzione istimato, per avere preso questo ufficio del dire, al quale ciascuno di questi miei maggiori più degnamente e meglio arebbe soddisfatto; la seconda, che diligentemente vi piaccia udirmi, acciocchè, da voi corretto, possa, come io desidero, emendare quello in che per me si mancasse.

Molte considerazioni mi sono occorse all’animo, prestantissimi S. M. venerabili colleghi, e voi, ottimi Padri, le quali tutte con[p. 455 modifica] venientemente recitare si potrebbero in questa servandissima solennità dinanzi a’ vostri gloriosi cospetti; ma io ho scelto quella che lo ingegno mi dimostra dovere essere agli animi vostri più gioconda e cara; e, secondo che io credo, nuova, nè altre volte in questo degnissimo luogo trattata e al primo nostro Protesto conveniente. Prima narrerò che cagione al tempo de’ nostri prudentissimi antichi desse principio a questa nostra presente solennità; e perchè a’ Gonfalonieri delle compagnie del popolo nel presente giorno s’appartenga in conforto della Giustizia sermonare; poi, quanto più brieve di tanta cosa dire si potrà, tratteremo della Giustizia, dimostrando quanto sia eccellente sua origine; da chi, e come prima nel mondo sieno state le leggi santamente comprobate e sciolte; quanto sopra ogni altra virtù Giustizia splenda, e che frutti ne segua.

Meco medesimo la memoria delle vostre antiche storie ripetendo, trovo pe’ passati tempi per tutta Italia da gente forestiera e barbara essere stato nocivo seme di divisione seminato, e pare in modo per Toscana sparto, che nè città nè uomo era, non fusse per [p. 456 modifica]Ghibellino o per Guelfo diviso. In tempi di tale divisione poco o nulla nella vostra città potè ragione: le corti solitarie e poco usate, timidamente tacevano i giudizj, stavano cheti gli statuti, le leggi e tutti gli ordini si riposavano ne’ libri chiusi come giusta spada nella guaina riposta, la potenzia ogni cosa domava, e la ragione, e i doveri erano posti nelle armi. Lagrimabile sarebbe raccontare1 i danni e le gravi miserie che per questo seguivano alla vostra città; perocchè, tolto il fondamento della giustizia, qualunque bene potente repubblica conviene che in brieve tempo rovini. Il vostro antico popolo pacifico e civile, sempre desideroso di bene giustamente vivere, rivolto a’ ripari di tanti mali, utilissimamente provvedè: onde per rilevare la giustizia, che già si poteva dire in Firenze perduta2, crearono un potente difensore di quella; dierongli il Gonfalone col segno del popolo, e sotto lui mille uomini armati discrissero, e con magnifico nome il chiana [p. 457 modifica]rono Gonfaloniere, e difensore della santa giustizia. La prima creazione di questo magistrato trovo essere stata fatta dopo la salute dei Cristiani anno MCCLXXXIX. In questo primo tempo non abitò nel palagio pubblico co’ nostri Signori, ma, da’ Signori richiesto, costrigneva chi avesse la giustizia sprezzato, il dovere e ragione impedisse. In questo modo durò solo anni quattro: poi l’esperienza già avea mostrato3, l’autorità e forza di chi in quel modo tal segno tenea non essere sufficiente contro alla potenzia di molti, che la propria volontà si sforzavano usare per ragione. Per accrescere adunque la potenzia, e fare somma l’autorità di chi la giustizia difendesse; fu ordinato che il Gonfaloniere della giustizia insieme co’ nostri Signori nel primo luogo fusse nel nostro palagio. E come innanzi a ogni altra cosa era da questo popolo giustizia desiderata, così il Gonfaloniere di giustizia innanzi a ogni altro civile magistrato presedesse; e non mille armati, come prima, ma quattro mila a sua ubbidienza avesse discritti. Mirabile cosa è a [p. 458 modifica]dire in quanto brieve tempo, dopo tal provvedimento fu la giustizia riparata, ritenuta e approvata con onore e grandissimo frutto della vostra città, intanto che questo vostro popolo, quasi tutto unito e per sè stesso al dovere disposto, parea, non avesse bisogno di tanta severità, nè di sì rigida amministrazione del dovere. E oltre a questo avvenia, che essendo scemato il bisogno di sovvenire alla giustizia pubblica, che il Gonfaloniere possedeva, alle volte per amore a’ suoi medesimi cittadini, forse non ragionevolmente, in privato consentiva: per obviare a questo nel MCCCVI fu creato da voi terzo e nuovo rettore forestiere, chiamato della giustizia esecutore, e a lui fu conceduto gran parte dell’autorità che il Gonfaloniere riteneva, contro a chi volesse giustizia impedire. Il Gonfaloniere fu riserbato per primo presidente, e sommo ordinatore di tutto il governo civile insieme co’ nostri Signori. I quattromila armati, che sotto si ritenea, furono per tutta la città divisi, e a’ Gonfalonieri delle compagnie del popolo consegnati; acciocchè fussero apparecchiati a sovvenire e prestare favore a’ vostri rettori e ufficj contro [p. 459 modifica]a chi non volesse giustizia debitamente sopportare; e perchè quest’ordine non fusse dal tempo oscurato in modo si dimenticasse, come esempio di molti antichi ordini dimostrava; ma per ogni tempo fusse notissimo o certo in conforto di chi nella nostra città per giudice di ragione siede.

S’aggiunse, che al tempo di ciascuno Priorato sempre per lo avvenire infra i quindici primi dì si dovesse dinanzi da loro raunare tutti gli ufficj che in Firenze ministrano ragione; e per l’ufficio dei Gonfalonieri, ai quali l’armate compagnie ubbidivano, dinanzi alle loro riverenzie si significasse quanto il giusto vivere era a questi signori caro; quanta diligenza s’era da questo popolo messa, e metteva, perchè egualmente fusse questa eccellente virtù conservata; con che ordine s’era provveduto, perchè giustizia non l’impedisse; e come questa Signoria era fermamente disposta e potente a prestare favore a qualunque ufficiale volesse essere giusto, e così in questo caso ogni ajuto, e subito pro metteva e promette. Io adunque dall’ufficio de’ Gonfalonieri, benchè indegnamente, a parlare diputato, per soddisfare a quest’an[p. 460 modifica]tica consuetudine, seguendo quanto si è usato da coloro che innanzi a me hanno parlato in questo prestantissimo luogo, narrerò di questa in parte, d’ogni altra virtù solo seguendo quelle parti che conoscerò alla solennità del presente atto si convenghino, e sieno degne d’essere recitate alle vostre prudenze. Avendo adunque di Giustizia a parlare, prima ci s’appartiene intendere che cosa ella sia, e come da savj descritta. In uno tutti i sommi filosofi s’accordano, giustizia essere abito d’animo disposto alla conservazione della utilità comune, il quale distribuisce a ciascheduno il merito suo. Il primo fondamento di tale virtù è derivato dalla natura, poi divenuta fra gli uomini ha dimostrato l’utile, e quello per lunga consuetudine approvato: quinci prima la religione, poi la giustizia hanno le divine leggi e umane santamente costituite e ferme. Due sono adunque le leggi: la prima è quasi divina; è dalla natura l’altra a similitudine di quella scritta, approvata dagli uomini. Legge naturale è perfetta ragione nata in ciascuno, diffusa in tutti, vera, costante, e sempiterna, la quale in ogni tempo, in ogni luogo, e appresso a qualunque gente è una [p. 461 modifica]sola e perpetua, ammirabile e certa. Da questa hanno avuto principio, e a questa conviene che riferiscano tutte le buone leggi scritte; da questa procede la religione, le cerimonie e celebrità dei culti divini; i quali certo non sarebbero nel mondo da ogni nazione con tanta efficacia consacrati, se non fusse generata naturalmente negli animi nostri una superna essenzia in divina unione eternalmente perfetta; da questa sono gli obblighi della patria, e la pietà de’ parenti, la carità dei figliuoli, la benevolenzia dei conviti, e ultimamente l’universale legame di diffusa dilezione di tutta l’umana compagnia; da questa derivano le comodità, i benfizj, le rimunerazioni, i caritativi ministri di liberamente conferiti sussidj. Secondo queste opere sono fatte seguono i meriti, gli onori, i premj, le vendette, vituperj e pene: onde degli uomini altri onorati si gloriano, altri si pentono con pena; per questa è la fede costante, immutata e ferma, e finalmente dalla naturale legge ogni nostro bene è con debito ordine di compiuta misura perfettamente conservato. Di questa naturale legge è primo inventore, comune maestro, e solo impera[p. 462 modifica]dore l’onnipotente Iddio, a cui chi non ubbidirà, patirà gravissime pene; ma osservata, fuga i tormenti de’ terreni giudicj. La seconda legge è scritta e composta dagli uomini secondo che paruto sia, eguale per la salute di tutti: a queste, innanzi fussero costituite e ferme, non si era alcuno obbligato, e lecito era fare e non fare quello si contiene in sè. Oggi poi sono state approvate tanto, che grave è contrafare a quanto elleno stesse hanno giudicato: le quali, secondo è paruto convenirsi, hanno ordinato, che ai meriti i premj, e ai delitti le proprie pene si diano. Negli antichissimi tempi innanzi gli Ateniesi regnassero in Grecia, non trovo essere stata scritta civile legge; ma solo l’arbitrio e naturale discrezione de’ principi erano per vera legge ubbidita. Questo bastava, mentre la bontà e conosciuta virtù elesse il re: ma poichè le preghiere, le parentele, e le amicizie cominciarono a potere col dovere, spesso si elegevano principi ingiusti. Per questo fu necessario scrivere la legge e il primo che io trovo in Atene avere pubblicata e scritta legge fu Draconte Ateniese: Solone dopo lui le ridusse con tanta giustizia, che [p. 463 modifica] ne’suoi tempi fu divino uomo riputato; e insino a oggi durano le sue leggi scritte. Licurgo ancora Lacedemonio, Minos, re de’ Cretj, Radamanto, re di Licia, tanto santamente avevano ordinate giustissime leggi, che, veduto il frutto ne seguiva nel mondo, per molti secoli furono dai gentili in terra per santi adorati; e per la giustizia da loro in questa vita operata Radamanto e Minos sono detti essere nell’altra vita giudici delle nocenti anime dinanzi ai quali niuno peccatore s’assolve. Platone poi, sommo di tutti i filosofi, dieci libri di legge elegantissimamente costrinse. Molti anni dopo i Romani, cominciando per tutta Italia a fiorire, scacciati i re, e il popolo con dolce libertà vivendo, essendo di legge poveri, elessero dieci savj cittadini; ai quali dierono pubblica podestà di comporre le leggi. Costoro dagli Ateniesi, da’ Lacedemonj, e da più altre città e varie nazioni ritraendo, ordinarono le Dodici Tavole, che poi sempre sono state di somma fama nel mondo. Questo poi riconsiderate da Cecilio, Emilio, Paulo, Ortensio, Tullio, Scevola, Sulpicio e più altri per chiarissimo ingegno approvati legisti diffusamente dilatarono tutte [p. 464 modifica]le leggi romane; le quali col loro glorioso imperio sopra ogni nazione, prosperamente operate le armi, quasi a tutto il mondo imposero queste. Infine da’ nostri imperadori ridotte sono le civili leggi, che ancora approvate durano per terribile legame de’ cattivi, in favore e conforto de’ buoni. Troppo lungo sarei, se io volessi dire le comodità che sono venute e vengono da queste all’umana generazione: bene vi priego, fermate negli animi vostri, che senza giustizia non solo le città, ma una piccola compagnia non può perdurare. La giustizia è madre della concordia, la concordia madre della conservazione, la conservazione madre di riposo e pacifico vivere; questa sola virtù ogni altra virtù contiene in sè; perocchè tutte le opere buone comanda e vuole; comandaci a ogni nostro detto e fatto prevedere, acciocchè non erriamo, e siamo prudenti; comandaci raffrenare gli appetiti, e quegli alla ragione sottomettere, che sono opere di temperanza e modestia; comandaci essere costanti e ire ai pericoli per difensione del dovere, che sono opere di fortezza. Per questo dice Aristotile: Justitia virtus est: perfetta virtù ogni altra virtù contiene in sè. [p. 465 modifica]Ma sopra tutte le cose notabili che mai dire si potessero di questa gloriosa e eccellente virtù una certo tutte le altre avanza, la quale è degna di essere ritenuta negli animi vostri quanto più cordialmente potete; e questo è la virtù di giustizia essere tanto sopra ogni altra virtù umana accetta all’onnipotente Iddio, che senza differenza, ottimi Padri, sono da Dio per tutta la Santa Scrittura chiamati Beati: Justi beati: e per tutto il corpo della Sacra Scrittura niuna cosa tanto è addimandata e richiesta quanto giustizia. Moisè copiosamente scrive, e per parte di Dio con lungo processo: Sempre dimandi giustizia e legge. David nel primo suo Salmo scrive come debba essere fatto l’uomo giusto; e per tutta l’opera, sempre ripieno di giustizia, Salomone cominciò: Amate la giustizia voi che giudicate la terra; e poi seguendo disse: Justi autem in perpetuum vivent, et apud Dominum est merces eorum, et cogitatio eorum apud Altissimum, cioè: I giusti eternamente co’ beati godono, e i loro meriti sono nella presenza di Dio, e tutti loro pensieri e opere sono nel cospetto dell’Altissimo. I sacri e santi Evangelj null’altro sono che la legge. [p. 466 modifica]Paolo apostolo, vaso di elezione, e di verità ́tromba, sopra ogni altra cosa in ogni luogo sempre risuona giustizia; e nella prima Epistola, scrivendo a’ Romani, dice così: Qui injuste agunt digni sunt morte, et non solum qui faciunt, sed qui consentiunt facientibus, propter quod inexcusabilis es, homo, qui judicas, in quo enim alium judices teipsum condemnas. Tullio questo medesimo affermò dicendo: Injusta genera duo sunt, unum eorum qui inferunt, alterum eorum qui, a quibus infertur, non propulsant, si possunt, injuriam. Io non troverei fine al mio dire, se io seguissi in questo, e volessi narrare da che cagioni sia giustizia impedita; come drento delle mura da chi ne’ magistrati siede, e fuori da chi in pace o guerra governa, si ministri giustizia. Declinando dunque verso la conclusione nostra, introduco a memoria prima avervi dimostrato, quanto questo popolo sempre fusse amatore di giustizia; che ragioni anticamente la impedisse, e quanto lentamente fu da voi racquistata, creando prima il Gonfaloniere e poi l’esecutore della santa giustizia; e perchè a’ Gonfalonieri toccava in questo alto a dire questo fatto; mostrammo che [p. 467 modifica]è giustizia, qual era il suo principio, come e da chi prima nel mondo per legge scritta; infine brievemente costrignemmo, quanto sia eccellente virtù sopra ogn’altra necessaria a bene e beatamente vivere. Ora soprassedendo a molte bellezze di questa cosiffatta virtù, con riverenzia rivolgo le mie parole a voi, spettabili egregi direttori, e venerabili ufficiali, che per giudici del dovere meritamente sedete, confortovi, e per parte de’ nostri Signori vi richieggio e v’impongo, consideriate la ’ntenzione di questa gloriosa Signoria; abbiate nell’animo il dovere di questo bene disposto popolo; rivolgete la mente a Dio, e con ogni diligenzia v’ingegnate ministrare a ciascuno ragione e giustizia; sempre con misericordia raccomandovi vedove, pupilli, e chi meno sa e può, come ci ammonisce la Santa Scrittura. Tutto il corpo della repubblica v’ingegnerete insieme conservare; e ogni vostro detto e fatto alla universale salute di tutti s’addrizzi, dimenticando la spezialità e proprio comodo; con prudenzia attendete; e non giudicate secondo la faccia, ma date giudizj giusti, avendo nell’animo, e sempre temendo il giudizio eterno di Dio [p. 468 modifica] che con sua bocca dice: Con quella misura che voi giudicherete altrui, con quella giudicherà il mio eterno Padre. A questo io vi chiamo, a questo io vi richieggo, priego e conforto; questo per parte de’ nostri maggiori, C. P. e Signori, io vi protesto, e per quanto m’è lecito comando, acciò si conservi il vostro vie di questo benigno e amatissimo popolo; seguane l’onesto desiderio de’ nostri gloriosi e eccelsi signori; onore e perpetua fama di voi, e lunga prosperità di quegli che di voi nasceranno, secondo promette Iddio, e per le preziose parole del Salmista, dove dice così: Injusti puniuntur, et semen eorum peribit; justi autem hæreditabunt terram et inhabitabunt in seculum seculi: cioè: Gl’ingiusti saranno puniti, e il seme loro mancherà nel mondo; ai giusti fia dato per eterna eredità la terra, e insieme la possederanno per tutti i futuri secoli.

Io ho detto, credendo dire quanto da questi miei onorevoli maggiori, Padri del collegio dei Gonfalonieri, e de’ nostri signori fedeli servidori m’era stato imposto: in quello io avessi mancato, eglino con la loro prudenzia suppliranno, e io ne gli priego; e voi, Ser Ludovico, come d’uso sarete rogato.

Note

  1. Cod. Cass. racconciare.
  2. Ibidem, cheggia sipotra udire infirenze perduta.
  3. Cod. Cass. lasperanza gia avea mostrata.