De mulieribus claris/LXXXXVII

Zenobia, Reina de' Palmireni

../LXXXXVI ../LXXXXVIII IncludiIntestazione 15 giugno 2024 75% Da definire

Giovanni Boccaccio - De mulieribus claris (1361)
Traduzione dal latino di Donato Albanzani (1397)
Zenobia, Reina de' Palmireni
LXXXXVI LXXXXVIII
[p. 411 modifica]

CAPITOLO LXXXXVII.

Zenobia, Reina de’ Palmireni.

Zenobia, reina de’ Palmireni, per testimonianza degli antichi scrittori fu di si eccellente virtù, che per nominanza ella dee essere preposta innanzi alle altre genti. Questa fu primieramente nobile per nazione, perchè [p. 412 modifica]dicono gli antichi, che ella ebbe origine famosa dai Tolomei, re di Egitto, benchè non si ha ricordanza chi fusse suo padre e sua madre. E dicono che questa della prima puerizia dispregiò gli esercizj di donna; e già alquanto cresciuta e fatta forte, per la maggior parte si dice che ella abitò per boschi e luoghi salvatichi, e con l’arco e saette perseguiva i cervi, correndo, e i cavriuoli; e poi fatta più forte veniva alla presa con gli orsi, perseguiva e aspettava e pigliava e uccideva i leopardi e i lioni; e senza paura discorreva per rivi e per altri passi di montagna; cercava le tane delle fiere, e di notte dormiva all’aria; con maravigliosa potenzia comportava la piova, il caldo, il freddo, con somma diligenzia era usata spregiare l’amore e la conversazione degli uomini, e a pregiare la verginità. Per le quali cose avendo cacciato la morbidezza delle femmine, dicono che ella era fatta sì robusta, che ella vantaggiava per forza i giovani di sua età in battaglia di balestra e in giuochi. E finalmente essendo venuta a età di matrimonio, per consiglio degli amici, dicono che ella si maritò a Odenato, giovane indurato a simili esercizj, lo quale [p. 413 modifica]era molto nobile principe de’ Palmireni. E era questa bella del corpo, benchè alquanto bruna di colore, come per lo caldo del sole sono tutti gli abitatori di quel paese: ancora ella avea bellezza di neri occhi, e bianchi denti. La quale vedendo Odenato, intento ad occupare i regni d’Oriente, essendo preso e dannato a brutto servizio Valeriano da Sapore re di Persia; e Galieno suo figliuolo come effemminato stare in ozio1; e non avendo dimenticato la prima durezza; deliberò di nascondere la sua bellezza sotto le armi, e usare la milizia sotto suo marito, e con lui prese il nome reale e l’ornamento. E con Erode figliastro avendo raccolto suo sforzo, andò contro Sapore animosamente, il quale già ampiamente occupava Mesopotamia: e non isparmiandosi alcuna fatica, alcuna volta facendo l’ufficio di soldato, alcuna volta di capitano2, uccise non solamente quello aspro uomo e esperto, in virtù della battaglia e delle armi; ma fu creduto che per [p. 414 modifica]opera di quella, Mesopotamia venisse sotto sua signoria e preso il campo di Sapore con le sue femmine, cacciò e perseguì3 quello infino a Ctesifonte. E non molto dappoi ella curò con sollecito studio di soperchiare Quieto, figliuolo di Matriano, il quale sotto il nome di suo padre era entrato nell’imperio di Oriente. E già tenendo insieme col marito quieto tutto l’Oriente, il quale aspettava ai Romani; il marito Odenato, secondo che alcuni dicono, fu morto con Erode suo figliuolo da Meonio suo cugino per invidia. Alcuni altri dicono, che Zenobia consentisse la morte d’Erode, perchè molto spesso dannava la sua dilicatezza; perchè la successione del regno pervenisse a Eremiano e Timolao, i quali ella avea generati di Odenato. E signoreggiando Meonio, alquanto4 ella stette quieta; ma dopo brieve tempo essendo morto Meonio dai suoi cavalieri, quasi essendo lasciata la possessione vacua, quella donna di nobile animo subito entrò nella desiderata signoria; e essendo ancora piccoli i suoi figliuoli, ella si [p. 415 modifica]presentò vestita a modo di re, e in nome dei figliuoli governò la signoria molto meglio che non si conveniva a femmina, e non vilmente. Perchè Galieno e dopo lui Claudio imperadore non ardirono contrastare contro a lei alcuna cosa, nè ancora similmente gli Orientali, gli Assirj, nè gli Arabi, nè i Saracini de’ popoli di Armenia; anzi temendo quegli tutta la sua potenzia, erano contenti poter difendere i suoi confini; perchè quella ebbe tanto magisterio di battaglie, e sì aspra disciplina di milizia, che ugualmente i suoi osti la pregiavano5 e temevano molto. Appresso de’ quali ella non parlamentava mai se non con l’elmo in testa e con armi; molte rade volte usava carretta, e andava spesso a cavallo, e alcuna volta a piè innanzi alle insegne cogli cavalieri tre e quattro miglia; e mai aveva in fastidio alcuna volta bere coi suoi capitani, benchè ella fusse sobria, e beveva cogli principi di Persia e d’Armenia che vinceva di piacevolezza e di costumi. Ella fu sì aspra conservatrice d’onestà, che, non che ella s’astenesse al postutto dagli altri uomini, [p. 416 modifica] ma eziandio non si congiugneva mai con Odenato suo marito, secondo che ho letto, se non per generar figliuoli, sempre avendo6 questa diligenzia, che quando era congiunta che ella s’accorgeva se ella era gravida, e poichè questo avveniva, non comportava poi essere tocca dal marito infino alla purgazione del parto; e quando ella s’accorgeva non essere gravida, consentivasi al marito a posta. Oh, quanto questa era laudabile opinione di donna! assai appare che ella giudicava che la lussuria per aiuna altra cagione è data agli uomini che, rinnovandosi i figliuoli, si conservino quegli che deono venire, e da quello in suso sia un avanzo vizioso. Ma troverai molte rade volte donne di siffatti costumi. Nondimeno acciocchè io non dimenticasse l’opportune cose della casa, mai non lasciava, o rade volte, entrare dentro alcuni, se non eunuchi, ed uomini gravi d’età e di costumi. Ancora ella visse a modo di reina con magnifica spesa, con quella pompa che usano i re di Persia, e secondo l’usanza [p. 417 modifica]di Persia volle essere adornata, e faceva conviti a simiglianza degl’imperadori romani, usando quegli vasi d’oro che ella avea uditi usare a Cleopatra. Benchè ella fusse grandissima conservatrice di tesoro, niuno fu più magnifico e più largo, dove le pareva che fusse il bisogno. E benchè per la maggior parte ella soprastasse in caccie e arme, non mancò che non imparasse le lettere d’Egitto, e ancora in parte le lettere greche sotto Longino filosofo, suo maestro. Per aiutorio delle quali ella vide tutte le storie latine, greche e barbare, con sommo studio, e con mandarle alla memoria; e non solamente questo, ma fu ancora creduto ch’ella riducesse quelle sotto brieve forma. E oltre al suo linguaggio ella seppe quello d’Egitto, quello di Soria; e volle che i figliuoli parlassino latino. Ma poche più parole al certo questa donna fu di tanto valore, che essendo vinti Galieno, Aurelio e Claudio imperadore, ella trasse contro a sè Aureliano, uomo di perfetta virtù, essendo egli fatto imperadore, per purgare la vergogna della nominanza de’ Romani, e per acquistare gran gloria. Essendo compiuta la guerra di Marco Mannico, essendo quietato [p. 418 modifica]ancora Aureliano con ogni sollecitudine, pigliò l’andata contra Zenobia: è andando contro le nazioni barbare, avendo sconfitte nobilmente molte legioni, finalmente arrivò con molte legioni poco lungi da Emessa, città presso alla quale Zenobia non impaurita insieme con Zeba (il quale ella avea preso per compagno della guerra) ella s’era posta col suo oste, e in quel luogo fu combattuta aspramente e per lungo spazio della somma del fatto tra Aureliano e Zenobia; messa in rotta cogli suoi, cioè Zenobia, da Aureliano per la virtù de’ Romani, ridussesi a Palmira, dove subito ella fu assediata dal vincitore. E non volendo udire alcuna condizione d’arrendersi, difendevasi con maravigliosa diligenzia e sollecitudine, venuta già a necessità delle cose opportune. Poi non pensando i Palmireni contrastare alla possanza d’Aureliano, essendo eziandio sottratti dall’aiutorio di Zenobia quegli di Persia e d’Armenia e i Saracini, i quali venivano in suo aiuto, fu presa per forza quella città da’ Romani. Dalla quale città partita Zenobia colli figliuoli fuggì in Persia sopra i camelli, dove perseguita fu presa co’ figliuoli dalla gente d’Aureliano, e [p. 419 modifica]a lui presentata viva: per la qual cosa Aureliano fu glorioso non altrimenti che se egli avesse vinto uno grandissimo capitano, asprissimo nimico della repubblica; e salvando quella al trionfo, menolla a Roma co’ figliuoli. Poi fu apparecchiato il trionfo ad Aureliano maraviglioso per la presenza di Zenobia; nello quale, tra le altre cose nobili e degnissime di ricordanza, egli menò lo carro, lo quale Zenobia avea fatto fare di grandissimo pregio d’oro e di perle, sperando venire a Roma non prigione, ma donna imperadrice e trionfante, e possedere lo ’mperio di Roma. Dinanzi a quello carro ella andava co’ figliuoli, ed era legata il collo, le mani e i piedi con catene d’oro, con corona e vestimenti reali carichi di perle e di pietre preziose, intanto che, essendo ella fortissima, spesse volte per lo peso stava ferma. E finito il trionfo maraviglioso per lo tesoro, e per la virtù di Aureliano, dicesi che ella invecchiò co’ figliuoli in privato abito fra le donne romane; e fulle conceduto una possessione dal senato presso Tivoli, la quale dappoi per lungo spazio fu denominata da lei Zenobia, non molto lungi dal palazzo del divino Adriano, in quel luogo, che era chiamato dagli abitatori Conche.

Note

  1. Betus. Cod. Cass. eghalieno suo figliuolo inmolto testamento.
  2. Betussi.
  3. Cod. Cass. eperse giu.
  4. Cod. Cass. alquale.
  5. Cod. Cass. la preghavano.
  6. Cod. Cass. sempre inquesto questa diligenzia.