Cabala del cavallo Pegaseo con l'aggiunta dell'Asino Cillenico/Dialogo primo

Dialogo primo

Cabala del cavallo Pegaseo con l'aggiunta dell'Asino Cillenico/Un molto pio sonetto circa la significazione de l'Asino e Pulledro Cabala del cavallo Pegaseo con l'aggiunta dell'Asino Cillenico/Dialogo secondo IncludiIntestazione 28 dicembre 2011 100% Da definire

Un molto pio sonetto circa la significazione de l'Asino e Pulledro Dialogo secondo
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D I A L O G O      P R I M O
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INTERLOCUTORI

Sebasto, Saulino, Coribante.



Seb.
È il peggio, che diranno, che metti avanti metafore, narri favole, ragioni in parabola, intessi enigmi, accozzi similitudini, tratti misterj, mastichi tropologie.
Saul.
Ma io dico la cosa a punto come la passa, e come la è propriamente, la metto avanti gli occhi.
Cor.
I. e. sine fuco, plane, candide; ma vorrei, che fusse così come dite da dovero.
Saul.
Così piacesse a li dei, che fessi tu altro che fuco con questa tua gestuazione, toga, barba e supercilio: come anco quanto a l’ingegno, candide, plane et sine fuco, mostri agli occhi nostri la idea de la pedantaria.
Cor.
Hactenus haec! Tanto che Sofia loco per loco, sedia per sedia vi condusse?
Saul.
Si.
Seb.
Occorrevi da dir altro circa la provisione di queste sedie?
Saul.
Non per ora, se voi non siete pronto a donarmi occasione di chiarirvi di più punti circa esse col [p. 22 modifica]dimandarmi e destarmi la memoria, la quale non può avermi suggerito la terza parte de’ notabili propositi degni di considerazione.
Seb.
Io, a dir il vero, rimagno si suspeso dal desio di saper qual cosa sia quella ch’il gran padre de li dei ha fatto succedere in quelle due sedie, l’una boreale e l’altra australe, che m’ha parso il tempo di mill’anni per veder il fine del vostro filo, quantunque curioso, utile e degno: per che quel proposito tanto più mi vien a spronar il desio d’esserne fatto capace, quanto voi più l’avete differito a farlo udire.
Cor.
Spes etenim dilata affligit animum, vel animam, ut melius dicam; haec enim mage significat naturam passibilem.
Saul.
Bene. Dunque, per che non più vi tormentiate su l’aspettar della risoluzione, sappiate, che nella sedia prossima immediata e gionta al luogo, dove era l’Orsa minore, e nel quale sapete essere esaltata la Veritade, essendone tolta via, l’Orsa maggiore ne la forma, ch’avete inteso, per providenza del prefato consiglio vi ha succeduto l’Asinità in astratto: e là, dove ancora vedete in fantasia il fiume Eridano, piace a li medesimi, che vi si trove l’Asinità in concreto, a fine che da tutte tre le celesti regioni possiamo contemplare l’Asinità, la quale in due facelle era come occolta ne la via de’ pianeti, dov’è la coccia del Cancro.
Cor.
Procul, o procul este, profani! Questo è un sacrilegio, un profanismo, di voler fingere (poscia che non è possibile, che così sia in fatto) vicino à l’onorata ed eminente sedia de la Verità essere l’idea di sì immonda e vituperosa specie, la quale è stata da li sapienti Egizj ne li lor ieroglifici presa per tipo de l’ignoranza: come ne rende testimonio Horo Apolline, più volte replicando, qualmente li babilonj sacerdoti con l’asinino capo congionto1 al busto e cervice [p. 23 modifica]umana, volsero designar un uomo imperito ed indisciplinabile.
Seb.
Non è necessario andar al tempo e luogo d’Egizj, se non è nè fu mai generazione, che con l’usato modo di parlare non conferme quel che dice Coribante.
Saul.
Questa è la ragione, per cui ho differito al fine di ragionar circa queste due sedie: atteso che da la consuetudine del dire e credere m’areste creduto parabolano, e con minor fede ed attenzione areste perseverato ad ascoltarmi ne la descrizione de la riforma a de l’altre sedie celesti, se prima con prolissa infilacciata di propositi non v’avessi resi capaci di quella verità; stante che queste due sedie da per esse meritano almeno altrettanto di considerazione, quanto vedete aver ricchezza di tal suggetta materia. Or non avete voi unqua udito, che la pazzia, ignoranza ed asinità di questo mondo è sapienza, dottrina e divinità in quell’altro?
Seb.
Cosí è stato riferito da’ primi e principali teologi; ma giammai è stato usato un così largo modo di dire, come è il vostro.
Saul.
È perchè giammai la cosa è stata chiarita ed esplicata cosi, come io son per esplicarvela e chiarirvela al presente.
Cor.
Or dite! per che staremo attenti ad ascoltarvi.
Saul.
Perchè non vi spantiate, quando udite il nome d’asino, asinità, bestialità, ignoranza, pazzia, prima voglio proporvi avanti gli occhi de la considerazione, e rimenarvi a mente il luogo de gl’illuminati cabalisti, che con altri lumi, che di Linceo, con altri occhi, che di Argo, profonderno, non dico sin al terzo cielo, ma nel profondo abisso del soprammondano ed ensofico universo, per la contemplazione di quelle dieci Sefiroth, che chiamiamo in nostra lingua membri ed indumenti, penetrorno, videro, concepirno quantum fas est homini [p. 24 modifica]loqui, le sante2 dimensioni: Ceter, Hocma, Bina, Hesed, Geburah, Tiferet, Nezah, Hod, Iesod, Malcuth; di quali la prima da noi è detta Corona, la seconda Sapienza, la terza Providenza, la quarta Bontà, la quinta Fortezza, la sesta Bellezza, la settima Vittoria, la ottava Lode, la nona Stabilimento, la decima Regno. Dove dicono rispondere dieci ordini d’intelligenze, de’ quali il primo vien da essi chiamato Haioth haccados, il secondo Ofanim, il terzo Aralin, il quarto Hasmalin, il quinto Choachim, il sesto Malachim, il settimo Elohim, l’ottavo Benelohim, il nono Maleachim, il decimo Issim; che noi nominiamo il primo Animali santi, o Serafini, il secondo Ruote formanti, o Cherubini, il terzo Angeli robusti, o Troni, il quarto Effigiatori, il quinto Potestadi, il sesto Virtudi, il settimo Principati, o Dei, l’ottavo Arcangeli, o figli de’ Dei, il nono Angeli, o Imbasciadori, il decimo Anime separate, o Eroi.
Onde nel mondo sensibile derivano le dieci spere: 1) il primo mobile, 2) il cielo stellato, o ottava spera, o firmamento, 3) il cielo di Saturno, 4) di Giove, 5) di Marte, 6) del Sole, 7) di Venere, 8) di Mercurio, 9) della Luna, 10) del Caos sublunare diviso in quattro elementi. A li quali sono assistenti dieci motori, o insite diece anime. La prima Metattron, o principe di facce, la seconda Raziel, la terza Zafriel, la quarta Zadkìel, la quinta Camael, la sesta Rafael, la settima Aniel, l’ottava Michael, la nona Gabriel, la decima Samael, sotto il quale son quattro terribili Principi, de’ quali il primo domina nel foco, ed è chiamato da Iob Behemoth, il secondo domina nell’aria, ed è nomato da’ cabalisti e comunemente Beelzebub, cioè principe di mosche i. e. de’ volanti immondi, il terzo domina nell’acque, ed è nomato da Iob Leviatan, il quarto è presidente nella [p. 25 modifica]terra, la qual spasseggia e circuisce tutta, ed è chiamato da Iob Sathan. Or contemplate quà, che secondo la cabalistica revelazione Hocma, a cui rispondeno le forme o ruote, nomate Cherubini, che influiscono nell’ottava spera, dove consta la virtù dell’intelligenza di Raziele, l’Asino o Asinità è simbolo della sapienza.
Cor.
Parturiunt mantes.
Saul.
Alcuni talmudisti apportano la ragione morale di cotale influsso, arbore, scala o dependenza, dicendo, che però l’Asino è simbolo della sapienza ne li divini Sefiroth, perchè a colui che vuol penetrare entro li secreti ed occolti ricetti di quella, sia necessariamente di mestiero d’esser sobrio e paziente, avendo mustaccio, testa e schiena d’asino; deve aver l’animo umile, ripremuto e basso, ed il senso, che non faccia differenza tra li cardi e le lattuche.
Seb.
Io crederei più tosto, che gli Ebrei abbiano tolti questi misterj da gli Egizj, li quali, per coprir certa ignominia loro, hanno voluto in tal maniera esaltar al ciel l’Asino e l’Asinità.
Cor.
Declara!
Seb.
Oco, re de’ Persi, essendo notato da gli Egizj suoi nemici per il simulacro d’Asino, ed a presso essendo lui vittorioso sopra di loro, ed avendoseli fatti cattivi, li costrinse ad adorar l’imagine dell’Asino e sacrificargli il bove già tanto adorato da essi, con rimproverarli, che all’Asino il lor bove Opin o Apin verrebbe immolato. Questi dunque, per onorar quel loro vituperoso culto, e coprir quella macchia, hanno voluto fingere ragioni sopra il culto dell’Asino, il quale da quel che gli fu materia di biasimo e burla, li venne ad esser materia di riverenza. E cosi poi in materia d’adorazione, ammirazione, contemplazione, onore e gloria se l’hanno fatto cabalistico, archetipo, sefirotico, metafisico, ideale, divino. Oltre, essendo l’Asino animal di Saturno e della Luna, e gli Ebrei di [p. 26 modifica]natura, ingegno e fortuna saturnini e lunari, gente sempre vile, servile, mercenaria, solitaria, incomunicabile ed inconversabile con l’altre generazioni, le quali bestialmente spregiano, e dalle quali per ogni ragione son degnamente dispregiate, or questi si trovano nella cattività e servizio dell’Egitto, dove erano destinati ad esser compagni a gli asini con portar le some e servire a le fabriche; e là, parte per esserno leprosi, parte perchè intesero gli Egizj, che in essi pestilenziati regnava l’impression saturnia od asinina, per la conversazione, ch’aveano con questa razza, vogliono alcuni, che li discacciassero da li lor confini con lasciarli l’idolo dell’asino d’oro alle mani, il quale tra tutti li dei si mostrava più propiziabile a questa gente, così a tutte l’altre nemica e ritrosa, come Saturno a tutti li pianeti. Onde rimanendo con il proprio culto, lasciando da canto l’altre feste egiziane, celebravano per il lor Saturno dimostrato nell’idolo dell’asino li sabbati, e per la lor luna le neomenie, di sorte che non solamente uno, ma ed oltre tutti li Sefiroti possono essere asini a’ cabalisti giudei.
Saul.
Voi dite molte cose autentiche, molte vicine a l’autentiche, altre simili a l’autentiche, alcune contrarie a l’autentiche ed approvate istorie. Onde dite alcuni propositi veri e boni, ma nulla dite bene e veramente, spregiando e burlandovi di questa santa generazione, della quale è proceduta tutta quella luce, che si trova sin oggi al mondo, e che promette di donar per tanti secoli. Così perseveri nel tuo pensiero ad aver l’asino ed asinità per cosa ludibriosa, quale, qualunque sia stata a presso Persi, Greci e Latini, non fu però cosa vile a presso gli Egizj ed Ebrei. Là onde è falsità ed impostura questa tra l’altre, cioè, che quel culto asinino e divino abbia avuto origine dalla forza e violenza, e non più tosto ordinato dalla ragione, e tolto principio dalla elezione. [p. 27 modifica]
Seb.
Verbi grazia forza, violenza, ragion ed elezione di Oco.
Saul.
Io dico divina inspirazione, natural bontade ed umana intelligenza. Ma prima che vengamo al compimento di questa demostrazione, considerate un poco, se mai ebbero, o denno aver avuto, o tener a vile la idea ed influenza de gli asini questi Ebrei ed altri partecipi e consorti della lor santimonia? Il patriarca Iacob, celebrando la natività e sangue della sua prole, e padri delle dodici tribù con la figura delle dodici bestie, vedete s’ebbe ardimento di lasciar l’asino? Non avete notato, che come fe’ Ruben montone, Simone orso, Levi cavallo, Giuda leone, Zabulon balena, Dan serpente, Gad volpe, Azer bove, Nettalin cervio, Gioseffo pecora, Beniamin lupo, così fece il sesto genito Isaschar asino, insoffiandoli per testamento quella bella nuova e misteriosa profezia ne l’orecchio: Isaschar, asino forte, che poggia tra li termini, ha trovato il riposo buono ed il fertilissimo terreno, ha sottoposte le robuste spalle al peso, ed èssi destinato al tributario servigio. Queste sacrate dodici generazioni rispondeno da qua basso a gli altri dodici segni del zodiaco, che son nel cingolo del firmamento, come vide e dichiarò il profeta Baalam, quando dal luogo eminente d’un colle le scorse disposte e distinte in dodici castrametazioni alla pianura, dicendo: Beato e benedetto popolo d’Israele! voi sete stelle, voi li dodici segni messi in si bell’ordine di tanti generosi greggi. Così promesse il vostro Giovà, che moltiplicarebbe il seme del vostro gran padre Abraamo come le stelle del cielo, cioè secondo la ragione de li dodici segni del zodiaco, li quali venite a sacrificar per li nomi di dodici bestie. Qua vedete, qualmente quel profeta illuminato, dovendoli benedire in terra, andò a presentarseli montato sopra l’asino, per la voce dell’asino venne instrutto della divina volontà, con la forza dell’asino vi pervenne, da sopra l’asino stese le [p. 28 modifica]mani alle tende, e benedisse quel popolo di Dio santo e benedetto, per far evidente, che quelli asini saturnini ed altre bestie, che hanno influsso dalle dette Sefiroth, dall’asino archetipo, per mezzo dell’asino naturale e profetico doveano esser partecipi di tanta benedizione.
Cor.
Multa igitur asinorum genera, aureo archetipo, indumentale, celeste, intelligenziale, angelico, animale, profetico, umano, bestiale, gentile, etico, civile ed economico; vel essenziale, subsistenziale, metafisico, fisico, ipostatico, nozionale, matematico, logico e morale; vel superno, medio ed inferno; vel intelligibile, sensibile e fantastico; vel ideale, naturale e nozionale; vel ante multa, in multis, et post multa. Or seguite! perchè paulatim, gradatim, atque pedetentim, più chiaro, alto e profondo venite a riuscirmi.
Saul.
Per venir dunque a noi, non vi deve parer strano, che l’asinità sia messa in sedia celeste nella distribuzione delle catedre, che sono nella parte superna di questo mondo ed universo corporeo; atteso che esso deve esser corrispondente, e riconoscere in sè stesso certa analogia al mondo superiore.
Cor.
Ita contiguus hic illi mundus, ut omnis eius virtus inde gubernetur, come oltre promulgò il principe de’ Peripatetici nel principio del primo della metorologica contemplazione.
Seb.
Oh che ampolle, oh che parole sesquipedali son le vostre, o dottissimo ed altitonante messer Coribante!
Cor.
Ut libet.
Seb.
Ma permettiate, che si proceda al proposito, e non ne interrompete!
Cor.
Proh!
Saul.
Alla verità nulla cosa è più prossima e cognata, che la scienza, la quale si deve distinguere, com’è distinta in sè, in due maniere: cioè in superiore ed inferiore. La prima è sopra la creata verità, ed è [p. 29 modifica]l’istessa verità increata, ed è causa del tutto: atteso che per essa le cose vere son vere, e tutto quel ch’è, è veramente quel tanto ch’è. La seconda è verità inferiore, la quale nè fa le cose vere, nè è le cose vere, ma pende, e prodotta, formata ed informata dalle cose vere, ed apprende quelle non in verità, ma in specie e similitudine: perchè nella mente nostra, dov’è la scienza dell’oro non si trova l’oro in verità, ma solamente in specie e similitudine. Si ch’è una sorte di verità, la quale è causa delle cose, e si trova sopra tutte le cose; un’altra sorte, che si trova ne le cose ed è delle cose; ed è un’altra terza ed ultima; la quale è dopo le cose e da le cose. La prima ha nome di causa, la seconda ha nome di cosa, la terza ha nome di cognizione. La verità nel primo modo è nel mondo archetipo ideale significata per un delle Sefiroth. Nel secondo modo è nella prima sedia, dov’è il cardine del cielo a noi supremo. Nel terzo modo è nella detta sedia, che prossimamente da questo corporeo cielo influisce nelli cervelli nostri, dov’è l’ignoranza, stoltizia, asinità, e onde è stata discacciata l’orsa maggiore. Come dunque la verità reale e naturale è esaminata per la verità nozionale, e questa ha quella per oggetto, e quella mediante la sua specie ha questa per suggetto, così è bisogno, che a quella abitazione questa sia vicina e congionta.
Seb.
Voi dite bene, che secondo l’ordine della natura sono prossimi la verità e l’ignoranza o asinità: come sono talvolta uniti l’oggetto, l’atto e la potenza. Ma fate ora chiaro, perchè più tosto volete far gionta e vicina l’ignoranza o asinità, che la scienza, o cognizione! atteso che tanto manca, che l’ignoranza e pazzia debbano esser prossime e come coabitatrici della verità, che ne denno essere a tutta distanza lontane, perchè denno esser gionte alla falsità, conte cose appartenenti ad ordine contrario. [p. 30 modifica]
Saul.
Perchè la Sofia creata senza l’ignoranza o pazzia, e per conseguenza senza l’asinità, che le significa ed è medesima con esse, non può apprendere la verità; e però bisogna, che sia mediatrice; perchè, come nell’atto mediante concorreno gli estremi o termini, oggetto e potenza, cosi nell’asinità concorreno la verità e la cognizione detta da noi Sofia.
Seb.
Dite brevemente la cagione!
Saul.
Perchè il saper nostro è ignorare; o perchè non è scienza di cosa alcuna, e non è apprensione di verità nessuna; o perchè, se pur a quella è qualche entrata, non è se non per la porta, che ne viene aperta dall’ignoranza, la quale è l’istesso cammino, portinaio e porta. Or se la Sofia scorge la verità per l’ignoranza, la scorge per la stoltizia conseguentemente, e conseguentemente per l’asinità. Là onde chi ha tal cognizione, ha dell’asino, ed è partecipe di quella idea.
Seb.
Or mostrate, come siano vere le vostre assunzioni! perchè voglio concedere le illazioni tutte: perchè non ho per inconveniente, che chi è ignorante, per quanto è ignorante, è stolto: e chi è stolto, per quanto è stolto, è asino: e però ogni ignoranza è asinità.
Saul.
Alla contemplazion della verità altri si promoveno per via di dottrina e cognizione razionale, per forza dell’intelletto agente, che s’intrude nell’animo, eccitandovi il lume interiore. E questi son rari; onde dice il poeta:

Pauci, quos ardens evexit ad aethera virtus.


Altri per via d’ignoranza vi si voltano e forzansi di pervenirvi. E di questi alcuni sono affetti di quella, ch’è detta ignoranza di semplice negazione; e costoro nè sanno, nè presumeno di sapere; altri di quella, ch’è detta ignoranza di prava disposizione: e tali, quanto [p. 31 modifica]men sanno e sono imbibiti di false informazioni, tanto più pensano di sapere: quali, per informarsi del vero, richiedeno doppia fatica, cioè di dismettere l’uno abito contrario, e di apprender l’altro. Altri di quella, ch’è celebrata come divina acquisizione; ed in questa son color, che nè dicendo, nè pensando di sapere, ed oltre essendo creduti da altri ignorantissimi, son veramente dotti, per ridursi a quella gloriosissima asinitade e pazzia. E di questi alcuni sono naturali, come quei, che camminano con il lume suo razionale, con cui negano col lume del senso e della ragione ogni lume di ragione e senso; alcuni altri camminano, o per dir meglio, si fanno guidare con la lanterna della fede, cattivando l’intelletto a colui, che li monta sopra ed a sua bella posta l’addirizza e guida; e questi veramente son quelli, che non possono essi errare, perchè non camminano col proprio fallace intendimento, ma con infallibil lume di superna intelligenza. Questi son veramente atti e predestinati per arrivare alla Gerusalemme della beatitudine e vision aperta della verità divina: perchè li soprammonta quello, senza il qual soprammontante non è chi condurvisi vaglia.
Seb.
Or ecco, come si distingueno le specie dell’ignoranza ed asinitade, e come vegno a mano a mano a condiscendere per concedere, l’asinitade essere una virtù necessaria e divina, senza la quale sarebbe perso il mondo, e per la quale il mondo tutto è salvo.
Saul.
Odi a questo proposito un principio per un’altra più particular distinzione! Quello ch’unisce l’intelletto nostro, il qual è nella Sofia, alla verità, la quale è l’oggetto intelligibile, è una specie d’ignoranza secondo li cabalisti e certi mistici teologi; un’altra specie secondo li Pirroniani, Efettici ed altri simili; un’altra secondo i teologi cristiani, tra’quali il Tartense la viene tanto più a magnificare, quanto a giudizio di tutt’il mondo è passata per maggior pazzia. [p. 32 modifica]Per la prima specie sempre si niega; onde vien detta ignoranza negativa, che mai ardisce affirmare. Per la seconda specie sempre si dubita, e mai ardisce determinare o definire. Per la terza specie li principj tutti s’hanno per conosciuti, approvati e con certo argumento manifesti, senza ogni demostrazione ed apparenza. La prima è denotata per l’asino pullo fugace ed errabondo; la seconda per un’asina, che sta fitta tra due vie, dal mezzo di quali mai si parte, non possendosi risolvere, per quale delle due più tosto debba muovere i passi; la terza per l’asina con il suo pulledro, che portano su la schiena il redentor del mondo: dove l’asina, secondo che li sacri dottori insegnano, è tipo del popolo giudaico, et il pullo del popolo gentile, che come figlia ecclesia è parturito della madre sinagoga: appartenendo così questi, come quelli, alla medesima generazione procedente dal padre de’ credenti, Abraamo. Queste tre specie d’ignoranza, come tre rami si riducono ad un stipito, nel quale dall’archetipo influisce l’asinità, e ch’è fermo e piantato sulle radici de li dieci Sefiroth.
Cor.
Oh bel senso! Queste non sono retoriche persuasioni, nè elenchici sofismi, nè topiche probabilitadi, ma apodittiche demostrazioni, per le quali l’asino non è sì vile animale, come comunemente si crede, ma di tanto più eroica e divina condizione.
Seb.
Non è d’uopo, ch’oltre t’affatichi, o Saulino, per venir a conchiudere quel tanto che io dimandavo, che da te mi fusse definito: si perchè avete sodisfatto a Coribante, sì anco perchè da li posti mezzi termini ad ogni buono intenditore può esser facilmente sodisfatto. Ma di grazia, fatemi ora intendere le ragioni della sapienza, che consiste nell’ignoranza et asinitade iuxta il secondo modo: cioè, con qual ragione siano partecipi dell’asinità li Pirroniani, Efettici et altri Accademici filosofi; perchè non dubito della prima e terza [p. 33 modifica]specie, che medesime sono altissime e remotissime da’ sensi, e chiarissime, di sorte, che non è occhio, che non le possa conoscere.
Saul.
Presto verrò al proposito de la vostra dimanda; ma voglio, che prima notiate, il primo e terzo modo di stoltizia ed asinitade concorrere in certa maniera in uno, e però medesimamente pendeno da principio incomprensibile ed ineffabile a constituir quella cognizione, ch’è disciplina de le discipline, dottrina de le dottrine ed arte de le arti. De la quale voglio dirvi, in che maniera con poco o nullo studio e senza fatica alcuna ognun, che vuole e volse, ne ha possuto e può esser capace. Viddero e considerorno que’ santi dottori e Rabbini illuminati, che li superbi e presuntuosi sapienti del mondo, quali ebbero fiducia nel proprio ingegno, e con temeraria e gonfia presunzione hanno avuto ardire d’alzarsi a la scienza de’ secreti divini e que’ penetrali de la deitade, non altrimenti che coloro, ch’edificaro la torre di Babelle, son stati confusi e messi in dispersione, avendosi essi medesimi serrato il passo, onde meno fussero abili a la sapienza divina e visione de la veritade eterna. Che fero? Qual partito presero? Fermaro i passi, piegaro o dismessero le braccia, chiusero gli occhi, bandiro ogni propria attenzione e studio, riprovaro qual si voglia uman pensiero, riniegaro ogni sentimento naturale, ed in fine si tennero asini, e quei, che non erano, si trasformaro in questo animale; alzaro, distesero, acuminaro, ingrossaro e magnificorno l’orecchie, e tutte le potenze de l’anima riportorno ed uniro ne l’udire, con ascoltare solamente e credere: come quello, di cui si dice: In auditu auris obedivit mihi. Là, concentrandosi e cattivandosi la vegetativa, sensitiva ed intellettiva facultade, hanno inceppate le cinque dita in un’unghia, perchè non potessero, come l’Adamo, stender le mani ad apprendere il frutto vietato da l’albore de la scienza, per cui venissero ad [p. 34 modifica]essere privi de’ frutti de l’albore de la vita, o come Prometeo, ch’è metafora di medesimo proposito, stender le mani a suffurar il fuoco di Giove, per accendere il lume ne la potenza razionale. Così li nostri divi asini privi del proprio sentimento ed affetto vegnono ad intendere non altrimenti, che come li vien soffiato a l’orecchie da le revelazioni o de li dei o de’ vicarj loro, e per conseguenza a governarsi non secondo altra legge, che di que’ medesimi. Quindi non si volgono a destra o a sinistra, se non secondo la lezione e ragione, che li dona il capestro o freno, che li tien per la gola, o per la bocca, non camminano, se non come son toccati. Hanno ingrossate le labbra, insolidate le mascelle, incontennuti li denti, a fin che, per duro, spinoso, aspro e forte a digerir che sia il pasto, che li vien posto avante, non manche d’essere accomodato al suo palato. Indi si pascono de’ più grossi e materialacci appositorj, che altra qual si voglia bestia, che si pasca sul dorso de la terra; e tutto ciò per venire a quella vilissima bassezza, per cui fiano capaci di più magnifica esaltazione, iuxta quello: Omnis, qui se humiliat, exaltabitur.
Seb.
Ma vorrei intendere, come questa bestiaccia potrà distinguere, che colui, che li monta sopra, è Dio o diavolo, è un uomo o un’altra bestia non molto maggiore o minore, se la più certa cosa, ch’egli deve avere, è, che lui è un asino e vuole essere asino, e non può far miglior vita ed aver costumi migliori, che di asino, e non deve aspettar miglior fine che di asino, nè è possibile, congruo e condigno, ch’abbia altra gloria che d’asino?
Saul.
Fedele colui, che non permette, che siano tentati sopra quel che possono! Lui conosce li suoi, lui tiene e mantiene li suoi per suoi, e non gli possono esser tolti. O santa ignoranza e divina pazzia, o sopraumana asinità! Quel ratto, profondo e [p. 35 modifica]contemplativo Areopagita, scrivendo a Caio, afferma, che la ignoranza è una perfettissima scienza; come per l’equivalente volesse dire, che l’asinità è una divinità. Il dotto Agostino molto inebriato di questo divino nettare ne li suoi soliloquj testifica, che la ignoranza più tosto che la scienza ne conduce a Dio, e la scienza più tosto che l’ignoranza ne mette in perdizione. In figura di ciò vuole, ch’il redentor del mondo con le gambe e piedi degli asini fusse entrato in Gerusalemme, significando anagogicamente in questa militante quello che si verifica ne la trionfante cittade; come dice il profeta salmeggiante: Non in fortitudine equi voluntatem habebit, neque in tibiis viri bene placitum erit ei.
Cor.
Supple tu: Sed in fortitudine et tibiis asinae et pulli filii coniugalis.
Saul.
Or per venire a mostrarvi, come non è altro che l’asinità quello con cui possiamo tendere ed avvicinarsi a quell’alta specola, voglio, che comprendiate e sappiate, non esser possibile al mondo miglior contemplazione che quella, che niega ogni scienza ed ogni apprension e giudizio di vero; di maniera, che la somma cognizione è certa stima, che non si può saper nulla e non si sa nulla, e per conseguenza di conoscersi di non posser esser altro che asino e non esser altro che asino: a lo qual scopo giunsero li Socratici, Platonici, Efettici, Pirroniani ed altri simili, che non ebbero l’orecchie tanto picciole, e le labbra tanto delicate, e la coda tanto corta, che non le potessero lor medesimi vedere.
Seb.
Priegoti, Saulino, non procedere oggi ad altro per confirmazion e dechiarazion di questo: per che assai per il presente abbiamo inteso; oltre che vedi esser tempo di cena, e la materia richiede più lungo discorso. Per tanto piacciavi, se così pare anco al Coribante, di rivederci domani per la elucidazione di questo proposito, ed io menarò meco Onorio, il quale si [p. 36 modifica]ricorda d’esser stato asino, e però è a tutta divozione Pitagorico, oltre che ha de’ grandi propri discorsi, con li quali forse ne potrà far capaci di qualche proposito.
Saul.
Sarà bene, e lo desidero; per che lui alleviarà la mia fatica.
Cor.
Ego quoque huic adstipulor sententiae, ed è gionta l’ora, in cui debbo licenziar li miei discepoli, a fin che propria revisant hospitia, proprios lures. Anzi, si lubet, per sin tanto che questa materia fia compita, quotidianamente io m’offero pronto in queste ore medesime farmi qua vosco presente.
Saul.
Ed io non mancarò di far il medesimo.
Seb.
Usciamo dunque!

Note

  1. Testo: compiuto.
  2. Testo, lui son le.