specie, che medesime sono altissime e remotissime da’ sensi, e chiarissime, di sorte, che non è occhio, che non le possa conoscere.
Saul.
Presto verrò al proposito de la vostra dimanda; ma voglio, che prima notiate, il primo e terzo modo di stoltizia ed asinitade concorrere in certa maniera in uno, e però medesimamente pendeno da principio incomprensibile ed ineffabile a constituir quella cognizione, ch’è disciplina de le discipline, dottrina de le dottrine ed arte de le arti. De la quale voglio dirvi, in che maniera con poco o nullo studio e senza fatica alcuna ognun, che vuole e volse, ne ha possuto e può esser capace. Viddero e considerorno que’ santi dottori e Rabbini illuminati, che li superbi e presuntuosi sapienti del mondo, quali ebbero fiducia nel proprio ingegno, e con temeraria e gonfia presunzione hanno avuto ardire d’alzarsi a la scienza de’ secreti divini e que’ penetrali de la deitade, non altrimenti che coloro, ch’edificaro la torre di Babelle, son stati confusi e messi in dispersione, avendosi essi medesimi serrato il passo, onde meno fussero abili a la sapienza divina e visione de la veritade eterna. Che fero? Qual partito presero? Fermaro i passi, piegaro o dismessero le braccia, chiusero gli occhi, bandiro ogni propria attenzione e studio, riprovaro qual si voglia uman pensiero, riniegaro ogni sentimento naturale, ed in fine si tennero asini, e quei, che non erano, si trasformaro in questo animale; alzaro, distesero, acuminaro, ingrossaro e magnificorno l’orecchie, e tutte le potenze de l’anima riportorno ed uniro ne l’udire, con ascoltare solamente e credere: come quello, di cui si dice: In auditu auris obedivit mihi. Là, concentrandosi e cattivandosi la vegetativa, sensitiva ed intellettiva facultade, hanno inceppate le cinque dita in un’unghia, perchè non potessero, come l’Adamo, stender le mani ad apprendere il frutto vietato da l’albore de la scienza, per cui venissero ad