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dialogo i. 23

umana, volsero designar un uomo imperito ed indisciplinabile.

Seb.
Non è necessario andar al tempo e luogo d’Egizj, se non è nè fu mai generazione, che con l’usato modo di parlare non conferme quel che dice Coribante.
Saul.
Questa è la ragione, per cui ho differito al fine di ragionar circa queste due sedie: atteso che da la consuetudine del dire e credere m’areste creduto parabolano, e con minor fede ed attenzione areste perseverato ad ascoltarmi ne la descrizione de la riforma a de l’altre sedie celesti, se prima con prolissa infilacciata di propositi non v’avessi resi capaci di quella verità; stante che queste due sedie da per esse meritano almeno altrettanto di considerazione, quanto vedete aver ricchezza di tal suggetta materia. Or non avete voi unqua udito, che la pazzia, ignoranza ed asinità di questo mondo è sapienza, dottrina e divinità in quell’altro?
Seb.
Cosí è stato riferito da’ primi e principali teologi; ma giammai è stato usato un così largo modo di dire, come è il vostro.
Saul.
È perchè giammai la cosa è stata chiarita ed esplicata cosi, come io son per esplicarvela e chiarirvela al presente.
Cor.
Or dite! per che staremo attenti ad ascoltarvi.
Saul.
Perchè non vi spantiate, quando udite il nome d’asino, asinità, bestialità, ignoranza, pazzia, prima voglio proporvi avanti gli occhi de la considerazione, e rimenarvi a mente il luogo de gl’illuminati cabalisti, che con altri lumi, che di Linceo, con altri occhi, che di Argo, profonderno, non dico sin al terzo cielo, ma nel profondo abisso del soprammondano ed ensofico universo, per la contemplazione di quelle dieci Sefiroth, che chiamiamo in nostra lingua membri ed indumenti, penetrorno, videro, concepirno quantum fas est homini