Cabala del cavallo Pegaseo con l'aggiunta dell'Asino Cillenico/Dialogo secondo

Dialogo secondo

Cabala del cavallo Pegaseo con l'aggiunta dell'Asino Cillenico/Dialogo primo Cabala del cavallo Pegaseo con l'aggiunta dell'Asino Cillenico/Dialogo secondo/II IncludiIntestazione 28 dicembre 2011 100% Da definire

Dialogo primo Dialogo secondo - II

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D I A L O G O     S E C O N D O.


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INTERLOCUTORI
Sebasto, Onorio, Coribante, Saulino.
I.


Seb.
E tu ti ricordi d’aver portata la soma?
Onor.
La soma, la carga, e tirato il manganello qualche volta. Fui prima in servigio d’un ortolano, aiutandolo a portar letame da la cittade di Tebe a [p. 37 modifica]l’orto vicino le mura, ed a riportar poi cauli, lattuche, cipolle, cocomeri, pastinache, ravanelli ed altre cose simili da l’orto a la cittade; a presso ad un carbonaio, che mi comprò da quello, ed il qual pochissimi giorni mi ritenne vivo.
Seb.
Come è possibile, ch’abbi memoria di questo?
Onor.
Ti dirò poi. Pascendo io sopra certa precipitosa e sassosa ripa, tratto da l’avidità d’addentar un cardo, ch’era cresciuto alquanto più giù verso il precipizio, che io senza periglio potessi stendere il collo, volsi al dispetto d’ogni rimorso di coscienza ed instinto di ragion naturale più del dovere rampicarvi, e caddi da l’alta rupe; onde il mio signore s’accorse d’avermi comprato per li corvi. Io privo de l’ergastulo corporeo dovenni vagante spirto senza membra, e venni a considerare, come io secondo la spiritual sustanza non ero differente in geno, nè in specie da tutti gli altri spiriti, che da la dissoluzione d’altri animali e composti corpi transmigravano; e viddi, come la Parca non solamente nel geno de la materia corporale fa indifferente il corpo de l’uomo da quel de l’asino, ed il corpo de gli animali dal corpo di cose stimate senz’anima, ma ancora nel geno de la materia spirituale fa rimaner indifferente l’anima asinina da l’umana, e l’anima, che constituisce li detti animali, da quella, che si trova in tutte le cose: come tutti gli umori sono un umore in sustanza, tutte le parti aeree son un aere in sustanza, tutti li spiriti sono da l’Amfitrite d’un spirito, ed a quello ritornan tutti. Or dopo che qualche tempo fui trattenuto in cotal stato, ecco che

Letheum ad fluvium Deus evocat agmine magno,
Scilicet immemores supera ut convexa revisant,
Rursus et incipiant in corpora nolle reverti.

[p. 38 modifica]Allora, scampando io da’ fortunati campi, senza sorbir de l’onde del rapido Lete, tra quella moltitudine, di cui era principal guida Mercurio, io feci finta di bevere di quell’umore in compagnia de gli altri: ma non feci altro ch’accostarvi e toccarvi con le labra, a fin che venissero ingannati li soprastanti, a’ quali potè bastare di vedermi la bocca e ’l mento bagnato. Presi il cammino verso l’aria più pura per la porta cornea, e lasciandomi a le spalle e sotto li piedi il profondo, venni a ritrovarmi nel parnasio monte, il qual non è favola, che per il suo fonte caballino sia cosa dal padre Apolline consecrata a le Muse, sue figlie. Là1 per forza ed ordine del fato tornai ad essere asino, ma senza perdere le specie intelligibili, de le quali non rimase vedovo e casso il spirito animale, per forza de la cui virtude m’uscirno da l’uno e l’altro lato la forma e sustanza di due ali sufficientissime ad inalzar in sino a gli astri il mio corporeo pondo. Apparvi, e fui nomato non asino già semplicemente, ma o asino volante, o ver cavallo pegaseo. Indi fui fatto eseguitor di molti ordini del provido Giove, servii a Bellerofonte, passai molte celebri ed onoratissime fortune, ed a la fine fui assunto in cielo circa li confini d’Adromeda ed il Cigno d’un canto, e li Pesci ed Aquario da l’altro.
Seb.
Di grazia, rispondetemi alquanto, prima che mi facciate intendere queste cose più per il minuto. Dunque per esperienza e memoria del fatto estimate vera l’opinion de’ Pitagorici, Druidi, Saduchini ed altri simili circa quella continua metempsicosi, cioè transformazione o transcorporazione di tutte l’anime?

Spiritus eque feris humana in corpora transit,
Inque feras noster, nec tempore deperit ullo,

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Onor.
Messer sì, così è certissimamente.
Seb.
Dunque costantemente vuoi, che non sia altro in sustanza l’anima de l’uomo e quella de le bestie? e non differiscano, se non in figurazione?
Onor.
Quella de l’uomo è medesima in essenza specifica e generica con quella de le mosche, ostreche marine e piante, e di qual si voglia cosa, che si trove animata, o abbia anima: come non è corpo, che non abbia o più o meno vivace - e perfettamente comunicazion di spirito in sè stesso. Or cotal spirito secondo il fato o providenza, ordine o fortuna, viene a giongersi or ad una specie di corpo, or ad un’altra, e secondo la ragione de la diversità di complessioni e membri viene ad avere diversi gradi e perfezioni d’ingegno ed operazioni. Là onde quel spirito o anima, ch’era ne l’aragna, e vi avea quell’industria e quelli artigli e membra in tal numero, quantità e forma, medesimo, gionto a la prolificazione umana, acquista altra intelligenza, altri instrumenti, attitudini ed atti. Giongo a questo che, se fusse possibile, o in fatto si trovasse, che d’un serpente il capo si formasse e stornasse in figura d’una testa umana, ed il busto crescesse in tanta quantità, quanta può contenersi nel periodo di cotal specie, se gli allargasse la lingua, ampiassero le spalle, se gli ramificassero le braccia e mani, ed al luogo, dov’è terminata la coda, andassero ad ingeminarsi le gambe, intenderebbe, apparirebbe, spirarebbe, parlarebbe, oprarebbe e camminarebbe non altrimenti che l’uomo; per che non sarebbe altro che uomo. Come per il contrario l’uomo non sarebbe altro che serpente, se venisse a contraere come dentro un ceppo le braccia e gambe, e l’ossa tutte concorressero a la formazion d’una spina, s’incolubrasse e prendesse tutte quelle figure de’ membri ed abiti di complessioni. Allora arebbe più o men vivace ingegno, in luogo di parlar sibilarebbe, in luogo di camminare serperebbe, in [p. 40 modifica]luogo d’edificarsi palagio si cavarebbe un pertugio, e non gli converrebbe la stanza ma la buca, e come già era sotto quelle, ora è sotto queste membra, instrumenti, potenze ed atti: come dal medesimo artefice diversamente inebriato da la contrazion di materia, e da diversi organi armato, appaiono esercizj di diverso ingegno, e pendeno esecuzioni diverse. Quindi possete capire, esser possibile, che molti animali posseno aver più ingegno e molto maggior lume d’intelletto, che l’uomo — come non è burla quel che proferì Mosè del serpe, che nominò sapientissimo tra tutte l’altre bestie de la terra — ma per penuria d’instrumenti li viene ad essere inferiore, come quello per ricchezza e dono de’ medesimi li è tanto superiore. E che ciò sia la verità, considera un poco al sottile, ed esamina entro a te stesso quel che sarebbe, se posto, che l’uomo avesse al doppio d’ingegno, che non have, e l’intelletto agente gli splendesse tanto più chiaro, che non gli splende, e con tutto ciò le mani gli venisser transformate in forma di doi piedi, rimanendogli tutto l’altro nel suo ordinario intiero: dimmi, dove potrebbe impune esser la conversazion de gli uomini? come potrebbero instituirsi e durar le famiglie ed unioni di costoro parimente o più, che de’ cavalli, cervi, porci, senza esserno devorati da innumerabili specie di bestie, per essere in tal maniera suggetti a maggiore e più certa ruina? E per conseguenza, dove sarebbono le instituzioni di dottrine, le invenzioni di discipline, le congregazioni di cittadini, le strutture de gli edificj ed altre cose assai, che significano la grandezza ed eccellenza umana, e fanno l’uomo trionfator veramente invitto sopra l’altre specie? Tutto questo, se oculatamente guardi, si riferisce non tanto principalmente al dettato de l’ingegno, quanto a quello de la mano, organo de gli organi.
Seb.
Che dirai de le scimie ed orsi, che, se non vuoi [p. 41 modifica]dir ch’hanno mano, non hanno peggior instrumento, che la mano?
Onor.
Non hanno tal complessione, che possa esser capace di tale ingegno; per che l’universale intelligenza in simili e molti altri animali per la grossezza o lubricità de la material complessione non può imprimere tal forza di sentimento in cotali spiriti. Però la comparazion fatta si deve intendere nel geno de’ più ingegnosi animali.
Seb.
Il papagallo non ha egli l’organo attissimo a proferir qual si voglia voce articulata? Or per che è tanto duro, e con tanta fatica può parlar sì poco, senza oltre intendere quel che dice?
Onor.
Per che non ha apprensiva, retentiva adequabile e congenea a quella de l’uomo, ma tal, quale conviene a la sua specie; in ragion de la quale non ha bisogno, ch’altri gl’insegne di volare, cercare il vitto, distinguere il nutrimento dal veleno, generare, nidificare, mutar abitazioni, e riparar a le ingiurie del tempo, e provedere a le necessitadi de la vita non men bene, e tal volta miglior - e più facilmente che l’uomo.
Seb.
Questo dicono li dotti non esser per intelletto, o per discorso, ma per instinto naturale.
Onor.
Fatevi dire da cotesti dotti: cotal instinto naturale è senso, o intelletto? S’è senso, è interno, o esterno? Or, non essendo esterno, come è manifesto, dicano, secondo qual senso interno hanno le providenze, techne, arti, precauzioni ed ispedizioni circa l’occasioni non solamente presenti, ma ancora future, migliormente che l’uomo?
Seb.
Son mossi da l’intelligenza non errante.
Onor.
Questa s’è principio naturale e prossimo applicabile a l’operazione prossima ed individuale, non può essere universale ed estrinseca, ma particulare ed intrinseca, e per conseguenza potenza de l’anima e presidente ne la poppa di quella. [p. 42 modifica]
Seb.
Non volete dunque, che sia l’intelligenza universale, che muove?
Onor.
Dico, che la intelligenza efficiente universale è una di tutti; e quella muove e fa intendere; ma oltre in tutti è l’intelligenza particulare, in cui son mossi, illuminati e intendono; e questa è moltiplicata secondo il numero de gl’individui. Come la potenza visiva è moltiplicata secondo il numero de gli occhi, mossa ed illuminata generalmente da un fuoco, da un lume, da un sole: così la potenza intellettiva è moltiplicata secondo il numero de’ suggetti partecipi d’anima, a li quali tutti soprasplende un sole intellettuale. Così dunque sopra tutti gli animali è un senso agente, cioè quello, che fa sentir tutti, e per cui tutti son sensitivi in atto; ed uno intelletto agente, cioè quello, che fa intender tutti, e per cui tutti sono intellettivi in atto; ed a presso son tanti sensi e tanti particulari intelletti passivi o possibili, quanti son suggetti: e sono secondo tanti specifici e numerali gradi di complessioni, quante sono le specifiche e numerali figure e complessioni di corpo.
Seb.
Dite quel che vi piace ed intendetela come volete; chè io ne gli animali non voglio usar di chiamar quello instinto ragionevole intelletto.
Onor.
Or se non lo puoi chiamar senso, bisogna, che ne gli animali, oltre la potenza sensitiva ed intellettiva, fingi qualche altra potenza cognoscitiva.
Seb.
Dirò, ch’è un’efficacia de’ sensi interiori.
Onor.
Tal efficacia possiamo ancor dire che sia lo intelletto umano; onde naturalmente discorre l’uomo, ed è in nostra libertà di nominar come ci piace e limitar le diffinizioni e nomi a nostra posta, come fe’ Averroe. Ed anco è in mia libertà di dire, che il vostro intendere non è intendere, e qualunque cosa, che facciate, pensare, che non sia per intelletto, ma per instinto; poi che l’operazioni d’altri animali più degne, che le [p. 43 modifica]vostre, come quelle de l’api e de le formiche, non hanno nome d’intelletto, ma d’instinto. O pur dirò, che l’instinto di quelle besliole è più degno che l’intelletto vostro.
Seb.
Lasciamo per ora di discorrere più ampiamente circa questo, e torniamo a noi! Vuoi dunque, che, come d’una medesima cera o altra materia si formano diverse e contrarie figure, così di medesima materia corporale si fanno tutti li corpi, e di medesima sustanza spirituale sono tutti li spiriti?
Onor.
Così certo; e giongi a questo, che per diverse ragioni, abitudini, ordini, misure e numeri di corpo e spirito sono diversi temperamenti, complessioni, si producono diversi organi, ed appaiono diversi geni di cose.
Seb.
Mi par, che non è molto lontano, nè abborrisce da questo parere quel profetico dogma, quando dice, il tutto essere in mano de l’universale efficiente, come la medesima luta in mano del medesimo figolo, chè con la ruota di questa vertigine de gli astri viene ad esser fatto e disfatto secondo le vicissitudini de la generazione e corrozione de le cose, or vase onorato, or vase contumelioso di medesima pezza.
Onor.
Cosi hanno inteso e dichiarato molti de’ più savi tra’ li Rabbini. Cosi par ch’intendesse colui, che disse uomini e giumenti salverai secondo che moltiplicarai la misericordia. Cosi si fa chiaro ne la metamorfose di Nabuchodonosor. Quindi dubitorno alcuni Saduchini del Battista, se lui fusse Elia: non già per medesimo corpo, ma per medesimo spirito in un altro corpo. In cotal modo di resuscitazione alcuni si prometteno l’esecuzione de la giustizia divina secondo gli affetti ed atti, ch’hanno esercitati in un altro corpo.
Seb.
Di grazia, non ragioniamo più di questo, per che pur troppo mi comincia a piacere e parermi più che verisimile la vostra opinione; ed io voglio mantenermi in quella fede, ne la quale son stato instrutto [p. 44 modifica]da’ miei progenitori e maestri. E però parlate de’ successi istorici, o favoleschi, o metaforici, e lasciate star le mostrazioni ed autoritadi, le quali credo, che sono più tosto storciute da voi, che da gli altri!
Onor.
Hai buona ragione, fratel mio! Oltre che conviene, ch’io torne a compire quel ch’avevo cominciato a dirti, se non dubiti, che con ciò medesimamente non ti vegna a sobvertere l’ingegno, e perturbar la coscienza intemerata.
Seb.
No, no, certo; questo ascolto più volentiera che mai posso aver ascoltata favola alcuna.
Onor.
Se dunque non m’ascolti sotto specie di dottrina e disciplina, ascoltami per spasso!

Note

  1. Il testo ha lui.