Appendice al Belisario
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APPENDICE
AL
BELISARIO.
NOTA DEL COMPILATORE
Fin dal 1750 il Goldoni nella prefazione alla Donna di garbo, che uscì nel primo tomo delle sue Commedie edite da Giuseppe Bettinelli, rivolgendosi in forma di lettera all’editore stesso, si lagnò che il suo Belisario fosse stato “clandestinamente” e contro il suo “sentimento” stampato “in Bologna dell’anno 1738, tutto sfigurato e mal concio”. Si lagnò di nuovo nella prefazione al tomo XIII (1774) dell’edizione Pasquali con queste parole: “Non so s’io potrò determinarmi a mettere un giorno quest’Opera nella mia edizione: essa è stata stampata a Bologna pessimamente, in dodici, sopra un originale rubato e scorretto. So ch’è divenuta rarissima, e ne ho piacere” (vol. I della presente ed., pag. 105). Nella Drammaturgia dell’Allacci continuata da Giovanni Cendoni e da Girolamo Zanetti, e stampata a Venezia nel 1755, trovasi infatti ricordata La Gloriosa Cecità del gran Belisario “in Bologna, per il Pisarri, 1738, in 12, del Dottor Carlo Goldoni Veneziano”. Probabilmente ne esiste ancora qualche esemplare, ma non mi è noto. Nella Biblioteca Comunale di Bologna trovasi invece una ristampa, pure rarissima, col titolo seguente:
LA GLORIOSA
CECITÀ
DEL GRAN
BELLISARIO
TRAGEDIA
DI LIETO FINE.
In Bologna per Costantino Pisarri sotto le
Scuole. 1740. Con. lic. de’ Superiori.
PERSONAGGI.
GIUSTINIANO Imperadore.
TEODORA sua Moglie.
FILIPPO suo Nipote.
BELLISARIO suo Capitano, Amante di
ANTONIA Dama di Corte.
NARSETE Eunucco.
La Scena si finge in Costantinopoli.
MUTAZIONI DI SCENE.
Nell’Atto Primo.
CORTILE magnifico corrispondente alla gran Piazza, con Archi trionfali, preparati per il ricevimento di Bellisario, con Trono da una parte.
CAMERA.
GALLERIA.
Nell’Atto Secondo.
SALA.
CAMERONE con Tavolino e Sedia.
Nell’Atto Terzo.
BOSCO.
CAMERONE differente dall’altro, con Tavolino e Sedia, e da scrivere.
SALA REGGIA con Trono.
ATTO PRIMO.
SCENA PRIMA.1
Cortile magnifico corrispondente alla gran Piazza, con Archi trionfali, preparati per il ricevimento di Bellisario, con Trono da una parte.
Giustiniano in Trono, Filippo, Narsete, poi Bellisario in Carro trionfale tirato da’ Prigionieri, che a poco a poco si vede venir di lontano per li Archi a suono di Stromenti.
Riede carco di Palme, e noi godiamo
Di sue Vittorie i frutti. 11 Perso audace
Già sconfitto ed oppresso, or più non spera
Di rialzar l’orgoglioso Capo.
Colui, che tanto ha resi al braccio suo
Famigliari i Trionfi, oggi vi reca
Tra catene un nemico, il più possente,
Il più ostinato, che nell’Asia osasse
Volger contro di noi l’armi superbe.
In me, fidi, scorgete il Signor vostro;
Ma in Bellisario venerar dovete
Il Nume Tutellar (sic) del nostro Impero;
Che s’io detto le leggi, ei le difende,
E s’io impugno lo scettro, ei lo sostiene.
È tempo ormai, ch’egli da noi riceva
Un grato testimon del nostro affetto;
Quell’alto onor, cui Cesare il destina,
Giuri osservar ciascun di voi, che degno
È ben di vostra fè, chi per la fede
Vostra s’espose, e tanto sangue ha sparso.
Che se assicura il giuramento mio
Di Bellisario la grandezza, io sento
Nell’ubbidienza mia doppio il piacere.
Giuro osservar il tuo decreto ai Numi
Tutti del Cielo, e a te, Signor, lo giuro.
Filippo. (Filippo, che farai? col giuramento
Impegnarti a far grande un tuo rivale?)
Giustiniano. Di Narsete ciascun segua l’esempio.
Filippo, a te, giura, che fai? pensoso
Rimani ancor? Il tuo tacer comprendo,
O giura, o ch’io saprò...
Filippo. Giuro la legge
Osservar del tuo cenno (e del mio sdegno).
Giustiniano. Or Bisanzio vedrà quanto sia giusto
Cesare ne’ suoi doni, e quanto apprezzi
Un generoso cor l’opre gloriose.
(A suono di Stromenti militari e di Sinfonia, alternativamente s’avanza il Carro con Bellisario, tirato come sopra, e giunto appresso al Trono si ferma.
Giustiniano. Bellisario, a tal segno è giunto il pregio
Di tua virtù, del tuo valor sublime,
Ch’esausta rende al paragon del merto
La Reggia mano e l’Imperial grandezza.
Sò, ch’è premio all’Eroe l’opra gloriosa,
E sò, che Bellisario altro non cura
Che il bell’onor della vittoria, e suole
Per sua gloria pugnar, non per mercede.
Pur nella mente altrui, Cesare ingrato
Troppo saria, se l’opre tue sì degne
Non cercasse premiar quanto più puote.
Vieni, e vedrai quanto esaltarti anela
Cesare, e questo suo Popol fedele.
Bellisario. Troppo, Signor, dicesti, e troppo ormai
Bellisario arrossir fai co’ tuoi detti.
Dell’armi tue, non del mio braccio. A queste
Fastose insegne, al nome tuo glorioso
Ogni più fiero orgoglio invan resiste.
Vincer senza veder solito fregio
Fu de’ Cesari sempre, e ovunque andaro
Le genti tue sempre in tuo nome han vinto.
Questo Carro pomposo, e questi applausi
Non si devono a me. Ma s’alcun merto
S’acquistò il mio servir, di questa sola
Grazia, Signor, ti priego: a tanto fasto
Toglimi, e questa fia la mia mercede.
Giustiniano. Scendi pur, Bellisario. A’ merti tuoi
Altro dono s’aspetta, altra mercede.
Narsete. O magnanimo Eroe.
Filippo. (A qual maggiore
Gloria costui destina il Greco fasto?)
(Bellisario scende dal Carro, Giustiniano scende dal Trono, e s’incontrano. Il Carro si ritira.
Giustiniano. Vieni, mio dolce amico, e in queste braccia
Del sincero amor mio ricevi un pegno.
Oggi li omaggi suoi Bisanzio altera
Fra Bellisario e Giustinian divida.
Son due corpi ed un’alma, ed un sol core
Con reciproco amor vive in due petti.
Ma ciò non basta. Oggi Bisanzio adori
Due Monarchi in un Soglio. Amico, andiamo,
Quel Trono alfin che sostenesti, ascendi,
E lo Scettro difeso or meco impugna.
Narsete. È giusto premio al tuo valor dovuto.
Filippo. (A tanto onor sale il nemico, e taccio?)
Bellisario. Cesare, per pietà, s’è ver che m’ami,
Scema le grazie tue. Basta al mio fasto
L’onor dell’amor tuo; d’altro non curo.
Lo Scettro, il Trono e le regali insegne
Giustiniano. Se obbligar mi volevi a non premiarti ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Vagliati un mio comando: il Trono ascendi.
Narsete. (Che risponde l’Eroe?)
Filippo. (Che mai risolve?)
Bellisario. Ad un priego sì dolce, ad un comando ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Giustiniano. Quel che i trionfi suoi conta co i giorni
Della sua vita ecc.... io lo dichiaro
Re de’ Romani, ognun di voi l’approvi ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Narsete. ... E del gaudio comun risuona il grido, ecc.
(Trombe e Tamburi
. . . . . . . . . . . . .
Filippo. ... Ad un che sol fortuna ha per suo pregio
Ceder le mie ragion, ceder un Soglio
Dovuto al mio valor? S’ognun l’approva,
Io non l’approvo, ecc.
. . . . . . . . . . . . .
... Un giuramento a nulla vale
Carpito ad arte, e i Numi stessi, c’hanno
Cura del giusto, han la mia fede assolta, ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Tra catene anderò; ma ancor fra lacci,
Giustinian, Bellisario avrà un nemico.
Narsete. (A qual ira lo sprona invidia indegna!)
Giustiniano. Si disarmi costui: fra duri ceppi
Peni in carcere oscura, e poi si provi
D’un sì fiero nemico il bell’orgoglio.
(un Soldato eseguisce
Bellisario. Deh perdona, Signor...
Giustiniano. Taci, se m’ami.
Filippo. Al mio crudo destin forz’è ch’io ceda;
Ma ancor fra lacci avvinto il mio furore
Saprò chieder al popolo, ai soldati ecc.
. . . . . . . . . . . . .
SCENA II2.
Giustiniano, Bellisario, Narsete e Soldati.
. . . . . . . . . . . . .
Bellisario. La libertade di Filippo io chiedo.
Giustiniano. Negar non posso a intercessor sì degno
Grazia tal che dovrebbe altrui negarsi.
Si disciolga Filippo, e tu Narsete ecc.
. . . . . . . . . . . . .
SCENA III3.
Giustiniano e Bellisario.
Dirlo non sa, l’intende il cor, che tace. ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Dirò come fur vinti i tuoi nemici,
Non già dal mio valor, ma dall’eterno
Voler de’ Numi, che dell’armi nostre
Favorì la ragione, e dall’usato ecc.
. . . . . . . . . . . . .
...Tauris superba, ultima speme ai Persi,
Ve’ tutte unite e ricovrate aveano
Quelle rimaste loro ultime insegne;
Forte antica Città, che un alto monte
Dalla parte d’Oriente ha per difesa,
E di Torri munita in ogni lato.
Parea, che ad atterrarla in van s’andasse.
Ma non s’andiede in van, che in vano mai
Pugnan di Giustinian l’armi gloriose.
Tosto corriamo ad assaltar le mura,
E con machine, scale, et altri ordigni,
Si squoteano (sic) sovente ancorchè forti,
Ed a’ grand’urti al fin cadeano a terra.
Io ridir non potrei quanti l’irato
Popolo sovra noi fieri stromenti
Precipitò. Cadeano i tuoi fedeli
O dai sassi, o dal ferro, oppressi, uccisi;
Ma la caduta lor servia di scala
Ai vivi assalitori, onde quei prodi,
E vivendo, e morendo, erano sempre
Delle vittorie tue degno stromento.
Superate le Mura, entriamo arditi,
E col ferro alla mano in ogni lato
Facciam (sic) rivi di sangue. Alzan le grida
Al Cielo i Cittadini, e a me devoti
Dell’aggressa Cittade offron le chiavi.
Chiedo il Re prigioniero, ei volontario
Corre alle sue catene, e tutti a un tempo
Li amici suoi sono fra’ lacci avvinti;
Chieggono in don dal braccio mio la vita,
Grido ai nostri: fermate, e si sospenda
Il furor militar; ma chi potrebbe
Frenar sì tosto l’impeto di quelle
Inferocite spade? In breve tempo
Tanto fero di stragge (sic) e di rovina,
Che Tauris di Città serbava appena
L’effigie antica, era una tomba il resto.
Le donne, i Vecchj e i pargoletti ancora
Nella stragge comun cadero (sic) estinti.
I superbi Palazzi; i Tempj stessi
Profanati dai Persi, arsero i nostri,
Onde purgati fur dall’empia, folle
Idolatria di quella gente indegna.
Non v’era alcun che non gridasse: Viva ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Che cangiata ella sia, nè più la fiamma,
Che l’ardeva per me riserbi in petto.
SCENA IV4.
Teodora e detto.
. . . . . . . . . . . . .
Bellisario. ...Nè bisogno di prove ha la mia fede.
Teodora. Eh scaccia dal tuo sen, se saggio sei,
Quel fantasma d’onor, ch’Uom vile apprezza.
L’onor, se tu nol sai, non si deturpa
Tra secreti piaceri, e se coperto
Dalle tenebre fia, rimane illeso.
L’onor sol vive quanto in mente altrui
Vivere gli è concesso, onde sovente
Senza macchia veruna, il fregio perde,
E sovente macchiato ei lo conserva.
L’ingiuria a Giustinian scorno non reca ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Teodora. Senti, se all’amor mio nieghi pietade,
Vedrem, se quell’onor che tanto apprezzi
Punto ti gioverà, saprò ben io
Ciò che comesso (sic) rimarebbe (sic) occulto
Di te medemo (sic) pubblicare al Mondo ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Fermo pensier son risoluto. Addio. (parte
Teodora. Va, superbo, e ti vanta aver deluso
Di Teodora l’amor, che già per poco
Tu fastoso n’andrai. Tale vendetta
Giuro di far sovra il fellone ingrato,
Ch’eterna resti la memoria al Mondo,
E apprendano così gli Uomini tutti,
Ad essere più grati, o men superbi.
SCENA V5.
Camera.
Antonia sola.
Colui che d’ogni doglia, e d’ogni affanno
Levar ti può. Ma oh Dio! cotanto ei tarda!
Ed io dovrò soffrir tanta lentezza?
Altro sogno d’Amore io richiedevo,
Bellisario, da te. Ma no, che a torto
Di te mi lagno, remora a’ tuoi passi
Saran gli abbracciamenti, e i lieti offici
Di Giustinian, del popol tutto, a tanta
Virtù dovuti. Oggi fra tanti e tanti,
Che tributan gli ossequj al gran’Eroe ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Belisario, mio ben, la più fedele
Tenera Amante, umil t’adora e bacia.
(Bacia il Ritratto, in questo
SCENA VI6.
Teodora e detta.
Antonia. Che s’or l’effigie tua baciar mi lice ecc.
Teodora. ...Che testimonio gli occhi miei saranno. (si ritira
SCENA VII.
Bellisario, Antonia, Teodora ritirata.
. . . . . . . . . . . . .
D’odio dunque sarà. Deh perchè mai
Odioso mi ti rese il mio destino?
Son pur quel Bellisario a cui sovente
La tua fede giurasti, e furo i Numi
Testimonio fedel del giuramento.
Sì, son quell’io, e tu non sei più quella?
Antonia. (Quel tu sei, quella sono... Oh Dio, che affanno!)
Bellisario. Ma s’io son quel, perchè mi sprezzi adesso?
E se quella tu sei, perchè non m’ami?
Sospiri, e non mi guardi? E tutto questo
Quel gran pegno d’Amor, che ora mi porgi?
Tu piagni, Antonia? oh Dio, che sperar posso,
Che temer (sic) poss’io da questo pianto?
Se infedele mi sei, ma perchè piagni?
E se mi sei fedel, perchè non parli?
Antonia. Io fedele ti sono; amami, e parti.
Bellisario. Vuoi ch’io t’ami, e ch’io parta? e quale mai
Industrioso tormento all’alma mia
Trovasti, o cruda! e qual’arcano è questo?
Lieve pena saria se non ti amassi.
Vuoi ch’io mi parta ed ami, acciò l’amarti
Sentir mi faccia del partir la pena
Parto, spietata, e per mia doglia io t’amo;
Ma se il partir, ma se il morir m’imponi,
Guardami almen prima ch’io parta, e mora.
Volgi per un momento a me quegli occhi;
Quest’è l’ultimo don ch’io ti dimando.
Antonia. Bellisario, non più: parti se m’ami.
Bellisario. Vado dunque a morir, ma spirto errante ecc.
. . . . . . . . . . . . .
SCENA VIII.
Teodora e Antonia.
. . . . . . . . . . . . .
Antonia. Non è sempre l’amare e il non amare
Facile al cuor.
Teodora. Semplice che sei;
Infelice è colei ch’ha un solo amante,
E col variar stagion non varia affetto.
Prova, prova una volta, e ben vedrai
Quanto il novello amor sempre è più dolce.
Antonia. Fida e costante il mio destin mi vuole.
Teodora. Per questa volta, Antonia, in me conosci
Il tuo destino. Ecco Filippo: ad esso
Oggi stender la man devi di Sposa.
Antonia. Offrirò prima a crudo ferro il capo.
SCENA IX.
Filippo e detti.
. . . . . . . . . . . . .
SCENA X7.
Teodora e Filippo.
SCENA XI8.
Galleria.
Giustiniano e Bellisario.
Giustiniano. Perchè sì mesto e sì dolente in viso ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Bellisario. Ma s’è senza rimedio il male mio,
Che mi giova narrarlo?
Giustiniano. Altrui fors’anco
Impossibil non fora il tuo rimedio.
Bellisario. Sarìa vana lusinga.
Giustiniano. Ed un Monarca
Sì scarso fia d’autorità in Bisanzio,
Che consolar l’amico suo non possa? ecc.
. . . . . . . . . . . . .
SCENA XII9.
Narsete e detti.
. . . . . . . . . . . . .
Bellisario. Troppo, Signor, tua generosa destra
Favorisce un vassallo.
Giustiniano. I benefizj,
Che da te ricevei, sono maggiori.
Riconosco da te vita ed Impero;
E l’Impero e la vita a te io debbo. (via
SCENA XIII10.
Belisario e Narsete.
. . . . . . . . . . . . .
SCENA XIV11.
Filippo e detti.
. . . . . . . . . . . . .
Dimmi, pretendi tu, ch’io sborsi il prezzo
Della mia libertà? Vuoi la mercede
Dell’opra tua? Prendi il Romano Soglio,
Ch’è a me dovuto. Io già ti lascio in pace.
A me basta regnar nel cuor d’Antonia;
Questa sola mi lascia, io tutto il resto
Volentieri ti dono.
Bellisario. Il regno dunque
De’ Romani era tuo? Tu mel donasti? ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Filippo. L’uno e l’altro venite; io non ricuso
Sostener con entrambi il fier cimento.
Un sol di voi al mio furor non basta,
Tutti due svenerò.
Bellisario. Lascia, Narsete...
SCENA XV12.
Giustiniano e detti.
La vita altrui?
Vedi l’assalitor...
Giustiniano. Fellone, indegno,
Ti punirò. Non è di regio sangue
Anima così vile. A me quel ferro ecc.
. . . . . . . . . . . . .
SCENA XVI13.
Bellisario e Filippo.
. . . . . . . . . . . . .
SCENA XVII14.
Bellisario solo.
. . . . . . . . . . . . .
Ma che mi lagno
Di colei che non m’ama? è il mio destino,
Che d’un sì bell’amor mi rende indegno.
Perfidissime Stelle, io vi rinuncio
Tutte le glorie mie, tutto il mio fasto,
Se il trionfo miglior, se la mia pace
Coll’affetto d’Antonia a me togliete.
Antonia, oh Dio, dolce, soave nome,
Sì caro un tempo, or sì spietato e crudo;
Ma pur chi sa, chi sa, che non m’inganni
Il sovverchio (sic) timor. Spera, mio core,
E se t’uccide il mio dolore esterno (sic),
Di conforto ti sia la mia speranza.
Fine dell’Atto Primo.
ATTO SECONDO.
SCENA PRIMA.15
Sala.
Teodora ed Antonia.
Antonia. Di che mai ti quereli, in che mancai?
Da che in Bisanzio ritornò il mio bene,
Una volta lo vidi, e tu, che fosti
Colà presente, ben sai come e quanto
A torto mi riprendi.
Teodora. E questo foglio
Il vedesti? Il leggesti?
Antonia. Il vidi, e lessi,
E leggendolo i’ piansi; e sarà forse
Colpa legger un foglio?
Teodora. È colpa tutto
Quel che m’offende. Bellisario ingrato
Scrive a te questo foglio, e tu scordando
Del mio divieto lo ricevi, e leggi,
E la mia offesa e la tua colpa è questa.
Antonia. Troppo crudel tu sei.
Teodora. Tu troppo ardita.
Antonia. Ma il foglio in le tue man...
Teodora. Nelle mie mani
Questo foglio rimane, e vedrai tosto
A qual uso lo serbo. Un colpo aspetta,
Che terribil sarà.
Antonia. Se questo colpo
Fulmina la mia morte, io non la temo;
Ma se perisce Bellisario, oh Dio!
Non infierire. Io son la rea; lo sdegno
Sfoga contro di me.
Teodora. Nè tu impunita
Superba andrai, nè Bellisario illeso.
Antonia. Rendimi almen quel foglio; a me concedi
Una volta baciarlo, e poi m’uccidi.
Teodora. Lo speri in van.
Antonia. Ma che rimiro? a questa
Volta sen corre il traditor Filippo;
Fuggo l’incontro, e agli occhi suoi m’involo.
(parte correndo
SCENA II16.
Teodora e Filippo.
. . . . . . . . . . . . .
Teodora. Senti, e stupisci; Bellisario è quello
Che ardì tentar la mia costanza, e cose
Tali mi disse, che arrossir mi fanno
Sol nel pensarvi, e lagrimar m’è forza.
Filippo. Egli adorava Antonia, or come in petto
Nuova fiamma nutrisce? Ha forse adesso
Cangiato amor?
Teodora. Questo non so; ma un core,
Ch’è già avvezzo ai delitti, orror non sente ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Filippo. Cadrà quel disleal, lo giuro ai Numi.
Teodora. Misero Giustiniano!
Filippo. Apprenda adesso
A profonder più cauto i suoi favori;
Pur troppo spesso avvien, che i primi onori
E chi degno saria rimane escluso.
Oh inganno di chi regna! ecc.
SCENA III17.
Giustiniano e detti.
. . . . . . . . . . . . .
Teodora. Senti, Consorte, oh Dio! senti e stupisci;
Bellisario infedel tentò sedurmi
Ad illeciti amplessi, e si scoperse
Di me tenero amante, ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Credimi qual tu vuoi, s’il rio delitto
Tu punir non vorrai, saprò ben io
Con pubblica vendetta il mostro indegno
Render estinto, e far ch’il sangue infame
D’un empio Traditor paghi la pena.
Filippo. (Cesare o non ha cor, o ha cor di ghiaccio).
Giustiniano. Facile troppo è l’ingannarsi ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Teodora. Leggi e stupisci.
Il sacrilego foglio a me pervenne,
Bellisario lo scrisse. In esso vedi
Ciò che creder non vuoi a questo pianto,
Che fra l’ira e ’I dolor, quasi m’uccide, ecc.
. . . . . . . . . . . . .
SCENA IV18.
Giustiniano solo.
. . . . . . . . . . . . .
Che opportuno sen viene. Ora mi giovi
L’arte del simular sino ch’io giunga
Di sua innocenza ad iscoprir il vero.
SCENA V19.
Bellisario e detto.
Con nuova ribellion scuoter il giogo ecc.
. . . . . . . . . . . . .
SCENA VI20.
Narsete e detti.
. . . . . . . . . . . . .
Giustiniano. (Sarebbe mai questa ripulsa inganno?)
SCENA VII21.
Narsete e detti, poi Antonia
. . . . . . . . . . . . .
SCENA VIII22.
Bellisario e Antonia.
. . . . . . . . . . . . .
Antonia. ...Senti: l’Imperadrice a me quel foglio
Leggerlo allor potei. Col pianto agli occhi ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Io a piè n’andrò del coronato Augusto,
Accuserò Teodora ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Bellisario. Ah no, t’arresta;
Io saprò Giustinian render sicuro
Dell’incorrotta mia fede costante.
Maggior contro di te ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Teodora. Sì, appena un solo sguardo io ti donai,
E furtivo tel diedi, un rio comando
Di Teodora imponeva il mio silenzio,
Ed ella stessa nelle proprie mie
Stanze nascosta, ogni atto mi guattava (sic).
Bellisario. Mostro crudel di ferità inaudita! ecc.
. . . . . . . . . . . . .
SCENA IX23
Teodora e detti.
Teodora. Se un testimon cercate
Delle vostre dolcezze, io sarò quello. ecc.
· | · | · | · | · | · | · | · | · | · | · |
T’inganni, Bellisario, e poi se tale
Ti fossi ancor, temer di te potrebbe
Un eroe sì fastoso, che l’Impero
Di Grecia sostennè (sic), che tante imprese
Condusse invitto a glorioso fine?
Bellisario. Ben lo dicesti. E vero, io non ti temo. ecc.
. . . . . . . . . . . . .
SCENA X24.
Narsete e detti.
Bellisario, che a lui tosto ten vada.
Bellisario. S’ubbidisca il comando. (Ah qualche nuovo
Strano accidente a’ danni miei preveggo).
Antonia, io parto, il cor ti lascio, oh Dio!
Sentomi un non so che dentro nel seno,
Che mi dice: il tuo ben più non vedrai, ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Prendi, Antonia, la destra.
Antonia. Al sen la stringo.
Bellisario. Parto, mio ben.
Antonia. Vanne felice.
Bellisario. | Addio. | |
Antonia. |
Teodora. Questo l’ultimo sia, superbi Amanti.
SCENA XI25.
Teodora e Narsete.
Che il tuo destin dall’obbedir dipende.
Vuò che mora costei. Tu la conduci
Sull’alta Torre, indi nel Mar profondo
Precipiti l’indegna, e si sommerga, ecc.
. . . . . . . . . . . . .
SCENA XII26.
Narsete solo.
...Mi cadano dal Ciel fulmini orrendi.
Chi vidde (sic) mai contro il Leon Leone,
Contro l’Orso infierir l’Orso rapace,
Contro la Tigre incrudelir la Tigre?
E pur contro dell’Uom l’Uomo infierisce,
E la Donna è crudel contro la Donna!
Misera umanità! Sei delle Belve
Talor meno pietosa, e più feroce.
Più di Libica selva il cuor dell’Uomo ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Amor è quel che di Teodora in seno
Tanti mostri produsse. Io già la vita
Porrò in salvo d’Antonia. I Dei superni
Avran col lor poter cura del resto. (via
SCENA XIII27.
Camera con Tavolino e Sedia.
Bellisario, poi Teodora.
Lieto ubbidisco. L’Africano orgoglio
A frenar mi destina. È un dolce incarco;
Ma perchè minaccioso? È perchè quello,
Ch’egli darmi solea per premio un tempo,
Or mi impone per pena? Ei sa per prova,
Che anela sol di Bellisario il core
Mi chiama a sè, poscia mi scaccia, e niega
D’ascoltar la mia voce, e va, mi dice:
Vanne, pugna, trionfa, e la tua fede
Purga tra gl’infedeli, e poi si tace.
Pietosi Numi, in che peccai? Teodora
Ti tradisce, Signor, dirgli volea,
Ma mi volge le spalle, e non mi ascolta.
Andrò a pugnar, e in me vedrai... Ma, oh Dio!
Partir degg’io senza veder la Sposa?
Ahi comando crudel! Perdona, Antonia,
Al mio fiero destin; di nuove palme
Tornerò carco, e più felice allora
Forse godrò dell’amor tuo costante.
Ma il mio cor agitato ha ormai bisogno
Di riposo, e di quiete, e il dolce sonno
Venga a dar triega al mio dolor crudele.
Qui per poco m’assido, e all’ardua impresa
Dopo brieve riposo, io già m’accingo.
(Siede sulla Sedia appoggiando al Tavolino il braccio, che sostiene il Capo, e dorme.
Teodora. Un disperato amor posa non trova
Se vendetta non fà... Ma Bellisario
Nel sonno immerso, e abbandonato io trovo?
Ecco il tempo opportuno al mio disegno.
Questo ferro sarà la giusta pena
Della sua crudeltà. Nel sen dell’empio
Immergerlo vogl’io... Ma Giustiniano
Giunge da questa parte. Io mi nascondo.
Farà un colpo maggior questo ritratto. (via
SCENA XIV28
Giustiniano e Bellisario che dorme.
. . . . . . . . . . . . .
Bellisario infedel... (forte
Bellisario. Chi mi risveglia? (s’alza
Cesare qui? Ah mio Signor, venisti
Forse pietoso a consolar l’afflitto
Misero cor di Bellisario?
Giustiniano. Io venni,
Barbaro, ad iscoprir ciò che fin ora
Sol dubitai. Or che la colpa è certa,
Certa sia la tua pena.
Bellisario. Oh Dei, che dici?
Scopristi in me...
Giustiniano. Sì, traditor, scopersi ecc.
. . . . . . . . . . . . .
...Giustiniano tradir, e con indegno
Amor render profano il nostro affetto.
Bellisario. Di qual’amor favelli?
Giustiniano. Indegno, io parlo
Di quel con cui tu m’offendesti; osserva,
Parlo di questo amor. Perfido, dimmi,
Conosci tu questo ritratto? ardisci
Vagheggiarlo, adorarlo, e innanzi gli occhi
Tenerlo allor che tu li chiudi al sonno?
Vedi la colpa tua? Sei troppo audace,
Più soffrir non ti voglio.
Bellisario. Ah, che t’inganni...
Giustiniano. Tu sei l’ingannator, ma giuro ai Numi
Tutelari di Grecia, e per quel sacro
Alloro Imperial che mi circonda
Bellisario. Senti, Signor...
Giustiniano. Non più, già troppo intesi, ecc.
. . . . . . . . . . . . .
...Della tua reità son gli occhi miei. (via
SCENA XV29.
Bellisario solo.
. . . . . . . . . . . . .
Io non voglio temer chi la mia morte
Minaccia, è ver; ma chi l’onor, la fama,
Tenta levarmi, e la mia gloria offende,
Temer m’è forza, e paventar tremante.
Apprenda ognun da ciò, che non v’è al Mondo ecc.
. . . . . . . . . . . . .
...Armi già tutte dalla Donna usate. (via
Fine dell’Atto Secondo.
ATTO TERZO.
SCENA PRIMA30
Bosco.
Filippo, poi Antonia e Narsete.
Bellisario cadrà? cadran con esso
Tutti gli Amici suoi. Cesare istesso
Esente forse non andrà dal colpo.
Ottone, Fabbio, e il gran Gismondo, e Ircane
Nemici già di Bellisario antichi
Verran meco all’impresa, e verran meco
Tutti color, che desiosi e vaghi
Di nuova religion, me dell’Ariana
Riveriscon per capo, e difensore.
Ma parmi udir, se non m’inganno, un certo
Calpestio, che m’addita alcun vicino.
Vuò ritirarmi, ed osservar nascosto
Se degli amici miei fosse costui. (si ritira
Antonia. Dove mi guidi tu? forse alla morte? ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Narsete. Lo saprà, ma in tempo
Che alla salvezza tua dubbio non resti:
Andiam.
Antonia. Ti seguo.
Filippo. Arresta il passo, o bella.
Antonia. (Oh me infelice!)
Narsete. (Oh sfortunato incontro!)
Che pretendi, Filippo?
Filippo. O che tu lasci
Questa gentil Donzella, o che t’uccido. (impugna
Narsete. Col mio brando (impugna
Questa Donna difendo, e la mia vita.
Filippo. Cadrai, fellon.
Narsete. Non mi spaventi,
a 2. All’armi, (si battono
Antonia. Raccomando alla fugga (sic) il mio decoro.
(parte correndo
Narsete. Sorte crudel. (cade
Filippo. Cadesti alfin... Ma dove
Dov’è Antonia, il mio ben? ah che fuggita
Se n’è per la foresta. Io già la sieguo. (parte
Narsete. Fugge Filippo, e più non vedo Antonia?
Difendetela voi, Numi del Cielo,
Ch’io dietro volo al suo nemico indegno,
Risoluto di farne aspra vendetta. (parte
SCENA II31.
Camerone con Tavolino e Sedia.
Giustiniano solo al Tavolino scrivendo.
Sarà privo di luce il Sol di Grecia? ecc.
. . . . . . . . . . . . .
...Di Teodora mia Sposa. Oh troppo indegna
La pietà fora all’Imperial decoro.
Peran dunque quegli occhi... Oh Dio, che trema
La man, nè segnar puote il fatal foglio.
Bellisario peccò. Ma finalmente (si leva
Ei peccò per amor. Basti per pena
Del comesso error la sua vergogna (sic).
Umiliato al mio piè chiegga perdono,
De’ benefizj suoi la mia clemenza.
E là, sia Bellisario a me condotto.
Questa dell’amor mio prova vuò dargli;
Veda così che l’amo, e da me apprenda
L’alta virtù di dominar se stesso.
Anco gli Eroi più gloriosi e chiari
Son soggetti a peccar, ed essi ancora
Soggiacciono alla legge, ma sovente
La legge stessa nel punir gli Eroi
Salva quanto più può la gloria loro.
Bellisario peccò, punir si deve,
Ma i rimproveri miei sian la sua pena;
Che castigo maggior l’Eroe non prova
Quanto il sentirsi rinfacciar le colpe.
Eccolo: Oh come altero a me sen viene,
Che intrepidezza! Chi lo mira in volto
Innocente lo crede, e pure è reo. (siede
SCENA III32.
Bellisario senza Spada e senz’Elmo, e detto.
. . . . . . . . . . . . .
Giustiniano. ... Chiamandola crudel pietade implori.
Di più nel foglio istesso a me rinfacci
I benefizj tuoi, e vuoi che siano
Mercè del tuo servir li scorni miei. ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Bellisario. ...Se vuoi, che a te mi prostri, eccomi umile
(s’inginocchia
Del mio Cesare ai piè; chieggo pietade
Ma non fia ver, ch’io di perdon favelli, (si leva
Giustiniano. Superbo, tu sei reo, certa è la colpa; ecc.
SCENA IV33.
Teodora e detti.
E colei che t’accusa, e Giustiniano ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Io di farla eseguir la cura prendo.
(Prende la sentenza, e la consegna ad uno che si affaccia alla quinta.
L’Imperador l’impone, oggi s’adempia.
Bellisario. Crudel, sarai contenta: io volontario ecc.
. . . . . . . . . . . . .
SCENA V34.
Giustiniano e Teodora.
D’una interna mozion (ah non vorrei,
Che pietà fosse, o qualche dubbio affetto), ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Giustiniano. Taci, che il pianto
Quasi vile mi rende. Ah, se potessi
Bellisario salvar, senza che offesa
Rimanesse Teodora, io lo farei.
Si punisca la colpa, e s’egli è reo... ecc.
. . . . . . . . . . . . .
SCENA VI35.
Narsete e detti.
Già s’avanzano l’armi ed a’ confini
Dell’Asia tutto dì s’odon rapine!
Scrive Ormondo il periglio, e le Milizie
Chiedon per loro Duce Bellisario, ecc.
. . . . . . . . . . . . .
SCENA VII36.
Teodora e Narsete.
. . . . . . . . . . . . .
A morte lo trarrà. Giuro a me stessa.
Narsete. Perchè cotanto irata? e donde mai? ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Io fui pur troppo esecutor crudele.
Teodora. Premio n’avrai; ma non compita ancora
E la grand’opra: un altro colpo io chiedo
Degno del tuo valor; ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Narsete. Io più non temo
Se fosser cento i Bellisarj ancora.
Teodora. Quanto ti deggio, amico; ecc.
. . . . . . . . . . . . .
SCENA VIII37.
Narsete, poi Giustiniano.
. . . . . . . . . . . . .
Errò fuggendo, ed io cercai, ma in vano.
L’assista il Ciel... ma Cesare dolente
Con il pianto su gli occhi or qui sen viene;
Che sarà mai? voglio ispiarne il vero. (si ritira
Giustiniano. Ahi più tempo non v’è, già delle luci
Privo è l’Eroe; già di Bisanzio è persa
La bella speme.
Narsete. (Io non l’intendo ancora).
Giustiniano. Ah Ministri crudeli! io vi prescrissi ecc.
· | · | · | · | · | · | · | · | · | · | · |
Misero Bellisario38.
Narsete. (Parla di Bellisario; oh Dei, che ascolto!)
Giustiniano. Or venga pur degli Affricani arditi
L’esercito superbo, e me dal Trono
Balzando, tragga l’Orientale Impero
In dura schiavitù, vengan fastosi,
Che la nostra fortezza e il suo terrore
Languendo sta di Bellisario a canto.
Narsete. (Più celarmi non posso). Alto Monarca,
Perchè fremi, e sospiri?
Giustiniano. Odi, Narsete,
E resisti s’hai cuor. Già Bellisario
L’una e l’altra pupilla oggi ha perduta.
Narsete. Come, Signore?
Giustiniano. Io fui, che la fatale
Sentenza sua con la mia man segnai.
Narsete. E fosti sì crudel?
Giustiniano. Fui però giusto.
Narsete. Se giusto fosti, perchè piangi adesso?
Giustiniano. Perchè la pena sua troppo mi duole.
Narsete. Nè vi pensasti pria?
Giustiniano. No, che il suo fallo
Troppo forte parlava all’onor mio.
Giustiniano. D’aver amato
Di Giustinian la Sposa.
Narsete. Oh sei tradito;
Bellisario è innocente.
Giustiniano. Io stesso fui
Testimon della colpa.
Narsete. E pur t’inganni.
SCENA IX39.
Antonia da Uomo, e detti.
. . . . . . . . . . . . .
Narsete. (Antonia è questa: il cuor m’esulta in petto).
Giustiniano. Per quanto il mio dolor cieco mi renda,
Riconoscerti parmi.
Antonia. Antonia io sono.
Giustiniano. Dirlo volea; ma come in queste spoglie?
Antonia. Per salvar la mia vita, e l’onor mio ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Meglio di me lo potrà dir Narsete;
Ei la storia cominci, io dirò il fine.
Narsete. Tempo non è più di celarti il vero,
E vuole il Ciel, che il traditor si scopra.
Teodora è quella che a me stesso impose
Di dar morte ad Antonia; io per sottrarla
Dal periglio fatal, fuor di Bisanzio
La conduco, quand’ecco in mezzo al bosco
Filippo incontro. Ei risoluto chiede
Che la Donna gli lasci, io la difendo.
Il ferro impugna, io pur l’impugno, e il fato
Vuol che senza ferita a terra io cada.
Nel tempo della pugna Antonia fugge,
Ma nè l’uno, nè l’altro unqua più vidi.
Giustiniano. (Cieli, che ascolto mai). Tu come in queste
Spoglie venisti poi?
Antonia. Fuggir potei,
Sicchè Filippo non mi giunse unquanco.
In un rustico tetto, ove dimora
Il vecchio Elpin, la di cui Moglie il latte ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Indi la cruda
Minacciando volea, ch’io la mia destra
Dassi (sic) di Sposa al mio nemico.
Giustiniano. E forse...
Antonia. Di Filippo m’intendo, ed ei, che m’ama
Tanto, quanto ch’io l’odio, avea speranza
D’acquistar il mio cor, ma sempre in vano.
Giustiniano. (Cresce il sospetto mio).
Narsete. (Barbara Donna).
Antonia. Bellisario mi crede a sè incostante,
Mi scrive un foglio, e si querela in esso.
Teodora mel toglie, e minacciosa
Queste voci precise allor mi dice
Tutta sdegno e furore: un colpo aspetta,
Che terribil sarà. Poscia si parte.
Giustiniano. Ah traditrice, ora comprendo il resto.
Antonia. Finalmente...
Giustiniano. Non più, troppo dicesti,
Troppo intesi: Narsete, a te consegno
Questa donna infelice. Ah troppo tardi
Parlasti, Antonia, il colpo è già caduto,
Più rimedio non v’è, già Bellisario...
Antonia. Bellisario che fà?
Giustiniano. Privo è degli occhi, ecc.
. . . . . . . . . . . . .
SCENA X40.
Narsete e Antonia.
Antonia. Ohimè con chi son’io? qual luogo è questo?
Giustiniano fù qui? ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Ma che folle mi perdo in vani sensi?
Dov’è l’Idolo mio? guidami ad esso
Per i Numi del Cielo, io ti scongiuro.
Che s’ei perse le luci, io queste mie,
Che pur son luci sue, recar gli devo.
Narsete. Sà il Cielo il dolor mio, ma temo, Antonia,
Che il mirarlo t’uccida.
Antonia. È forse questo
Il maggior de’ miei mali? e che più brama
Un disperato cor, ch’una sol morte?
Guidami ad esso ecc.
. . . . . . . . . . . . .
SCENA XI41.
Sala Reggia con Trono.
Bellisario cieco, poi Giustiniano e Teodora.
. . . . . . . . . . . . .
...Reso infelice non m’avria cotanto.
Stato cieco foss’io quando nel volto
D’Antonia mia fedel gli occhi fissai.
Ma dov’è l’Idol mio? dov’è la Sposa? ecc.
E m’acertò (sic), che qui l’Imperial Trono
Oggi s’innalza, e Giustinian s’attende.
(siede su l’ultimo gradino del Trono
. . . . . . . . . . . . .
...E cieco è quel che di fortuna al riso
Troppo s’affida, e il suo variar non teme.
Della mia dura cecità presente
Fu ben quella maggior, quando infelice
Gl’inganni della Corte io non vedea;
Che di questa cagion fu quella al certo.
Apprenda ogni mortal dal mio destino
Che chi serve a’ Monarchi, o presto, o tardi,
Cieco render lo può l’invidia altrui, ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Parmi di sentir gente.
Teodora. Ove mi guidi?
(condotta per mano da Giustiniano
Giustiniano. Vieni, che lo saprai ecc.
. . . . . . . . . . . . .
. . . . . fissati in questo
Spettacolo funesto, e poi richiama
A consiglio del cor gl’indegni affetti.
Teodora. Come, Signore, a me? ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Giustiniano. ...Dell’innocenza tua certo mi rendo.
Teodora. (Qual stravaganza è questa?)
Bellisario. O care voci,
Delle stesse mie luci assai più care; ecc.
Giustiniano. Specchiati in questi lumi, osserva, ingrata,
Il primo Eroe del mio temuto Impero
Cieco reso così per una cieca
Tua tiranna passion. ecc.
. . . . . . . . . . . . .
SCENA XII42
Antonia da Uomo, e detti.
. . . . . . . . . . . . .
SCENA XIII43
Narsete e detti.
Vengon gli Ariani, ed è Filippo il loro
Duce supremo. Arditi a queste mura
S’avvanzano i nemici, e al fiero assalto
Si dispongono gli empj. I tuoi soldati,
Quelli ch’esser solean, già più non sono.
Pavidi, intimoriti, han di viltade
Tutto ripieno il cor, e niuno ha cuore
D’opporsi dei rubelli al fiero orgoglio,
Giustiniano. Ecco il fulmin del Ciel, che giusto cade ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Più non v’è chi m’assista, o mi difenda.
Mi rende vil l’orror della mia colpa,
Ed un alto spavento il cor m’assale.
Bellisario, ove sei? Teodora indegna;
Narsete, mi consiglia, Antonia, aita,
Numi del Ciel, pietà.
Bellisario. Frena, Signore,
L’importuno timor; benchè sia cieco,
Vive ancor Bellisario ecc..
. . . . . . . . . . . . .
SCENA XIV45
Giustiniano, Teodora e Soldati.
A mercarvi la gloria. E tu fra questo (a Teodora
Popolo mio fedel, sarai la sola
Traditrice inumana? ecc.
. . . . . . . . . . . . .
...Debil lo rese, e vacillar lo fece. (và in Trono
Popoli di Bisanzio. Oggi Teodora
Non è più Sposa a Giustinian: Costei
Con arti indegne, e femminili inganni
Tradì l’onor di Bellisario, e a tanta
Pena lo trasser sue menzogne orrende.
La condannan le leggi ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Muori pur, cruda Donna, e quella pace
Venga con te, che a me tu lasci, infida.
Teodora. Oh sentenza crudele!
Giustiniano. E là, soldati
Sia condotta costei...
SCENA XV46.
Antonia e detti poi Narsete.
Di felici novelle apportatrice, ecc.
. . . . . . . . . . . . .
...Uscì fuor di Bisanzio, e a fiera pugna
L’inimico sfidò. Ma vien Narsete
Ei saprà il fin della gloriosa impresa.
Giustiniano. (Abbiano cura i Dei di Bellisario).
Narsete. Cesare, abbiamo vinto. Appena il forte
. . . . . . . . . . . . .
. . . . . . Filippo istesso
Perde tutto il coraggio, e dalle mani
Quasi gli cade (sic) il ferro. In un momento
Chi in quà, chi in là pien di timor fuggìa.
Gl’inseguiron i tuoi, ne preser molti,
E fra questi Filippo, il qual fra ceppi
Condotto fu di Bellisario al piede.
Ei glorioso ritorna, e fora giunto ecc.
. . . . . . . . . . . . .
SCENA ULTIMA
Bellisario, Filippo incatenato, Popolo, e detti.
Di sì bella vittoria.
Filippo. (Inique stelle!)
Giustiniano. Vieni, glorioso Eroe, la tua vittoria ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Bellisario. Bastami l’amor tuo, questo compensa
Ogni mio danno, ed altro don non curo.
Giustiniano. E tu, superbo, in questo dì t’appresta (a Filippo
L’empio capo a lasciar sotto la scure
D’un Carnefice vile.
Filippo. A me tal morte?
Supplizio infame a chi di Rege è figlio?
Và, che non sai regnar, nè sai qual morte
Si debba ad un mio pari.
Giustiniano. Io sò qual morte
Si debba a un traditore.
Filippo. (Destin crudele!)
Narsete. (Che ardir!)
Antonia. (Che temerario!)
Bellisario. (Oh, che fortezza!)
Di veleno, o di ferro.
Teodora. E l’uno e l’altro
Son lieve pena al mio crudel delitto, ecc.
nota
Bellisario. Se troppo è il chieder mio superbo e ardito,
Alla mia cecità, Signor, perdona.
Di questo don ti prego ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Odimi, Giustinian, m’oda Bisanzio. (in Trono
E Teodora e Filippo io voglio assolti.
Questo l’unico fia regio comando,
Che Bellisario a suoi vassalli impone.
Filippo. (Oh fortuna!)
Teodora. (Oh pietade!)
Antonia. (Anima grande!) ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Giustiniano. E Giustiniano
Ch’oggi è vassallo ad obbedire insegni.
Adoro il tuo comando.
Bellisario. Ora mi spoglio ecc. (scende
. . . . . . . . . . . . .
Addio, Corte superba; addio, Bisanzio;
Cesare, addio; pregoti sol che voglia ecc.
. . . . . . . . . . . . .
Filippo. Pietoso eroe, (s’inginocchia a Bellisario
Filippo a piedi tuoi perdon ti chiede.
Teodora. E Teodora al tuo piè piagne il suo fallo.
Bellisario. Amici, d’ogni oltraggio io già mi scordo ecc.
. . . . . . . . . . . . .
...Non lo temer: diran, che fosti giusto
Una colpa a punir; diran ch’io fui ecc.
. . . . . . . . . . . . .
IL FINE.
- ↑ Corrisponde elle prime due scene dell’edizione Zatta.
- ↑ Corrisponde alla sc. III dell’ed. Zatta.
- ↑ Corrisponde alla sc. IV e al principio della V.
- ↑ Corrisponde alla sc. V. e al principio della VI.
- ↑ Corrisponde a una parte della sc. VI.
- ↑ Corrisponde alla seconda parte della sc. VI.
- ↑ Corrisponde all’ultima scena dell’atto I dell’ed. Zatta.
- ↑ Corrisponde alla sc. I del 2. atto dell’ed. Zatta.
- ↑ Corrisponde alla sc. II del 2. atto.
- ↑ Corrisponde alla sc. III del 2. atto.
- ↑ Corrisponde alla sc. IV del 2. atto.
- ↑ Corrisponde alla sc. V del 2. atto.
- ↑ Corrisponde alla sc. VI. del 2. atto.
- ↑ Corrisponde alla sc. VII del 2. atto.
- ↑ Corrisponde alla sc. VIII del 2. atto dell’ed. Zatta.
- ↑ Corrisponde alla se. IX del 2. atto.
- ↑ Corrisponde alla sc. X del 2. atto.
- ↑ Corrisponde alla sc. XI, ultima del 2. atto.
- ↑ Corrisponde alla massima parte della sc. I del 3. atto.
- ↑ Corrisponde alle scene II e III del 3. atto.
- ↑ Corrisponde alla sc. IV del 3. atto.
- ↑ Corrisponde alla sc. V del 3. atto.
- ↑ Corrisponde alla sc. VI del 3. atto.
- ↑ Corrisponde alla sc. VII del 3. atto.
- ↑ Corrisponde alla sc. VIII del 3. atto.
- ↑ Corrisponde alla sc. IX del 3. atto.
- ↑ Corrisponde alle scene X e XI del 3. atto.
- ↑ Corrisponde alla sc. XI del 3. atto.
- ↑ Corrisponde alla sc. XII, ultima del 3. atto.
- ↑ Corrisponde alle scene I e II del 4. atto dell’ed. Zatta.
- ↑ Corrisponde alla parte maggiore della sc. III del 4. atto.
- ↑ Corrisponde alla sc. IV del 4. atto.
- ↑ Corrisponde alla sc. V del 4. atto.
- ↑ Corrisponde alla sc. VI del 4. atto.
- ↑ Corrisponde alla sc. VII del 4. atto.
- ↑ Corrisponde alla sc. VIII del 4. atto.
- ↑ Corrisponde alla sc. IX, ultima del 4. atto, e alla I del 5. atto.
- ↑ C’è soltanto un verso settenario.
- ↑ Corrisponde alla sc. II del 5. atto.
- ↑ Corrisponde alla sc. III del 5. atto.
- ↑ Corrisponde alle scene IV e V del 5. atto.
- ↑ Corrisponde alla sc. VI del 5. atto.
- ↑ Corrisponde alla sc. VII del 5. atto.
- ↑ Le parole di Narsete, che qui seguono, furono saltate nella stampa dell’ed. Zatta, certamente per errore.
- ↑ Corrisponde alla sc. VIII del 3. atto.
- ↑ Corrisponde alle scene IX e X del 5. atto.