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Ai cimenti, agli azzardi, alle vittorie.

Mi chiama a sè, poscia mi scaccia, e niega
D’ascoltar la mia voce, e va, mi dice:
Vanne, pugna, trionfa, e la tua fede
Purga tra gl’infedeli, e poi si tace.
Pietosi Numi, in che peccai? Teodora
Ti tradisce, Signor, dirgli volea,
Ma mi volge le spalle, e non mi ascolta.
Andrò a pugnar, e in me vedrai... Ma, oh Dio!
Partir degg’io senza veder la Sposa?
Ahi comando crudel! Perdona, Antonia,
Al mio fiero destin; di nuove palme
Tornerò carco, e più felice allora
Forse godrò dell’amor tuo costante.
Ma il mio cor agitato ha ormai bisogno
Di riposo, e di quiete, e il dolce sonno
Venga a dar triega al mio dolor crudele.
Qui per poco m’assido, e all’ardua impresa
Dopo brieve riposo, io già m’accingo.
(Siede sulla Sedia appoggiando al Tavolino il braccio, che sostiene il Capo, e dorme.
Teodora. Un disperato amor posa non trova
Se vendetta non fà... Ma Bellisario
Nel sonno immerso, e abbandonato io trovo?
Ecco il tempo opportuno al mio disegno.
Questo ferro sarà la giusta pena
Della sua crudeltà. Nel sen dell’empio
Immergerlo vogl’io... Ma Giustiniano
Giunge da questa parte. Io mi nascondo.
Farà un colpo maggior questo ritratto. (via