516 proverbi sul cavallo/Modi di dire

Modi di dire

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Mantelli e segni particolari Piedi – Ferratura

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Modi di dire.


1. A briglia sciolta, oppure:

A tutta briglia.

Vale di gran carriera, e per metafora, smoderatamente.

2. A caval del fosso.

Indica tenere da due parti; è simile all’altro: Tenere il piede in due staffe, o come dicevano i latini: Duabus sedere sellis; significa adoperare più d’un mezzo, servirsi di più espedienti, tener d’occhio a più d’una via per giungere al fine desideralo; tenere in un negozio pratica doppia per terminarla con più vantaggio.

3. A caval donato non gli si guarda in bocca, ed i latini:

Si quis dat mannos (puledri) noli quærere in dentibus annos, oppure:

Noli equi dentes inspicere donati, ed anche:

Donato non sunt ora inspicienda caballo, ed i tedeschi:

Geschenkten Pferden darf man nicht in’s Maul sehen, e gli inglesi: [p. 104 modifica]

Look not a gift horse in the mouth.

A molti animali si guarda in bocca per conoscerne l’età, desumendola dalla forma dei denti; ed a seconda che quella è più o meno avanzata, ci formiamo criterio del loro valore. Ma al caval donato, che nulla ci costa, non devesi guardare in bocca.

I doni devonsi ricevere quali ci vengono dati senza commenti, ossia, ciò che costa nulla non va esaminato minutamente. Questo è un modo di dire che si trova in tutte le lingue, in tutti i dialetti. Forse ricorda una sorta di donativi un tempo assai più in uso che non oggidì. Tacito narra che gli antichi Germani, i quali seguivano il principe nelle imprese militari, ricevevano da lui in dono un cavallo da guerra, un pranzo sontuoso, ed una lancia insanguinata. Presso gli antichi Romani era costume regalare il cavallo al cavaliere nuovo eletto. Equus publicus era detto tal cavallo. Pochi anni addietro nelle armi a cavallo il governo dava un cavallo al sottufficiale che veniva promosso ufficiale. Vuolsi da taluno che l’origine di questo proverbio, comune a quasi tutti i popoli, sia la seguente: «Calvo, uno spagnuolo che aveva fatto prodigi di valore contro i Mori, entrò nell’esercito francese sotto Luigi XIV. Grande amatore di cavalli ne possedeva uno stupendo che egli chiamava Moncœur. Un giorno il Re che si era invaghito di quel cavallo gli propose un cambio: «Sire — rispose il prode spagnuolo — chiedetemi mia moglie e ve la darò, ma lasciatemi il mio Moncœur.» — «Ventre Saint-gris — sclamò Luigi XIV — vostra moglie non ha più denti.» — «Sire — ripigliò Calvo — a caval donato non si guarda in bocca.» Il Re accolse con una sonora risata queste parole, le quali rimasero per proverbio. Il vero è però che esso è assai più antico, poichè lo si trova già in una raccolta del XIII secolo. [p. 105 modifica]

4. A cavallo dinanzi, ad archibuso di dietro, a tavola nel mezzo, a questione lontano.

Questo proverbio, come l’altro: Di dietro dai cavalli, davanti dalle donne, ecc.; ci ripete che il posto da tenere nell’avvicinare un cavallo è il davanti, ed aggiunge che l’archibuso deve prendersi per il calcio e non per la bocca, che a tavola conviene star nel mezzo per esser sicuri di esser ben serviti, e che dalle questioni bisogna star lontani. Non è lecito nell’avvicinarsi ad un cavallo dimostrar timore, e mettersi in apprensione ad ogni squassata di testa, ad ogni zampata sul terreno, ad ogni dimenata di coda e saltare indietro, come se si trattasse di evitare un serio pericolo; ma per altra parte neppure è da consigliarsi di usare soverchia confidenza; una certa circospezione è necessaria. Stando davanti al cavallo, fissandolo negli occhi, parlandogli forte, si attira la di lui attenzione su di noi e gli si fa subire una specie di fascino.

5. A cavalluccio.

Col verbo portare, stare e simili, vale portare altrui sulle spalle con una gamba di qua ed una di là dal collo.

6. A caval stizzoso scuderia a parte.

In senso figurato significa che dagli uomini arcigni e di cattivo carattere, uno se ne deve star in disparte. In senso letterale consiglia di non metter cogli altri il cavallo stizzoso, perchè li morderà, o tirerà loro dei calci, nè li lascerà mai tranquilli. [p. 106 modifica]

7. Ai cani ed ai cavalli magri vanno addosso le mosche, ed i tedeschi:

Die Fliege setzt sich immer auf ein mager Pferd, ed i francesi:

Aux chevaux maigres, va la mouche.

Ai poveri ed infelici piovono addosso tutte le disgrazie; tempesta ad essi nel forno, come usasi dire con altro proverbio e ben poetò l’Ariosto quando scrisse:

Significa ancora che i più deboli sono spesso i più perseguitati.

8. Alla sella il cavallo, al basto l’asino, all’aratro il bue, ma l’uomo a quell’arte a cui natura lo invita.

La natura creò i diversi animali per diversi e ben distinti usi ed uffici, ma l’uomo deve scegliere quell’arte per la quale sente maggior propensione.

9. Allo sprone i cavalli, al fischio i cani e al bastone intendono i villani.

Vorrebbe indicare quali sono i mezzi migliori per farsi intendere da ciascuno di questi tre esseri.

10. Amate i cavalli e curateli, in loro solo sta la fortuna e l’onore.

Proverbio arabo, che inculca l’affezione per questi nobili animali. [p. 107 modifica]

11. Andar a cavallo quanto a bue con alcuno.

Essergli in tutto simile nel buono e nel tristo.

12. Andar alla Sardigna.

Eravi un luogo in Firenze, sull’Arno fuor di porta San Friano, in cui si gettavano le bestie morte dopo essere state scorticate e fu detto la sardigna; quivi regnavano il fetore e la malaria, come si rileva dal Macchiavelli in un suo sonetto a Giuliano dei Medici, scrittogli dal carcere:

Da questo il popolo per ischerzo usò dire andare alla sardigna per morire. Oggidì poi si dà tal nome a quei luoghi, appositamente designati, dove si sepelliscono le bestie morte di malattia infettiva.

13. Aombrare nella biada.

Aver paura di ciò che dovrebbe piacerci; metafora tolta dal cavallo.

14. A pie’ ed a cavallo.

Manibus, pedibusque conari, cioè adoperarsi in un affare coll’ingegno e colla forza; ingegnarsi in ogni modo; sapersi difendere a piedi ed a cavallo, ecc.

15. Asino che non si conosce, cavallo esser si crede.

Chi non conosce i propri difetti, od ha troppa [p. 108 modifica]stima di sè, crede di aver meriti molto superiori ai reali.

16. Aspettare e non venire. — Stare in letto e non dormire. — Aver cavallo che non vuol ire. — Son tre doglie da morire.

È un modo di dire molto usato dal volgo.

17. A tempo di guerra ogni cavallo ha soldo.

A tempo di necessità ogni cosa è buona. Il proverbio accenna al grande impiego di cavalli richiesto dalla guerra ed al valor che repentinamente aumenta. I molti cavalli sottratti dall’esercito all’agricoltura, al commercio ed al lusso, imprimono alle contrattazioni un notevole impulso e tal cavallo passa dalla carretta alla carrozza, tal altro dal basto alla sella, mentrechè senza la guerra, sarebbe rimasto dimenticato e senza pregio.

18. Aver bene il cavallo alla mano.

In senso letterale significa esser padrone del proprio cavallo, conoscere di poterlo far agire secondo la propria volontà; in senso figurato vuol dire saper ben regolare i propri affari.

19. Aver la briglia sul collo, oppure:

Gettar la briglia sul collo.

Noxa et nexu solutus, dicevano i latini. Lasciar che uno operi a suo modo; non volerlo più correggere; abbandonarlo alla sua propria volontà.

20. Aver nè cavallo, nè mulo.

Essere a piedi. [p. 109 modifica]

21. Bisogna battere il ferro finchè è caldo.

Non lasciarsi sfuggire l’occasione di far una determinata cosa.

22. Bugia al veterinario, bugia al confessore.

Il silenzio, la reticenza, le bugie di chi governa cavalli, sono pel veterinario tanti ostacoli, nel fare la diagnosi delle malattie, e lo mettono spesso nel caso di sbagliare una cura. Quindi il tacergli o nascondergli il vero stato delle cose, e le cause presumibili che hanno dato luogo al male sopravvenuto al cavallo è commetter peccato, quanto dir bugie al confessore.

23. Calcio di cavalla non fa male allo stallone, ed anche:

Calcio di cavalla mai fece male al puledro.

In senso figurato il primo di questi proverbi ci dice che l’uomo deve prendere galantemente tutte le civetterie delle donne. Nel senso vero questi proverbi ci ricordano che alle volte i cavalli si danno e ricevono per giuoco dei calci, i quali dati non per cattiveria, e quindi non con forza, non arrecano male serio e talvolta non ne arrecano punto.

24. Calcio di stallone non fa male alla cavalla, ed anche:

Morso di stallone non fa male alla cavalla.

A chi si vuol bene non si fa offesa che dolga. È poi ancora da notare che non sempre i [p. 110 modifica]cavalli mordono per cattiveria, ma talora ciò fanno dolcemente per atto amoroso abboccandosi al collo. Per i cavalli che mordono viene suggerito di prendere un pezzo di vitriolo azzurro grosso come una nocciuola, farlo sciogliere in mezzo litro di acqua, aggiungervi sale ammoniacale finchè il liquido diventi chiaro, inzupparne una spugna, assicurarla ad un bastone, introdurla in bocca al cavallo quando tenta mordere. Basta una volta per togliergli, dicono, il vizio.

25. Cambiar un cavallo guercio con un cieco.

In un baratto qualsiasi, trattisi di cavallo o d’altro essere in perdita.

26. Carne di gallo, carne di cavallo.

La carne di gallo è troppo filosa, val poco come quella di cavallo, abbenchè oggidì in molti paesi per ragioni di economia, l’ippofagia sia molto in voga, e vi sieno non pochi che si nutriscono di carne di cavallo.

27. Cavalcar a bisdosso o a bardosso.

Cioè senza sella, col cavallo nudo.

28. Cavalcar alla stradiotta.

Dicesi di chi viaggia portando seco poca supelletile.

29. Caval con le stadere.

Vedi: Dar un cavallo con le stadere. [p. 111 modifica]

30. Caval giovane porta guerriero, cavallo vecchio letame.

È purtroppo la sorte che tocca alla maggior parte di questi nobili animali.

31. Cavalcar il fosso.

Tener da due parti; uguale al Tenere il piede in due staffe.

32. Cavalcar la capra.

Lasciarsi dare ad intendere una cosa per un’altra.

33. Cavalcar la capra verso la china.

La capra ha più corte le gambe davanti che quelle di dietro, sicchè gran sciocchezza sarebbe volerla cavalcare massime verso la china, chè tosto darebbe della bocca in terra. Figuratamente significa commettere un errore.

34. Cavalcar largo.

Portar le gambe larghe in cavalcando.

35. Cavalli, cani, uccelli e servitori, guastan, mangian, rovinano i signori, ed i tedeschi:

Pferde fressen einen Mann, Der sie mit Rath nicht halten kann.

Deve essere un proverbio stato inventato da qualcuno che ebbe la mala ventura di incappar male negli animali e nelle persone qui indicate.

Più giusto è il proverbio tedesco il quale ci insegna che i cavalli conducono l’uomo a rovina, quando nell’acquistarli, allevarli, governarli non si seguono i dettami della ragione. [p. 112 modifica]

36. Cavallo d’erba, casa di terra, amico di bocca, non valgono una ciocca, ed i tedeschi:

Lehmhaus, Graspferd, und Mundfreund sind ganz und gar nichts Werth, ed i francesi:

Maison de terre, cheval d’herbe, ami de bouche, ne vaillent pas une mouche.

Il cavallo pasciuto con sola erba non può avere molta fibra e sopportare le fatiche; trattando dei proverbi relativi all'alimentazione, si è detto che l'alimento più sano pel cavallo è la biada e poi il fieno. Ben con ragione afferma il proverbio che Il cavallo mantenuto con sola erba vale una ciocca, cioè un bel nulla; così dicasi della casa fatta di mattoni non cotti, e dell’amico che tale si professa solo a parole.

37. Cavallo di ritorno.

Quello che avendo portati passeggieri ad un luogo ritorna a quello onde è partito. In senso figurato dicesi di notizia, o altro, che ritorna al luogo donde è partita.

38. Cavar uno di sella.

Scavalcarlo, procacciar la sua caduta.

39. Cercar qualcuno a piedi ed a cavallo.

Adoperare ogni qualsiasi diligenza per trovar qualcuno. Manibus pedibusque conari, dicevano i latini.

40. Cercar l’asino ed essere a cavallo, ed i tedeschi: [p. 113 modifica]

Er sucht den Esel, und sitzt darauf.

Cercar cosa che ti sta dinnanzi. Questo proverbio è venuto da quel contadino che tornato dalla fiera conducendo sei asini e cavalcando il settimo, a mezza strada si arrestò tutto corrucciato, perchè contando i suoi asini credette che gliene mancasse uno, giacchè ommetteva di tener conto di quello che egli cavalcava. Tutto turbato domanda all’uno ed all’altro se avessero visto uno dei suoi asini, perchè, diceva egli, prima ne avevo sette ed ora non son più che sei. — Voi errate, gli rispose un burlone, gli asini sono cresciuti, sei vi stanno dinnanzi, uno lo cavalcate e son sette, l’altro siete voi, e son otto.

41. Certi caval l’è mei perdii che trovai.

Proverbio piemontese: tutto ciò che è pericoloso è meglio non averlo.

42. Chi non ha cavalli vada a piedi.

Ottimo consiglio per chi non può spendere di più di quel che vorrebbe.

43. Chi si guarda dal calcio della mosca, tocca quello del cavallo.

Vale a farci intendere che chi ha troppi timori, incapperà in danni maggiori e non sospettati.

44. Chi va a cavallo da giovane, va a piedi da vecchio (Vedi: Cavallo e cavaliere).

Chi scialacqua e non risparmia in gioventù, stenterà in vecchiaia. [p. 114 modifica]

45. Chi va a piedi non s’accompagni con chi va a cavallo.

Quante cadute morali si eviterebbero se si seguisse il precetto che nel senso figurato, è contenuto in questo proverbio! Chi è povero e non ha mezzi di fortuna, non deve mettersi a scialarla per star in compagnia del ricco, che può spendere senza tanti riguardi alla borsa.

46. Co la cavala xe mia, tutti la vorria.

Proverbio veneto. Questo avviene ben di frequente. Uno ha un cavallo da vendere stenta a trovar acquisitori; una volta vendutolo più d’uno esclama: Se l’avessi saputo, l’avrei comprato io.

47. Col latino, col ronzino e col fiorino si gira il mondo.

Il latino si fa intendere da per tutto. Un contadino che conduceva un teologo in una carrozza a due cavalli, rimase con essa impanniato in una strada tutta fangosa, e per quanto sferzasse i cavalli, non riusciva a trarne i piedi. Allora smontò tranquillamente da cassetta, apri lo sportello della carrozza e disse al teologo: «Signore, conosce ella il latino?» — - «Sicuramente! Che razza di domanda è questa?» — «L’ho molto caro, Chi conosce il latino va per tutto il mondo, dice il proverbio. A rivederla.» È staccati i cavalli, se ne andò con essi, lasciando il teologo sulla strada, colla carrozza che era sua.

48. Com’è la stalla, così sarà la cavalla.

Se la stalla è buona, i cavalli, ed in genere tutto il bestiame crescerà e si svilupperà bene, se invece non soddisfa a tutti i precetti dell’igiene e se l’alimentazione sarà per di più scarsa, avverrà tutto il contrario. [p. 115 modifica]

49. Con lui non si può andare nè a piedi nè a cavallo.

Non c’è verso d’andar intesi.

50. Correr la cavallina, oppure:

Scorrer la cavallina.

Vale cavarsi ogni piacere senza freno o ritegno; metafora presa dallo sghiribizzare della puledra non bene doma, o non imbrigliata.

51. Crede d’esser sul caval d’Orlando.

Cioè su di un famoso cavallo quale era Brigliadoro, cento volte lodato dell’Ariosto, specialmente nei canti ottavo, vigesimo terzo, e vigesimo quarto.

52. Chiuder la stalla dopo che son scappati i cavalli.

Significa prendere una risoluzione tardiva e quando non si è più in tempo, perchè il male è fatto. Sero substractis reparas presepe caballis, dicevano i latini.

53. Dar la briglia al cavallo.

Allentargli le redini.

54. Dare un cavallo.

Frustar uno, nerbarlo su quella parte che tutti sanno. Modo di dire venuto da quel castigo che una volta usavasi infliggere agli scolari discoli o poco diligenti e consisteva in questo: uno dei bidelli delle scuole si levava il ragazzo sulle spalle tenendolo per le braccia accavalcate at[p. 116 modifica]torno al suo collo, un altro bidello dava al discepolo il numero di sferzate dal maestro decretate.... a brache calate. Di qui ne venne anche l’altro modo di dire che suona: Chi falla una seconda volta merita un cavallo.

55. Dar un cavallo colle stadere.

Castigar con giustizia.

56. Das Pferd muss im Stalle gehalten werden wie das Auge im Kopfe, und so als wenn es eine Million kostete, dagegen muss es so geritten und gebraucht werden als wenn es nicht einen Pfennig werth wäre.

Tolgo questa sentenza dal libro del generale von Schmidt sulla cavalleria tedesca; la sua traduzione letterale è: Il cavallo deve essere curato nella scuderia come l’occhio del capo e come se costasse un milione, per lo contrario deve esser montato come se non valesse un centesimo.

57. Di bue fare un barbero.

Vale d’un da poco, fare un valente.

58. Die Pferde hinter den Wagen spannen.

Proverbio tedesco la cui traduzione letterale significa: Attaccare i cavalli dietro la carrozza; vale il nostro: Attaccare il carro innanzi ai buoi.

50. È caval difficile ad essere ferrato.

In senso figurato significa: è un uomo difficile ad essere persuaso. [p. 117 modifica]


60. È cosa da andar al palio.

È cosa fatto spropositato, stravagante o ridicolo, da farne quasi spettacolo o pompa ponendolo per palio nella corsa dei barberi.

61. Ei me la fa a piedi ed a cavallo.

Significa: egli mi giunta, nai imbroglia, mi canzona, ecc., in tutti i modi.

62. È meglio perder la sella che il cavallo, oppure:

È meglio cader da pie’ che da cavallo, ed anche:

È meglio un cavallo orbo, che scuderia vuota, ed i tedeschi:

Besser ein blindes Pferd, als ein leeres Halfter, ed i latini:

Exhaustum polidrum, malo quam vile capistrum, oppure:

Quam camus cassus, equus est melior mala passus.

Di due mali è meglio scegliere il minore.

Vale a dire, dovendo correre un pericolo è meglio andar incontro al minore anzichè al più grande, e che piuttosto di aver la briglia vuota è meglio un cavallo orbo, o vecchio.

63. E caval da ogni stalla e da ogni nolo, ed anche:

È caval da basto e da sella.

Trovo questi due proverbi nel libro di Tommaso Buoni, pubblicato nel 1604: «Questi proverbi — egli dice — spesso udiamo nella [p. 118 modifica]comune favella e usar si sogliono per mostrar la natura di alcuni uomini, i quali poco curanti dei loro onore e della illibatezza della loro vita mettono mano ad ogni più vil negozio spinti dal solo amore del guadagno, voltandosi a destra ed a sinistra all’onorevole ed al contrario.» La similitudine sta in ciò che il cavallo da ogni stalla e da ogni nolo, da basto e da sella è tenuto in poco pregio e come tale si pone indifferentemente a tutti gli usi e si espone a tutti i pericoli per vii guadagno.

64. Esser a cavallo.

Dicesi di chi è alla fine di una impresa difficile, che è cioè oggimai fuori di pericolo ed ha ottenuto quello che bramava. Mea pila est, dicevano i latini.

65. Esser come il cavallo dall’ugna bianca.

Cioè, venir meno al bisogno; ritenendosi che i cavalli dall’unghia bianca sieno difettosi nei piedi.

66. Esser levato a cavallo, oppure:

Lasciarsi levare a cavallo.

Figuratamente vale esser gabbato, lasciarsi gabbare. Il Varchi aggiunge: «Levare a cavallo è dire cose ridicole ed impossibili e voler darle a credere per trarne piacere od utile.» V’è chi dice che la figura è presa da quell’azione plebea, con cui uno che si vuol burlare, è levato da un altro sulle spalle e portato così a cavalcioni. Leopardi scrisse: «Quanti per questa opinione, si son lasciati levar a cavallo.» [p. 119 modifica]

67. Esser male a cavallo.

In senso metaforico, vale esser male in gambe nei propri affari, averli in disordine, esser prossimo a rovina.

68. Esser sopra un caval grosso.

Essere in buono stato; aver vantaggio sopra checchessia.

69. È una sella per tutti i cavalli.

Dicesi di donna pubblica.

70. È un cavallo vecchio.

Si dice di uno che dopo una splendida giovinezza, giace in vecchiaia, negletto, ozioso ed avvilito.

71. Far d’una pulce un cavallo.

Esagerare un fatto; ad un avvenimento di poca importanza dare un gran peso.

72. Fare cavalli.

Soldar gente a cavallo. In termine militare cavalli, si prende per soldati a cavallo.

73. Far come il cavallo da carretta.

Metafora presa dal cavallo del vetturale o del carrettiere che ha legato al capo il sacco della biada, o del fieno, e vi dà dentro con tutto il suo comodo. Significa pigliarsi poca cura del presente e nessuno dell’avvenire. [p. 120 modifica]

74. Fare il latino a cavallo.

Ridursi a far una cosa per forza e contro il proprio genio.

75. Fare la cavalletta.

Significa sbalzare, levar altri da un posto con segreti inganni e all’improvviso. La similitudine è tratta dal cavallo, che preso da ghiribizzo, vi sbalza di sella.

76. Il cavallo che non ha posto in scuderia, se lo fa, ed i francesi per contrario:

En son fumier cheval engraisse, quand il repose à son aise.

Questo è un precetto di grandissima importanza. Se in una scuderia si mette un numero di cavalli superiore alla sua capacità, per modo che essi non abbiano posto, cioè che non possano muoversi liberamente, riposarsi, coricarsi, ben presto si svilupperanno tali e sì gravi malattie da determinare la morte di non pochi di essi; e così si fa il posto a quelli che rimangono! Meglio correre il rischio di veder i cavalli trarsi dei calci, perchè possono liberamente voltarsi le groppe gli uni agli altri, piuttosto che tenerli serrati nelle scuderie. Di tutti i mali, questo è il peggiore ed il più grave, e l’esperienza di molti anni lo ha provato. Se invece il cavallo può riposare a suo bell’agio, si conserva sano ed arrotondisce le sue forme, come appunto afferma il proverbio francese.

77. I cavalli si pigliano con la briglia e gli uomini con le parole.

I cavalli si pigliano, cioè si governano e dirigono colla briglia; gli uomini bene spesso si [p. 121 modifica]lasciano guidare ed anche ingannare dalle parole.

78. I danari fan correre i cavalli, ed anche:

Danari pagano e cavalli trottano.

Si usa figuratamente per indicare che chi ha danari ha modo a tutto; che chi è pagato, è al servizio altrui; che i quattrini domandano il lavoro. Vale quanto il francese: L’argent fait tout.

79. Il cavallo vuol arare ed il bue vuol portare, ed i latini:

Optat ephippia bos piger, optat arare caballus.

Cioè, chi non ha voglia di lavorare, cerca di far mestiere non suo, abbenchè non ne abbia le attitudini.

80. Il cavallo fa andare la sferza.

Vale a dire la cosa cammina a rovescio.

81. Il est bon cheval de trompette.

Si dice di chi non teme nè gli schiamazzi, nè le minaccie.

82. Il male viene a cavallo e se ne va a piedi, ed anche:

Ad assalirci il mal vien di galoppo
Ma tardi parte e d’ambi i piedi è zoppo,

ed i tedeschi:

Krankheit kommt zu Pierde, und geht zu Fusse weg.

Vale l’altro proverbio: Il male viene a staia [p. 122 modifica]e se ne va a oncie; si fa presto a buscarsi un malanno, ma a guarirne ci vuol tempo e talvolta molto lungo.

83. Imbrigliar il cavallo per la coda.

Cioè far le cose a rovescio.

84. In mancanza di cavalli, gli asini trottano, ed i tedeschi:

Fehlt’s an Pferden, reitet man Esel, oppure:

Traben die Esel.

In mancanza del meglio bisogna appigliarsi al meno buono, sia che si tratti di uomini o di cose.

85. Il terreno non arato,
     Il vigneto non vangato.
     Il caval non pascolato,
     Son tre cose da spiantato.

Chi si mostra tanto negligente e poltrone da trascurare il governo di queste tre cose, come è indicato dal proverbio, non può a meno di andare in rovina.

86. Lasciar il trotto per l’ambiatura.

Significa ironicamente lasciar l'ottimo per il meglio e poi perdere l’uno e l’altro, il che vuol dire mandare a male un’impresa. Il Boccaccio nel Decamerone fa dire da Bruno a Buffalmacco....«e la pietra (la famosa pietra elitropia) potrebbe venire alle mani dei contadini e noi avremmo perduto il trotto per l’ambiatura». Ambiatura od ambio (vedasi il proverbio: Il puledro non va [p. 123 modifica]all’ambio se la cavalla non trotta) è un’andatura del cavallo, asino o mulo, a passi corti e veloci mossi in contrattempo.

87. La superbia andò a cavallo e tornò a piedi, oppure:

Quando la superbia galoppa, la vergogna siede in groppa.

Proverbio questo molto istruttivo, e che dovrebbe ammonire certi individui troppo altezzosi e superbi.

88. Meritar un cavallo.

Dicesi di chi ha fatto qualche errore, o si è portato male in alcuna cosa, epperò si merita un castigo.

89. Metter l’asino a cavallo.

Mettere cosa vile sopra cosa di pregio. Il Giusti disse: «Il Congresso di Lucca fu piccino, ma bonino. Certo, scegliere una città così piccola per un’adunanza tanto solenne è stato mettere l’asino a cavallo.» Significa ancora come male si aggiunga e si unisca una cosa ad un’altra cui non si addice affatto.

90. Montar sul caval matto.

Entrar in collera, in bestia, in furia, ecc.

91. Mostrar ad uno che il suo cavallo non è che una bestia.

Far conoscere ad uno la sua ignoranza. [p. 124 modifica]

92. Nè cavalli, nè giardini non sono pei poverini.

Tanto per tener i cavalli, quanto per tener giardini devonsi spendere dei danari, e quindi non son cose che s’addicano ai poveri che difettano di pecunia.

93. Non è cavallo da star al balcone.

Perchè ha il capo grosso e pesante.

94. Non esser nè a piedi, nè a cavallo.

Si dice di chi vive nell’incertezza di ottenere o non, quel che desidera e si rapporta spesso all’impotenza ed incapacità di chi fiaccamente si adopera a conseguire l’intento.

95. Non legar l’asino col cavallo.

Non mettere assieme cose disparate, di diversa natura e condizione.

96. Non serve zuffolare se il cavallo non vuol bere.

È inutile affaticarsi in checchessia contro la volontà e inclinazione di quello da cui dipende la cosa in questione.

97. Offesa a cavallo, offesa a Dio.

Che il cavallo sia un animale intelligente, è innegabile; ed il proverbio colla parola offesa, riconosce appunto nel cavallo attitudine a ricevere e sentire le esterne impressioni come essere intelligente. Il perfetto cavaliere deve perciò trattarlo non come cosa, ma come un amico da [p. 125 modifica]cui può aspettarsi molti utilissimi servizi; la morale, la ragione e la religione stessa ci insegnano che non si devono usare maltrattamenti colle bestie. Quindi offendere un essere creato perchè è una bestia, e far offesa a Dio.

98. Parola detta, cento cavalli non la tirano più indietro.

Grave è la sentenza racchiusa in queste parole; esse ci ammoniscono che bisogna andar cauti nel parlare, perchè la parola detta, o data non si può più ritrarre.

99. Passare per bardotto.

Bardotto dicesi il frutto dell’accoppiamento del cavallo coll’asina, e differisce per conseguenza dal mulo, che è figlio dell'asino e della cavalla. I prodotti ibridi tengono più della madre che del padre, epperò il bardotto ha più rassomiglianza coll'asino. Rari però sono i bardotti e poco conosciuti.

Passare per bardotto, dicesi di chi ad una cena, ad un desinare non paga la sua parte. Sgattoiarsela alla meglio.

100. Per ogni cosa esser a cavallo.

Esser parato a tutto.

101. Piccolo al ballo, grande a cavallo.

L’uomo di bassa statura fa bella mostra di sè al ballo e quello di alta statura è più brillante quando è a cavallo; viceversa, cioè, l'uomo piccolo a cavallo, ed il grande al ballo non figurano molto. [p. 126 modifica]

102. Più corre avventura che non cavallo o mula.

Purtroppo le notizie delle avventure, specialmente le cattive, corrono spedite nel dominio del pubblico assai più che non se fossero recate di corsa con un buon destriero.

103. Più presto che di galoppo.

Cioè velocissimamente.

104. Portar uno a cavallo.

In senso figurato vale allegerirgli la noia di chicchessia e particolarmente del cammino.

105. Quando il fabbro vede un cavallo, pensa subito a ferrarlo.

È difficile che un maniscalco che vede per la prima volta un cavallo, non vi dichiari subito che è mal ferrato, che ha urgente bisogno di correzione e non tenti di persuadervi che se non lo farete ferrare al più presto, il vostro cavallo è rovinato.

106. Quando si crede di esser a cavallo si è neanche a piedi.

Trovarsi colle mani piene di vento.

107. Quando si è in sella è facile il cavalcare.

Il principe Bismark fece un’applicazione felice di questo proverbio nel 1867, quando disse nel parlamento tedesco: «Lavoriam prestamente; mettiamo in sella l’Allemagna, e la vedrete poi [p. 127 modifica]cavalcare.» E infatti dopo aver cavalcato l’Austria, cavalcò la Francia, ma aveva un buon cavalcatore, mentre la nostra Italia, dopo la morte di Cavour, non ha più chi inforchi i suoi arcioni.

108. Quando uno ha la sella, gli manca il cavallo e quando ha il cavallo, gli manca la sella.

Modo di dire usato per significare che non si possono veder sempre tutti i propri desideri soddisfatti.

109. Rimetter uno a cavallo.

Rimetterlo in buono stato.

110. Rodere il freno.

È traslato dai cavalli; e non sono pochi i traslati che la nostra lingua prende dai cavalli e dagli asini. Un inferiore che pena ad inghiottire un affronto, ma non può vendicarsene, è costretto a rodere il freno; ma rodono il freno anche i superiori talvolta, ed il freno loro è più duro a rodere.

111. Ruzzare in briglia, o scherzare in briglia.

Si dice di chi ha ogni ben di Dio e pur si duole della fortuna; e si dice anche di uno che stia allegramente scherzando, senza considerare che è in grave pericolo, ed in misera condizione.

112. Saper da che pie’ il cavallo zoppica.

Conoscer quali siano le tendenze, le aspirazioni, le debolezze di alcuno per approfittarne. [p. 128 modifica]

113. Sella per ogni cavallo.

Si dice d’una cosa die può servire a vari usi, in varie occasioni, come di certi discorsi generici, di certi luoghi conmuni, ecc.

114. Seminar fave a cavallo.

Far cosa inutile, perdendo il tempo e l’opera; vale quanto il Seminar nella rena.

115. Servir uno con arme e con cavallo.

L’arme ed il cavallo sono le cose più necessarie nella guerra, e le più preziose per un soldato; epperò in senso figurato il proverbio significa servir uno come meglio è in nostro potere.

116. Spesso quando si ha il cavallo manca la sella.

Vuol farci intendere che non si può sempre avere tutto quel che si desidera, e che quando si ha una cosa ne manca un’altra non meno utile.

117. Star meglio a tavola che a cavallo.

Si dice di un ghiottone, di un buono a nulla.

118. Tener in briglia.

Frenare, e dicesi tener in briglia la lingua, per trattenerla sì che non trascorra a dir male d’alcuno.

119. Tirar la briglia.

Usar rigore. [p. 129 modifica]

120. Tornare in sella, oppure:

Riporsi in sella.

Qual gioia più sentita di quella che prova un cavaliere che sbalzato di sella può subito risalire a cavallo! È alludendo ad essa che si formò questo modo di dire, il quale significa tornare nel benessere, e si applica specialmente a quegli uomini usi ai traffici, i quali perduto ogni avere, per benignità di circostanze, poterono tornare in florido stato.

121. Tre cose sono da infrenare: cavallo, amore ed ira.

Chi non sa frenare i suoi appetiti, le sue passioni, corre gli stessi pericoli di chi cavalca un cavallo sfrenato.

122. Tre siepi dura un cane, tre cani dura un cavallo, tre cavalli dura un uomo e tre uomini dura un corvo, ed i veneti dicono:

Cavai, p.... e persegar (pesco) trent’ani no i poi durar.

Si riferisce alla durata della vita delle bestie e dell’uomo. Una siepe fatta di vimini, o di sterpi tagliati (non siepe viva che dura assai più a lungo) dopo tre anni va rinnovata. Un cane vive la durata di 3 siepi; un cavallo 27 anni circa, cioè la vita di 3 cani; un uomo la vita di 3 cavalli circa; un corvo la vita di tre uomini.

123. Una parola dolce tira più di quattro cavalli.

Vale l’altro proverbio: Si pigliano più mosche con un po' di miele, che non con un barile di aceto. [p. 130 modifica]

124. Uno sella il cavallo e l’altro lo inforca.

In senso figurato, vale a significare che non quegli che lavora gode il frutto dell’opera sua; uno fatica e l’altro gode delle fatiche altrui.

Troppe considerazioni morali si potrebbero fare sul significato di questo proverbio, tanto più oggidì che il socialismo va pigliando tanto piede.

125. Vien asino di monte e caccia il caval di corte, oppure:

Vien l’asino di montagna e caccia il caval di stalla.

Questi due proverbi tendono a dichiararci che l’allevamento stallino è meno adatto del brado a sviluppare nei cavalli quelle qualità di cui devono essere dotati. Stando a questi proverbi, vale più un asino usato a vita libera, che non un cavallo nato ed allevato con ogni cura nella stalla. Inoltre essi ci dicono ancora che giova immensamente allo sviluppo del corpo, alla sodezza e buona conformazione degli arti e dei piedi l’allevamento brado in montagna.