Atto V

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Kālidāsa - Vicramorvasi (Antichità)
Traduzione dal sanscrito di Francesco Cimmino (1890)
Atto V
Atto IV Indice dei principali nomi indiani

[p. 65 modifica]ATTO V. (Entra fatante Mandvaeo). Manàvaco. Qual fortuna I II mìo sire nella reggia sen viene In compagnia d’Urvàsi, dopo chc fra le amene Plaghe del bosco Nàndano visse a lungo in diletto. Ed, intanto, per rendersi presso i sudditi accetto, È dover che il governo finalmente ei ripigli; E pure al pio sovrano — tranne il non aver figli — Non resta alcuna cosa di che s'abbia a lagnare ! Or che il giorno ricorre della festa lunare, Dopo essersi tuffato nella sacra corrente Del Gange e nella limpida Yamùna, immantinente Alla reggia è tornato: già, con unguenti ha cura Di profumar le membra.... n’andrò da lui... (Voce dalla scena) u Sciagura ! Quel rubino fiammante che ascoso nel fogliame Fu di rosei convolvoli, che — secondo le brame Del sire avrìa dovuto splendere sul suo serto — Da un avido avvoltoio subito fu scoperto E preso, chi l’augello suo cibo volle farne Avendolo scambiato con un brano di carne! » Manàvaco. Questa si ch’è sciagura ! Sommamente diletta £ al mio nobile amico cotesta gemma detta Dell’unione : or senza compire il consueto Abbigliamento, il sire si leva dal tappeto E qui corre alPistante. Su, vado alla sua volta Per cucirmi a’ suoi fianchi.... Pururàvasa. Qjiì, qui, Reciàco, ascolta... (finisce l’introduzione) 9 [p. 66 modifica]66 VICRAMÒRVASI. — ATTO V. (entra il re, l'auriga, il ciambellano, ReCLÀCO, il corteggio). Pururàvasa. Su, dov’ò quel rapace? Egli stesso Della morte il supplizio s’impone, Ei che un furto si vile ha commesso Del signor nell’eccelsa magione. Reciàco. Con la gemma che fulgida Pende dal rostro adunco ci baldo incede; Ed ecco alfin qui l’aere Tutta all’intorno rosseggiar si vede! Pururàvasa. Egli in rapidi giri intorno scuote Qual aurea striscia il fulgido rubino; E accelerando più l’agili ruote Segna di foco un cerchio a sè vicino. Come acceso carbon se iu giro è mosso Che stende in aria come un cerchio rosso. Che v’è da far? Per lui pioti non v’è: Sia punito il colpevole! Ben dici! L’arco, a me! Comanda, o sir Si vede ancor quel tristo? Oh si; verso la plaga Di mezzogiorno or volgere l’ho visto. Con la gemma che risplende D’un purissimo fulgore, Chc nelParia al sol s’accende Qual d’asòca un rosso fiore, Ei d'un bel vermiglio adorno Rende il cielo a mezzogiorno. [una del seguito entra con l’arco in mano] Ancella. Ecco l’arco, o signore. Purukàvasa. Si, l’arco ; ma a che giova Se fuor di tiro il perfido si trova? Gii il rubino da lungi nell’etra Presso al fosco avvoltoio sfavilla, Come all’orlo di nuvola tetra Lohitàngo il bell’astro scintilla. Nobil Talavio Ciambellano. Sire, Son pronto a’ tuoi comandi. Paruràvasa. Orbene, io voglio — S’annunzi a’ cittadini in nome mio — Manàvaco. Pururàvasa. ( Uno del seguito'). Pururàvasa. Manàvàco. PururÀV. (guardandolo). VICRAMÒRVASI. — [p. 67 modifica]ATTO V. 67 Ciambellano. Manàvaco. Pururàvasa. Ciambellano (rientrando) Pururàvasa. Reciàco. Pururàvasa. CiamBELL. (osservando). Pururàvasa. Ciambellano. Pururàvasa. Ciambellano. Chc dal notturno nido ove s’asconde Li, dell’albero in cima. Quell’uccello ribaldo a me sia tratto. Quel che vuoi sari fatto. Affidati ; chi, ovunque Voli il tristo di gemme rapitore, No, non potria scampar dal tuo furore. No, della gemma dall’augel ritolta La vaghezza io non pregio ed il valore: Io bramo quel rubin chc un’altra volta M’ha stretto insieme al mio soave amorei Evviva, evviva il sire I « Compito il rio delitto L’augel di morte degno, In mezzo al ciel trafitto Dai colpi del tuo sdegno, Qui cadde, a noi dappresso; E dal suo rostro aperto Caduta è al tempo stesso La gemma del tuo serto. 11 Ed or che l’ho forbita A chi vuoi darla? All’altro gemme unita Va, serbala, Reciico. A’ tuoi comandi, o sire, (via) Senti, Talavio, mi sapresti dire Di chi sia quella freccia? V’è certo un nome impresso, Ma di sccrnerlo, inver, non m’è concesso. Orsù, recami il dardo, Vogl’io quel nome indovinar Chc dunque Tu vi scorgi, o signor? M’odi, Talavio; Ho Ietto il nome dell’arcier T'ascolto. Pururàvasa (leggendo). « Questo che ratto a struggere Ogn’inimico vale, Questo è l’acuto strale D’Ajùso giovinetto, D’Urvisi e Pururdvasa Figlio, ed arcier perfetto ». Manàvaco. Ben m’allegro con te d’un tal figliuolo ! [p. 68 modifica]68 VICRAMÒRVASI. — ATTO V. Pururàvasa. Manàvaco. Pururàvasa. Manàvaco. Pururàvasa. Manàvaco. ClAMBELL. (mirando). Pururàvasa Manàvaco. Pururàvasa. Ma, come avvien? Chi, se ne togli solo Le feste di Naimisa, ognor restai, Ognor, daccanto alla leggiadra Urvàsi j Ni in alcun tempo mai Col seno oppresso dal crescente germe La vaga ninfa ho scorto; Un si prode figliuol donde m’è sorto? Forse chc in brevi di quel corpo, stanco. Si rilassò qual pindula cintura? E come fiore di Lavàlia bianco, Pallida diventò la sua figura? Ed apparvero insicm sul seno adorno Pallide ruote a le mammelle intorno? L'opre d’Urvàsi, agli occhi tuoi nascoste Dal sovrumati potere, Esser non dènno poste Dell’opre a par di femmina mortale. Si, comprendo, sia pur; ma, dimmi, quale È la cagion di farmene un mistero? « Or chc gli ho dato un figlio, Ei me — qual vecchia — spregerà, per certo ! » Avrà detto la ninfa in gran pensiero. Via, da banda le ciarle, e tai sccicti E meglio meditar Ma chi può mai A mistero divin drizzar la mente? Vittoria al re, vittoria I Sire, una penitente Dall’eremo di Ciivano qui giunta, Insieme a un giovinetto. Or domanda venirne al tuo cospetto. Vengano entrambi senz'indugio [// Ciambellano esce; poi rientra con la penitente Sa* tiavati ed il giovane AjùsJ. Oh certo! Il giovin Csitrio è quello, Di cui, sovra il quadrello Chc il vùlture colpi, leggemmo il nome! Somiglia al sire ! É pur cosi, ma come? Mirando quel garzon chc s'avvicina Sento chc l’occhio già di pianto ho pieno; Sento chc il core a tenerezza inclina, E chc l'animo mio divieti sereno; Ni l’usata fierezza in me s'ostiaa VICRAMÒRVASI. — [p. 69 modifica]ATTO V. Mentre palpiti ardenti io provo in seno; E di stringerlo forte io già desio In un tenero abbraccio al petto mio. (avvicinandoti) Augusta, io ti saluto! Satiavàti Della stirpe lunare Tu sempre, o mio gran re, tu sii sostegno! * (a sè) Già — senz’averne alcun indizio — pare Che del suo sangue un nobile rampollo . Egli abbia nel garzon riconosciuto. (ad alta voce, ad Ajùs) Egli è tuo padre; a lui volgi un saluto ! [Ajus, congiungendo le mani alla fronte, t’inchina al padre che ha gli occhi pieni dì lagrime']. Pururàvasa. Vivi tu lungamente, o figlio mio I AjÙS (abbracciandolo,] tra ti) Pururàvasa. Satiavàti. Pururàvasa. Satiavàti. Pururàvasa. Satiavàti. Pururàvasa. Satiavàti. Pururàvasa. « Egli è tuo padre ! » Quella pia m’ha detto, Ed io — suo figlio — sou di gaudio pieno; Qual mai di quelli non sarà l’affetto Che vivon sempre alla famiglia in seno? Perchè tu, diva, sei fin qui venuta? Ascoltami, o signor; questo garzone Fu, nato appena, al mio poter commesso, Nè so per qual cagione. Dopo alcun tempo, in tutto Opel che s’addice a Csàtri, e in tutto il resto Dal venerando Ciàvano fu istrutto; Appresa ogni dottrina, A tirar l’arco s’addcstró ben presto-... Si ch’era in buone mani Pur oggi, essendo andato Insicm ad altri di quell'crmo istesso A coglier fiori, c frutta, c legna, ed erbe, Ha il figlio tuo commesso Fallo chc mal s’addice Degli asceti dell’ermo al pio contegno. Chc fece mai? Fè segno Della sua freccia un vùlture rapace, Chc di carne un brandello avea nel rostro, E s’era in sulla cima D’un albero dell’eremo posato Orsù, mi narra; e dopo? Poiché l’evento a Ciàvano fu noto, Ei m’ordinò a tal uopo Di ricondurre a Urvàsi il giovinetto ; E per vederla or venni al tuo cospetto. T’assidi... (l’adagiano sopra un sedile recato dai domestici), Urvàsi, intanto, [p. 70 modifica]7° VICRAMÒRVASI. — ATTO V. Nobil Talavio, avvisa (Talavio esce) E tu vieni, o figliuolo, a me daccanto ! Vieni: l’amplesso del figliuolo amato Tutte le fibre accende al genitore! Vieni, t’affretta a rendermi beato, Qni piagati, o figliuol, sovra il mio core, Qual si piega la luna a carezzare Le cristalline gemme a lei più care! Satiavàti (ad Ajùs). Il padre tuo carezza (il giovinetto ti appretta al re). Purur. (abbracciandolo). Sii pur cortese verso il buon Bramano Cli’c a me compagno fido Orben, che temi? All’eremo dintorno Pur vi sarà di scimmie qualche covo Signore, io vi saluto. Sii sempre lieto c sempre il benvenuto! (entrano il Di qua, di qua, signora... [Ciambellano e Urvàsi) Chi è quel garzon, là, — presso L’aureo soglio — cui stringe il sir le chiome ? Oli! non m’inganno: è desso! Con Satiavàti il figlio mio diletto! Oh meraviglia! Oh come Ei, si tosto, divenne un giovinetto ? Purur. (osservando). Qui venendo la mamma ha il guardo avvinto, O mio fanciullo, al tuo leggiadro aspetto, Mentre sul sen le s’agita respinto 11 vel dall’onda del novello affetto. Manàvaco. AjÙS (ridendo). Manàvaco. Ciambellano. Urvàsi. Satiavàti (ad Ajùs). Vieni incontro alla mamma.. Urvàsi. Satiavàti. Ajùs. Urvàsi. Pururàvasa. Satiavàti. [indi col fanciullo t’appretta ad Urvàsi] Io, qui, prostrata Sono al tuo piede, augusta! Tu da! tuo sposo ognor sii venerata! Madre, m’inchino a te ! Sii la gloria del padre ! Evviva il re ! E sii tu pur la benvenuta ! Siedi, (tutti siedono) Ecco, alfine tu vedi Che il tuo figliuol d’ogni bcU’aite esperto, Di cingere corazza 6 in grado ornai; Sccura, a me tu l’aifidasti un giorno, Ed or di Pururàvasa al cospetto Alle tue cure il tuo figliuol commetto: Or bramo indi ritrarmi. Chi il mio dover d’asceta Qui ancora a lungo d’indugiar mi vieta. VIC [p. 71 modifica]RAMÒRVASI. — ATTO V. 71 Urvàsi. Pururàvasa. Satiavàti. Ajùs. Pururàvasa. Satiavàti. Ajùs. Or che ti vedo, poi chc lungamente Fosti da me lontana, Di doverti lasciar son ben dolente ! Però non vo’ che al sacro tuo dovere, O donna veneranda, ancor sii tolta; Vanne pur, se t’aggrada, Ma fa ch'io ti riveda un’altra volta ! Reca l’ossequio, o pia, A Ciàvano gentil da parte mia. T’obbedisco Ma come? Egli è ver che tu parti ? Dì condurmi con te vorrai degnarti Ah no, noi puoi, figliuolo : In sino ad ora un solo Dei braminici gradi hai tu raggiunto; Però da questo punto Dèi conseguirne un altro. O mio garzone, Attendi a quel chc il gcnitor t'impone. Ma almcn, dal collo ceralo Quel bel pavon mi manda. Che con le pinmc all’acre Par che un ventaglio spanda. Che, col gentil solletico Dell’irto suo ciuffctto, Sovra il mio sen posandosi Prender solea diletto. Satiavàti, Urvàsi. Pururàvasa. Satiavàti. Pururàv. (ai Urvàsi). Manàvaco. L’avrai Nobil signora, Mi prostro a’ piedi tuoi! M’inchino a te! Salute a tutti voi ! [Satiavàti va via] Pel tuo leggiadro figlio in questo giorno Non son trai padri forse il più beato ? Com’Indra chc le rocche abbatte intorno E per Giaiànte, a lui da Sàci nato ! Ben tu dicesti, amico! Ma la leggiadra Urvàsi Perchè il suo volto inonda già di pianto? Pururàvasa. Or che alfin nel figlio affermasi La mia stirpe gloriosa, Urvàs [p. 72 modifica]i. Pururàvasa. Urvàsi. Pururàvasa. Urvàsi. Tutti. Ciambellano. Manàvaco. Pururàvasa. VICRAMÒRVASI. — ATTO V. Tu, mcntr’io di gaudio sfolgoro, Versi lagrime, o vezzosa : Versi lagrime, e, a vederle Sul tuo sen dall'ansia oppresso, Par che offuschino il riflesso Del moni! de le tue perle. Ascolta, o sir; poc’anzi, qui presente Il mio figliuolo ho visto; E pel gaudio repente S’i ravvivato il cor; ma poi, sentendo o Indra » da te, pur nominar poc’anzi, Al pcnsicr mi ritorna un suo decreto.... Ma, parla adunque O mio buon sire, ascolta : Poscia chc il cor mi fu da tc rapito, Dal mio maestro Birata, una volta. Fui maledetta, o re; mi volle allora Indra dal ciel bandir, ma fece in pria Un suo decreto Parla, orsù, chc disse? Ascoltami, o gran sire; egli soggiunse: « Allor chc il re, l’amico mio diletto, D’un suo figliuolo, nato Da te, vedrà l’aspetto, A me dappresso ritornar dovrai I » Ahimè! che far potea? Per non esser d’allora a te ritolta, Qui, teco a lungo di restar cercai, Affidando il bambino All’alma Satiavàti, a lei ch’è sempre Al venerando Ciàvano dappresso Nella selva romita. Ora chc il tuo figliuolo è in grado alfine D’accrescer sempre del tuo nome il vanto, Ora che a me ritorna, Di, potrò star più in pace a te daccanto ? («/ re caie simulo) Consòlati, o signore Dàtti pace, fa cuore Che veggio, ahimè ! Qpal sacrilegio è questo ? Oh qual evento al mio desir funesto ! Or chc, bella, con te dall’agil viti Il mio figliuol riebbi ad un istante, M’è venuto a colpir la tua partiti, Come colpisce fòlgore fiammante L’arbor cui prima dall'ardor solare Valse un provvido nembo a riparare. VIC [p. 73 modifica]RAMÒRVASI. — ATTO V. 73 Manàvaco. Urvàsi. Pururàvasa. Ajùs. Pururàvasa. Ciambellano. Pururàvasa. Purur. (guardando in] aria). Congiunte insiem son triste e lieta sorte I Pur, del re degli Dei segui il volere. Oh me infelice ! Oh morte ! Appena il figlio mio Qui cosi prode ritornar ved’ io Alili sono in Ciclo a ritornar costretta! Tu mi darai licenza Ah no, diletta! Non dir chc di lasciarti io m’accontenti; , Chfc Tesser schiavo dell’altrui potere Fa si chc ognuno i suoi desiri annienti, Dunque, del tuo signor segui il volere; Ma re quest’oggi il mio figliuol diventi : H mentre al regno ei volgerà il pcnsiere, 10 mi trarrò, solingo, al bosco in seno D'agili torme di gazzelle pieno ! Non voler, padre, ad un torello imporre Un giogo, che sul collo D’esperto bue s’impone. Non c cosi, figliuolo I Fra gli altri eletto il giovine elefante, Tien, più chc un vecchio, i suoi soggetti in freno; E più vivo talor, più penetrante Di tenerella biscia è il reo veleno ; Avvien cosi del giovine regnante Che a custodir sue terre attende appieno: Del governo ci fa nell’ardua cura Esperti non l’età, ma la natura. Nobil Talavio Sire, Io sono al tuo comando. Tosto al Regio Consiglio or vanne a dire Ch’io vo* che il mio figliuol sia consacrato (i7 Ciambellano con tritila va via ; tuttiin atto di sconforto) Da chi viene un tal lampo ? (osservando distintamente) Nirado Venerando! Qual lidia pietra di lontan s’accende 11 ciuffo di sue chiome in oro tinto ; Ha da candide intorno aurate bende Qual da raggi lunari il corpo avvinto ; Fulgor di giovinezza in lui risplende Che par di fiori e vaghi frutti cinto; Che par di Cilpa un ramo d’oro adorno Chc i suoi novi germogli àgiti intorno. Presto, il dono ospitale! io [p. 74 modifica]74 VICRAMÒRVASI, — ATTO V. Urvasi. È pronta l’Arga (presentando il dono ospitaie). Nàrado (entrando). Sia sempre vincitore Del medio mondo l’almo protettore! Pururàvasa. Salute, o venerando ! Urvàsi. A te m’inchino, Nàrado. L’una e l’altra, vivete, ognor vicino! Purur. (ad Urvàsi). Si fosse invcr ! (ad alta voce) D’Urvàsi mia diletta Il figlio a tc si prostra Nàrado. A lungo ci viva ! Pururàvasa. T’assidi a me dappresso, (indi in alto rispettoso) A intrattenerti meco, Di, qual cagione, o Nàrado, t’adduce? Nàrado. D’Indra un messaggio io reco. Pururàvasa. Pronto ad udirlo io son. Nàrado. Dunque, m’iscolta: Indra ch't ognor col suo potere intento A scoprire ogni evento, Fra l’altre cose il tuo proposto appreso D’entrar nella foresta, Or ti fa dire: Pururàvasa. Su, chc mai comanda? Nàrado. < Un orribil certame, o re, s’appresta — Come fu dai veggenti Dei tre mondi avvisato — Fra gli Asari e gli Dei ; prode alleato Tn l’armi invitte non dovrai deporto; £ fin quando avrai vita, Urvàsi qual legittima Sposa avrai teco, o mio signore, unita ! » Urvàsi. Finalmente una spina Mi s’è tratta dal cuore! Pururàvasa. Dal sommo dio pur sommo ebbi un fivorc ! Nàrado. Se in ogn’opra il dio t’aita, Va, palesa il tuo valore. In oprar ciò ch’egli vuole: E cosi con pari ardore Sempre al foco il sol dà vita, Ed il foco avviva il sole. Purur. (guardando »/] Qui, RAmba, orsù, col consueto rito cielo). Ogni cosa s’appresti, Per consacrare il baldo giovinetto. RÀMBA (entrando). Gli apparecchi son questi Pel sacro rito, o sire..... Nàrado. Sovra il trono seduto, Prence di lunga età, vogl’io mirarti. (RAmba fa sedere il principe Ajùs) O prence, io ti salato! VICRAMÒRVASI. — [p. 75 modifica]ATTO V. 75 Pururàvasa. Urvàsi. Ràmba. Urvàsi. Pururàvasa. Nàrado Pururàvasa. N ÀR ADO. Pururàvasa. Vieni, o figlio, ad accrescere , L’eletta stirpe mia! Del padre il detto a te propizio sia ! (dotta scena dot cantori divini) * , » 1° Come il divino asceta Atri immortale % Simigliarne divenne al creatore, E Luno ad Atri, e Buda a Luno eguale, E Buda infine al nostro pio signore, Tu, per la tua virtù che ognor prevale. Tu rassomigli in tutto al genitore: E in tc raggiunge la tua schiatta pia Il sommo d’ogni ben chc il ciclo invia! 2° O nobil prence, al genitor risale Ed 6 col suo congiunto il tuo valore: Ed ora in te costante, in te leale, Vie più si svolge c più s’acquista onore; Ed ecco alfin la maestà regale Per te s’accresce di sovran fulgore, Come arricchito d'onde avvien che sia Dall’Imavàntc il Gange per la via! Brava l’amica mia! Ella ha visto non solo Consacrare qual prence il suo figliuolo, Ma più dal suo consorte Non deve andar lontano. Comune a tutti il nostro gaudio sia ! (prendendo il garzone per mano) Vieni; c la tua maggiore Madre, o diletto, a salutar ne vieni. Or tutti insicm n’andremo al suo cospetto. Allo splendor di cosi lieto evento Che Ajùso addita a succcssor del padre, Del giovin Mahaséno io mi rammento Quand’ Indra il fc' signor de le sue squadre ! Mi favori ben Indra ! Dimmi, chc brami più dal mio signore? Vo’, se gli aggrada, un ultimo favore : Fra due beni che son tra lor diversi Un mirabile accordo alfin vi sial Se mai congiunti non potean vedersi, VICRAMÒRVASI. [p. 76 modifica]— ATTO V. Or si vegga» Fortuna e Poesia! Possa vincere ognuno i casi avversi Iìd abbia insieme quel chc più desia! Tutti abbian parte a fortunati eventi, E In ogni loco vivano contenti ! {coti vanno via tulli). (Finisce il $° atto del Vicramòrvasi di Calidasa)