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66 VICRAMÒRVASI. — ATTO V. (entra il re, l'auriga, il ciambellano, ReCLÀCO, il corteggio). Pururàvasa. Su, dov’ò quel rapace? Egli stesso Della morte il supplizio s’impone, Ei che un furto si vile ha commesso Del signor nell’eccelsa magione. Reciàco. Con la gemma che fulgida Pende dal rostro adunco ci baldo incede; Ed ecco alfin qui l’aere Tutta all’intorno rosseggiar si vede! Pururàvasa. Egli in rapidi giri intorno scuote Qual aurea striscia il fulgido rubino; E accelerando più l’agili ruote Segna di foco un cerchio a sè vicino. Come acceso carbon se iu giro è mosso Che stende in aria come un cerchio rosso. Che v’è da far? Per lui pioti non v’è: Sia punito il colpevole! Ben dici! L’arco, a me! Comanda, o sir Si vede ancor quel tristo? Oh si; verso la plaga Di mezzogiorno or volgere l’ho visto. Con la gemma che risplende D’un purissimo fulgore, Chc nelParia al sol s’accende Qual d’asòca un rosso fiore, Ei d'un bel vermiglio adorno Rende il cielo a mezzogiorno. [una del seguito entra con l’arco in mano] Ancella. Ecco l’arco, o signore. Purukàvasa. Si, l’arco ; ma a che giova Se fuor di tiro il perfido si trova? Gii il rubino da lungi nell’etra Presso al fosco avvoltoio sfavilla, Come all’orlo di nuvola tetra Lohitàngo il bell’astro scintilla. Nobil Talavio Ciambellano. Sire, Son pronto a’ tuoi comandi. Paruràvasa. Orbene, io voglio — S’annunzi a’ cittadini in nome mio — Manàvaco. Pururàvasa. ( Uno del seguito'). Pururàvasa. Manàvàco. PururÀV. (guardandolo). VICRAMÒRVASI. —