Un passo avanti nella cultura femminile/Tesi/III
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III.
In tutta la società latina ebbe la donna a lottare contro quei due formidabili avversarii che furono per lei sempre le dottrine asiatiche e lo scetticismo filosofico ellenico. Indarno perciò la donna di Francia avrebbe invocato le celtiche tradizioni e la apoteosi che del suo sesso aveano fatto le spiritualiste tradizioni druidiche.
La influenza delle idee religiose sulla civile e politica economia delle nazioni avea fatto rinnegare ai popoli celtici e germanici la virtuale supremazia di un sesso sull’altro. La causa prima e necessaria di tutte le cose, per essi personificata nei due principii maschio e femmina, Teut e This, il primo Spirito della vita, e l’altra Virtù informatrice, facea sì che confondessero nel medesimo culto due Enti riputati eguali in virtù. Ma il cristianesimo, che venuto dall’Oriente (e degenerato ben presto nelle mani di continuatori che tutto non aveano compreso il concetto democratico del suo fondatore) avea diffuso in Occidente la scoria locale, portandosi in grembo la libertà e la redenzione per tutti, continuò in taluni paesi ed in altri fece la servitù della donna.
La stessa comunione dei beni, che nei giorni della Gallia barbarica esprimeva la civile eguaglianza dei sessi, ispirata dal pensiero religioso, divenne nei costumi della Francia cattolicizzata l’espressione più ferrea dell’autocrazia maritale eretta in principio; e mentre nella Gallia antica, come nella Germania, la venerazione che la donna ispirava come cosa santa e spirituale paralizzava nel costume gli effetti della forza regnante per funesta condizione di tempi, nel mezzo della cattolicità, il discredito portato sulla donna dalle dottrine orientali paralizzava nel costume l’influenza della crescente civiltà dei tempi.
Rovesciati gli altari di This e sfrondati gli alberi delle sue selve, le scoronate sacerdotesse erano espulse dai consigli della nazione, dei quali erano state l’anima e l’adorazione — La donna di Francia, considerata siccome intrusa in ogni serio lavoro, esclusa dal trono, espulsa per organico statuto dalle accademie del suo paese immemore delle tradizioni avite, non conobbe come l’Italiana le cattedre, non si cinse le tempia di arcadici allori, non trovò le penne immortali di un Dante e di un Petrarca che la transumanassero evocando con note divine l’idealismo platonico.
Tuttavia il fiero sangue latino non le si assopì nelle vene.
Bianca di Castiglia, che domava con mano potente la petulanza ecclesiastica; Genoveffa del Brabante, davanti alla cui mistica potenza retrocedeva il colosso barbarico; Giovanna d’Arco, che salvava la Francia dall’anglica invasione; Margherita d’Anjou, che capitanava a mezzo il XIV secolo la fazione della Rosa Rossa con tali prodigi di genio e di valore da essere il miracolo del suo secolo (per tacer di mill’altre che ressero quel paese con vigore e finezza e determinarono od influirono sul suo indirizzo politico) il numero considerevolissimo di salienti individualità da quel paese prodotte in ogni letteraria, artistica, scientifica ed industriale specialità, tutto rivela una lotta potente, assidua, perseverante ed intelligente, contro i principii coalizzati a deprimere la donna — Indarno i massacri di San Bartolomeo, le stragi della Vandea, gli orrori delle dragonnate, e quindi i terrori della Lega Santa, ispirati e presieduti dalla Spagna allora dispotizzante nell’Occidente, tentarono tumulare in Francia, come in tutti i possedimenti degli Habsbourgo, quello slancio riformista al quale prendeva la donna sì larga parte — Ella seppe ardere negli auto-da-fè e morire sotto la spada del dragone pontificio, come seppe altra volta affrontare le fiere digiune e star salda alle freccie degli arcieri numidi.
Se non che la riforma, ch’era stata la prima reazione dello spirito contro la tirannia dogmatica, non giungeva per anco nelle leggi dell’equilibrio a controbilanciare la potenza di quella; epperò ben presto esplose dalla scuola di Ferney quella critica sarcastica, scettica ed immorale, che di fianco al vigoroso e calmo filosofare della Germania e dell’Italia, caduta appena dalle mani maestre del suo trovatore, vestiva le solite leggiere forme dei nostri vicini d’oltr’alpe.
Gli enciclopedisti non giovarono alla donna che indirettamente, abbattendo un dispotismo che si esercitava vigorosamente a di lei spese; ma assorbiti taluni di essi nella grande demolizione, altri dediti corpo ed anima all’epicureismo di La Fontaine, di Molière, di Gassendi e di Montesquieu, continuarono le ingenue tradizioni dell’Oriente, essere l’uomo il solo rappresentante della specie, non essendogli la donna che una amena appendice — Spettava a Beaumarchais ed a Condorcet di applicare pei primi alla donna lo spirito emancipatore di quella filosofia, che minacciava di snaturarsi, facendosi anch’essa monopolio dell’uomo, e ad invocare l’attenzione dei legislatori sulle sue condizioni; e dopo di loro una serie generosa di eloquenti scrittori si fecero campioni della donna, sia posandone apertamente la tesi, sia insinuandola in ogni forma letteraria.
La donna francese non se ne stette passiva ed indifferente nel felice risorgimento. Con madama di Chastelet, madama Graffigny, madama La Fayette, madama Tencin, madama Riccoboni, ella aveva già seguito agli avamposti il movimento filosofico — ella seguì con pari ardore il movimento politico — e le donne della rivoluzione trovarono in Lairtuillier, in Michelet, in Jourdan i loro storici ed i loro apologisti.
Esse avevano sentito che la causa della rivoluzione era la loro, e seguirono con ansia plaudente la voce di Séyés lottante contro Mirabeau nel seno della Costituente per l'eguaglianza civile dei sessi, come doveroso e radicale principio di una legislazione democratica.
Ma quando la dittatura triumvirale sovrappostasi alla Costituente ripiombò la Francia sotto un dispotismo, non da altro distinto dall'antico che per lo scambio degli oggetti e dei soggetti, allora la donna abbandonò la rivoluzione che rinnegava sé stessa e la propria natura — A madama Roland si sostituiva Carlotta Corday — Indarno i misogini francesi accusarono la donna di incoerenza, e vollero vedere in lei degli istinti aristocratici che agirono vivamente a beneficio della Restaurazione. — Essi sanno meglio che tutti che, quando l'irresistibile reazione di tutto un popolo contro le decrepite istituzioni del tempo riesce ad estrinsecarsi ed a formularsi con una evoluzione così formidabile, essa non può sostenersi, se non seguendo scrupolosamente i principii che l'hanno determinata, nei quali soli sta la sua potenza e la sua ragione — La dittatura triumvirale, che monopolizzò la rivoluzione, trovò un dispotismo che monopolizzò lei stessa, usufruttando la stanchezza d’una nazione ebbra dei proprii eccessi.
Ma le donne intelligenti che avevano ripudiato il dispotismo dittatorio non erano però riconciliate coi suoi fratelli primogeniti, il dispotismo sacerdotale ed il monarchico — Ognuno sa come la baronessa di Staél non cessò, anche sotto l'impero, di propugnare fino all'ultimo giorno di una vita tanto nobile, quanto breve, quei principii democratici, ai quali la sua posizione sociale, l’altezza del suo carattere, lo splendore del suo ingegno aggiungevano vigore.
Ciò che vuole notarsi ad onore delle donne della Ristaurazione fu la condotta illuminata tenuta dalle principesse del sangue, nella difficile posizione fatta alla Monarchia dalla precedente rivoluzione. Non è infrequente il caso in cui, principesse estranee affatto, se non anche dolenti, dei dissapori che insorgono fra i popoli ed i governi, vedano adunarsi sul loro capo innocente il pondo fatale di un’ira incommensurabile, e travolte rimangano sotto i rabbuffi di un destino immeritato — Ma il giudizio della storia, estraneo al furor delle parti, può e deve assegnare a ciascuno il fatto suo — Così fra le principesse che attraversarono la rivoluzione e l'elemento aristocratico femminile che seguì le sorti della Monarchia caduta, la storia raccolse tratti gloriosi di dignità e di coraggio, di fedeltà e di intelligenza; né si potrebbe difendersi dallo ammirare la nobile intrepidezza di Maria Antonietta, la devozione delle sue dame d’onore; il valore della Duchessa Maria Teresa d’Angoulème che sola tentava la difesa di Bordeaux contro i Napoleonidi; l’energia della Duchessa Maria Carolina di Berry nella sua famosa e disgraziata spedizione in Vandea — Ma sotto la Ristaurazione la superiorità di carattere, che distingue nella famiglia Borbonica la linea femminile al dissopra della maschile, apparve più evidente, e non si smentì, nè nelle Spagne, nè nel Belgio, nè nelle due Sicilie, nè nel ducato Parmense — Maria d’Orléans, sorella di Luigi Filippo e, come i suoi fratelli, educata da madama de Genlis, era in uggia al partito assolutista, non che ai principi di sua famiglia per le sue idee liberali — Per la sua grande influenza sul re era dai francesi sopranominata l’Egeria — Apertamente ostile alle repressioni e ad ogni dispotismo, ella impiegò la sua breve vita a piegare in senso conciliativo, nella persona di Luigi Filippo, l’uomo più testardo del regno — Non meno commendevole fu il coraggio mostrato nel 1848 dalla duchessa d’Orleans, che il re avea privato della reggenza; nè minore ammirazione e simpatia si attirò dai suoi popoli Luigia d’Orleans regina del Belgio, che univa al genio della scoltura un carattere elevato ed idee liberalissime.
Se non che il dispotismo sacerdotale si era sollecitato di sopprimere il divorzio, che il Codice Napoleone aveva stimato equo temperamento all’autocrazia maritale. La democrazia irritata reagí, ponendo in campo le idee socialiste, che la baronessa Aurora Dudevant, sotto lo pseudonimo di Giorgio Sand, popolarizzò coi suoi drammi, coi suoi romanzi e colle sue assidue pubblicazioni sulla Révue des deux mondes — La reazione femminile così cominciata avanzò rapidamente, reclutando fra le file delle donne intelligenti delle quali la Francia ha dovizia — Non possiamo a meno di segnalare quelle che attaccarono direttamente il salico pregiudizio inoculato in tutte le istituzioni, sostenendo bravamente l’impeto di tutto il mondo conservatore, da Madama Roland, che innoltrò la tesi sul terreno politico, fino a Madama Sand, che la popolarizzò, a Madama Angelica Armand, che la propugnò colla critica filosofica la più vigorosa, a madama Jenny d’Hericourt che la sostenne con una logica inesorabile contro i publicisti più popolari ed accreditati della pseudodemocrazia.
Troppo lungo sarebbe se tutti segnalar dovessimo i nomi delle donne che indirettamente sì, ma non meno potentemente, predicano e protestano col fatto contro l’inferiorizzamento del loro sesso — Non parleremo delle moltissime che coltivano con successo quella moderna popolarissima forma letteraria, che è il romanzo; e quell’altra così atta a popolarizzare le idee, la drammatica — I romanzi di Louise Colet de Révoil e le commedie di Madama Ancelot, gli scritti di Madama Tastu (Sabine Voyart), il teatro di Sophie Gay Girardin, le poesie di Marceline Deborde Valmore, le svariate produzioni di Daniele Stern (Maria Flavigny contessa d’Agóult) sono abbastanza note oltre le frontiere francesi perchè torni superfluo parlarne — Le francesi però non si confinarono nel romanzo e nella commedia, ma tentarono anche il genere più elevato — Madama Gallin avea già fatto L’Apologie des dames d’aprés l'histoire; Madamigella di Marchet Girard, ampliando quel concetto, pubblicava Les femmes, leur passè, leur présent, leur avenir; Julie Victor trattò des Causes du pauperisme de la femme e Madama Mallet Les femmes en prison — Madama Hommaire de Hell e Léonie d’Aunet pubblicarono dei viaggi; Clarissa Bader, membro della Società Asiatica di Parigi, ci dava il risultato delle sue ricerche in un dotto volume che porta per titolo Les femmes dans l’Inde antique — Clemence Royer, che percorreva la Germania e l’Italia popolarizzando le teorie di Darwin, pubblicava anni sono un trattato sur les impôts, al quale faceva seguire in quest’anno 1865, La decime sociale.
Ci dispenseremo dall’insistere nelle ricerche delle donne illustri francesi, limitandoci ad accennare che le arti sono da esse coltivate con amore, specialmente il disegno, essendo questo voluto da molte industrie, come le pitture dei cristalli e porcellane ecc., che sono in Francia devolute alle donne; ed il credito che le industrie francesi godono nelle società eleganti ne provano la valentia. Rosa Bonheur, recentemente insignita della croce della Legion d’onore dal governo imperiale, è innegabilmente il primo pennello della Francia — Essa dirige attualmente la scuola governativa di pittura.
Ad onta però che in Francia siasi, più che altrove forse, discusso e vagliato, impugnato e propugnato il diritto della donna alla vita intellettuale e civile, e benché la intelligenza femminile sia colà splendidamente rappresentata, siamo tuttavia ben lungi dal poterci applaudire del progresso che la tesi ottiene nell’applicazione — Come ciò accada, là come in Italia, possiamo chiederlo alle statistiche scolastiche e conventuali.
La Francia possiedeva, nell’anno 1863, 68,018 scuole, delle quali 51,640 sono pubbliche, e 16,378 sono private. È bensì vero che di queste, 114 sono femminili sopra 100 soltanto maschili; la qual proporzione dovrebbe darci uno sviluppo assai sentito nel sesso gentile; ma vuolsi avvertire che essa perde assai del suo effetto complessivo pel modo ond’è sparsa la coltura nel paese. La parte più coltivata del territorio francese sono i dipartimenti limitrofi alla Germania; e seguendo questo criterio, il dipartimento della Senna, centro del regno e della vita nazionale, non occupa nei gradi della pubblica istruzione che un posto inferiore alla media — Nel 1864, 600,000 fanciulli erano al verde d’ogni istruzione, sendovi 1,018 comuni sprovvisti di scuole. Lo stato occupandosi della donna meno assai che dell’uomo, nel 1853 la metà delle donne non potè in Francia sottoscrivere il contratto di nozze — Nel 1864 ancora, 19,303 comuni non avevano, per le fanciulle, nè scuole pubbliche nè scuole private.
La legge sull’insegnamento primario obligatorio più volte proposta al Corpo Legislativo, e propugnata perfino da più d’un onesto conservatore, dovette sempre fallire davanti alla opposizione del partito cattolico, che vuol conservare ai chiostri il monopolio dell’Istruzione e la signoria delle intelligenze.
In un rapporto ufficiale del maggio, il senatore Dupin, tolto da pochi mesi ai vivi, allora procuratore generale alla Corte di Cassazione, constatava esservi in Francia 4,932 associazioni religiose autorizzate, e 2,870 non autorizzate.
La cifra dei valori acquisiti dal clero e dal fratismo per donazioni, che dal primo Bonaparte fino a tutto il regno di Luigi Filippo era progressivamente ammontata fino a 6,000000, in soli nove anni del secondo impero salì fino a 25,000000 di beni stabili, ommessi tutti i valori mobili.
Monsieur Havin direttore del Siècle contava nel 1864, 13,000 scuole laiche provviste di 614,000 fanciulle ed altrettante scuole monacali ingombre da un milione d’allieve; mentre sotto il regno di Luigi Filippo il numero delle fanciulle educate dalle religiose non aveva mai superato la metà di questa cifra — Ma la protezione e l’incoraggiameato, che il governo imperiale accorda al partito cattolico, e che già risulta con ispaventosa evidenza dalle cifre suesposte, sembra fare con esso viemmeglio causa comune contro il progresso dell’Istruzione feminile dai privilegi, altrimenti inqualificabili, accordati alle congregazioni religiose — Mentre l’Istitutrice laica, dopo aver subito severissimi esami alla Sorbona ne ritrae un diploma d’insegnamento primario che non le vale quasi mai più di 600 franchi l’anno, una religiosa qualunque, con una pura e semplice carta d’obbedienza conferitale dalla propria badessa, è autorizzata ad insegnare, ed il governo riposa tranquillo sulla scienza infusa delle sante suore.
Che poi le biblioteche popolari recentemente istituite dall’Imperatore bastino a dare al suo governo la fama di amico sincero dell’istruzione, noi non lo crediamo; chè nell’attuale condizione della coltura popolare in Francia valgono quanto un sontuoso pasto davanti ad uno stomaco impotente — Chi non sa leggere e non ha mezzi per imparare, non cerca di leggere.
Chi non vedesse come la ristaurazione non sia stata mai tanto attiva e trionfante in Francia come sotto il secondo impero, può riflettere che il despotismo cangiando talvolta oggetti e soggetti non cangia però mai nè la natura nè i mezzi — Ma chi vorrebbe stupire dello stato deplorevole della coltura in Francia, quando lo stato delle sue popolazioni agricole non s’è peranco assai discostato dallo spaventoso quadro che ne faceva a suoi tempi La Bruyére? «Si vedono, scriveva egli, certi animali feroci, dei maschi e delle femmine, sparsi nelle campagne, neri, lividi e tutti arsi dal sole, attaccati alla terra, che frugano e smuovono con una ostinazione invincibile; essi hanno come una voce articolata e, quando si rizzano sui piedi, mostrano una faccia umana, ed effettivamente sono uomini. Eglino si ritirano la notte in covili, dove vivono di pan nero, d’acqua e di radici.»