Un passo avanti nella cultura femminile/Tesi/II

Capitolo II

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Tesi - I Tesi - III
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II.

Nè la donna rimase straniera ad un movimento ch’era per lei il problema dell’essere e del non essere, ad onta che le istituzioni (che sempre e dovunque sentono il passato più assai che il presente) ed i costumi, che da ogni lato la tiranneggiavano, si frapponessero pressochè insormontabili fra la sua mente e le idee del tempo.

Incominciando la nostra rapida escursione attraverso le contrade percorse dalla civilizzazione occidentale, siamo liete di poter chiamare l’attenzione dei nostri lettori sopra un paese nel quale il misoginismo asiatico lottò mai sempre con poca fortuna contro l’influenza del platonicismo ristaurato dal genio d’Occidente, e dove la donna, curva come altrove sotto oltraggiose istituzioni non fu però straniera mai alla vita del pensiero.

Il diritto feudale inserito nel vecchio diritto romano, arrestò il progressivo miglioramento nelle condizioni della donna, già da esso inaugurato, ma non potè però impedire al genio prepotente di molte donne in Italia di forzare l’angusta cerchia tracciatagli dalle istituzioni.

Amalasunta che, reggendo l’alta Italia nella minorità del figlio Atalarico, persuadeva per la prima alla sua nazione, essere un principe sapiente assai da più d’un principe [p. 11 modifica] bellicoso; Eleonora Arborea, che dava alla Sardegna le leggi più liberali del suo tempo; Catterina da Siena che sapeva imporsi alla Corte papale per lo meglio d’Italia; Chinzica che difendeva Pisa contro gli Arabi; Isotta, signora di Rimini, che vi faceva regnare le lettere, restandone pur essa coll’eminente suo genio il primo lustro; Adelaide di Susa che fondava nel 1091 quello stato donde escir dovea più tardi l’iniziativa unificatrice d’Italia; Marzia Ubaldini, alla quale Rocca di Cesena deve la sua valorosa difesa del 1357 contro le armi papali; Catterina Appiani Orsini che difendeva Piombino contro Alfonso d’Aragona; e, per tacere di mille unità, la resistenza delle donzelle venete all’invasione turca, il valore delle dame toscane combattenti ai fianchi di Ferruccio, la viva parte presa sempre dalle italiane nelle sventure e nei trionfi della patria, provano assai non aver mai la donna, in Italia, preso sul serio quell’ostracismo dalla vita pubblica che le dottrine dell’Asia, e lo scetticismo ellenico, tentarono, coalizzati col misoginismo cattolico, di innocularvi.

Che se la vita politica trovò la donna parteggiatrice, la vita intellettuale fu in lei così potente da forzare a renderle omaggio i più decisi avversarii. Il solo secolo XVI produceva tante poetesse da meravigliare altamente Lodovico Ariosto; e non v’ebbe città importante della penisola che non se ne onorasse. — Camilla Scarampa — [p. 12 modifica] Gaspara StampaIsotta Brembati — Lucrezia Bebbia — Tarquinia Molza — Veronica Gambaro — Maria Spinola — Maria Buonanno — Laura Battiferi — Lucia Bertana — Clarice de Medici Strozzi — Ersilia CorteseTullia d’AragonaIsabella di MorraVittoria Colonna, ecc., ecc. sparse in tutte le città italiane, serbavano vivo il concetto dell’intelligenza femminile.

Con quale energia abbia la italiana lottato contro l’enorme pressione di tutti i possibili despotismi, tutti coalizzati contro di lei, lo mostrano vittoriosamente le cattedre delle prime Università italiane forzate ad aprirle le porte, gli annali di tutte le scienze costrette a registrarne i nomi — L’Università di Brescia ricorda fin dal secolo XIV Laura Cereta Scrina, che a 18 anni vi sosteneva pubbliche tesi di metafisica, ed a 20 vi professava filosofia, teologia e matematiche — Padova ricorda Novella d’Andrea nella cattedra di diritto canonico, ed Elena Cornaro Piscopia in quella di filosofia, che non l’assorbì pur tuttavia tanto da impedirle accreditatissime pubblicazioni in matematiche, in Astronomia ed in Teologia — La dotta Bologna è fiera ancora di Gaetana Agnesi alla quale affidava la cattedra di matematiche — di Dota d’Accorso che vi professava il diritto — di Laura Bassi, alla quale apriva la cattedra di filosofia e di fisica di Clotilde Tambroni, alla quale assegnava quella del Greco e della ellenica [p. 13 modifica] letteratura — di Maria Dalle Donne, che, dopo avervi studiato con successo il latino, le matematiche, la filosofia, la fisica, la medicina a la chirurgia, era applicata alla direzione della scuola d’Ostetricia — Roma deplora la modestia, che impedì al’umile merciaja di saponette Marta Marchina, di accettare la cattedra di filosofia e di teologia, modestia che privò la Sapienza della gloria di mostrarsi non meno indipendente dai piccoli pregiudizii che le Università sorelle.

Troppo lungo sarebbe, lo annoverare le italiane che, e nei secoli di mezzo ed in tempi a noi vicinissimi, si presentarono in tenerissima età davanti ai tribunali Universitarii a reclamarvi il berretto dottorale, e si diedero con felice successo a liberi studii.

Ciò tuttavia, a cui vuolsi por mente, si è la persuasione profonda e la sentita coscienza della propria forza ed eccellenza dalle italiane mostrata, anche prima che i sintomi forieri della rivoluzione filosofica avesser disposti gl’intelletti: a ripudiare sul conto di lei i pregiudizii della scienza antica e i dogmi delle vecchie teologie.

Fin dal secolo XV Isotta Nogarola di Verona, improvvisatrice di primo rango, si assumeva di difendere la donna della risponsabilità della prima colpa appostale, dalla Teologia; (Isottae Nogarolæ Veroniensis dialogus, quo utrum Adam vel Evæ magis peccaverit, questio satis nota, sed non adeo explicita continetur). [p. 16 modifica]teraturcibili dimostrazioni - Teresa Ciceri, decessa nei 1825, pubblicava a soli 17 anni la Statistica degli animali e dei vegetali che fu sollecitamente traslata in tutti gli idiomi parlati d’Europa. Ingegno versatile studiò la fisica, la Geometria, la Filosofia, il Diritto civile ed il Diritto canonico; ed in materie tutte sì disparate eguali ebbe i successi — Angiola Piola Porro, tolta da pochi anni ai vivi, in giovine età coltivava con plauso l’Astronomia — La marchesa Florenzi di Perugia rappresenta splendidamente la donna nella filosofia — Cristina Belgioioso Trivulzio nel suo Essai sur le dogme catholique provò che per quanto le scienze teologiche non fanatizzino più tanto il mondo, la donna non è tuttavia disposta a rinunciare alla scienza sopra nessun terreno — Carlotta Ferrari, distinta poetessa e compositrice di musiche applaudite, rivendica alla donna il genio delle melodie, e continua le tradizioni di Maria Teresa Agnesi — Giannina Milli mostra oggi che non è spento fra le italiane l’antico genio della improvvisazione, e ricorda la Corilla e la Bandettini — La Molino Colombini — la Torsellini — la Guidi — la Ferrucci — la Paladini — la Percoto — la Morandi rappresentano luminosamente il loro sesso nella pedagogia.

La Ristori, la Frezzolini, la Grisi, l’Alboni, la Patti, la Galletti, le sorelle Ferni, le sorelle Marchisio tengono vive e palpitanti in Italia [p. 17 modifica] quelle splendide glorie dell'arte che furono la Marchionni, la Pasta 1, l'Internari ecc. ecc.

La Ferrari, la Sacchi, la Fortis, la Fuà Fusinato, la Poggiolini, la Lutti, la Capecelatro, la Tagliapietra, la Savio Rossi, la Croatto, la Palli, la Fabrizzo, la Dal Covolo Mestre, e cento altre muse che lungo di soverchio sarebbe lo annoverare, mantengono oggidì all’Italia il vanto di paese eminentemente poeta, e rappresentano largamente il loro sesso sul terreno estetico.

La pittura, la scoltura non sono straniere alla donna, nella patria di suor Maria Dominici, che dava nel solo secolo XVII oltre 25 illustri artiste sparse nelle primarie città della penisola. La miniatura ed il pastello sono egualmente trattati dalle compatriote di Rosalba Carriero, e di Properzia dei Rossi.

La Cairoli ricorda oggi in Italia la madre dei Gracchi.

Annita Garibaldi, troppo presto rapita all'ammirazione degli Italiani, appartenente alla emigrazione latina che si stabiliva a Buenos Ayres, era la degna compagna dell’Eroe leggendario. Il suo nome è ormai inseparabile dall’assedio di Roma.

Ma uscendo dal campo delle unità, che se molto onorano una nazione ed un paese non bastano a determinare lucidamente il suo stato

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[p. 18 modifica] intellettuale e morale, benchè ne somministrino autorevoli indizii, noi potremmo porre sott’occhio ai nostri lettori le recenti statistiche ufficiali dell’istruzione che, coll’invincibile eloquenza delle cifre, ci dicono altamente quali gigantesche proporzioni vada sempre più pigliando lo sviluppo femminile in Italia.

Dal 1862 al 1863 il regno d’Italia sopra 22 milioni di abitanti possedeva 29,422 scuole primarie — 23,340 pubbliche, 6,082 private — Il numero delle scuole femminili stava al numero delle maschili in ragione di 71 a 100 — Il numero delle alunne, che frequentavano le scuole primarie, era 482,635.

In ragione di superficie la Lombardia è la provincia più ricca di scuole, in ragione d’abitanti il primato spetta al Piemonte — Oltre queste due provincie, la Liguria, l'Emilia, le Marche superano la media, le altre non l’arrivano — Dei 59 Comuni Capoluoghi di Provincia, la Capitale Lombarda è quella che conta 273 scuole femminili sopra sole 116 maschili. Ivi le due prime classi elementari maschili sono affidate alle donne con un esito del quale non si ebbe che ad applaudirsi — Il Piemonte e la Lombardia vanno anche largamente provviste di scuole superiori, che sommano quasi la metà delle scuole elementari superiori del Regno.

Anche gli asili d’infanzia presero in Italia dal 1862 al 1863 uno sviluppo considerevole. Gli asili pubblici in questo anno solo ammon[p. 19 modifica]tarono da 1673 a 1806. Il numero degli allievi s’accrebbe di 10,459; ma l’aumento maggiore devesi alle femmine, che vi accorsero in numero di 7795 sopra 2664 maschi.

Le effemeridi dell’Istruzione non rifiniscono dal meravigliare la immensa frequenza delle giovinette alle scuole normali, frequenza che sale fino al rigurgito, mentre le scuole normali maschili difettano di allievi — Se vuolsi credere ad uno degli organi più diffusi dell’Istruzione primaria 2 «tutte le fanciulle, non appena terminate le scuole elementari, si gettano alle scuole normali. Pare che le scuole normali sieno una naturale e necessaria continuazione delle scuole elementari!» — Sì, diciamo noi, sì! — Finché l’ultima coltura pel sesso femminile è la scuola normale, questa è e dev’essere la naturale e necessaria continuazione della scuola elementare. E queste nostre vedute sono perfettamente divise da una gran parte di queste fanciulle, che non cercano appunto nelle scuole normali che una più ampia coltura; al qual bisogno, lo Stato non ha fino ad oggi pensato a provvedere 3.

Accanto però a questo quadro abbastanza promettente dello stato intellettuale della donna in Italia non manca il lato ombreggiato. A [p. 20 modifica] fianco alle scuole laiche sono i conventi che val quanto dire, che accanto alla donna italiana del secolo XIX cresce, si educa e si moltiplica la donna asiatica e medioevale — Nel 1842 la sola Sicilia aveva 12,000 religiosi, e contemporaneamente le Calabrie, gli Abbruzzi, il Napoletano contavano 30,000 religiosi d’ambo i sessi. L’istruzione femminile vi era tutta affidata ai chiostri, poichè di 2,000 scuole primarie, di cui il regno delle due Sicilie era provvisto, non una accoglieva le fanciulle.

Nel 1852 la sola città di Roma contava 1,500 monache.

La Toscana possiede 230 conventi d’ambo i sessi — e l’antico regno di Piemonte, all’epoca della promulgazione dello Statuto, contava 144 monasteri femminili.

Dal progetto di legge presentato nel 1864 dal Ministero italiano al Parlamento, per la soppressione degli ordini religiosi, appare che esistono tuttavia in Italia 2,382 chiostri, dei quali 876 sono occupati da monache. Queste sommano in totalità alla cifra di 18,198 suore professe, e 7,671 suore converse.

Quando poi si consideri l’influenza che il fratismo esercita sulla donna pel tramite dei religiosi terrori, e quanto colpiscano tuttora i sensi del volgo le sue forme eccentriche ed antiquate, le statistiche che lo riguardano ci sottopongono cifre spaventosamente eloquenti — 1724 chiostri sono occupati in Italia da Ordini [p. 21 modifica] proprietarii, e 558 da Ordini mendicanti. I monaci professi sono 15,494; ed i frati laici sono 4,468 negli Ordini possidenti — Negli Ordini poveri i religiosi professi sono 13,441; ed i frati laici sono 3,967 — I beni posseduti in Italia dal clero secolare e regolare ammontano a due milliardi.

L’educazione della donna in Italia è anche oggidì largamente affidata ai chiostri — Le dame del Sacro Cuore, le Agostiniane, le figlie di S. Francesco di Sales, le Orsoline, le Carmelitane ecc. accolgono sollecitamente le fanciulle dell’aristocrazia monetata e gentilizia — mentre le Figlie della Carità (istituzione, quanto recente altrettanto diffusa, che vedeva la luce in Verona per opera della Marchesa Canossa) propagano nelle donne del popolo, insieme a qualche moralità, molto spirito di reazione ai tempi ed una decisa avversione al nuovo ordine di cose.
I conventi già proprietarii, e continuamente arricchiti dal fanatismo religioso (malattia gentilizia del patriziato, nella gran parte retrivo} trovansi in grado di fare una vittoriosa concorrenza, non che alle scuole laiche private, ai collegi nazionali — e la generazione femminile di colà escita, porta quindi nelle famiglie quello spirito ristretto, intollerante, meticoloso e retrivo che, inoculato coll’affetto nei consorti e nei figli, arresta deplorevolmente lo sviluppo del paese. 
  1. La Città di Como dove la grande artista moriva, e che si gloria di averle dato i natali, le ha eretto un monumento pubblico.
  2. L’Educatore, foglio ebdomadario ligure
  3. Ogni anno in Italia si patentano un migliajo di maestre