Teatro Historico di Velletri/Libro I/Capitolo VI

Libro I - Guerre Antiche di Velletri

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Guerre Antiche di Velletri.
Cap. VI.


Quanto li Velletrani sieno stati bellicosi, et armigeri, bastaranno Dionisio, e Livio à testificarlo, che nell'Opre loro in più luoghi registrano le battaglie di Popolo cosi feroce, e martiale, che per CC. anzi CCC. e più Anni tormentò la fortunata Roma: e perciò raggionevolmente Genebrardo disse: Volsci, qui bellum cum Romanis sub Tarquinio Superbo inchoatum, per ducentos annos continuarunt. E Livio, di cui sono le parole di Genebrardo, registra dodeci, e più Trionfi riceuti da Capitani vincitori de' Volsci dicendo, Volsci, qui bellum Romanis sub Tarquinio Superbo inchoatum per CC propè Annos, incredibili pervicacia, et continuis motibus protulerunt, de quibus supra duodecim Triumphi sub acti sunt. Erano così pronti all'Armi, et cosi coraggiosi li Volsci, che parevano dal Fato destinati à Romani, non per altro, che per eternamente mantenergli un continuo travaglio, Præter Volscos, velut forte quadam, propè, et in æternum exercendo Romano Militi datos, dice l'istesso; et Iornande chiama li Volsci nemici continui, dice quotidiani, de' Romani, Pervicacissimi tamen Latinorum Aequi, et Volsci fuere, et quotidiani (sic dicerim) hostes. L'istesso afferma il Sabellico, Volsci, et Aequi æterni Romani nomini hostes, cosi dissero in Senato gl'Ambasciadori Latini. Anzi l'istesso Sabellico narra, che non si poteva caggionar maggiore spavento [p. 62 modifica]nel petto de' Romani, quanto il veder'uniti assieme li Volsci nell'Armi, Nullius Gentis opes magis quàm Volscorum Romano formidolo fas esse, si in unum conspirent. E perciò furono stimati Feroci sopra ogn'altra Natione, Quid Volscis ferocius? disse chi haveva forse sperimentato l'altrui valore. Narra à questo proposito Livio la maraviglia di molti in vedere, che cosi presto ne' conflitti tanto sfortunatamente continuati, doppo le perdite, anzi disfacimenti d'Esserciti intieri, in un batter d'occhio, per cosi dire, congionti con gl'Equi, ancor loro Popoli del Latio, risarcissero i Campi, e ne formassero de nuovi più copiosi, e formidabili; la stimava però cosa miracolosa. Dice in oltre, che furono cosi continuate, e tanto numerose le Guerre de Volsci, che leggere solamente i Volumi, ne' quali stavano registrate, apportava fastidio à Lettori: e perche altri di ciò havevano tacciuto le raggioni, egli l'apporta conforme al suo parere, e dice, che questo avveniva, perche negl'intervalli delle Guerre cresceva la gioventù, e conforme richiedeva il bisogno, cosi si rinovavano gl'Esserciti con la scelta di gioveni, overo perche non sempre gl'Esserciti si formavano de' medesimi Popoli; benche l'istessa Natione facesse Guerra; overo, perche allhora trà Volsci, et Equi era una moltitudine di Teste libere; e queste coraggiose givano contro Romani, Non dubito præter satietate m tot iam Libris affidus Bella cum Volscis gesta legentibus illud succursurum (quod mihi percensenti propiores temporibus harum rerum Aucoters Miraculum fuit) undè toties victis Volscis, et Aequis suffecerint milites, quod eum ab antiquis tacitum, prætermissumquè sit, cursus tandem ego rei præter opinionem, quæ sua, cuisquè coniectanti esse potest, Auctor sim, simili veri est, aut intervallis Bellorum, sicut nunc in delectibus fis Romanis, alia, atquè alia Sobole innorum, ad Bella instaurando toties usos esse, aut non ex iisdem semper Populis Exercitus scriptos, quamquam eadem semper gens Bellum intulerit, aut innumerabilem multitudinem liberorum Capitum in eis fuisse locis, e poi conchiude, Ingèns certè Volscorum Exercitus fuit; tanto dice Livio.

Io per me non resto già appagato dell'accennate raggioni di Livio, perche anco degl'altri Popoli nemici à Romani [p. 63 modifica]l'istesso dir si potrebbe, essendo solito nelle Guerre servirsi degli Ausiliarij, Amici, e Confederati; far scelta trà la gioventù nativa de Soldati più habili alle fatiche, et al maneggio dell'Armi: e servirsi degl'intervalli ancora, quali erano cosi brevi, che talvolta non giongevano all'Anno; anzi che per le autorità registrate di sopra, erano giornali. Quindi direi la caggione, per la quale tante volte, e tante li Volsci mossero guerra à Romani, che giunsero all'estrema strettezza, essere, perche la Natione Volsca era più dell'altre copiosa de genti, e perche le vittorie de' Romani descritte da' Fautori non erano cosi celebri, e franche, come si registrano; cosa ordinaria de tali, che per ingrandir le vittorie d'una Natione, e le perdite dell'altra, non fanno differenza d'aggiongere all'uno, uno zero, ò due; e perciò è necessario dire con S.Cipriano, Madet Orbis mutuo sanguine, e raggionevolmente, perche Gneo Martio Coriolano volendo vendicarse de' Romani con l'Armi straniere, dice Dionisio, che solamente da Capitano cosi bravo fù giudicata la Natione Volsca uguagliarsi nella potenza à Romani, Unam Volscorum potentiam parem Romanis inveniebat. Si rende, da quanto si è detto sopra di ciò, manifestamente chiaro, essere con nulla, ò piccola raggione apportata l'autorità di Livio, che dica, Volsci nec in Bello fideles, nec in Pace constantes: propositione non già di Livio, ma da altri forse inventata, se però non si volesse per questa intendere quella dell'istesso Livio nella Deca pr. al lib. 4 dove registra le parole, non uscite dalla sua mente, ma dalla bocca d'un Capitano zelante chiamato Vetio Messio, mentre riprendeva li suoi soldati Volsci di trascuraggine, e freddezza nel combattere, e gl'animiva à farsi la strada col ferro, già che stavano dalli Soldati del Dittatore Aulo Postumio circondati; e pigliar esempio da lui, come fecero, dicendo, Iam orbem voluentes suos increpans clara voce: Hic præbituri, inquit, vos Telis hostis estis indefensi, inulti? Quid igitur Arma habetis? Aut quid ultrò Bellum intulistis? In otio tumultuosi, in Bello segnes? Quid hic stantibus spei est? An Deum aliquem protecturum vos, rapturumquè hinc putatis? Ferre via facienda est re. Se bene la Pugna non hebbe quest'esito, che si sperava corrispondesse all'ardire. E [p. 64 modifica]perciò non deve pigliarsi per autorità di verace sentimento quello, che usci dalla bocca d'un Nationale amoroso, che cosi anco l'ingiurie dette da' Padri affettuosi a' proprij figli sarebbono ignominiose. E se furono tali, quali questo moderno Autore li stima, domandiamolo à Dionisio, che vi dirà, che Tito Sicinio ricevè de' Volsci famoso Trionfo, perche haveva liberata Roma da grandissimo spavento. Et ad Aquilio non si concedè, che l'Ovatione, perche debellò gl'Hernici, Sed Sicinio, qui à maiore terrore Urbem liberasse videbatur, deleto Volscorum iniurioso Exercitu, Duceq. cæso, Triumphus concessus est, et invectus est Urbem prælatis spoliis, captivis currum præcedentibus, equis tractus insignibus aureis faleris, cultus, ut mos est, Regio; Aquilio contigit Ovatio. Si puol descrivere Trionfo più pomposo di questo? concedutoli solamente per haver destrutto un Essercito de' Volsci, che fù risarcito di subito? anzi da Livio, à cui più facilmente si doverà credere, si cava, che questo Trionfo fosse senza vittoria particolare, ma di pare conflitto, ecco le sue parole, Sicinio Volsci, Aquilio Hernici, (nam ii quoquè in Armi erant) Provincia evenit. Eo Anno Hernici devicti, cum Volscis æquo Marte discessum est.

Io non voglio in questo luogo far lunga tessitura delle Guerre de Volsci, perche sarebbe un usurpare il commun valore d'un Regno intiero, per una Città sola; ne meno intendo narrare le Guerre Moderne di Velletri fatte con Città, e Terre vicine, e Prencipi confinanti, che numerose sono; ma solamente di quelle antiche, nelle quali particolarmente li Velletrani si ritrovarono come Popoli di Città principale, et insigne de Volsci, mentre Roma era crescente nell'Impero: quantunque in tutte le Guerre della Natione Velletri si ritrovò pronta, ma non in tutte registrata. Lascio dunque da parte il timore, c'havevano li Latini, e gl'Hernici dell'Armi Volsche; il valore di Coriolano, Attio Tullo, Vetio Messio, e d'altri coraggiosi Capitani, le guerre di Anzo, Piperno, Terracina, Sessa, e d'altre Città Nationali; le occisioni fatte da' Romani, e da' Volsci; le Città dall'una, e l'altra parte saccheggiate; le copiose, e ricche prede scambievolmente fatte; gl'incendij da' Volsci dati, e ricevuti; [p. 65 modifica]li danni fatti a' Romani, et à Popoli confederati; li conflitti pari; le vittorie de nemici; le prospere, et adverse fortune di Natione cosi guerriera, replicando con S.Cipriano, Madet Orbis mutuo sanguine. E quelle solamente scriverò, nelle quali Velletri vi trovarò espressamente involto, come Città potente, di cui disse un'Autore, Velitræ Oppidum antiquitate, et potentia clarum.

La prima Guerra de' Volsci contro Romanila fecero li Velletrani, non già nel tempo di Tarquinio Superbo, quando intende Livio di sopra accennato, ma nell'Impero di Anco Martio Quarto Rè de'l Romani, più di Cento Anni avanti, cosi registra Dionisio; perche terminata la Guerra de Veienti, li Velletrani cominciarono loro ad infestar Roma, con saccheggiargli il proprio territorio, per lo che fù di mestiere, che Anco Martio spedisse numeroso Essercito per far resistenza al valore, e furor de' Volsci, come fece; dal quale scacciati i Soldati, che depredavano, acquistata la nostra Campagna, assediata la Città con fortificazioni, e ripari, voleva dar l'assalto, ma à preghiere de' Cittadini, che s'obligarono di risarcire gli danni fatti, e dargli in mano li Soldati colpevoli, si fece tregua, e poi si stabilì la pace, con rinovatione d'amicitia trà Velletrani, e Romani, Nec à Volscis pacata sunt omnia, et Obsessisq. Velletris, et a Vallo circumdatis, toto agro potitus Urbem ipsam parabat invadere, sed cum grandævi Oppidorum supplices progressi pollicerentur se iuxta Regis existimationem, illata damna persoluturos, et fontes dedituros ad supplicium, rebus per inducias restitutis, infædus eos recepit, et amicitiam. Di Tarquinio Superbo Velletri ne fece poca stima, perche doppo aver questo Rè Tiranno usata una crudeltà incredibile contro Turno Herdonio Coriolano huomo ricco, di gran seguito, e molto esperto nell'arte militare, con farlo gittar dentro una cupa voragine, sotto falso pretesto, ch'egli congiurato havesse contro li Nobili de' Latini, per lo che gli fede da' servi metter di nascosto molt'armi di quelli tempi nel proprio albergo; usato, dico, questo tradimento, voleva il crudele l'amicitia de gl'Hernici, e de' Volsci, et esser di questi Popoli, com'era de' Latini, dichiarato Signore. Tutti gl'Hernici si resero pieghevoli [p. 66 modifica]alla tirannia di Tarquinio, ma non già li Volsci, perche da gli'Antiati, et Eccetrani in poi, Velletri con l'altre Città tutte, come libere non fecero conto, ne di Tarquinio, ne del suo Impero, Tatquinius gentis Imperio potitus Legatos misit ad Volscos, et Hernicos, eorumquè amicitiam, et societatem expetens, Volscorum duo tantum populi assenserunt, Heccetrani, et Antiates; Hernici universi societatem decreverunt; questo registra Dionisio. E vero, che nel Consolato Undecimo, essendo Consoli Q. Clelio Siculo, e Tito Largio Flavo, ò l'Anno avanti, volendo Mamilio Ottavio favorire le parti di Tarquinio Superbo suo socero, già discacciato da Roma, procurò la confederatione de molti popoli contro Romani, frà quali vi furono ancora li Velletrani, forse perche Capo di questa sollevatione era il detto Ottavio parente, ò discendente da gli Ottavij di Velletri, alla di cui richiesta fecero i Velletrani quello, che non havevano fatto per un Rè regnante. Tanta era l'autorità di questo Ottavio, che Fenestella dice, che sollevasse trenta Popoli, de' quali egli con Sesto Tarquinio fù fatto Capo; e Dionisio scrive, Ex his omnibus populis dilectu iuniorum habito, tantum copiarum contractum, quantum Octavio Mamilio, et Sexto Tarquinio satis visum est, penès quos erat imperium. Fù disfatta però questa Lega o Sollevatione de' Congiurati, perche si fece una Guerra crudele, nella quale restò morto Marco Valerio fratello del Publicola; Tito Ebutio Maestro de' Cavalieri ne restò ferito; e Mamilio malamente offeso nel petto, e poi ucciso da Tito Herminio; e li Latini, et altri confederati universalmente sconfitti nella Riva del Lago Regillo, Tantusque ardor fuit, ut eodem impetu, quo fuderant hostes Romani Castra caperent. Hoc modo ad lacum Regillum pugnatum est, nel fine del racconto dice Livio. Questo Ottavio Mamilio, se bene era primate trà Latini, con tutto ciò era Volsco di Natali, perche era descendente da Telegono figlio d'Ulisse, e Circe, generato, et allevato nell'isola Aeea, detta poi Circeio dalla suddetta Circe, cosi vuole Ditte Cretense, Per id tempus Telegonus, quem Circe editum ex Ulisse apud Æææm Insulam educaverat; e da questo figlio fù per sinistro caso Ulisse inavedutamente ucciso.

Nel Consolato XV. [p. 67 modifica]Aulo Virginio, e Tito Veturio, li Volsci, e particolarmente li Velletrani, ò perche i Romani non volsero restituirgli il Contado preso l'Anno avanti, ò per abbassare gl'avanzamenti della Republica, fecero nuova, e numerosa levata di gente, quando li Sabini, e gl'Equi facevano per altra parte l'istesso; e mentre s'incaminavano all'impresa, s'oppose à quelli Veturio; et à nostri Virginio, che se ben era di numero de Soldati inferiore con tutto ciò, senza dar tempo à più grave apparecchio, andò veloce ad incontrar il campo de' nostri, havendo prima dato il guasto alla Campagna. Si venne à giornata, e perche li Volsci erano Superiori di forze (ma inferiori di fortuna) beffeggiavano li Romani, nulla stimando l'Armi nemiche; anzi tenendo certa la vittoria dal canto loro, stavano accampati senz'ordine. Ciò visto, e considerato da' Romani, scorgendoli ancor fermi, e pigri, senza punto allestirsi alla pugna, come non aspettassero l'impeto nemico, e si fossero scordati della solita bravura, gli corsero repentinamente addosso, che fatti vili, e codardi voltarono al nemico, che feriva, le spalle, e corsero fuggendo per ricovero, e scampo à Velletri. Li Romani più freschi, aiutati dalla Sorte, che gl'acompagnava, con maggior vigore li seguitavano, et entrando con meschianza e vincitori, e vinti, e Romani, e Volsci, in Velletri, fecero più cruda strage, che nel Campo fatta non havevano, et à quelli solamente si condonò la vita, che gettate l'armi in terra, ricorrevano alla pietà Romana. Fù in quella guerra tolto il territorio Veliterno, perdita di gran consideratione, et alla Città fatta Colonia, furono mandati nuovi habitatori, non sò se per uccisione fatta de' Soldati Cittadini, ò per tenere la Città in freno. Castrum exutum hostem Velitras persecuti uno agmine victorem cum victis in Urbem irrupere, plusque ibi sanguinis promiscua omnium generum cæde, quam in ipsa dimicatione factum, paucis data venia, qui inermes in deditionem venerunt. Volscis devictis Veliternus ager adeptus, Velitras Coloni ab Urbe missi, et Colonia deducta, cosi scrive Livio, ma Dionisio, Fidentes enim (dice) maioribus copiis, et obliti superiorum cladium ut primum Romanos videre, Castra contulerunt cum eis, progressiquè [p. 68 modifica]in aciem, post acrem pugnam maiore clade accepta quam reddita, in fugam versi sunt, simulq. Castra vi capta, Velitræ expugnatæ Nobile gentis Oppidum, dalle quali parole di Dionisio si scorge la differenza nelle passioni di questi due Scrittori, mentre non pigri, e timorosi li Volsci, ma arditi, e pronti furono li primi à muovere coraggiosamente le Squadre, e solleciti à menar le mani; e se restarono perditori, non fù senza molto sangue de' nemici Romani.

Doppo qualche guerra fatta con gl'istessi, restarono li Volsci intimoriti, non già dall'armi Romane, ma dalla Peste, che fece in poco tempo in tutte le loro Città, e Terre grandissima strage, e più per quello, che fece in Velletri, dove nel Cons. XVII. essendo Consoli Tito Geganio, e Publio Minutio, furono da Roma mandati nuovi habitatori, che se non havessero havuto tal flagello, di sicuro non sarebbbero restati li Velletrani di far quello, à che la natura martiale gl'eccitava, così dice l'istesso, Ni Volscos iam moventes Arma pestilentia ingens invasisset, ea clade conterritis hostium animis, ut etiam ubi ea remississet terrore aliquo, et Velitris auxerunt numerum Colonorum Romani. Ma non finirono per ciò le Guerre.

Perche nel Consolato XX. essendo Consoli Tito Sicinio, e Caio Aquilio, si guerreggiò contro Romani, invadendo il loro territorio li nostri Volsci congionti con gl'Equi, e perche si mossero ancora gl'Hernici, contro quelli andò Caio Aquilio, che di tal maniera gl'intimorì, che se ne fuggirono veloci sparsi in diversi luoghi, e lasciarono la loro campagna in preda à nemici, Nemine audente congredi (dice Dionisio) Sicinio venne contro Volsci, e con il nervo dell'Essercito gionse in Velletri, dove come in Città principale della Natione stava Attio Tullo con bellissimo, e copiossissimo Essercito, Sicinius in Volscos missus cum robure copiarum in Veliernum agrum irrupit, nam ibi erat Tullus Actius Volscorum Dux cum florentissimo Exercitu volens Romanorum socios debellare primum, sicut Martius in initio fecerat. Voleva seguitar l'impresa di Martio il Capitano, perche vinti, e debellati gl'amici, e confederati de' Romani, gli si rendeva facile di atterrare col suo poderoso Essercito la Romana Repubblica; si guerreggiò poco distante [p. 69 modifica]dalla nostra Città verso la montagna in luoghi disastrosi, e pieni di sassi, molto fastidiosi per li Cavalieri dell'una, e l'altra parte, Fuit autem locus medius, in quo pugnandum erat Tumulus saxosus, et salebrosus, ubi Equitatus neutris esset usui. Si combattè per qualche buono spatio del giorno, senza vantaggio, e questo veniva per la dissuguaglianza del sito, ch'apportava hora à Volsci, et hora à Romani notabile giovamento, intanto, che non lasciava prendere la vittoria più all'una, ch'all'altra parte, Itaque ad multum diei Marte æquo certatum, quia loci natura inæqualis, nunc hos, nunc illos innabat; s'incrudeliva la guerra, li Romani riempivano le Fosse con rami d'arbori, et altre materie, et Tullo coraggiosamente con una squadra de' suoi più valorosi scorreva, e soccorreva ove vedeva maggior bisogno; faceva egli gloriose prodezze, ma alla fine ne restò ferito, e morto, Occurrit Tullus Actius cum valentissimis, et audacissimis edens multa præclara facinora, erat enim pugnator robustus, et manu promptus, sed Imperio parum idoneus, ibi labore fessus, opplessusq. vulneribus cecidit; tanto riferisce Dionisio, e lo conferma il Sabellico con queste parole, In Veliterno Agro cum Tullo Actio iusto, cruentoq. Bello concursum, ibiq. Actium Tullium fortiter dimicantem pluribus vulneribus acceptis, mortem occubuisse, etc.

Continovarono le Guerre de' nostri Volsci con scambievoli fortune, quali non racconto, perche voglio registrar solamente le particolari de' Velletrani, come fù quella al tempo del Dittatore Cornelio Cosso, che se bene fù Guerra mista di più Nationi, cioè Volsci, Latini, et Equi, vi s'aggiunsero specialmente le Genti di Circeio, e di Velletri, dice Livio, Volscorum Exercitus fuit, etc. Ad hoc Latini, Hernici accesserunt, et Circeiensium, et Coloni à Velitris. Havendo il Dittatore fatto Maestro di Cavalieri Tito Quintio Capitolino andò di persona all'oppugnatione di Essercito cosi formidabile; s'accampò in luogo avantagioso, e doppo gl'augurij superstitiosi, e sacrificij vani fatti à falsi Dei, si presentò la mattina per tempo avanti à suoi Soldati, che di loro arnesi s'armavano per la futura battaglia, per la quale aspettando stavano attenti il segno propostoli per ordine dell'istesso Dittatore. Questo con breve concione [p. 70 modifica]per darli coraggio, et animo al ben ferire, gli diede speranza della vittoria, e gli promisse, per li felici augurij havuti, il favore de' Dei. Finalmente doppo haver dato al Maestro de' Cavalieri gl'ordini necessarij, si diede principio alla zuffa. Furono in questa battaglia li Cavalieri Romani li primi à dar con impeto sopra la Fanteria de' Volsci, à quali cagionarono tanto scompiglio, e disordine, che n'apportò timore fino all'ultima schiera; onde li Soldati, che dovevano con l'armi in mano difendere la vita, la libertà, e la Patria, gettate l'armi altrove, si davano in fuga. Durò il conflitto fino alla notte, ne furono fatti molti prigioni, de' quali la maggior parte fù riconosciuta essere de' Latini, et Hernici; e perche non erano gente vili, e della plebe, si concludè che simili Soldati non potevano essere stipendiarij, ma franchi. Vi furono trovati alcuni Capi principali della gioventù nobile, ch'apportarono chiarezza, che li Volsci erano stati in questa sollevatione aiutati dalla Republica. Furono parimente riconosciuti alcuni di Circeio, e di Velletri, e mandati tutti à Roma, manifestarono à Senatori la loro sollevatione, Pars maxima captivorum ex Latinis, atquè Hernicis fuit, nec hominum de plebe, ut credi posseti, mercede militasse, sed principes quidam Iuventutis inventi, manifesta fide, publica ope Volscos hostes adiutos, Circeiensium quoquè quidam cogniti, et Coloniæ à Velitris, Romam omnes missi. La colpa maggiore di questa sollevatione fù de' Velletrani; quindi volendosi scusare, e richiedendo li prigioni, tutti hebbero da' Padri Senatori aspra risposta, ma più cruda, et aspra li Velletrani, et Circeiensi, Tristia responsa reddita, tristior a Colonis, e questo, perche essendo loro Cittadini Romani, havessero acconsentito, e con l'Armi, e col Conseglio alli danni di Roma, ch'era lor Patria, Quod Cives Romani Patriæ oppugnanda nefanda Consilia iniissent, seguita Livio, e perciò con poco gusto furono dal Senato mandati via gl'Ambasciatori senza li richiesti prigioni.

Non lasciarono però li nostri Volsci il naturale ardire, ma più inaspriti l'Anno seguente radunarono un'altro Essercito con la confederatione de' Lanuvini più copioso, e poderoso del primo. Questa levata di gente cosi repentina [p. 71 modifica]fù da' Romani sentita, e stimarono li Senatori, che fosse stata caggionata da' Velletrani, onde dissero, che se fossero stati castigati nella passata guerra, di sicuro non haverebbono suscitate nuove fattioni in dispreggio della Romana Repubblica, Id Patres rati contemptu accidere, quod Veliternis Civibus suis tamdiù impunita defectio esset. Si risolvè da' Senatori la Guerra contro Volsci; e se bene li Tribuni erano di contrario parere, nulladimeno erano cosi temuti li Volsci, e particolarmente li Velletrani, che tutte le Tribu ad onta de gl'istessi Tribuni approvarono contro Volsci la Guerra; et aspettando la creatione de' nuovi Tribuni con potestà Consolare, furono (trà gl'altri compagni restati alla Guardia di Roma) eletti Spurio, e Lucio Papirij. Questi condussero direttamente l'Essercito à Velletri, Insequenti anno Spurius, et Lucius Papirii novi Tribuni Militum Consulari potestate Velitras Legiones duxerunt, dice l'istesso. Furono li nostri aiutati da' Prenestini, con li quali sempre passò buona amicitia; si venne al fatto d'arme con la solita fortuna de' Romani; e perche la battaglia fù vicino à Velletri, li Volsci scorgendo il pericolo, che li soprastava, si missero con maturo consiglio in fuga verso la Città, dove e li Velletrani, e li Prenestini hebbero sicuro ricovero, Ita ut propinquitas Urbis hosti, et causa maturioris fuga, et unum ex fuga receptaculum esset. Era ben munita, e forte la Città di Velletri; perciò stimando li Romani, ch'il combattere non apportarebbe sicurezza di vittoria, ma più presto pericolo di perdita, fecero altra risolutione, Oppidi oppugnatione Tribuni abstinuere, quia et anceps erat, etc. Se ne scrisse perciò à Senatori in Roma, incolpandone più li Prenestini aussiliarij, che li Velletrani principali, et à quelli intimarono la guerra col conseglio de' Padri Senatori, e del Popolo. Li Prenestini coraggiosi congionti con li Volsci amici, et in particolare con li Velletrani, formato un buon'Essercito, pigliarono à viva forza Satrico de' Volsci, ma Colonia de' Romani, usando contro li defensori Romani grandissima crudeltà, che caggionò nel cuore de' Senatori dispiacere non poco, onde crearono subito Tribuno militare la settima volta Marco Furio Camillo. Nacque in Roma nell'istesso tempo un certo che di seditione, [p. 72 modifica]e fù per la strettezza, e rigore, che s'usava contro debitori, essendo Consoli C. Sulpitio Camerino, e Spurio Postumio, che risaputa da' Prenestini, e certi, che le discordie della povera Plebe non havevano permesso il descrivere l'Essercito; dichiararono i Capi della Guerra, e fatti animosi, con l'armi in mano, diedero il guasto alla Campagna Romana, e giunsero senza ritengo alcuno predando fino alla Porta Collina, con tanto gran timore de' Romani, che s'uguagliò à quello ricevuto da' Galli, quando giunsero al Capitolio. Fù per questo dichiarato Dittatore Aulo Sempronio, che radunato buon'Essercito, procurò di subito incontrar l'inimico, come fece nel Piano d'Allia, luogo celebre, ma infausto per la rotta, ch'una volta vi riceverono i Romani; si venne alla zuffa, nella quale restarono perditori li Prenestini, in tanto, che furono necessitati fuggire alla sicurezza della loro Città, e vi perderono alcuni Castelli della loro Signoria, senza che molto si contrastasse. Il Dittatore doppo haver ricevuta la vittoria, condusse il suo Essercito à Velletri, come Città confederata de' Prenestini, che doppo non molto battagliare, per non ritrovarsi ben munita, fù espugnata, Deincepsquè haud magno certamine captis, Velitras Exercitus ductus, ea quoque expugnata, et alla fine di Preneste ancora l'istesso fù fatto, come Livio narra, Tum ad caput belli Præneste ventum, id non vi, sed per deditionem receptum est.

Si conservarono nell'innato ardimento li nostri Velletrani, perche essendo nata gara in Roma trà li Tribuni, e li Patritij per la pretensione, che quelli havevano di fare eleggere un Console Plebeo, onde si trattennero l'Elettioni de' Supremi Magistrati da cinque Anni in circa, e si lasciarono in abbandono li più importanti affari della Republica. Da questo li nostri Velletrani divenuti più altieri, et invigoriti per l'otio di qualche tempo, scorsero, predando più volte il territorio Romano, e con molta bravura tentarono di pigliare Tuscolo. Erano i Tuscolani amici, anzi Cittadini Romani, e perciò ricorsero per aiuto al Senato. Sentito ciò, e li Padri, e la Plebe di simile novella si vergognarono non poco, che fù caggione di far nuovi Tribuni Militari, quali con prestezza radunaron'un'Essercito, e s'opposero [p. 73 modifica]a' Velletrani, li scacciarono dall'assedio, gl'inculcarono sin dentro le mura di Velletri, et assediarono la Città con maggior strettezza, che non havevano li nostri assediato Tuscolo, Veliterni Coloni gestientes otio, quod nullus Exercitus Romanus esset, et agrum Romanum aliquoties incursavere, et Tusculum oppugnare adorsi sunt, etc. Obsidebanturq. haud paulò vi maiore Velitræ quam Tusculum obsessum fuerat. Da' Tribuni, et Soldati assedianti non si fece cosa di rilievo, che fusse stata degna di memoria, stante il valore de' Cittadini, e fortezza della Città, Nihil ne ab vis quidem Tribunis ad Velitras memorabile factum. Quanto fosse grave quest'Assedio, si puol argomentare da questo, che li Romani non potevano celebrare li Comitij, se prima non tornavano li Soldati da Velletri, dove ne stava un grandissimo numero, cosa mai, o pochissime volte occorsa in altri assedij, Velitris in Exercitu Plebis magnam parte abesse, in adventum militum Comitia differre debere. Hor consideri il Lettore, quanto numeroso fosse l'Essercito de' Romani, qual fosse la fortezza della Città, e quanto il valore de' Velletrani. Si congregarono alla fine li Comitij, ne' quali si proposero molte cose, particolarmente la creatione di Dieci huomini in vece di Due, per le cose Sagre, che parte fossero della Plebe, e parte de' Patritij, ma niuna cosa si risolvè, se non doppo levato l'assedio da Velletri, Omnium earum rogationum Comitia in adventum eius Exercitus differunt, qui Velitras obsidebat. Ma perche li nostri Cittadini si portarono coraggiosamente in defender la Patria; scorse più d'un'Anno avanti, che senza frutto alcuno si levasse l'assedio, Priùs circumactus est Annus, quam à Velitris reducerentur Legiones. E fù così lungo l'Assedio, et à Romani noioso, che si cominciò a mormorare alla gagliarda, che la gioventù Romana stasse occupata, e trattenuta nell'Assedio di Velletri, come in Esilio. Così tra gl'altri richiami diceva Licinio Sesto, Deinde ablegatione Iuventutis ad Veliternum Bellum, perche tutte le Guerre terminarono, tutti li motivi de' Stranieri s'ismorzarono, e tutti li Popoli nemici si quietarono, solamente rimase l'Assedio di Velletri, quale stimavano ancora di sicura vittoria, benche di lungo tempo, Cum præter Velitrarum [p. 74 modifica]Obsidionem tardi magis rerum exitus, quam dubii, quietæ externæ res Romanis essent, tanto registra l'istesso Livio. Quello ch'io noto in questo Autore, è che per non registrare il valore de' nostri Cittadini, et il poco profitto de' Romani in questo assedio, sicome non poteva registrare la vittoria, ne meno hà voluto scrivere la di loro poco honorevole partenza, e perciò raggionevolmente il Loritho d'un tal silentio si maraviglia, dicendo Mirum cur non vel dissolutionis, vel expugnationis alicubi meminerit Livius.

Continuavasi l'Assedio in Velletri, e quantunque poi suscitassero nuovi rumori, e si facessero per altre parti levate di genti contro Romani, mai abbandonarono la nostra Città, tanto assediata, quanto odiata; perche sapevano li Padri del Senato molto bene quanto potente essa fosse; e se doppo molt'anni partirono, fù senza profitto; perche nel Cons. XCV. essendo Consoli Caio Fabio, e Caio Plautio, li Privernati, e Velletrani, come popoli non solamente di natione, ma d'amicitia, fecero grandissimo impeto in dar il guasto al Contado Romano, con danno notabilissimo della Republica, e fù in quel mentre, che li Tarquiniensi in un fatto d'armi roppero l'Essercito di Caio Fabio Console, e fecero un scelerato Sacrificio di Trecento, e sette Soldati Romani, crudeltà tanto horrenda, che più dispiacque al Senato, che la sconfitta dell'Essercito, Accessit ad eamdem Cladem, et Vastatio Romani agri, quàm Privernates, Veliterni deinde incursione repentina fecerunt, disse Livio.

Doppo Diecedotto anni, ne' quali molte Guerre si fecero trà Romani, Volsci, et altri Popoli, Lucio Annio Setino, e Lucio Numicio Circeiense, le Patrie de' quali erano Colonie Romane, givano sollevando li popoli, tanto della nostra Natione, quanto della Latina, e de' Confederati, fecero grandissima impressione ne' petti di molte genti; eccetto che de' Velletrani, e de' Segnini, che come generosi ricusarono tal'unione, non comportando il dovere, c'havessero à muovere le loro armi à richiesta d'altri, come solevano fare per la loro grandezza, Prætores tum duos Latini habebant, Lucium Annium Setinum, et Lucium Numicium Circeiensem, ambo ex Coloniis Romanis, per quos, præter Signiam. Velitàsque, et ispas Colonias Romanas, Volsci etiam exciti [p. 75 modifica]ad Armaverant, questo scrive Livio. Io non mi posso persuadere, che questi due Pretori fossero della Natione Latina differente dall'altre, ch'allora habitavano nel Latio, cioè Volsci, Equi, et Hernici, ma del Latio in commune, perchè Circeio era de' Volsci, cosi ancora Sezze, come s'è provato di sopra; nè haverebbono due Volsci tentata tal unione senza la participatione d'una Città cosi insigne, com'era Velletri. E Velletri, quando havesse considerata giusta, e raggionevole la motione dell'Armi contro Romani, non haverebbono ricusata l'impresa, che da quelli se gl'antiponeva.

Quanto sia vero, che solamente per honorati rispetti ricusassero i Velletrani di muover l'Armi à richiesta de gl'accennati Pretori, si puol dedurre da questo, che l'Anno seguente, essendo Console Tito Emilio Mamerco, e Quinto Publio Filone, si mossero li nostri Cittadini à favore di Pedo, come fecero ancora li Tiburtini, e Prenestini, Popoli amici, e confederati, e poco doppo li Lanuvini, et Antiati. Si venne al fatto d'Arme, nel quale li Romani restarono superiori, ma con non molto guadagno, perchè la Città restò intatta, e gl'Esserciti amici senza perdita. Si lasciò la Guerra per l'Anno seguente, e li nuovi Consoli proseguirono l'impresa contro Pedo. Non potevano l'altre genti del Latio formar campo reale, e far guerra aperta, perche per le passate rotte, havevano perduta quasi tutta la più bella gioventù, ne meno potevano sopportar la pace con la soggettione all'altrui Dominio; e tanto meno, quanto che quasi tutto il territorio della Regione, cominciando da Piperno sin al fiume Volturno, che scorre vicino alle mura di Capua, era di già stato pigliato, e distribuito, et assegnato alla Plebe: perciò con maturo conseglio risolverono di non muover guerra, ma solamente d'aiutare, e soccorrere quelle Città, che fossero state da' Romani, ò assalite, overo assediate. Tanto fecero à Pedo, al di cui aiuto andando gl'Aricini, li Lanuvini, e li Veliterni, gionti al fiume Astura, furono all'improviso, mentre s'univano con gl'Antiati, da Caio Menio Console combattuti, e rotti, Tiburtes, Prænestiniq. quorum Ager proprior erat, Pedum pervenere: Aricinos, Lanuvinos, et Veliternos Antiatibus Volscis se [p. 76 modifica]coniungentes ad Asturæ Flumen, Menius improvisò adorsus fuit. Sono queste parole di Livio. Fù questa una vittoria delle maggiori, c'havessero in quei tempi li Romani, perche per essa restò soggiogato tutto il Latio. Nec quievere antequam expugnando, aut in deditionem accipiendo singuals Urbes. Latium omne subegere, Ricevuta una tal vittoria li Romani, volsero mortificare con qualche risentimento, tutti quelli Popoli, che restarono nella passata Battaglia superati, et à chi un castigo particolare, et à chi l'altro fù dato à lor capriccio. Li Velletrani solamente furono con più severi trattamenti castigati. Li Lanuvini restarono astretti, che la loro Selva sacra dovesse per l'avvenire esser commune à Romani, com'anco il Tempio di Giunone Sospita, e se hebbero la Civiltà, fù con la perpetua soggettione al Popolo Romano. Gl'Aricini, li Numentani,e li Pedani furono trattati con le medesime conditioni. De' Tuscolani quelli pochi solamente furono castigati, che stimarono Capi della loro ribellione. A' Tiburtini, e Prenestini fù parte del loro Contado tolto, non tanto per caggione di questa Guerra, quanto, perche una volta gli havevano fatta lega con li Galli. A gl'Antiati furono tolte le Navi lunghe, e l'uso del navigare. A chi fù prohibito il comercio, à chi il poter apparentarsi insieme; in somma furono diversi li castighi dati à quelli popoli, à chi poco, et à chi molto. Velletri solamente, forse come più potente dell'altre Città, e di maggior contrasto à Romani, fù più severamente, e senza pietà trattata. Furono demolite le mura della Città, gettate à terra l'habitationi, et il Senato Veliterno confinato in Roma di là dal Tevere, con Decreto, che chi fosse gionto di quà dal fiume, pagasse mille Lire, ne potesse esser liberato, e sciolto da chi pigliato l'haveva, se non doppo pagato intieramente il denaro; ne' poderi de' nostri Senatori deputarono nuovi habitatori, che furono poi chiamati Coloni. E volendo l'Historico apportar la caggione di tanto rigore, per non dir lo sdegno, che portavano li Romani à Città così potente, et il dispiacere della grande, e lunga resistenza fattagli nel passato Assedio; dice, fosse, perche li Velletrani, essendo Cittadini Romani, tante volte s'erano ribellati; poteva pur dire, ch'à ciò gl'haveva introdotti [p. 77 modifica]il timore che gl'apportava, questa Città. In Veliternos veteres Cives Romanos, quod toties rebellassent, graviter sævitum, et muri desiecti, et Senatus indè abductus, iussiquè trans Tiberim habitare, ut eius quis eis Tiberim deprehensus esset, usquè ad mille pondo clarigatio esset, nec priusquam æere persoluto is, qui cœpisset, extra vincula captum haberet, in Agrum Senatorum Coloni missi. E vero però, ch'in breve tempo furono risarcite le mura, la città ripopolata con la Romana Cittadinanza, e con tutte quelle honorevolezze, che solveano concedere li Padri, e che godevano ancora l'altre Colonie, Quibus adscriptis, speciem antiquæ frequentiæ Veliternæ receperunt. La caggione, per la quale fossero risarcite le mura della Città, l'hò sentita da un curioso, che sia stata questa; perche un nostro Cittadino fece un servitio non ordinario in tempo di perigliosa guerra alla Repubblica Romana, tanto dal Senato Romano ottenne. In ciò mi riporto al vero, perche l'Autore, nel quale, dicesi, che vi sia registrato, non mi è capitato alle mani. Trovo ben si in Livio, che Piperno fosse con l'istesso rigore che Velletri maltrattata, De Senatu Privernate ita decretum, ut qui Senator Priverni post defectionem ab Romanis mansisset tran Tiverim, lege, qua Veliterni, habitaret, cosi termina Livio. Erano queste due Città, Piperno, e Velletri pari nella potenza, ambedue popolate, e principali de' Volsci; onde non sia maraviglia, se per la gloria, che mostravano, e lo splendore, che promettevano per l'avvenire, le fece uguali nelle sciagure, e nell'asprezza del castigo, Et era tanto lo sdegno de' Romani contro queste due Città, ch'incrudelirono ancora sopramodo contro Tuscolani, per havergli nelle passate guerre prestato aiuto; quindi dalla Tribù Pollia fù fatto Decreto (benche le Donne vestite di lugubre, con piccoli Bambini in braccio, et abbandonati di lagrime supplicassero misericordia, e pietà) che li Giovenetti di quattordeci Anni in sù, fossero con verghe battuti, e morti; e che le Donne, e li Fanciulli fossero all'incanto venduti sotto la Corona: Sentenza tanto stravagante, quanto cruda, ma dall'altre Tribù rivocata, Marcus Flavius Tribunus Plebis tulit ad Populum, un in Tusculanis animadverteretur, [p. 78 modifica]quorum ope, et consilio Veliterni, Privernatesq. Populo Romano Bellum fecissent. Scrive l'istesso Autore. Abbassate per tanto l'altere Cervici queste due insigni Città, respirarono li Romani; perche s'impose fine alle Guerre de' Volsci, più feroci, e più potenti nemici della Repubblica: e ben li fù necessario per la Guerra, che li fecero li Cartaginesi sotto la scorta, e comando d'Anibale, che gionse fin'alle Porte di Roma: la quale contro tutte le Nationi si fece conoscere Fortunata; onde con Plutarco si potè dire, che Roma era il vero Albergo dell'humana Fortuna, Postquam transmisso Tiberi ad Palatium appropinquavit, alas deposuit, Talaria exuit, ac infideli, et versatili illo globo misso facto, ita intravit Romam, ut mansura. E perciò come nota il Dempsero Roma si puol chiamare Città eterna, così scrive Ammiano Marcellino, Orphitus Præfecti Potestate regebat Urben æternam. E lo conferma Tibullo con li seguenti due versi.

Romulus æternæ nondum fundaverat Urbis
Mœnia consorte non habitanda Remo.

Note