Teatro Historico di Velletri/Libro I/Capitolo VII

Libro I - Velletri Capo de' Volsci

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Velletri Capo de' Volsci.
Cap. VII.


Sette Sono le Città insigni, che per testimonianza di gravi Autori, hanno goduto il Primato de' Volsci, in questa guisa (direi) che sette Città famose hebbero civil contesa, per essere stimate dal Mondo Patria del gran Poeta Homero, quindi, se di quelle da persona indifferente si lasciò scritto,

Septem Urbes certant docto quæ Patriæ Homero

Di queste parimente potrò dimostrare Io à qualunque sia curioso Letore, che,

Septem Urbes certant Volsca quæ Regiæ Genti

E se quelle furono Smirna, Colofone, Rodi, Salamina, Chio, Argo, et Atene. Queste sono Anzo, Eccetra, Ferentino, Piperno, Sessa, Terracina, e Velletri. Sono alcuni, che pretendono poterci connumerare Coriolo, e Fregelle, ma à mio giudicio s'ingannano, perche se bene furono Città principali in comparatione à molt'altre, e di quelle furono stimate come Capo, con tutto ciò non hebbero la [p. 79 modifica]preeminenza in tutto il Regno de' Volsci. In prova di quanto dico, per Coriolo, recitarò le parole di Dionisio, che facendo mentione di Postumio Cominio Console dice, Sequenti die cum Ecercitu Coriolos petiit Urbem nobilem, et quasi Caput Volscorum. E per Fregelle registrarò le parole di Strabone, che sono queste, Fregellæ nunc vicus, olim Urbs celebris, multarumq. iam dictarum caput.

Non voglio in questo luogo per narrar la grandezza di ciascheduna di queste Città far lunga tessitura, e noioso racconto d'Autori et antichi, e moderni, bastandomi far solamente vedere à curiosi, ch'ogn'una di esse ha il suo assertore patrocinante. Che Anzo sia stato Capo de' Volsci, l'asserisce Livio, che narrando come furono li nostri abbandonati da' Latini, et Hernici, debellati da Furio Camillo, doppo la presa de' Veij, e di Faleria, dice, Volsci abiectis armis, sese dederunt cæterum animus Ducis rei maiori Antio imminebat, id Caput Volscorum.

Per Eccetra ne fa chiara memoria Dionisio, che registrando la vittoria di Fabio Vibulano in Algido contro Volsci, et Equi, e la condotta del suo Essercito, dice, Non diù hic moratus duxit Eccetram, quæ tum Volscorum Caput erat.

Di Ferentino ne fà autentica il Sabellico, che scrivendo il Concilio fatto dà Volsci disgustati dà Romani per astutia di Tullo Attio, dice, che si radunassero in Ferentino. Qui suos longo agmine abeuntes ad Caput Ferentinum excipiens multa de præfesenti Romanorum iniuriam quæstus.

Piperno ha il suo vivente difensore, dico il Padre Teodoro Valle, che con molta eruditione prova esser stata questa Città Capo de' Volsci, et apporta quelle raggioni, che congionte con l'autorità, ha stimate bastevoli per honore della sua Patria.

Sessa vien protetta con l'autorità di Strabone, il quale facendo mentione della presa di questa Città dal figlio di Tarquinio Prisco Rè de' Romani (non sò se avanti, ò pur doppo la morte del Padre) dice, Filius eius Suessam cæpit Volscorum Caput.

Di Terracina ne fanno chiarissima fede le parole di Catone, et sono le seguenti, Volosci, quos vocamus Volscos, [p. 80 modifica]quibus Metropolis fuit Anxur, nunc Terracina. Di Velletri se ne farà chiara dimostranza seguentemente, per dire con Historica verità. Septem Urbes certant Volscæ, quæ Regia genti

Che Velletri ancor ella Città insigne habbia goduta questa honorevolezza, apertamente lo provarò, mostrando con autorità, e con raggione la verità. E d'avertire, avanti, ch'io dia di mano alle prove, che non nego l'altrui pretensioni, ne meno voglio pigliarmi briga di contrariare a' Scrittori moderni, et antichi, de' quali diversamente chi l'una, e chi l'altra delle accennate Città hanno registrato Regia, e Capo de' Volsci; ne tampoco intendo, che nell'istesso tempo Velletri insieme con l'altre ne fosse Capo, perche sarebbe stata una Repubblica, et un Regno mostruoso, e quasi un'Idra favolosa. Il Regno, ò Republica de' Volsci, per quanto s'è detto di sopra, soggetta a' furori Martiali, hà continuamente con l'adversità, e diversità della fortuna combattuto, e perciò hà variato l'Impero, e la Regia, et hora l'una, et hora l'altra Città col peso sostenuto della Guerra nemica, hanno goduto il nome di Metropoli, e Capo di Popolo così fiero, come da Dionisio si cava, che parlando d'Eccetra, dice, Quæ tum Volscorum Caput erat, tum, allhora cioè, e non sempre. Prima prova per la nostra Città è il superbo Tempio di Marte (del quale raggioneremo à suo luogo) Tempio principale, in cui s'adorava questo falso Nume delle Battaglie, come Dio tutelare della Natione Volsca; Era cosa ordinaria appresso qualunque Natione, ò Popolo, di alzare simili Tempi, ne' quali s'esibiva culto non ordinario al preteso Nume, e se più ve n'erano, in più Città si fabricavano Tempi sontuosi. Roma, benche con vana Religione, e culto s'adorasse, per un certo modo di dire, un'infinità d'Idoli, à quali alzarono Staute, et edificarono Altari, e Tempi; nulladimeno il Tempio di Giove fù il principale, in quello si facevano Sacrificij, et offerivano Voti; à quello s'applicavano spoglie, e particolarmente al Capitolino; quello era in cui spendevano le loro ricchezze, e tesori. L'Annio vuole, che il Nume Tutelare de' Romani fosse Romanesso, per l'augurio, e presaggio buono di tal nome: apportando in sua prova [p. 81 modifica]Plinio, che con gl'Autori da Verrio Flacco stimati, narra, che li Sacerdoti avanti alle guerre, e conflitti solevano invocare alle loro bramate vittorie quel Nume, alla di cui tutela stava quella Città, ò Castello, ch'essi espugnar volevano; e facevano superstitiose deprecationi, ferme promesse, e Voti deliberati di maggior Culto, e di più famoso Tempio appresso di loro Romani, che non haveva nel luogo, che si procurava di vincere; quali deprecationi sono registrate da Macrobio. Costume, che si conservava appresso Pontefici: e per questa caggione li Romani furono in ciò prudenti, et astuti, mentre non volsero, che mai si sapesse il nome del Dio loro Tutelare, temendo che li Popoli nemici non si servissero di quelle preghiere à danni loro, Verrius Flaccus (dice Plinio) Auctores ponit, quibus credat, in oppugnationibus ante omnia solitum à Romanis evocari Deum, cuius in tutela id Oppidum esset, promittiq. illi eumdem, aut ampliorem locum apud Romanos, cultumquè Durat in Pontificum disciplina id Sacrum. Constatq. ideò occultatum, in cuius Dei Tutela Roma esset, nè qui hostium similis modo agerent. L'istesso Plinio narra che tal secreto era affattp scancellato dalla memoria de gl'huomini; onde potevano star sicuri, che mai altri popoli nemici gl'haverebbero tolto il loro Nume Tutelare, e per conseguenza ne anco fatto acquisto della Città; e Valerio Sorano, c'hebbe ardimento di revelarlo, ne fù severamente punito. Roma ipsa, cuius nomen alterum dicere arcanis Ceremoniarum nepha habetur, optimaq. et salutari fide abolitum enunciavit Valerius Soranus, luitq. mox pœnæ. Da tutto questo potremo dedurre quanta fosse la moltitudine delli Dei de' Romani: perche, se per pigliare una Città, una Terra, facevano promesse, e voti al Tutelare di quelle, per mettere in esecutione le fatte promesse, e perciò terminata la Guerra, ricevuta la Vittoria, gionto à Roma il Vincitore, e rappresentato à Padri Senatori il voto fatto, si dava subito principio all'opra; così fece Camillo à Giunone, doppo la Guerra de' Veienti; così Marco Emilio all'istessa Giunone Regina, per haver vinto i Liguri; così Q. Fabio alla Fortuna Equestre, vinti li Cletiberi; così [p. 82 modifica]Caio Bibulco Censore, alla Salute vinti li Sanniti, e tutti gl'altri Capitani vittoriosi, come nelle Romane Historie si legge. Concludiamo, ch'ogni Natione, e Città haveva il suo Nume Tutelare, e per li Volsci era Marte in nostra antica lingua chiamato Mamerte, dice Festo, e stava in Velletri, come in Città Principale della Natione. Concedo, ch'in Anzo vi fosse il superbo Tempio della Fortuna, in Piperno di Diana; in Terracina di Giove Fanciullo; in Pometia di Feronia; di Giunone de' Gabij; di Matuta in Satrico, et in altre Città de' Volsci altri Numi, ben che bugiardi, follemente s'adoravano ; ma il Tempio di Marte Nume della Natione, come registra Svetonio, stava in Velletri. Secondariamente si prova l'intento per l'Amfiteatro, che stava in questa nostra Città,. Perche era costume nelle Città Metropoli, e Capi di Nationi, e Regni fabricar Amfiteatri con Portici, Archi, et altri ornamenti, e commodità, ne' quali li Gioveni della Natione s'essercitavano, nel maneggio dell'Armi, s'assuefacevano alle fatighe di Marte con lottare, schermire, lanciar Dardi, vibrar Aste; e facevano mostra del proprio valore in finto Agone, per rendersi in vera battaglia, contro nemici, tanto formidabili, quanto instrutti. Vi si facevano ancora li giuochi gladiatorij, si combatteva con Tori, Leoni, et altri fieri Animali, contro quali ogn'uno mostrava il suo ardire, il suo valore. Era il nostro Anfiteatro, con li Portici posteriori, e con tutte quelle commodità, che l'Architettura richiedeva, e che si bramava da' spettatori, che concorrevano à veder allegri, ò mesti Spettacoli. Chi l'edificasse, non ve n'è memoria: fù ben sì un tanto edifici, perche rovinoso stava, nell'Impero di Valentiniano, e Valente ristaurato da un tale Lolcirio Capo, e Rettore della Curia, come si puol vedere dalla seguente mal condizionata Memoria in marmo:

DD. NN. VALENTINIANO ET VALENTE SEMPER AUGUSTIS ....... LOLCYRIUS PRIN. CUR. ET ERITOR DUODENA PROPRIO SU .............. VETUSTATEM CONLAPSUM AT STATUM PRISTINUM REDUX ................. AMPHITEATRUM CUM PORTICIS POSTICIIS ET OMNEM FABRICAM ARENE NEPUS LOLCYRI PRINC. CUR. ET ANTE ERITORIS FILIUS CLAUDI PRINC. ET PATRONI CURIAE PRONEPOS MESSICOR .......... PRINC. FELICITER. [p. 83 modifica] Questa Pietra fù ritrovata in una Torre detta de' Foschi, hora de' Marcelli, e si conserva nel Palazzo Senatorio affissa nel Muro tra le due Curie Civili. Questo risarcimento fù fatto nel Pontificato di S. Damaso tra il CCCLXXV et il LXVIII. Anno della nostra Salute: nel quale morì Valentiniano, dice il Samoteo; overo nel CCCLXXV. come piace al Ciaccone. Terzo le sopr'accennate Guerre, è la prima, che si cominciasse con Romani dalla Natione Volsca, la paura della sua fortezza, il castigo severo, il fine delle Guerre caggionato a' Romani per l'abbassamento di Velletri, possono far prova di quello si pretende. Ma mi servirò dell'autorità (come hò fatto per l'altre) di più Autori. Adriano Romano dice, Belitre Caput antiquorum Volscorum, unde originem traxit Augustus primus Mundi Imperator. L'Anania con le medesime parole conferma l'istesso, dicendo, Belitri Capo de gl'Antichi Volsci, onde hebbe origine Augusto. E quelli Autori, che la chiamano insigne, Nobile, Celebre, Potente, e con altri simili encomij l'inalzano, parimente per Capo la confessano, cosi mi dò à credere, perche solamente à Capi di Nationi si convengono. Concludo dunque, che con la varietà della fortuna si variasse anco la Regia di popolo cosi feroce, e nemico al nome Romano, e con raggione le accennate Città debbano scambievolmente chiamarsi Capo, onde si possa dire,

Septem Urbes certant, Volscæ quæ Regia genti.


Note