Sotto l'Austria nel Friuli/Mariuccia/X. Dio non paga il sabato
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IX.
Dio non paga il sabato.
L’Oliva era andata a visitare sua cugina Mariuccia. La povera fanciulla non aveva saputo vincere il dolore che le aveva cagionato la partenza del suo Vigi. Se al primo accorgersi del suo amore, ella aveva tanto patito per paura di una passione infelice e contrastata, dopo, quando vide appianate le difficoltà, vi si era abbandonata con tutto l’impeto della giovane anima, ed amava come si ama una sola volta nella vita, di quell’amore che ha due sole uscite: o possedere o morire. Quando quella leva inaspettata le portò via il giovane amato, ella si senti come annientata, come percossa dal fulmine. Ogni suo sogno di felicità, ogni sua speranza venivano miseramente distrutti, ed ella tornava ad essere per lungo tempo e forse per sempre la povera serva di prima. Indarno cercava persuadersi ch’egli sarebbe potuto tornare a casa, fedele alle sue promesse: otto anni di servizio militare, otto anni di separazione erano per lei una condizione terribile.... E poi c’era la guerra di mezzo; la guerra che il suo Vigi andava a combattere in paese lontano, senza di lei, lontano da lei!... E se una palla lo colpisse!... Che cosa avrebbero valso allora le promesse del barone ch’ella ricordava non altrimenti che come una crudele ironia? Più morta che viva, ella lo vide partire, e la speranza d’un fortunato avvenire di cui il fidanzato le fe’ cenno nell’ultimo addio le accrebbe il martirio. Cominciò e dimagrare e divenne taciturna; inghiottiva più lagrime che bocconi, e la notte non poteva chiudere occhio; pur così indebolita si sforzava, per non perdere il pane, di sopportare il peso delle fatiche giornaliere, finchè un giorno sentendosi mancare totalmente le forze, si mise a letto. A maggiore strazio di quella povera anima, una voce segreta, dopo che Vigi fu partito, ne esacerbava i patimenti. Quella voce le diceva di continuo che Vigi non sarebbe mai più tornato, e che ella sola ne aveva la colpa, perchè era stata crudele con la sua povera cugina, e ora Dio la puniva! Non ardiva confessarlo a nessuno, ma le parole tremende dell’Oliva le sonavano sempre all’orecchio, e la vista della coltre nuziale e delle altre robe di lei le svegliava un tormentoso rimorso. Che le valevano quegli oggetti per conservare i quali aveva fatto tacere nel suo cuore ogni senso di compassione e di giustizia, ora che era stata abbandonata, ora che lui forse giaceva sulla nuda terra cadavere insanguinato? E fra tanto strazio ella non aveva neanche più il conforto della preghiera, perchè le pareva che il Signore non potesse usare a lei quella misericordia ch’ella non aveva avuto per la sua povera cugina.
Intanto vennero le nuove di un tremendo fatto d’armi a Vicenza, e la lettera nominava diversi giovani del paese rimasti feriti e ricoverati all’ospedale, ma non faceva cenno di Vigi. Allora le famiglie che si erano prima consolate credendo davvero alla fortuna dei loro congiunti andati a combattere, cominciarono a gemere e a imprecare alla maledetta guerra.
La Mariuccia già certa in cuore che il suo promesso sposo fosse morto, credeva che non glielo dicessero per compassione. Così quella sventurata si struggeva ogni giorno più, e tutti sentivano pietà di quel suo continuo deperire, ma più di tutti la Lisa, la figlia dei padroni di casa. Non le parlava del suo male, nè della sua sventura, perchè sarebbe stato un rincrudire la piaga; ma la circondava di mille delicate attenzioni, cercava di risparmiarle alcune fatiche o di rendergliele più lievi, e senza lasciarsi respingere dal suo ostinato silenzio, le teneva più che fosse possibile affettuosa compagnia.
Un giorno, sul finire dell’inverno, la Lisa, appena tornata da attingere acqua, andò a sedere accanto alla Mariuccia, che se ne stava tutta sola e rannicchiata nel canto del fuoco col viso nascosto fra le mani, e le disse:
— Non sai, Mariuccia, ch’è tornato Coletto? — Ella si scosse a quel nome e come trasognata fissò gli occhi abbattuti in quelli della compagna, ma senza rispondere una parola.
— Sì, sì, Coletto, — insisteva la Lisa — quel giovane muratore del vicino villaggio, che era in compagnia di Vigi alla sagra di Madonna di Strada quand’egli ti vide la prima volta....
— Tornato?... E come lo sai tu?
— L’han detto là al pozzo alcune donne pochi minuti fa. Ieri la sua famiglia ebbe avviso di andarlo a prendere con un carretto a Gorizia. Stasera sarà a casa.
— Ma lui, Lisa, lui.... non ritornerà.... ne sono sicura.
— Mio Dio! perchè affliggersi prima dell’ora? Son pochi giorni che ho veduto sua sorella.... Tutti i suoi sono in pena, si capisce, ma non disperano come te.
— Ah Lisa! non ha mai scritto, mai, e nessuno ha più saputo nulla di lui.
— Appunto per questo si deve sperare che sia vivo, perchè tutte le famiglie di quelli morti sono state informate.
— Ma sai, Lisa, che questo tuo discorso mi fa male? Oh! perchè vuoi mettermi in cuore una vana lusinga?
— Ma non è vana lusinga.... È ragionevole supposizione. Non ti pare che sarebbe bene andare a interrogare Coletto? Egli forse può darci qualche precisa informazione. Ma se tu non vuoi o non puoi venire con me domattina, ci vado io sola.
— No, no, ci andremo insieme. Chi sa che egli non sia stato presente a’ suoi ultimi momenti!... —
Il giorno di poi, che era domenica, le due ragazze andarono al vicino villaggio, a casa di Coletto, dove trovarono parecchie persone, alcune per semplice curiosità, altre per amicizia ed altre infine per lo stesso motivo delle due fanciulle. Coletto era seduto vicino al fuoco e narrava ad alta voce le sue terribili vicende di guerra a tutta quella gente che lo circondava. Al primo vederlo la Lisa e la Mariuccia rimasero come sbigottite, tanto era mutato d’aspetto! Gli mancava un braccio, aveva una gamba contratta e la faccia deturpata da ferite non ancor bene rimarginate. Egli riconobbe subito la Lisa, ma la Mariuccia dovè fissarla un pezzo prima che si risovvenisse di lei. Quando si fu un poco orizzontato:
— Anche voi, ragazze — disse loro con amara ironia — venite a congratularvi della bella fortuna che abbiamo fatta? Quando partimmo credevamo d’andare nel paese della cuccagna. Dovevamo ritornare di là ricchi come tanti Cresi, e portare in regalo alle nostre amorose gli anelli, gli orecchini ed altre gioie delle fidanzate e delle mogli dei ribelli!... Invece chi ci ha lasciato la vita e chi qualche membro come me. Quel ricco bottino che ci facevano passare dinanzi agli occhi della fantasia era un’abietta invenzione per farci andar lieti incontro alla morte. Ma benché conciato come vedete, posso dirmi fortunato se la racconto, perchè io credo d’essere il solo vivo di questo paese: gli altri, ragazze mie, sono tutti andati all’inferno. —
La Mariuccia diede un grido, e poi chiese con ansia angosciosa:
— E Vigi? il mio Vigi?... Ah, se l’avete veduto morire, riferitemi almeno le sue ultime parole! —
E nella disperazione s’era inginocchiata, e protendeva le mani tremanti come per implorare che parlasse.
— Siamo stati sempre insieme, e pur troppo l’ho veduto morire — rispose il mutilato. — Ma se non vi calmate un poco, povera ragazza, io non vi dirò altro, perchè mi parrebbe una crudeltà. —
Ella allora raccolse tutte le sue forze, le sue lagrime prorompenti, e muta e fredda come una statua, stette in ascolto.
— Fu nello stesso giorno — continuò il giovane mutilato. — Ci caricarono tutt’e due sul medesimo carro: io fui portato all’ospedale, lui mori per la strada. Il primo battesimo del fuoco l’avevamo avuto sotto Treviso, e non ne eravamo rimasti troppo sodisfatti, quantunque per quella volta il nostro reggimento l’avesse scapolata bella; ma a Vicenza fu un altro paio di maniche. Quei maledetti ribelli facevano tonare i cannoni in modo tale, che la fregola del ricco bottino ci passò subito. Vedevamo tornare indietro continui convogli di feriti; e chi versava sangue, chi pregava, chi bestemmiava, e i cadaveri ce li bruciavano lì sotto il naso. Quando venne la nostra volta di avanzare, noi eravamo più morti che vivi, e credo che in quel momento anche i più arditi avrebbero volentieri rinunziato a tutto l’oro delle città italiane ed essere invece nelle nostre montagne poveri disertori ricercati dai birri! Un battaglione di croati, pronti a tirarci nella schiena se non si ubbidiva, ci fece tornare in corpo il coraggio. Tutto ad un tratto un pezzo di mitraglia mi porta via questo braccio, e non ho tempo nemmeno di voltare il capo per guardare l’orribile ferita, che un altro pezzo con un fracasso d’inferno mi rovescia a terra, e mentre sto per venir meno, sento Vigi che bestemmiava. Quando tornai in me, mi trovai sul carro, e al mio fianco giaceva morto il mio povero amico. —
La Mariuccia, cogli occhi sbarrati, con la bocca aperta, pallida ed immota ascoltava l’orribile narrazione mentre la Lisa, che si rimproverava in cuor suo d’essere stata la causa di quell’immenso accrescimento di dolore, s’affrettava a condurla via. E la sventurata obbedì senza dir verbo, come bambina smarrita, e fece tutta la strada senza mai aprir bocca. Rientrata in casa, attese alle consuete faccende, ma come una macchina, finchè, venuta la notte, si ritirò nella sua camera.
Intanto la Lisa stava in gran pena, e non augurandosi niente di bene da quel tetro silenzio, stette un pezzo alla sua porta spiando con affettuosa sollecitudine, e quando le parve che fosse quieta, andò anche lei a coricarsi. S’era allora allora addormentata, quando un urlare prolungato e pieno d’angoscia le ruppe il sonno e la fece balzare spaventata dal letto; anche gli altri di famiglia si destarono ed accorsero in camera della Mariuccia d’onde partivano quelle acutissime strida. La trovarono in camicia, rannicchiata in un angolo, stralunata, che si strappava i capelli e si torceva le dita. Era ghiaccia, batteva i denti, ed era tutta scossa da una convulsione così terribile, che le impediva di parlare. S’accorsero che aveva una forte febbre, e spaventati andarono per il medico, mentre la Lisa s’ingegnava di farla tornare a letto e vi riusciva; ma non v’era modo che la misera potesse riscaldarsi. La buona fanciulla nel vederla in quello stato deplorabile, lagrimava sommessa, e la carezzava e cercava di ravviarle i capelli arruffati. Quantunque priva di conoscenza, pareva tuttavia sentisse, come per istinto, il piacevole effetto di quella mano pietosa, tant’è vero che si andava a poco a poco quietando.
Venne il medico. Fin da quando si erano manifestati i primi sintomi della malattia, egli ne aveva fatto un cattivo pronostico, ed ora la trovava di molto aggravata. Nella notte fu còlta da una specie d’improvviso delirio, e il medico, chiamato di nuovo, disse alla gente di casa che c’era poca speranza, e che quando fosse tornata in sè, sarebbe stato bene avvisarne il curato.
Quando il giorno seguente quella meschina vide entrare in camera il sacerdote, accadde una scena tremenda. Diede in ismanie feroci, gridando come un’ossessa ch’ella era dannata, e che non voleva confessarsi.... Invano il prete cercò di calmarla adducendo tutti gli argomenti che suggerisce la religione.
— Via! via! — urlava l’infelice. — Che venite adesso a parlarmi di Dio? Dio, io l’ho rinnegato il giorno che ascoltai voi, prete sacrilego, predicar dall’altare che noialtri potevamo approfittarci della roba dei ribelli. Che l’incendio e il saccheggio erano giustizia!... Non mi toccate! Le vostre mani grondano sangue.... È il sangue dei traditi che vi hanno creduto! L’ultima sua parola è stata una bestemmia! È morto dannato.... Adesso brucia nel fuoco eterno! E voi venite a predicarmi la misericordia di Dio? Non v’è più misericordia.... Se anche ci fosse, io non la voglio! — E bestemmiava, e malediva l’ora della sua nascita.
La padrona di casa scandalizzata era fuggita, turandosi le orecchie, e anche gli altri si erano raccolti inorriditi in fondo alla camera. La sola Lisa era rimasta vicina all’amica e piangeva col viso nascosto fra le mani. Il sacerdote aveva intanto intonato le litanie, e la sua voce monotona e quella degli astanti, che rispondevano in coro l’ora pro nobis, coprivano quella di lei ormai affievolita dal lungo sforzo.
— Contro di me, Vigi? Contro di me che ti ho tanto amato? — diceva affannosamente quella sventurata. — Giorno e notte pensavo a te!... Per esser tua un solo momento avrei dato la mia vita, l’anima mia! Oh! guarda come mi son consumata.... Quel fiore che tu mi hai donato a Madonna di Strada, io l’ho ancora qui.... Se tu sapessi con che disperato affetto io me lo poso ogni notte sul cuore!... Ti ho amato più di Dio.... più della giustizia! Sono stata colpevole per troppo amore! Ma tu non devi rimproverarmelo, oh no! non tocca a te! È quel prete infame, che, con le sue prediche, ci ha traditi. Ed ora che mi sono dannata per avergli creduto, ardisce venir qui a insultarmi con le sue vane preghiere! — E in un nuovo impeto di furore si cacciò le mani nei capelli e rovesciatili sugli occhi prese a strillare disperata: — Vi ho pur detto ch’è inutile pregare! Sono dannata; e per me non v’è più nè misericordia nè perdono. Uscite! — Fece quella intimazione con tale accento, che tutti ammutolirono ed uscirono.
Nessuno ardiva più entrare in quella camera, dove pareva fosse caduta la maledizione del cielo. Solamente la Lisa non ebbe cuore di abbandonarla, e benché afflitta ed abbattuta, continuava con affettuosa sollecitudine a prestarle le sue cure. Talvolta l’ammalata, vaneggiando, la respingeva dicendole ogni sorta d’ingiurie; tal’altra, vinta da quell’umile costante affetto, pareva tornare in sé, e si gettava a piangere tra le braccia di lei. In uno di questi lucidi intervalli, mentre teneva la fronte appoggiata alla spalla della Lisa, e questa con infinita compassione accarezzava quel povero corpo di già consumato, le disse:
— Sorella, ancora un po’ di pazienza e poi avrò finito di tormentarti.... Oh, se tu sapessi come io desidero di morire!... Ma prima tu devi farmi una grazia. Io avevo una cugina, l’unica parente che una volta mi volesse bene.... Orfana, fin dai primi anni, fui raccolta qui per carità da tua madre. Tu sai, Lisa, ch’io non ho nessuno in questo mondo! — Dopo una breve pausa, durante la quale tutt’e due le fanciulle singhiozzavano, la Mariuccia riprese a dire: — Un giorno ella venne a cercarmi.... Le avevano bruciata la casa, ed ella, ridotta con le sue creature nell’estrema miseria, viveva elemosinando. Ebbene, con lei, che quando stava bene s’era più volte ricordata di me, io fui crudele, Lisa! Quelle robe che sono là in quell’armadio erano sue: io le aveva comperate dagl’infami che hanno saccheggiato il suo paese, e non gliele volli rendere.... e la lasciai partire, senza curarmi della sua disperazione. Ora Dio mi ha punita! Mi figuravo che quella dovesse essere la mia coltre nuziale.... invece Vigi è morto, e io lo raggiungerò tra poco. Ma prima di andare all’eternità, vorrei rivedere l’Oliva, restituirle le sue robe e implorare il suo perdono. —
Lisa le promise di far subito ricerca della donna. A Jalmicco ebbe notizia del luogo dove si trovava. Saputo di che si trattava, l’Oliva, consigliata dalla buona signorina, diede ad allattare il bambino, e venne al letto della morente. Appena la Mariuccia la vide, fece un gesto di gioia ed esclamò:
— Grazie, Oliva, che sei venuta. Io temeva che tu non volessi più saperne di me, e di dover morire senza poterti dimandar perdono! — E in atto supplichevole le stese le braccia scheletrite.
Oliva commossa non poteva parlare, e guardava quella faccia pallida, cadaverica, che non era quasi più riconoscibile. La povera morente vide negli occhi d’Oliva quel doloroso stupore, e le disse:
— Che differenza, eh, Oliva, da quando ci siamo vedute, l’ultima volta! Io era bella allora, ma ero brutta dentro l’anima, e perciò non ascoltai né le tue ragioni né le tue lagrime.... Oh, ma il Signore ti ha vendicata! Da quel momento quante disgrazie sono piombate sul mio povero capo! Egli ha fatto giustizia fra noi due.... Adesso eccomi ridotta in fin di vita. Da questo letto io non mi alzerò più.... Oh, dammi un bacio e dimmi che mi hai perdonato!
— Possa così Iddio perdonarci tutt’e due — disse l’Oliva; e la strinse al seno con tutta l’espansione dell’affetto. Ma la Mariuccia turbata mormorò:
— Oh, non parlarmi di Dio! Io non posso più sperare nella sua misericordia.... La mia sorte è stabilita.
— Che dici mai, sorella mia? Anzi noi dobbiamo pregarlo insieme. Possibile che egli non ti ascolti? Io credo che voglia anche ridonarti la perduta salute. Chi più di me tribolata, quando fuggita dal villaggio in fiamme, mi trascinavo per i campi con le mie povere creature? Ero incinta, priva di tutto.... e taluni, non so se cattivi o ignoranti, erano venuti a dirmi che mio marito l’avevano fucilato. Tre giorni stetti in quell’orribile angoscia, e credetti d’impazzare, ma non disperai; e nella preghiera, nella fervida preghiera trovai sollievo. Io pregava che quella terribile notizia non fosse vera, ed il Signore mi esaudì: mio marito era vivo. Né ebbi soltanto questa grazia: Dio mi diede anche il coraggio per sopportare tutti i dolori di quella misera vita; e poi quando gli parve ch’io avessi patito abbastanza, mandò a consolarmi un angelo celeste, sotto le forme di una bella e buona signorina. Ella venne a trovarmi nel fienile, dove giacevo abbandonata da tutti, e mi soccorse largamente e tenne a battesimo la mia creaturina, né contenta di ciò, raccolse me, i miei figlioletti, mio marito e ci diede da vivere e da lavorare. Oh, non manca, no, la Provvidenza a chi la invoca di cuore!... Senti — soggiunse l’Oliva dopo una breve pausa — finché tu sarai malata, io starò qui con te. Ma noi dobbiamo fare insieme un voto, e se il Signore ci esaudisce, quando sarai guarita andremo insieme a Udine alla Madonna delle Grazie a far le nostre divozioni. — La malata sorrise con tanta amarezza, la quale voleva significare che nel suo cuore non vi era altra speranza che quella di morire.
— Dunque, prometti?
— No! — rispose.
— Ma perché, buon Dio?
— Perché io non guarirò!
— Dio solo lo sa.
— E poi.... io non desidero affatto di guarire.... Da gran tempo io vivevo solamente per lui! E ora lui è morto.... Se tu non avessi né figlioli né marito né alcuno che ti amasse, che rimarresti a fare in questo mondo?
— A piangere e a pregare.
— Inutile! — disse la Mariuccia; e cominciava a turbarsi e a guardare stralunata.
— Oh, non dir così! — la scongiurava l’Oliva — non dir così, chè mi fa male a udirti. Una volta tu mi volevi bene....
— Ancora te ne voglio.
— E allora quiètati per amor mio! —
Ma la fanciulla non l’ascoltava, e agitata da un terribile pensiero, si torceva le dita gridando:
— Oh! la guerra maledetta!... Ve l’hanno adescato con false e infami promesse.... ed egli, Oliva, egli che non aveva mai torto un capello a nessuno, che non aveva il coraggio di uccidere una mosca, egli è corso a scannare i fratelli come si corre a un festino! L’avevano talmente ubbriacato, che quando partì poté lasciarmi senza piangere.... In quell’ultimo addio non ci siamo nemmeno abbracciati!... E Dio ha permesso ciò perché io fui crudele con te. È per colpa mia ch’egli arde ora nell’inferno.
— Ma come puoi, Mariuccia mia, proferire simili bestemmie? Non sai che la misericordia del Signore è infinita? Io non so parlare perché sono una povera donna senza istruzione, ma se fosse qui il nostro buon parroco di Jalmicco, egli, sì, saprebbe persuaderti che a noi non tocca entrare nei giudizi di Dio....
— Oh, ti prego, lascia stare i preti! — fece la Mariuccia desolata. — Le loro prediche mi hanno fatto diventare cattiva.
— Può essere — replicò allora l’Oliva — che qualcuno de’ vostri preti, traviato dalla passione, vi abbia detto parole di sangue; ma non sono mica tutti così! Se tu conoscessi quello che ti ho nominato; se tu avessi veduto con quanta carità egli ci assisteva in quel terribile momento!... La sua canonica era bruciata, egli era ridotto povero e nudo come noi, e nondimeno sempre con noi a dirci parole di conforto, a soccorrere come poteva i poveri malati. — E tanto le parlò della virtù di quell’esemplare sacerdote, che finalmente la malata mostrò desiderio di vederlo. L’Oliva andò subito in traccia di lui, ed egli corse premuroso al capezzale dell’inferma. Le disse parole di pace e di perdono, quali ella da gran tempo non aveva più sentite. La sua vita di sacrificio e l’intemerata sua fama accrescevano autorità al suo santo ministero. Ascoltò con pazienza tutti i dubbi che travagliavano quella povera anima; lasciò che gli narrasse tutta la storia del suo infelice amore; e quando con molte lagrime ella confessò il suo peccato e la disperazione in cui era caduta:
— Figliuola, — le disse — la misericordia di Dio non ha confini e le sue vie sono spesso alle nostre menti ristrette impenetrabile mistero. Fra quegli stessi uomini sanguinari che sono venuti nel nostro paese a spargere la desolazione e la rovina, io ho veduto più d’uno che piangeva il male fatto dai suoi feroci fratelli. Ho veduto un croato inginocchiarsi dinanzi alle nostre immagini mutilate, battersi il petto e deporre sul nostro altare il suo obolo. E quella lagrima e quell’obolo certo Iddio non li avrà lasciati andar perduti; forse saranno seme destinato a redimere, quando che sia, quella povera nazione abbrutita, che ora si fa strumento di chi opprime. Dio conta tutti i battiti del nostro cuore, e siccome sei stata buona nel passato ed hai molto sofferto, Dio misericordioso ti terrà conto di quel tempo. Anche l’uomo che amasti era stato un giovane onesto e di buoni costumi, e Dio gli avrà perdonato l’estrema bestemmia. Tu rivedrai un giorno nell’altra vita, vita di eterna pace e di eterno amore, colui che quaggiù ti aveva data la sua fede. —
Ella pianse a calde lagrime, e prima di ricevere il Viatico mostrò desiderio di chiedere perdono a tutti quelli che aveva scandalizzati. Ma il sacerdote temendo che in quello stato di estrema debolezza in cui la vedeva, la troppa commozione potesse riuscirle fatale, non glielo permise, ma le promise di adempiere per lei quell’atto di cristiana umiltà. Sul far dell’alba la comunicarono. Nella camera c’erano la Lisa e l’Oliva sole; la padrona di casa non aveva osato entrare per paura di disturbarla, e piangeva inginocchiata sulla porta. La febbre era di nuovo aumentata, ed ora quella faccia così colorita dall’alta temperatura del sangue era veramente graziosa: pareva che nelle sue ultime ore essa avesse voluto far mostra di tutta la sua passata bellezza; e gli occhi le risplendevano, come la fiamma che prima di estinguersi manda più viva la luce. Dopo ricevuta l’estrema unzione andò sempre peggiorando, di modo che a momenti usciva fuori di sé, e allora tornava col pensiero al suo fidanzato e gli parlava come se fosse stato presente.
— Non andare in collera, Vigi! Vengo subito, Vigi.... Vedi, sono già vestita.... Ah, poveretta me! mi dimenticavo di appuntarmi nelle trecce quel garofano che mi desti a Madonna di Strada. Guarda com’è sempre bello! Pare còlto ora ora.... L’ho fatto rivivere io a forza di lagrime.... Aiutami, Lisa. — E con la mano pallida si cercava fra i capelli. — Ora son pronta: andiamo!... Ma dov’è tua madre? Non voglio mica partire senza salutarla e ringraziarla. Mamma! o mamma, perché non venite a darmi la vostra benedizione prima che vada all’altare? Io ero una poverina, nuda e abbandonata da tutti, ed ella mi raccolse e m’insegnò a guadagnarmi onoratamente il pane. Se Vigi oggi mi sposa, è in grazia di lei.... Oh, voglio vederla! Tutti mi han perdonato: perfin l’Oliva. Anch’ella deve perdonarmi. Son tornata a pregare il Signore.... Era tanto tempo.... Ah! la testa mi gira.... non reggo più.... Ma perché tutte quelle candele accese? E una croce nera? Questo corteo non è da nozze.... Per carità, non pregate in tono così lugubre! —
Quand’era proprio in fine, parve ritornasse in sé, perché volle baciare il Crocifisso e disse alla Lisa:
— Prega per me, che già sono moribonda! — Poi vedendo l’Oliva che piangeva, scosse la testa, e: — Non piangere, che ormai la morte è un bene per me. Finisco di patire! — E di lì a poco, stendendole la mano: — Quando sarò sottoterra, ti ricorderai qualche volta di me, non è vero, Oliva? Ma.... senza rancore! —
Oliva straziata si chinò sopra di lei, e, più con le lagrime che con le parole, le disse tutto il suo affetto e tutto il suo dolore; e avrebbe voluto stringerla al seno, ma non osò temendo le restasse fra le braccia. Il sacerdote vide l’amore profondo che legava per sempre quelle due povere anime purificate dal dolore, e ripensando all’odio che prima le aveva divise, esclamò commosso volgendo gli occhi al cielo:
— Grazie a te, buon Dio, che nella tua misericordia confondi l’opera crudele dei nostri nemici che hanno seminato l’odio, diviso i fratelli dai fratelli.... Oh! sì — soggiunse con calore rivolto alle due sventurate — sì, figliuole, i nostri cuori sono fatti per amarci e perdonarci a vicenda. E in questo solenne momento che la morte sta per consacrare, noi vogliamo, noi dobbiamo pregare insieme per il nostro povero paese. E voi, l’una nelle braccia dell’altra, pregate perchè cessino una volta le ire funeste che lo hanno così miseramente lacerato; perchè i fratelli si ricordino dei fratelli che hanno comune la lingua e la patria, e perchè il Signore finalmente ci conceda di abbracciarci tutti in un solo pensiero di unione e di amore!
— Sì, il Signore ci unisca tutti nel perdono, nell’amore e nella pace — disse con un fil di voce la morente; e dopo un momento, come persona stanca, si addormentò per sempre.