Sentenza Tribunale di Milano - Caso Mills/3.1

La confessione

../2.4 ../3.2 IncludiIntestazione 22 maggio 2009 75% diritto

2.4 3.2



[p. 139 modifica] Il 20 gennaio 2004 Mills e la sua consulente Sue Mullins venivano informati da Inland Revenue dell’avvio di un accertamento relativo alla dichiarazione dei redditi dell’imputato per l’anno fiscale terminato il 5 aprile 2002, in particolare anche alle somme che risultavano entrate nel suo patrimonio a titolo di interessi, come si è già scritto nel capitolo dedicato al dividendo Horizon.

Si è anche già vista la reazione preoccupata di Mills, la sua richiesta di incontro con Drennan, la lettera del 2 febbraio 2004 che, al termine dell’incontro, Mills gli consegnava.

Va ora ripreso il contenuto di tale lettera, convenzionalmente nota per il suo incipit “Dear Bob”, nella parte fino ad ora non esaminata, e che attiene allo specifico motivo di preoccupazione di Mills.

Infatti, dopo aver riferito del dividendo percepito nel 1996 e allora depositato in un conto vincolato, poi suddiviso, nel 2000, con i soci dello studio Withers, Mills lamentava di aver “assunto tutti quei rischi e quelle spese per un così magro compenso” e continuava1:

“Il costo più grosso fu quello di lasciare Withers. Non mi fu chiesto di lasciare ma mi sentivo decisamente a disagio lì – non da ultimo perché i miei soci di Mackenzie Mills si erano accaparrati la maggior parte dei benefici a costo zero – tanto che non potevo davvero restare. Nel 1998-1999 e 2000 lavorai autonomamente ed era evidente che i processi sarebbero proseguiti, ci sarebbero stati avvocati da pagare e ci sarebbe sempre stato il rischio di essere accusato di qualcosa – che è proprio quello che sta per succedere ora, in seguito all’ultima indagine della quale sei al corrente.

Io mi sono tenuto in stretto contatto con le persone di B [“the B people”] e loro conoscevano la mia situazione. Erano consapevoli, in particolare, di come i miei soci si fossero intascati la maggior parte del dividendo; sapevano bene che la modalità con la quale io avevo reso la mia testimonianza (non ho mentito ma ho superato passaggi difficili [“I turned some very tricky corners”, letteralmente: “ho fatto delle curve pericolose”], per metterla giù delicatamente [“to put it mildly”: “per usare un eufemismo”]) avesse tenuto Mr B fuori da un sacco di problemi che gli sarebbero ricaduti addosso se solo avessi detto tutto quello che sapevo [“a great deal of trouble that I would have landed him in if I had said all I knew”]. [p. 140 modifica]All’incirca alla fine del 1999 mi fu detto che avrei ricevuto dei soldi, che avrei potevo considerare come un prestito a lungo termine od un regalo. 600.000 dollari furono messi in un hedge fund e mi fu detto che sarebbero stati a mia disposizione, se ne avessi avuto bisogno (i soldi furono collocati nel fondo perché la persona collegata all'organizzazione di B era qualcuno con il quale avevo discusso in molte occasioni di questo fondo e si trattava di un modo alternativo [“a roundabout way”, “un modo indiretto”, letteralmente “facendo un giro intorno”: nella viabilistica il termine significa “rondò”], per rendere disponibile la somma).

Per ragioni [loro proprie] (io in quel momento ero ancora un testimone dell'accusa ma la mia testimonianza era già stata resa), era necessario che tutto fosse fatto con discrezione. E questa era una strada indiretta per raggiungere lo scopo [“And this was a roundabout way”].

Alla fine del 2000 volevo investire in un altro fondo e la mia banca mi fece un prestito per l’ammontare, garantito dalla mia abitazione, etc., di circa € 650.000. Io l’ho ripagato liquidando i $ 600.000. Allego una copia del conto in dollari .

Consideravo il pagamento come un regalo [“as a gift”]. Di cos'altro poteva trattarsi? Non ero un loro dipendente, non li rappresentavo, non stavo facendo nulla per loro, avevo già reso la mia deposizione, ma sussisteva ancora il rischio di futuri costi legali (così come ce ne erano già stati) e di una grossa dose di ansia (che c’è certamente stata). La faccenda proseguiva da otto anni. Il mio contatto era consapevole del fatto che la mia capacità di generare reddito era stata danneggiata e nel 1998 e 1999 fui in grado di inviare fatture a certe società, fatture che furono pagate ed aumentarono il mio reddito. Ma questo era diverso.

Dal momento che ero sicuro del fatto che la mia posizione fiscale relativamente al capital gain [“CGT”, Capital Gain Tax] fosse complessivamente negativa, stupidamente ho dichiarato nessuna transazione. Se qualcuna di esse fosse guardata da vicino (ad esempio, da dove arrivavano i soldi per comprare le azioni della Centurion?), sono ovviamente preoccupato di come comportarmi e gestire al meglio questa situazione.

Allego i documenti fondamentali.

Sinceramente

David Mills”


Si è già visto che Robert Drennan nel corso dell’incontro aveva preso appunti, e Mills gli aveva impedito di continuare, dicendogli che gli avrebbe consegnato una lettera, quando avevano iniziato a parlare del dividendo Horizon: all’evidente fine di non lasciare altre tracce scritte di quanto egli stava raccontando, oltre a quanto aveva meditatamente scritto. [p. 141 modifica]Nel corso della sua deposizione Drennan, in relazione a questo specifico argomento, ha riferito quanto segue.

Mills, quando aveva iniziato a parlare delle questioni fiscali, aveva espresso preoccupazioni in ordine alla divulgazione del fatto che avesse ricevuto 600.000 dollari, sia in relazione alla propria salute, sia perché pensava che se la cosa fosse comparsa sulla stampa britannica sarebbe diventata nota anche all’Autorità giudiziaria italiana.

Raccontando i fatti descritti nella lettera che poi gli avrebbe consegnato, Mills si era espresso in modo sostanzialmente analogo a quanto scritto: “'aveva provato la sua lettera come avrebbe fatto un bravo attore, stabilendo ciò che mi avrebbe detto, l’ordine in cui avrebbe espresso le sue affermazioni, l’ordine che avrebbe usato con me”.

Dava l’impressione di essere agitato e preoccupato: mi espresse la preoccupazione che, se avesse rivelato la somma alle Autorità tributarie, avrebbe dovuto pagare delle tasse che non aveva messo in conto di pagare. Quella non era però la sua preoccupazione principale. La seconda preoccupazione è che, laddove la vicenda fosse diventata di dominio pubblico, la sua mancata dichiarazione di quell’importo ai fini fiscali e il fatto che lo aveva preso dal gruppo di Berlusconi o da persone associate ad esso avrebbero avuto conseguenze gravose sulla carriera ministeriale di sua moglie. Era molto preoccupato al riguardo e non voleva che ciò si ripercuotesse sulla carriera della moglie o sul suo Governo. In terzo luogo, si disse preoccupato del fatto che le Autorità italiane avrebbero interpretato, erroneamente a suo dire, l’esistenza di un legame tra i 600.000 dollari datigli dal gruppo Berlusconi e la sua testimonianza nelle Corti italiane, vedessero un collegamento fra i 600.000 dollari che gli erano stati dati dal gruppo Berlusconi e la sua testimonianza resa presso il Tribunale italiano”.

In relazione ai contatti avuti con persone del “Gruppo Berlusconi”, Mills aveva detto di aver incontrato Carlo Bernasconi, e non aveva fornito alcun dettaglio ulteriore rispetto a quanto scritto nella lettera: gli era stato detto che “avrebbe ricevuto una somma di denaro che avrebbe dovuto considerare come un prestito a lungo termine o come un regalo”.

Aveva raccontato anche di una riunione con Carlo Bernasconi a Milano nel ’99, e di tale riunione aveva riferito esattamente quanto è scritto nella lettera, ripetendo anche “la sua storia strappalacrime”: che lui a causa del processo aveva dovuto sostenere delle spese, il suo reddito era stato intaccato dalle spese legali e si trovava in difficoltà economiche.

Quando Drennan aveva cercato di capire meglio se i 600.000 dollari potevano esser considerati un regalo di Bernasconi, con cui Mills aveva dichiarato di aver intrattenuto non un’amicizia personale ma un rapporto d’affari, Mills gli aveva detto che questi era certamente un funzionario di alto livello nel “Gruppo Berlusconi”, che aveva certamente un buon stipendio, ma non pensava avesse [p. 142 modifica]un grande patrimonio oltre al proprio reddito, negando che per lui “600.000 dollari in tasca fossero come spiccioli”. Per questo avevano concordato che “l’ipotesi plausibile” fosse che il denaro proveniva dal “Gruppo Berlusconi”, con cui Mills aveva avuto rapporti professionali, e non da Bernasconi.

Per il medesimo motivo, anche dopo l’incontro di Mills con Barker, era stato espresso il parere che si trattasse di un’entrata soggetta a tassazione, derivante dai rapporti professionali di Mills con il gruppo Berlusconi. Mills non aveva detto di non essere d’accordo, non aveva neppure mai detto che si trattava di un regalo personale di Bernasconi: aveva solo ripetuto di non sapere quale fosse l’origine del denaro, arrivato “mediante Bernasconi” o di cui “fu informato da Bernasconi”.

Avevano dunque concordato che queste circostanze dovessero esser comunicate al fisco inglese, che Mills dovesse dichiarare: “ho ricevuto una somma di danaro dal Gruppo Berlusconi”.

In relazione al possibile collegamento fra la somma di danaro e la testimonianza resa in Italia, Mills si era pronunciato in termini simili a quanto scritto nella lettera: “loro sanno anche abbastanza il modo in cui ero stato in grado di dare la mia testimonianza”, senza dire bugie ma superando “momenti molto critici”, e così tenendo “il signor Berlusconi fuori da un mare di guai in cui l’avrei gettato se solo avessi detto tutto quello che sapevo”.

Mills aveva manifestato “la sua preoccupazione che i procuratori italiani … avrebbero interpretato male tale pagamento come collegato a un pagamento da lui accettato da un imputato in un processo nel quale lui aveva testimoniato con la pubblica accusa”. Egli era preoccupato del fatto che la comunicazione al fisco avrebbe potuto determinare l’inizio di un procedimento in Italia, perché in base alla legge inglese e alla normativa antiriciclaggio il fisco avrebbe potuto segnalare il fatto all’Autorità italiana.

In particolare Drennan era anche preoccupato che l’indagine di Inland Revenue avesse potuto avere origine da una qualche comunicazione relativa al “regalo” ricevuto nel 1999: era noto a ogni professionista che le banche avevano l’obbligo di riferire in ordine agli accrediti di somme superiori alle 10.000 sterline.

Da quanto Drennan aveva capito, nel corso della riunione Mills aveva voluto “enfatizzare” il fatto che il denaro non aveva niente a che fare con la deposizione che aveva reso: era questo che Mills voleva che fosse chiaro, quello che intendeva comunicare.

Circa il percorso fatto dal denaro, a Drennan era stato detto solo che esso era stato immesso nel Torrey Fund “da fonti a lui ignote. Mi riferì che Carlo Bernasconi gli disse che questa somma di denaro si trovava lì. Non mi ha detto in che modo ha avuto accesso ad essa, solamente che poteva considerarla un prestito a lungo termine che non avrebbe dovuto rimborsare o come un regalo”. [p. 143 modifica]Quanto alle modalità di rientro della somma nel Regno Unito, Mills aveva riferito di aver prelevato la somma dal fondo Torrey ed averla investita in un altro fondo, che poi (e qui i ricordi di Drennan si confondevano con quanto appreso poi dalla stampa) aveva venduto per estinguere un’ipoteca.

Mills nel corso dell’incontro aveva anche aggiunto che Carlo Bernasconi era morto di un attacco cardiaco (“Mi disse che era deceduto, ritengo fosse ciò che credeva lui stesso. Morì successivamente, non so quando”): lo aveva detto perché gli era stato chiesto se si poteva interpellare Bernasconi in ordine alla natura del versamento (non in ordine alla provenienza dei fondi, precisava Drennan, interpellato solo per valutare se la somma fosse o meno imponibile).

Alla fine della riunione, Mills “prese la lettera dalla sua valigetta o dalla tasca, si sedette di fronte a me e la rilesse, la firmò, la mise in una busta, la chiuse e me la diede”.

Drennan aveva dunque suggerito a Mills di comunicare l’entrata al fisco inglese, e – non essendo egli fiscalista – di rivolgersi a questo fine al suo socio Barker. Si erano accordati per una successiva riunione con Barker, alla quale poi Drennan non andò per non far pagare a Mills inutilmente la parcella oraria di due professionisti (1.000 sterline all’ora invece che 400), visto che Barker sarebbe stato capace da solo di scrivere la lettera al fisco, e perché un consulente di Barker aveva consigliato Drennan in tal senso, in relazione ai suoi obblighi di comunicazione alle Autorità di ogni transazione sospetta. A Barker, infatti, sarebbe stata dichiarata solo l’entrata della somma, non le circostanze nelle quali Mills ne era venuto in possesso.

Drennan aveva poi letto con calma la lettera di Mills, l’aveva fatta leggere a Barker, ed insieme avevano deciso che era loro dovere, seguendo la legge inglese, segnalare “la transazione sospetta”. Anche Bliss, il socio dello studio addetto al controllo ed alla segnalazione di eventuali transazioni sospette in materia di antiriciclaggio (presenza obbligatoria negli studi dei commercialisti secondo la legge britannica), era stato d’accordo: era stata perciò inoltrata la segnalazione a NCIS.

La cosa che più li preoccupava era “il tenoredella letteraDear Bob’”, in particolare il paragrafo (trascritto in precedenza), dove si parlava del fatto che la cosa dovesse essere fatta discretamente, si affermava “il modo tortuoso di rendere disponibile il denaro per loro ovvie ragioni”, si ricordava che Mills era un teste della Pubblica Accusa già esaminato: si parlava di discrezione e questo aveva suscitato in Drennan il sospetto “che si trattasse di qualcosa che poteva essere illegale”.

Inoltre i due soci erano preoccupati dell’origine della somma – dato che anche Mills era stato “d’accordo nel presumere che essa provenisse da Silvio Berlusconi” – del collegamento alla testimonianza, del fatto che il denaro fosse stato immesso da una persona e prelevato da un’altra persona: “la descrizione generale fatta dal signor Mills nella sua lettera riguardo a come appunto [p. 144 modifica]era venuto in possesso di questi 600 mila dollari aveva provocato in me, nel signor Bliss e nel signor Barker motivi di sospetto2.

Nella lettera consegnatagli il 2 febbraio da Mills, Drennan aveva apposto un timbro standard, sempre usato dallo studio Rawlison & Hunter per identificare le copie dei documenti originali che ricevono, una sorta di autenticazione; era stata fatta una copia perché l’originale era stato inviato alle Autorità del NCIS3.

Barker aveva poi incontrato Mills, aveva consegnato a Drennan una sorta di verbale dell’incontro e gli aveva riferito che Mills “aveva leggermente cambiato il suo approccio, che all’improvviso aveva un rapporto molto più amichevole con il signor Carlo Bernasconi, che poteva essere considerato veramente un regalo e che non doveva pagarci le tasse”. Anche se Barker continuava a pensare che fosse invece un regalo, avevano deciso che Sue Mullins, la commercialista di Mills, avrebbe stilato una lettera e l’avrebbe sottoposta a Barker. Questi effettivamente mostrò la lettera a Drennan, con le correzioni che vi aveva apposto4.

Drennan non si era più occupato della vicenda, di cui aveva avuto solo notizie di stampa. Così solo dalla stampa aveva sentito il nome di Diego Attanasio.


Il successivo 5 febbraio 2004 si svolgeva l’incontro fra David Mills e David Barker, alla presenza solo nell’ultima parte di Sue Mullins, incontro a seguito del quale veniva redatto un verbale, “note della riunione del 5 febbraio 2004, ore 9, presso Eagle House5, che è già stato in parte esaminato nel capitolo dedicato al c.d. dividendo Horizon, e che contiene anche quanto Mills evidenziava ripercorrendo la “cronologia” della sua vita che aveva consegnato a Barker.

Nelle “note” si legge, in relazione all’argomento che qui interessa, che la principale preoccupazione di Mills era un regalo ricevuto nel 1999 e non denunciato nella dichiarazione fiscale di quell'anno, nella convinzione che trattandosi di regalo non fosse soggetto a tassazione. La richiesta dell'autorità riguardava dettagli sui redditi del 2002 e Mills si poneva il problema se avesse dovuto fornire informazioni anche in relazione alla somma percepita nel 1999.

Dopo aver raccontato della sua attività per Fininvest e di Horizon, del pregiudizio per la sua credibilità derivante dal coinvolgimento nelle questioni giudiziarie italiane, della preoccupazione [p. 145 modifica]che tutto questo gli aveva creato – come si legge anche nella lettera “Dear Bob” del 2 febbraio – Mills era arrivato alla questione che era all’origine della richiesta del parere.

“9 – Nell'autunno del 1999, DM fu informato, inaspettatamente, da Carlo Bernasconi, che avrebbe ricevuto un regalo. CB è un residente svizzero estremamente facoltoso e stretto collaboratore di Silvio Berlusconi. DM conosceva da diversi anni CB avendoci lavorato insieme ed essendone diventato amico e sembra sottinteso che lo stesso sia coinvolto nella struttura di Horizon, che è stata oggetto di scrutinio [rectius indagini] da parte delle autorità italiane. Anche se era passato un certo numero di anni dall'ultima volta che DM e CB avevano avuto rapporto un rapporto d'affari diretto, erano comunque rimasti in contatto come amici. CB era quindi consapevole del fatto che la carriera professionale di DM sia in Italia che nel Regno Unito era stata rovinata dal suo coinvolgimento nella Horizon e sapeva altresì che non aveva potuto beneficiare personalmente del suo coinvolgimento, dal momento che il dividendo era stato suddiviso tra quattro persone. DM disse che il regalo non era stato sollecitato ed era stato completamente inaspettato anche se estremamente benvoluto [rectius benvenuto, “welcome”], considerate le sue attuali ridotte possibilità, e che l'aveva accettato considerandolo un atto di amicizia da parte di CB. Non lo considerava in nessun modo collegato ai passati servizi professionali, per i quali lui e il suo studio erano stati interamente remunerati e, per questo motivo, non ne fece menzione nella sua dichiarazione fiscale per il 1999/2000.

10 – DM era consapevole, grazie a conversazioni con gli amici, dell'esistenza di un hedge fund molto quotato, il Torrey Global Fund, del quale aveva occasionalmente monitorato la performance. DM chiese quindi a CB di investire il regalo, che era di 600.000 dollari, in quote di questo fondo. Ciò fu fatto nel novembre del 1999. Quando la disputa sulla titolarità del dividendo fu finalmente risolta, nel marzo del 2000, DM investì la sua parte in un secondo hedge fund, Eureka. Nel settembre del 2000 DM accese un'ipoteca di 650.000 euro sulla sua casa ed investì il denaro in un terzo fondo, Centurion. Questa ipoteca fu ripianata quando le quote del fondo Torrey furono vendute, nell'ottobre del 2000. Sembra che ci sia stato un certo numero di vendite di queste quote di fondi a partire dal 2000/2001 che non sono state dichiarate da DM, nella convinzione che avendo complessivamente perso del denaro ciò non fosse necessario. Gli fu evidenziato sia da DGB [David Barker] che da SM [Sue Mullins], che si era unita alla riunione, che aveva l’obbligo di denunciarle e che, in aggiunta, sembrava avere un debito d’imposta sul capital gain per il periodo 2000/2001, dal momento che un piccolo credito di imposta sul quale credeva di poter contare era ormai scaduto ed inammissibile [rectius inesigibile].”

La relazione proseguiva evidenziando che secondo Mills, stante il suo status di coniuge di un ministro del governo in carica, era forse consigliabile contattare direttamente lo speciale ufficio del [p. 146 modifica]fisco inglese e discutere la questione in una riunione riservata, in particolare per quanto riguardava “i dettagli inerenti regalo del 1999 per la possibilità che questo venga mal interpretato”.

Barker invece aveva consigliato di rispondere alle richieste del fisco con spiegazioni scritte chiare e semplici, “facendo riferimento alle indagini dello SFO sul dividendo Horizon”, fornendo un resoconto di tutte le attività degli ultimi anni, in particolare dichiarando che nel 2002 non vi era stato nessun introito inaspettato, mentre nel 1999 Mills aveva ricevuto un regalo, “che non aveva denunciato dal momento che non era soggetto a tassazione”, consentendo a Inland Revenue di “testare” la questione.

La riunione terminava con l'intesa che Sue Mullins avrebbe preparato una bozza di risposta per Inland Revenue sulla base delle indicazioni fornite, inviandola quindi a Barker via mail per approvazione e per eventuali modifiche: come si vedrà, in realtà, le indicazioni di Barker non erano poi state seguite, perché non era stata inserito proprio il riferimento al “regalo”.


David Jeffrey Barker nel corso del suo esame raccontava che, prima dell’incontro con Mills, quando Drennan gli aveva fatto leggere la lettera “Dear Bob”, aveva rilevato come dalla medesima emergeva che Mills “avesse ricevuto un importo considerevole di denaro e lo avesse ricevuto da persone che avevano partecipato in veste di imputati in un processo penale in Italia nel quale lui era stato un teste dell’accusa e sembrava anche che lui stesse ammettendo di aver ricevuto un importo considerevole di denaro e ammettesse di avere fornito una testimonianza evasiva”; gli era sembrato strano che un avvocato potesse aver scritto una lettera del genere.

Dato che anche Drennan aveva avuto la stessa impressione, avevano deciso che ricorreva l’obbligo di informazione, ai sensi del regolamento antiriciclaggio nell’ambito del quale operavano come commercialisti iscritti all’Albo, perché erano venuti a conoscenza di circostanze che facevano sorgere il sospetto che fosse stato commesso un reato di riciclaggio di denaro sporco: pertanto avevano riferito la questione a Christopher Bliss, ed avevano effettuato la dovuta comunicazione, pur fornendo a Mills la consulenza sulle questioni fiscali, che egli aveva richiesto.

Della lettera nella successiva riunione del 5 febbraio 2004 non avevano però parlato: Mills gli aveva solo chiesto se egli ne era stato informato.

Quanto al comportamento di Mills nella riunione, gli era sembrato che questi “fosse inquieto ma direi che al contempo era perfettamente lucido”.

Barker prendeva degli appunti nei primi minuti della riunione: si possono leggere a pag. 172, cartellina J, del fascicolo preparato dal P.M. per la rogatoria londinese.

Il teste decifrava la propria scrittura, e quindi l’appunto, tradotto (nella versione successivamente verificata dal perito nominato dal Tribunale) e spiegato nel corso della deposizione, così va letto: [p. 147 modifica]Collusione per evadere il fisco italiano – termini scaduti” [time expired]; le parole poste in un riquadro di fianco a “termini scaduti” sono “corruzione di teste” [suborning a witness] e, in un altro riquadro connesso al precedente da una linea, “collegamento” [linkare].

Mills aveva fatto capire “che per lui era prioritario evitare la partecipazione a futuri procedimenti legali in Italia. Era molto preoccupato delle ripercussioni che questo avrebbe potuto avere su diversi aspetti della sua vita”; aveva spiegato “che il suo precedente coinvolgimento in casi precedenti era stato alquanto traumatico per lui … che c’era un caso nel quale era implicato, nel quale avrebbe potuto essere in qualche modo trascinato, che comportava la collusione per evadere il fisco italiano, ma che questo timore era ormai superato perché erano scaduti i termini ai sensi delle leggi italiane di prescrizione”.

Mills aveva detto “che era molto preoccupato di evitare che la questione del regalo arrivasse all’attenzione dei procuratori di Milano perché se fosse successo disse che essi avrebbero travisato la questione e avrebbero cercato di creare un collegamento tra il pagamento che lui aveva ricevuto e la testimonianza che aveva reso in casi precedenti e avrebbero sostenuto che c’era stato un pagamento finalizzato a corruzione di teste [witness subornation]6.

Alle righe successive è scritto “salute scarsa” [health poorly] – Mills era preoccupato di esser nuovamente sottoposto a stress – e “Tessa Jowell”, il nome della moglie: egli infatti “era preoccupato della ripercussione negativa sulla carriera della moglie, ministro del Regno Unito, di un suo coinvolgimento in un processo penale <di alto profilo> [a high-profile criminal trial], dell’imbarazzo politico che poteva derivare dall’essere lui associato al nome di Berlusconi. Non disse comunque di cosa temeva di essere accusato”.

Il riferimento alla corruzione di teste, precisava Barker, non era stato fatto in presenza di Sue Mullins.

Le successive annotazioni alfanumeriche costituiscono riferimenti a dei casi: Mills gli aveva chiesto di annotare i precedenti che avrebbero potuto supportare la tesi che il regalo non era soggetto a imposte nel Regno Unito. [p. 148 modifica]Mills aveva consegnato a Barker, dieci/quindici minuti dopo l’inizio della riunione, la “cronologia” che, trattando del dividendo Horizon, è stata in parte già esaminata7. Vi sono annotate, con a fianco gli appunti presi da Barker, oltre alle date principali della sua carriera professionale8,

- la dichiarazione di “beneficial owner” della società lussemburghese Horizon, fra il 1990 e il 1995,

- la vendita di CMM a Edsaco nel giugno 1994,

- l’incontro del luglio 1995 con Berlusconi [“July 1995 – Meet B”],

- il trasferimento in Jersey del “Horizon money” nell’agosto/settembre 1995,

- la “prima azione giudiziaria italiana” nel novembre 1995,

- l’accordo con lo Special Compliance Office del febbraio/marzo1996,

- la ricezione del dividendo nel Regno Unito e il pagamento delle tasse nel marzo 1996,

- le perquisizioni dello SFO e l’ordine a Mills di produzione di documenti nell’aprile 1996,

- le informazioni ai soci riguardo al dividendo nel giugno 1996,

- le indagini dei magistrati italiani su Fininvest e la consegna a Milano dei documenti di CMM e DM nell’ottobre 1996,

- l’interrogatorio a Milano del dicembre 1996,

- le deposizioni testimoniali a Milano nel gennaio/febbraio ’98 (rectius dicembre ‘97/gennaio ’98),

- l’incontro con Carlo Bernasconi e l’acquisto di quote del Torrey Global Fund per 600.000 dollari nell’ottobre/novembre 1999 [“CB buys Torrey Global Fund $ 600,000”],

- lo sblocco del deposito vincolato presso Guinness Mahon e l’acquisto di quote di Eureka per 483.675 sterline nel marzo 2000,

- l’acquisto di quote di Centurion per 650.000 dollari con i fondi ricavati da un’ipoteca su una sua proprietà nel settembre 2000,

- il ripianamento dell’ipoteca con il ricavo di Torrey Global, il deposito del saldo di 85.000 sterline sul conto personale il 18 ottobre 2000.

Barker forniva alcune precisazioni in ordine a quanto raccontatogli da Mills illustrando la cronologia.

Riferiva della “demonizzazione” subita in Italia, della sua “intima amicizia” con Carlo Bernasconi, “braccio destro di SB”, molto ricco, dell’inesistenza di rapporti professionali con costui, del fatto che “qualora avesse agito per le società connesse a Berlusconi lo avrebbe addebitato ad una tariffa [p. 149 modifica]oraria e di conseguenza qualsiasi extra che avesse ricevuto non avrebbe potuto essere altro che un regalo”.

Nel corso della riunione Mills non aveva fornito notizie dettagliate circa le sue deposizioni testimoniali in Italia: egli era preoccupato che Inland Revenue avesse già delle informazioni relativamente al regalo che aveva ricevuto, senza spiegare di che cosa e per chi fosse preoccupato, e senza indicare il coinvolgimento di altri nella questione.

Poiché Mills aveva raccontato che il regalo di Bernasconi era arrivato in tempi duri, all’epoca del coinvolgimento di Mills nel processo italiano, si poteva ritenere che esso costituisse una implementazione del reddito professionale da allora in declino: in questo caso sarebbe stato tassabile, quale “supplemento per mancato reddito professionale”.

Questo era appunto l’oggetto della consulenza: Barker dichiarava di aver raccomandato di farlo ricadere nell’area imponibile proprio perché era preoccupato delle circostanze in cui il regalo era stato ricevuto.


Sue Mullins nel corso della sua deposizione ha dichiarato di non aver colto una particolare preoccupazione in Mills a seguito della richiesta di Inland Revenue, e di aver appreso del regalo di Carlo Bernasconi solo dopo l’incontro, al quale era arrivata, come si è già scritto, molto in ritardo: Mills le aveva detto di aver dato a suo tempo delle informazioni a seguito delle quali Bernasconi aveva guadagnato molto denaro, che aveva perciò voluto condividere con lui. “Relativamente alla fonte dei fondi” Mills le aveva detto “che il regalo era provenuto da Carlo Bernasconi proprio sul suo conto bancario personale”, senza mostrarle alcun documento.


Sue Mullins, dopo averla concordata con David Mills, inviava poi al fisco inglese una prima risposta, il 12 febbraio 2004.

Barker, che l’aveva ricevuta in copia, aveva verificato che non erano stati riportate alcune frasi che, dopo averne ricevuta la bozza, aveva suggerito di inserire, con mail del 9 febbraio 2004.

La questione è in particolare relativa al “regalo” ricevuto nel 1999, perché Barker riteneva che gli ispettori sarebbero venuti a conoscenza delle vendite di Hedge Funds – illustrate da Mills nella sua “cronologia” – e quindi fosse meglio estendere la “disclosure”9. Aveva quindi suggerito di inserire il riferimento al regalo, con le parole “il Sig. Mills nel novembre 1999 ha ricevuto da un amico e [p. 150 modifica]associato un regalo in denaro [a cash gift] che è stato investito in unità di un hedge fund” e con l’affermazione che esso era l’unico regalo ricevuto nel 1999.

Nulla di tutto ciò si legge nella versione definitiva, in cui è scritto invece:

“Nel corso de1 2002 Mr. Mills non ha usufruito di nessun altra entrata nel Regno Unito o all'estero, o ha goduto di altra fonte di reddito. Tuttavia, durante la preparazione delle risposte alla sua lettera, ho stabilito che sussistevano alcune somme facenti parte del capitale aumentate durante il 2001/2002 a seguito della liquidazione di alcuni investimenti in hedge funds che avrebbero dovuto essere riportate nella dichiarazione dei redditi di Mr. Mills. La ragione per la quale tali somme non sono state riportate deriva dal fatto che il mio cliente riteneva erroneamente che, avendo subito una perdita di capitale che aveva estinto qualsiasi guadagno ottenuto, egli non fosse soggetto ad alcun obbligo di citarle … credo ora che ci siano somme a voi spettanti sia per il 2000/2001 che per il 2001/2002. Mr Mills si rammarica grandemente che tali redditi siano stati omessi dalla sua dichiarazione e mi ha chiesto di rettificare la sua posizione, che risulta come segue:

2000/2001

Ci sono stati guadagni di 69.112 sterline ricavati dalla vendita di investimenti in hedge funds 2001/2002

Ci sono stati guadagni di 34.604 sterline, ancora dalla vendita di investimenti in hedge funds”10.

A seguito delle successive richieste di precisazioni di Inland Revenue, in relazione alla ricezione in particolare del dividendo, Sue Mullins, con lettera del 4 maggio 2004, rispondeva in maniera molto più articolata11, facendo riferimento anche al dono ricevuto. Dopo aver trattato appunto del dividendo e ricordato che Mills “era stato per molti anni il consigliere legale in Inghilterra del gruppo Fininvest”, Mullins scriveva12:

“In quanto tale egli ha giocato un ruolo chiave nella strutturazione giuridica dell’acquisto e dello sfruttamento di circa un miliardo di dollari di diritti di film e tv per Fininvest, poste contabili che ancora costituiscono una parte importante dell’impero economico di Berlusconi. La persona responsabile di questa strategia di massicci investimenti ed acquisizioni era un amministratore di Fininvest, amico da lunga data di Silvio Berlusconi, Carlo Bernasconi, che divenne egli stesso molto ricco … Allego un piccolo resoconto della sua carriera pubblicata al tempo della sua morte nel 2001. [p. 151 modifica]Il mio cliente e il signor Bernasconi hanno sviluppato una stretta amicizia nel corso dei molti anni in cui hanno lavorato insieme, sin dal 1980 circa. Il sig. Bernasconi vedeva sempre il sig. Mills quando era a Londra, e viceversa quando il sig. Mills era a Lugano o a Milano. Quando, intorno al 1995, sono iniziati gli arresti e le accuse contro il personale Fininvest, il sig. Bernasconi si mantenne in stretto contatto con il mio cliente”.

Mullins affermava che Bernasconi era stato imputato di falso in bilancio ed era stato prosciolto quando i processi “erano collassati [collapsed]”, che era rimasto sempre in contatto con Mills, anche nel 1996 durante le indagini dello SCO nel Regno Unito, e sapeva tutto della controversia con i suoi ex soci.

Dopo che aveva reso le sue testimonianze nei processi italiani nel 1998, Mills “potè vedere di nuovo Carlo Bernasconi”, che era particolarmente colpito da quanto era stato devastante per la carriera di Mills il suo coinvolgimento, così tanto pubblicizzato, nei processi italiani.

“In varie occasioni il sig. Bernasconi aveva detto al mio cliente che avrebbe voluto fare qualcosa per riparare a quello che riteneva fosse stato un comportamento piuttosto scorretto dei suoi soci”. Era successo che Mills gli aveva passato informazioni circa fondi di investimento offshore che egli stesso aveva ricevuto da un investitore professionale, e che Bernasconi avesse investito in quel fondo e “realizzato guadagni spettacolari di più del 70% nel 1999. Aveva spesso ringraziato il sig. Mills per il suggerimento, e nell'estate del 2000 disse al sig. Mills che voleva dividere parte dei profitti che aveva fatto e che il denaro sarebbe stato disponibile in ottobre. Infatti una cifra di 660.000 dollari fu trasferita sul conto bancario del sig. Mills nell'ottobre 2000.

Il cliente non ha mai considerato l’entrata altro che come un regalo, un gesto estremamente generoso da un ricco intimo amico che riteneva che [egli] fosse stato trattato ingiustamente e voleva dividere con lui il buon guadagno”, ottenuto attraverso il suo suggerimento.

Mullins proseguiva scrivendo che Mills era stato estremamente grato a Bernasconi, che gli aveva così restituito “la posizione che aveva in campo finanziario” prima della spartizione del dividendo con i suoi ex soci, e precisava che “stante la natura del dono non vi era alcun accordo scritto o memorandum di sorta”.

La missiva proseguiva con il dettaglio dell'utilizzo e della rendita degli investimenti effettuati da Mills con le somme in esame, e terminava con il riconoscimento che le circostanze in cui si era venuto a trovare Mills nel 1996 erano molto singolari e certamente non desiderate, sotto diversi profili, salvo che per il gesto gentile di Bernasconi.

Mullins concludeva con la richiesta, contenuta anche all’inizio della lettera, della massima riservatezza, “tenendo in mente che la vicinanza di Carlo Bernasconi a Silvio Berlusconi (sebbene [p. 152 modifica]Mills non abbia ragione di ritenere che quest’ultimo abbia avuto o abbia conoscenza del regalo) è estremamente sensibile, essendo aperta ad ovvie errate interpretazioni [obvious misinterpretation]”.


Ed infatti, “vista la delicatezza del caso e considerata l’entrata dell’hedge fund che era stata dichiarata”, l’indagine da quel momento veniva seguita dallo SCO, come comunicato telefonicamente a Mullins il 12 luglio 2004. Presso lo SCO di Bristol (come nel 1996) si sarebbero dunque tenute le successive riunioni.


Il giorno 18 luglio 2004 alle ore 14.45 presso il Tribunale di Milano l’imputato Mills era sottoposto ad interrogatorio dal Pubblico ministero, alla presenza del proprio difensore.

Avvertito delle facoltà di legge, dichiarava quanto segue e qui si riporta pressoché fedelmente ed integralmente. Il relativo verbale è stato letto ed acquisito al fascicolo del dibattimento in data 22 febbraio 2008.

Ricordava di essere entrato in contatto con il gruppo Fininvest a metà degli anni ’8013. Massimo Berruti, ex ufficiale della Guardia di finanza, lo aveva contattato attraverso lo studio legale Carnelutti di Milano per consulenze fiscali in campo internazionale, ed in particolare perché il gruppo voleva creare società domiciliate a Londra. Affermava di avere iniziato a lavorare con Berruti per la Fininvest. Avevano costituito delle società: la prima fu Rete Italia Ltd., che era una società di diritto britannico. Dopo i primi incontri con Berruti, l'imputato aveva avuto modo di conoscere altri dirigenti del gruppo quali Messina, Gironi, Foscale.

Definiva l'incontro con Livio Gironi come quello più importante in quella prima fase di contatti. Sin da allora sapeva infatti che Gironi era direttamente legato a Silvio Berlusconi, poiché era l'uomo che ne amministrava il patrimonio personale. Riceveva conferma della circostanza nel corso di un incontro, definito assai importante, avvenuto nella casa di Berlusconi a Milano (“una villa con un bellissimo giardino e una biblioteca a due piani, in legno, con un mezzanino”).

Proprio in quell'occasione Gironi gli aveva comunicato che era necessario “fare un'operazione che riguardava il patrimonio privato della famiglia Berlusconi … Scopo fondamentale era destinare una parte del patrimonio privato di Silvio Berlusconi ai figli del suo primo matrimonio”, Marina e Pier Silvio. Veniva chiesto all’imputato di “trovare una struttura legale a loro tutela a questo fine. L’idea era di costruire due veicoli societari che dovevano fare trading sui diritti e quindi ottenere dei profitti … Si voleva che questa struttura legale rimanesse riservata”. In base all'esperienza e alla pratica professionale, l'imputato riteneva ovvio che lo strumento societario da utilizzare fosse un trust. Qualche tempo dopo Mills ricordava di aver incontrato a Londra Vanoni, che egli sapeva [p. 153 modifica]perfettamente essere la persona di fiducia della famiglia Berlusconi” e “l'unico che trattava direttamente gli affari della famiglia”. Mills lo informava quindi che, secondo le indicazioni fornitegli da Gironi, poteva essere sviluppata l'idea dei trusts; nell'occasione Mills consegnava a Vanoni il progetto societario riportato nel documento meglio noto agli atti come “Proposed Holding Structure”.

Il progetto, redatto personalmente dall'imputato, seguiva pedissequamente, anche nel dettaglio, le indicazioni di Gironi. In particolare, anche le condizioni riportate nel documento14 erano state richieste con insistenza da Gironi stesso su disposizione del committente. In sostanza, “la cosa doveva rimanere assolutamente riservata e quindi era necessario tenerlo in una banca, fuori dal territorio italiano”. Sempre su indicazioni di Gironi, veniva predisposta una procura a favore di Carlo Bernasconi, indicata come la persona operativa nel trading dei diritti. Gironi sottolineava che i figli di Berlusconi dovevano essere beneficiari del trust, ma “la gestione pratica della struttura doveva essere sempre soggetta al consenso di Silvio Berlusconi, che nel documento <Proposed Holding Structure> viene denominato <X>”.

Nel progetto era indicato anche in modo semplice ed esaustivo cosa fosse un trust e come funzionasse: “questa informazione era necessaria perché Berlusconi comprendesse anche l'aspetto legale del quale si stava parlando”. Il progetto veniva infatti discusso dalla famiglia Berlusconi, e Vanoni gli riferiva poi che Berlusconi aveva dato il proprio assenso, ma vi erano alcune modificazioni da apportare. In primo luogo, “il documento non sarebbe stato firmato da Silvio Berlusconi ma dai due figli, che così avrebbero assunto il doppio ruolo di costituente (“settlor”) e di beneficiario. Inoltre si voleva legare la possibilità di compiere atti di disposizione al consenso di alcune persone di fiducia di Silvio Berlusconi, intendo dire Gironi, Foscale e Confalonieri che rappresentavano la volontà di Berlusconi”.

I due trusts così creati, Century One e Universal One, avevano ricevuto tale denominazione su indicazione di Candia Camaggi, dirigente Fininvest, “perché si volevano dei nomi che avessero a che fare con il mondo del cinema”.

L’iniziale struttura societaria di cui al “Proposed Holding Structure” era stata progettata da Mills, ed il relativo grafico su sua dettatura era stato intorno al giugno 1991 da Tanya Maynard, che “da sola non poteva avere tutte le informazioni”. Tale struttura veniva poi semplificata in modo “molto drastico, nel senso che dall'apertura dei conti bancari in poi, il controllo effettivo sulle due società è stato esercitato direttamente attraverso il legame fiduciario con Del Bue. Del Bue ha sempre agito sui conti bancari delle società, che io avevo fatto aprire su richiesta di Vanoni, e negli anni mi risulta che ha sempre operato in perfetto accordo con la famiglia Berlusconi”. [p. 154 modifica]Mills non sapeva dire chi avesse preso l’importante decisione di non immettere i due veicoli operativi in un trust: la cosa gli era stata comunque comunicata da Vanoni, autorizzato ad operare “per conto delle persone legate a Berlusconi”. Era stato infatti Vanoni, ad esempio, a portare a Marina e Pier Silvio Berlusconi i contratti da sottoscrivere, e i documenti erano stati restituiti firmati a Mills.

L’imputato negava di aver avuto informazioni specifiche sulle modalità di gestione dei conti e sul volume finanziario delle somme che vi transitavano. Era anzi “impressionato a constatare che sui conti svizzeri presso la BSI sono stati effettuati ingentissimi prelevamenti in contanti”. Sapeva che Del Bue aveva una struttura fiduciaria a Lugano e dava per scontato, anche sulla base della sua pratica professionale, che egli avesse un mandato fiduciario, come accade molto di frequente in casi del genere.

Richiesto di definire i rapporti fra Del Bue e la famiglia Berlusconi, dichiarava: “Del Bue, tra le persone che ruotavano intorno alla famiglia Berlusconi, era certamente nella cerchia più interna. Voglio dire che era tra le persone che avevano un ruolo diretto e personale con la famiglia. Mi sembra significativo che sui conti bancari delle società Century One e Universal One avesse un diretto controllo e, devo constatare oggi, poteri di disposizione assoluti”. Sia “nei rapporti con Vanoni che con tutte le altre persone della Fininvest questa familiarità è sempre stato un fatto ovvio”. Ricordava di aver incontrato alcune volte Del Bue. In particolare, dopo la perquisizione del 1996, questi era andato a trovarlo a Londra presso Withers, accompagnato dall'avvocato Acampora, “che in quel momento coordinava l’attività di tutti gli avvocati della Fininvest nel procedimento di c.d. Judicial Review, cioè l’appello contro la perquisizione presso Edsaco”.

Pochi giorni dopo Mills aveva incontrato Acampora una seconda volta, “accompagnato da Marina Berlusconi”.

Gli originali dei trusts erano stati consegnati ai due figli di Berlusconi tramite Vanoni, mentre il documento “Proposed Holding Structure” era presso CMM. Mills apprendeva in quel momento dai P.M. che era stato consegnato a Pierre Amman nel corso della “due diligence” da questi effettuata, ma la cosa gli sembrava assolutamente normale, visto che Cantrade era l’azionista di Edsaco e quindi poteva prendere visione di tutti i documenti di CMM.

Dopo aver preso visione del documento “Ulteriori informazioni”, redatto da Amman15, ed in particolare dell’affermazione secondo la quale la proprietà delle società, i cui interessi erano curati da Vanoni, era di Bernasconi, Berlusconi e Gironi, Mills si stupiva del riferimento a Bernasconi, perché non risultava che questi possedesse alcuna delle società del gruppo. Quest'ultimo non aveva più avuto a che fare con le società offshore sin dal 1994, poiché “era impegnato nell’attività di [p. 155 modifica]acquisizione dei diritti e anche di produzione cinematografica”. Era per Mills del tutto evidente che Gironi “rappresentava direttamente Silvio Berlusconi e non Fininvest”.

L’imputato ricordava di aver avuto “rapporti molto amichevoli con Bernasconi”.

Quanto ai suoi rapporti con Edsaco, Mills ammetteva di essersi sentito “in difficoltà” quando la società aveva insistentemente richiesto “informazioni dettagliate che riguardavano anche il patrimonio personale dei clienti”, poiché essi avrebbero “molto mal vista” la cosa, che rappresentava “una rottura così forte delle nostre consuetudini di riservatezza”. Dopo aver inizialmente “resistito”, egli aveva infine ceduto alle insistenze della banca svizzera, manifestate da Sarikhani, cui aveva inviato in data 25 maggio 1994 una lista in cui erano indicati tutti i beneficiari economici delle società dei suoi clienti, non “solo le società di Berlusconi”. Non comprendeva i motivi per i quali l’elenco non fosse stato prodotto agli inquirenti da Sarikhani o dalla banca Cantrade, ed ipotizzava che ve ne fosse copia presso lo studio Withers, ove lavorava ancora il suo ex socio Jeremy Scott.

La notte in cui erano uscite le notizie di stampa riguardante le indagini in corso a carico della società All Iberian, Mills – come gli ricordavano i Pubblici Ministeri e come si è già scritto – aveva avuto un colloquio telefonico con Silvio Berlusconi: egli lo aveva riferito ai soci di studio, cui doveva delle spiegazioni per “il clamore delle notizie di stampa” e la loro conseguente preoccupazione. Aveva parlato al telefono con Gironi “e a un certo punto lui mi passò al telefono Silvio Berlusconi che mi disse le cose che ho riportato” in un memorandum ai soci16.

Nell’ambito di quelle indagini era stato emesso un mandato di cattura a carico di Giorgio Vanoni, che Mills sapeva essersi quindi rifugiato alle Bahamas per un mese o forse più. Durante il periodo di latitanza di Vanoni, Mills lo aveva contattato più volte ed aveva ricevuto via fax il 22 dicembre 1995 un memoriale17 in cui gli venivano impartite istruzioni, ed in cui si faceva anche riferimento al locale, al computer ed agli armadi che erano stati per un certo periodo a disposizione di Vanoni presso CMM.

Ad una specifica domanda concernente la società Bridgestone Ltd., Mills dichiarava di averne consegnato i documenti, dopo la perquisizione subita nel 1996, a certo avvocato Maurizio Coen di Montecarlo, perché li consegnasse a Marina Berlusconi, proprietaria della società che possedeva “la villa di Berlusconi alle Bermuda e un'imbarcazione”. [p. 156 modifica]Ad altra specifica domanda, Mills rispondeva che Principal Network era “una società che acquistava i diritti dalle major americane per Fininvest, mentre Century One e Universal One erano direttamente della famiglia Berlusconi”.

A Mills veniva infine chiesto “per quale motivo ha ricevuto nel mese di ottobre 1999 una somma di 600.000 $ attraverso la sottoscrizione di quote del fondo Torrey Global Offshore Fund”, e gli veniva mostrata la lettera datata 2 febbraio 2004 indirizzata a Bob Drennan.

Mills rispondeva: “Dichiaro che la lettera è stata scritta da me e sono molto turbato a rileggerla.

Credo a questo punto, per quanto difficile, la cosa più giusta da fare è spiegare il fatto con la massima chiarezza. Del resto la lettera in sé è estremamente eloquente e quindi ha bisogno di poche spiegazioni”.

E poche spiegazioni venivano fornite, aggiungendo soltanto qualche elemento ulteriore rispetto a ciò che vi si leggeva.

Mills dichiarava di aver scritto la missiva “nel quadro di una contestazione di carattere fiscale nel Regno Unito, dovendo in particolare spiegare per quale motivo avevo ricevuto la somma di 600.000,00 $. Non credo che occorrano molte parole: io sono stato sentito più volte in indagini e processi che riguardavano Silvio Berlusconi e il Gruppo Fininvest e pur non avendo mai detto il falso ho tentato di proteggerlo nella massima misura possibile e di mantenere laddove possibile una certa riservatezza sulle operazioni che ho compiuto per lui. È in questo quadro che nell'autunno del 1999, Carlo Bernasconi, che mi dispiace coinvolgere in questa storia, perché era veramente un mio amico, mi disse che Silvio Berlusconi a titolo di riconoscenza per il modo in cui io ero riuscito a proteggerlo nel corso delle indagini giudiziarie e dei processi, aveva deciso di destinare a mio favore una somma di denaro. Cerco di ricordare le parole esatte che Carlo usò per indicare chi aveva preso questa decisione all'interno della famiglia: ritengo che abbia usato l'espressione <il dottore>, che era il modo con cui abitualmente chiamava Silvio Berlusconi.

Quanto al percorso del denaro, esso affluì su Torrey Global tramite una società BVI che si chiamava Struie, società gestita per me da fiduciari e sul cui conto erano affluiti denari di alcuni clienti, nel corso del tempo. In effetti una consistente somma di denaro era stata immessa in Struie da Bernasconi già dal 1997 ma fu solo nel 1999 che Bernasconi, con il discorso che ho sopra riferito, mi ha autorizzato a disporre nella misura di 600.000 $. La cosa più probabile è che il denaro sia affluito sul conto di Struie presso la Banca CIM di Ginevra ma in questo momento a memoria non sono in grado di dare ulteriori precisazioni”.

Così terminava l’interrogatorio, e il verbale veniva sottoscritto alle ore 1.14 del 19 luglio 2004. [p. 157 modifica]Il successivo 22 luglio 2004 aveva luogo il previsto incontro presso lo SCO18.

Ripercorse le informazioni già fornite nelle lettere della sua consulente, con una rilevante serie di precisazioni finalizzate a “contestualizzare il pagamento di Bernasconi” (manifestando fatti e circostanze in questa motivazione ampiamente qui esaminate trattando del dividendo), Mills dichiarava che, quando era stato interrogato nel 1998, era stato “in grado di rispondere in modo veritiero”, ma aveva evitato “di implicare il suo cliente omettendo di dire parte di ciò che sapeva”. Ciò era stato possibile “solo perché le domande dell’accusa non erano indirizzate abbastanza bene da poter far emergere queste informazioni, Se gli fosse stato chiesto di raccontare tutto ciò che sapeva per intero, DMDM [David Mills] avrebbe causato in quel periodo un imbarazzo di gran lunga maggiore al sig. Berlusconi” (aggiungeva poco dopo che nel corso dell’interrogatorio del 18 luglio, invece, era stato ascoltato in maniera più “pressante”).

Bernasconi aveva concordato con lui, aveva compreso il suo disappunto.

In relazione alla somma che questi gli aveva regalato, Mills forniva una versione dei fatti parzialmente sovrapponibile a quanto fin qui emerso: ivi però poneva maggiormente l’accento sulla gratitudine di Bernasconi per gli ottimi investimenti che aveva potuto fare, ipotizzando anche il fatto che il dono gli fosse stato fatto da un amico che già sapeva di dover morire di lì a poco.

Gli ispettori chiedevano ripetutamente se fosse disponibile della documentazione che potesse comprovare come mai gli era stato dato il denaro, osservavano che la mancanza di documenti “aveva dell'incredibile”, che si sarebbero aspettati un comportamento più accorto.

Mills rispondeva che “il signor Bernasconi era abituato ad operare nel contesto lavorativo italiano. Le cose in Italia si facevano diversamente. Bernasconi si sarebbe sentito insultato dalla richiesta di produrre una documentazione scritta. Sia l'ispettore xx che l'ispettore yy [così nel testo] espressero la loro perplessità riguardo. Visto che il signor Bernasconi era al corrente dei problemi precedenti di DMDM, avrebbe dovuto sicuramente capire la necessità di documentare il pagamento. DMDM ammise che altre persone avrebbero potuto intenderla così. Probabilmente non era stato saggio da parte sua comportarsi in questo modo. Comunque, non capiva come il denaro avrebbe potuto essere considerato diversamente da un regalo. Perciò era stato felice di accettarlo anche in assenza di una documentazione scritta”.

Gli ispettori insistevano, ipotizzavano che il pagamento avrebbe dovuto essere tassato così come lo era stato l’introito ricevuto nel 1996 e poi suddiviso con i soci di studio, ma Mills dichiarava che “il presupposto legame tra i due pagamenti era solo immaginario”, che la consulenza che aveva fornito a Mediaset era stata normalmente fatturata, che il pagamento non poteva essere considerato, come affermavano gli ispettori “come un modo per scusarsi o una sorta di compensazione”. Costoro però [p. 158 modifica]ribadivano che con tutte le vicende passate con il fisco (facevano riferimento anche ad un pagamento, risalente nel tempo, da parte dello studio Carnelutti, sottoposto a tassazione solo in epoca successiva) Mills avrebbe dovuto almeno “parlare del pagamento” di Bernasconi con Inland Revenue.

Affermavano altresì che c’erano varie spiegazioni alternative del pagamento: Bernasconi aveva stretti legami con Berlusconi; Mills, quale testimone, “limitandosi a dire il minimo indispensabile aveva reso la vita di Berlusconi più semplice”; aveva ricevuto dagli avvocati in tribunale un trattamento “pubblicamente ostile”, “seguito dopo un po’ di tempo dal ricevimento di una sostanziosa somma di denaro”.

Non si stava “insinuando che quel denaro fosse stato corrisposto per ricompensare la brutta esperienza che il sig. Mills aveva vissuto nell'aula del Tribunale di Milano. Tuttavia si trattava di una possibile spiegazione e il sig. Mills non era in possesso di alcuna prova scritta che la smentisse. Tutto ciò che era possibile notare era che DMDM aveva reso un grosso servizio a Berlusconi e che dopo un pò di tempo aveva ricevuto del denaro per mano di uno degli associati di Berlusconi.

Mills, negando che Bernasconi fosse “un fiduciario che passava denaro per conto di Berlusconi dalla Svizzera”, conveniva di non poter provare che la spiegazione proposta dall'ispettore fosse falsa. Infatti gli era stata posta la stessa domanda dai pubblici ministeri italiani la domenica prima a Milano. Questo significava che la questione era diventata in qualche modo meno delicata rispetto al periodo cui si riferiva la lettera del 4 maggio, visto che ormai l'esistenza del pagamento era uscita allo scoperto con loro. I magistrati italiani gli avevano fatto pressione affinché ammettesse che il denaro gli era stato dato su ordine di Berlusconi e lui aveva negato là come negava adesso. Non aveva nessun motivo di pensare che Berlusconi fosse a conoscenza del pagamento. Non pensava che pubblici ministeri italiani avessero alcuna prova che dimostrasse che lo fosse stato”.

Mills aveva anche dichiarato che “il denaro era stato versato direttamente sul suo conto in dollari americani e da lì era stato investito nel suo hedge fund personale by-passando il Regno Unito. La sua provenienza era da attribuirsi ad un hedge fund di Bernasconi di cui ne rappresentava il totale”.

Di nuovo gli ispettori osservavano “che queste spiegazioni supportavano la tesi che il denaro destinato a DMDM da parte di Berlusconi fosse stato tenuto in un fondo del sig. Bernasconi fino al momento in cui si pensò che la situazione nel tribunale italiano si fosse calmata … non vi erano prove che potessero smentire questa ipotesi”.

Il verbale della riunione continuava con varie altre contestazioni, con l’offerta di Mills di pagare ciò che sarebbe stato giudicato opportuno, con l’invito dell’Ufficio di presentare una relazione in cui fossero elencate tutte le entrate dal 1999 al 2003, comprensive di quanto ricevuto da Berlusconi e da Fininvest, precisando altresì il ruolo rivestito nelle varie società. Si chiudeva con le doglianze di [p. 159 modifica]Mills: aveva patito un grave disagio a causa del coinvolgimento nei procedimenti italiani e il suo futuro era seriamente compromesso.

Ciononostante, “DMDM voleva chiudere la riunione parlando per qualche minuto dell'ipotesi che il pagamento ricevuto dal sig. Bernasconi fosse in qualsiasi modo un compenso ricevuto per la deposizione fornita nei confronti di Berlusconi. Aveva detto la verità all’udienza a Milano. Se la verità non era corrispondente all'intera vicenda, questo era da attribuirsi alla incapacità dell'accusa di andare al di là delle domande che potevano essere sviate. Lui non era per niente un <furbetto> che aveva pianificato di confondere e ingannare i giudici italiani. Lui aveva scrutato nel suo cuore ripetutamente chiedendosi perché mai avesse acconsentito ad aiutare Berlusconi. Ora desiderava solo potersi lavare le mani dell'intera vicenda. In quel periodo era stato spinto da un forte senso di fedeltà. Forse era fuori moda, ma era cresciuto in tempi in cui l'etica professionale aveva un significato, quando le informazioni confidenziali dei clienti andavano protette e <vendersi> un cliente lo inorridiva nel modo più assoluto. Si sentiva di aver fatto esattamente questo dopo 10 ore di interrogatorio la domenica precedente. Non era una sensazione piacevole. Riteneva che il Fisco avrebbe dovuto considerare che tutti i suoi problemi di fatto derivavano dalla fedeltà nei confronti di un suo cliente.”

A Mills veniva allora fatto notare che “aveva partecipato a nascondere le società di Berlusconi e i suoi soldi alle autorità italiane. Il signor Berlusconi era in debito nei suoi confronti in molti modi ed era facile vedere che l'avesse voluto ricompensare. Il fatto che lui fosse stato trattato con ostilità apparente dal pool di Berlusconi al processo non era una prova concreta che il loro atteggiamento fosse sincero”.

All’osservazione di Mills che “Berlusconi non era ancora stato prosciolto”, e il rilievo era scorretto visto quanto aveva dichiarato pochi giorni prima ai giudici italiani, era intervenuta Sue Mullins, dicendo che “sarebbe stato folle accettare una qualsiasi forma di pagamento del signor Berlusconi”. Ma le era stato risposto “che nel periodo in cui DMDM aveva ricevuto il denaro di Bernasconi, lui pensava che tutti i problemi scaturiti dal lavoro che lui aveva svolto per il sig. Berlusconi fossero ormai passati”.

La riunione era terminata con la richiesta di una relazione esaustiva.


Copia del verbale qui descritto veniva inviata per opportuna conoscenza e per eventuali osservazioni a Mullins e a Mills il 30 luglio 2004: non risulta in atti che gli interessati avessero contestato o rettificato alcunchè. [p. 160 modifica]Nel succesivo “disclosure report”, datato agosto 2004 ed inviato il 2 settembre 2004, Mills sostanzialmente ammetteva di dovere delle tasse in relazione a redditi percepiti e a suo tempo non dichiarati. In particolare concordava che la somma ricevuta da Bernasconi fosse sottoposta a tassazione in relazione all’anno fiscale 2000-2001.


In data 6 ottobre 2004 aveva luogo una nuova riunione, in cui Sue Mullins dichiarava che la relazione di Mills – non presente – era completa ed era stata stilata “in modo meticoloso”.

Nell’incontro venivano trattate varie specifiche questioni, tra le quali un versamento di 99.112 sterline sul conto di Mills presso CIM Banque, di cui si è già diffusamente riferito nel capitolo relativo al c.d. dividendo.


Seguiva il 18 ottobre 2004 da parte dello SCO la richiesta di ulteriori precisazioni, Mullins rispondeva con la già esaminata missiva del 5 novembre 2004, relativa in particolare alla suddetta somma ed a vari altri introiti ricevuti da Mills e non documentabili.


Emerge quindi in tutta evidenza come, anche successivamente alla deposizione resa ai P.M. italiani, Mills, davanti ad altra Autorità straniera, aveva mantenuto la medesima versione dei fatti, arricchendola anzi di qualche ulteriore elemento.


Si deve subito rilevare che in relazione agli argomenti toccati nel corso del suo interrogatorio e nei rapporti con Inland Revenue, Mills affermava fatti e circostanze tutti già esaminati in questa motivazione, e rispetto ai quali, da altri elementi di prova documentali e testimoniali, emergeva già quanto da lui “confessato” in ordine alla effettiva proprietà delle società e delle strutture da lui create, facenti capo a Fininvest o direttamente a membri della famiglia Berlusconi, ed intestate a prestanome; in ordine in particolare a Century One e Universal One, al ruolo di Del Bue, al rapporto diretto fra Mills e Silvio Berlusconi.

Si deve evidenziare, però, il fatto che le plurime dichiarazioni di Mills, anche dopo l’ammissione del regalo ricevuto da Bernasconi, non fornivano comunque alcuna spiegazione completa e plausibile del fatto che egli fosse stato il beneficiario del c.d. dividendo Horizon.

Non a caso.













Note

  1. Si riporta, fra le tante in atti, la traduzione depositata dal P.M. il 13 aprile 2007, che pare la più fedele al testo inglese.
  2. Il fax di Bliss a NCIS, mandato il 4 febbraio 2004, era esattamente di questo tenore. Il documento è nel fascicolo “Lettera 2 febbraio 2004 a Robert Drennan e documenti allegati” depositato dal P.M. il 13 aprile 2007.
  3. Già nel 2003 lo studio aveva ricevuto dallo SFO la richiesta di esibire i documenti correlati al Gruppo Berlusconi, con l’avvertimento che distruggere o nascondere un documento era reato.
  4. La questione, già vista trattando del dividendo Horizon, verrà meglio esaminata qui oltre.
  5. Anche questo documento è nel fascicolo “Lettera 2 febbraio 2004 a Robert Drennan e documenti allegati” depositato dal P.M. il 13 aprile 2007.
  6. Si ritiene opportuno riportare il testo inglese: “he was extremely anxious to avoid the matter of the gift coming to the attention of the Milan prosecutors, because if that happened he said that they would twist the matter and would seek to create a linkage between the payment that he had received and the evidence that he had given in earlier cases and would allege that there has been a payment for the purpose of suborning a witness”.
  7. Il documento è contenuto nel fascicolo “Lettera 3 febbraio 2004 a Robert Drennan e documenti collegati” depositato dal P.M. il 13 aprile 2007 al fascicolo del dibattimento.
  8. L’inizio con lo studio Carnelutti, la costituzione dello studio Mackenzie Mills, la fusione con Withers del 1995, il ritiro da tale studio nel dicembre 1997, l’attività in Massima Management Ltd nel 1998, la costituzione dello studio Marrache & Mills nel gennaio 1999, la società con Gordon Dadd fra il 2001 e il 2003.
  9. Affermava infatti Barker nel testo della e-mail: “Io mi sento più a mio agio con l’estensione della disclosure fatta nella bozza modificata. Mi è venuto in mente dopo l’incontro che l’ispettore delle tasse potrebbe essere venuto a conoscenza del deposito di denaro da una o più delle vendite degli Hedge Fund che sono state fatte nell’anno fiscale 2001-2002, cosa che potrebbe aver dato inizio alla questione”.
  10. La documentazione relativa a questa specifica vicenda è reperibile alle pagine da 173 a 177 e da 183 a 185 del fascicolo predisposto dal P.M. per la rogatoria inglese.
  11. Nelle parti che qui non interessano il documento è già stato riportato nel capitolo relativo al dividendo.
  12. E’ in atti più di una traduzione del testo, e si riporta qui – pressoché interamente per la sua rilevanza – quella che appare più corretta e fedele al testo inglese.
  13. Corre l’obbligo di ricordare che allo SCO il 20 marzo 1996 Mills aveva dichiarato che i suoi contatti con Fininvest risalivano al 1978.
  14. Il documento “Proposed Holding Structure” è stato esaminato nel capitolo dedicato a Century One e Universal One, e ad esso si rimanda per la sua descrizione.
  15. Ampiamente descritto nel capitolo dedicato alle società del Fininvest Group B
  16. L’argomento è stato trattato nel precedente capitolo, in cui è descritto anche il “Memo” per i soci.
  17. In questa motivazione più volte richiamato con la denominazione “Nota Generale”
  18. Il verbale della riunione è reperibile, come tutti gli altri, nel faldone 1 allegato al fascicolo del dibattimento.