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ribadivano che con tutte le vicende passate con il fisco (facevano riferimento anche ad un pagamento, risalente nel tempo, da parte dello studio Carnelutti, sottoposto a tassazione solo in epoca successiva) Mills avrebbe dovuto almeno “parlare del pagamento” di Bernasconi con Inland Revenue.
Affermavano altresì che c’erano varie spiegazioni alternative del pagamento: Bernasconi aveva stretti legami con Berlusconi; Mills, quale testimone, “limitandosi a dire il minimo indispensabile aveva reso la vita di Berlusconi più semplice”; aveva ricevuto dagli avvocati in tribunale un trattamento “pubblicamente ostile”, “seguito dopo un po’ di tempo dal ricevimento di una sostanziosa somma di denaro”.
Non si stava “insinuando che quel denaro fosse stato corrisposto per ricompensare la brutta esperienza che il sig. Mills aveva vissuto nell'aula del Tribunale di Milano. Tuttavia si trattava di una possibile spiegazione e il sig. Mills non era in possesso di alcuna prova scritta che la smentisse. Tutto ciò che era possibile notare era che DMDM aveva reso un grosso servizio a Berlusconi e che dopo un pò di tempo aveva ricevuto del denaro per mano di uno degli associati di Berlusconi.
Mills, negando che Bernasconi fosse “un fiduciario che passava denaro per conto di Berlusconi dalla Svizzera”, conveniva di non poter provare che la spiegazione proposta dall'ispettore fosse falsa. Infatti gli era stata posta la stessa domanda dai pubblici ministeri italiani la domenica prima a Milano. Questo significava che la questione era diventata in qualche modo meno delicata rispetto al periodo cui si riferiva la lettera del 4 maggio, visto che ormai l'esistenza del pagamento era uscita allo scoperto con loro. I magistrati italiani gli avevano fatto pressione affinché ammettesse che il denaro gli era stato dato su ordine di Berlusconi e lui aveva negato là come negava adesso. Non aveva nessun motivo di pensare che Berlusconi fosse a conoscenza del pagamento. Non pensava che pubblici ministeri italiani avessero alcuna prova che dimostrasse che lo fosse stato”.
Mills aveva anche dichiarato che “il denaro era stato versato direttamente sul suo conto in dollari americani e da lì era stato investito nel suo hedge fund personale by-passando il Regno Unito. La sua provenienza era da attribuirsi ad un hedge fund di Bernasconi di cui ne rappresentava il totale”.
Di nuovo gli ispettori osservavano “che queste spiegazioni supportavano la tesi che il denaro destinato a DMDM da parte di Berlusconi fosse stato tenuto in un fondo del sig. Bernasconi fino al momento in cui si pensò che la situazione nel tribunale italiano si fosse calmata … non vi erano prove che potessero smentire questa ipotesi”.
Il verbale della riunione continuava con varie altre contestazioni, con l’offerta di Mills di pagare ciò che sarebbe stato giudicato opportuno, con l’invito dell’Ufficio di presentare una relazione in cui fossero elencate tutte le entrate dal 1999 al 2003, comprensive di quanto ricevuto da Berlusconi e da Fininvest, precisando altresì il ruolo rivestito nelle varie società. Si chiudeva con le doglianze di