Ritratto di cose di Francia
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RITRATTI
DELLE COSE DELLA FRANCIA
COMPOSTI PER
NICCOLÒ MACHIAVELLI.
La corona, andando per successione del sangue, è diventata ricca, perchè, non avendo il Re qualche volta figliuoli, nè chi gli succedesse nella eredità propria, le sustanze, e beni proprj, e stati sono rimasti alla corona. Ed essendo intervenuto questo ad molti Re, la corona viene ad essere arricchita assai per li molti stati che gli sono pervenuti, come fu il Ducato d’Angiò, ed al presente come interverrà a questo re, che per non avere figli maschi, perverrà alla corona il ducato d’Orliens, e lo stato di Milano; in modochè oggi tutte le buone terre di Francia sono della corona, e non de’ privati Baroni loro.
Un’altra ragione ci è, potentissima, della gagliardia di quel Re, che è che pel passato la Francia non era unita, per gli potenti Baroni che ardivano e gli bastava loro l’animo ad pigliare ogni impresa contro al Re, come era uno duca di Ghienna, di Borbone, i quali oggi sono tutti ossequentissimi; e però viene a essere più gagliardo.
Ecci un’altra ragione: che ad ogni altro principe vicino bastava loro l’animo assaltare il reame di Francia, e questo perchè sempre aveva o un Duca di Brettagna, overo un Duca di Ghienna, o di Borgogna, o di Fiandra che gli faceva scala, davagli il passo, e raccettavalo; come interveniva quando gl’Inghilesi avevano guerra con Francia, che sempre per mezzo di un duca di Brettagna davano che fare al re; e così un Duca di Borgogna, per mezzo di un Duca di Borbone. Ora essendo la Brettagna, la Ghienna, il Borbonese, e la maggiore parte di Borgogna suddita ossequentissima a Francia, non solo mancano a tali principi questi mezi di potere infestare el reame di Francia, ma li hanno oggi nimici, ed anche il re, per avere questi stati ne è più potente, e il nemico più debole.
Ancora ci è un’altra ragione: che oggi li più richi et li più potenti baroni di Francia sono di sangue reale et della linea: che, mancando alcuni de’ superiori et antecedenti a lui, la corona può pervenire in lui. Et per questo ciascuno si mantiene unito colla corona, sperando o che lui proprio o li figliuoli suoi possino pervenire a quel grado. Et il rebellarsi o inimicarsela potria più nuocere che giovare: come fu per intervenire a questo re quando fu preso nella giornata di Brectagna, dove lui era andato in favore di quello duca et contro a’ franzesi; et fu disputa, morto che fu el re Carlo, che per quel mancamento et defectione dalla corona lui dovessi avere perso il potere succedere. Et se non che lui si trovò uomo danaroso per la masseritia che aveva facta, et potette spendere etc.; et dipoi quello che poteva essere re, rimosso lui, era piccolo fantino, cioè Monsignore d’Angulem; ed anche questo Re, e per le ragioni dette, e per avere anche qualche favore, fu creato re.
L’ultima ragione che ci è, è questa: che li stati de’ baroni di Francia non si dividano tra li eredi, come si fa nella Alemagna e in più parte di Italia, anzi pervengono sempre nei primogeniti, e quelli sono gli veri eredi, e gli altri fratelli stanno pazienti, ed aiutati dal primogenito e fratello loro, si danno tutti alle arme e si ingegnono in quel mestieri di pervenire a grado et ad conditione di potersi comperare uno stato, et con questa speranza si nutricono. E di quì nasce che le gente d’arme franzese sono oggi le migliore che sieno, perché si truovono tutti nobili e figlioli di signori, e stanno ad ordine di venire a tal grado.
Le fanterie che si fanno in Francia non possono essere molto buone, perché gli è gran tempo che non hanno avuto guerra, e per questo non hanno esperienza alcuna. E dipoi sono per le terre tutti ignobili et gente di mestiero; e stanno tanto sottoposti a’ nobili et tanto sono in ogni actione depressi che sono vili. E però si vede che il re nelle guerre non si serve di loro, perché fanno captiva prova, benché vi sieno li guasconi, di chi il re si serve, che sono un poco meglio che gl’altri; e nasce perché sono vicini a’ confini di Spagna, che vengono a tenere un poco dello spagnuolo. Ma hanno fatto, per quello che s’è visto da molti anni in qua, più pruova di ladri che di valenti uomini. Pure nel difendere e assaltare terre fanno assai buona pruova; ma in canpagnia la fanno captiva, che vengono ad essere il contrario de’ Tedeschi e Svizeri, i quali alla campagna non hanno pari, ma per difendere et offendere terre non vagliono. E credo che nasca perché in questi due casi non possono tenere quello ordine della militia che tengono in su’ campi; et però il re di Francia si serve sempre o di svizeri o di lanzcheneche, perché le sue gente d’arme dove si abbia inimico opposito, non si fidono di guasconi. E se le fanterie fussino della bontà che sono le gente d’arme Francesi, non è dubio che li basteria l’animo a defendersi da tutti i principi.
I franzesi sono per natura più fieri che gagliardi o dextri; et in uno primo impeto chi può resistere alla ferocità loro, diventano tanto umili, e perdono in modo l’animo che divengono vili come femmine. Ed anche sono insoportabili de’ disagi ed incommodi loro, e col tempo stracurano le cose in modo che è facile, col trovargli in disordine, superarli. Di che se ne è visto la sperientia nel reame di Napoli tante volte, et ultimamente al Gherigliano, dove erono per metà superiori alli spagnuoli, et si credeva se gli dovessino ogni ora inghiottire; tuttavolta, perché cominciava el verno, le piove erono grandi, cominciorono ad andarsene a uno a uno per le terre circumvicine per stare con più agi; et così el campo rimase sfornito et con poco ordine, in modo che spagnuoli furono victoriosi contro a ogni ragione. Sarebbe intervenuto il medesimo a’ Veneziani, che non avrebbero perso la giornata di Vailà, se fussino iti secondando i Francesi almeno venti giorni; ma il furore di Bartolomeo d’Alviano trovò uno magiore furore. Il medesimo interveniva a Ravenna alli spagnuoli che, se non si accostavano a’ franzesi, li disordinavano, rispecto al poco governo et al mancamento delle vectovaglie che impedivano loro e’ vinitiani verso Ferrara; et quelle di Bologna sarebbono sute impedite dalli spagnuoli; ma perché uno ebbe poco consiglio, l’altro meno iuditio, lo exercito franzese rimase vincitore, benché la victoria fusse sanguinosa et fu il conflitto grande. Et magiore saria stato se il nervo delle forze dell’uno campo et l’altro fussi stato della medesima sorte l’uno che l’altro. Ma lo exercito franzese era gagliardo nelle gente d’arme, lo spagnuolo nelle fanterie: et per questo non fu tanta grande stragie. Et però chi vuole superare e’ franzesi si guardi dal primo loro inpeto, ché con lo andarli intractenendo, per le ragioni decte di sopra, li supererà. Et però Caesare dixe e’ franzesi essere in principio più che uomini et in fine meno che femine.
La Francia per la grandeza sua e per la comodità delle grandi fiumane è grassa ed opulenta, dove e le grasce e le opere manuali vagliono poco o niente per la carestia de’ danari che sono ne’ populi, i quali appena ne possono ragunare tanti che paghino al signore loro i datii, ancora che sieno piccolissimi. Questo nasce perchè non hanno dove finire le grasce loro: perchè ogni uomo ne ricoglie da vendere; in modo che, se in una terra fussi uno che volessi vendere un moggio di grano, non troverria, perchè ciascuno ne ha da vendere. Ed i gentiluomini de’ denari che tragono da’ subditi, dal vestire in fuori, non spendono niente; perchè da per loro hanno bestiame assai da mangiare, pollaggi infiniti, laghi et luoghi pieni di venagione d’ogni sorte: et così universalmente ha ciascuno uomo per le terre; in modo che tutto il danaio perviene nelli signori, il quale oggi in loro è grande; et però come quegli populi hanno uno fiorino li pare essere richi.
Gli prelati di Francia traggono due quinti delle entrate e richezze di quello regno, perchè vi sono assai vescovadi et hanno il temporale et lo spirituale; et poi avendo per il victo loro cose abastanza, però tutti li denari che li pervengono nelle mani non escono mai, secondo l’avara natura de’ preti et religiosi; et quello che perviene ne’ Capitoli e Collegi delle Chiese, si spende in argenti, gioie, richeze per ornamento delle Chiese. In modo che, fra quello che hanno le chiese proprie et quello che hanno i religiosi e particolari fra ori ed argenti, vale uno tesoro infinito.
Nel consultare et governare le cose della corona et stato di Francia, sempre intervengono in magiore parte prelati; et li altri signori non se ne curano, perchè sanno che le executioni hanno ad essere facte da loro: et però ciascuno si contenta, l’uno collo ordinare, l’altro collo exequire; benchè vi intervenga ancora de’ vechi già suti uomini di guerra, perchè, dove si ha a ragionare di simile cose, possino indirizare li prelati che non ne hanno pratica.
I benefici di Francia per virtù di certa loro prammatica, ottenuta già lungo tempo fà dalli Pontefici, sono conferiti da’ loro Collegj; in modochè i Canonici, quando il loro arcivescovo o vescovo muore, ragunati insieme, conferiscono il benefizio a chi di loro gli pare lo meriti: in modo che spesso hanno qualche dissensione, perchè vi è sempre chi si fa favore con danari, e qualcuno colle virtù e buone opere. Il simile fanno i monachi nel fare li abati. Gli altri piccoli benefici sono conferiti da’ Vescovi dove sono sottoposti. E se qualche volta il Re volesse derogare a tale prammatica eleggendo un Vescovo a suo modo, bisogna che usi le forze, perchè niegano il dare la possessione; e se pure sono forzati, usano, morto che è uno re, trarre uno tale prelato di possessione, e renderla all’eletto da loro.
La natura de’ Francesi è appetitosa di quello d’altri, di che insieme col suo e quello altrui è poi prodiga. E però il Francese ruberia con lo alito per mangiarselo, e mandarlo male, e goderselo con colui a chi lo ha rubato. Natura contraria all Spagnuola, che di quello che ti ruba mai ne vedi niente.
Teme assai la Francia degli inghilesi per le grandi incursione et guasti che anticamente hanno dato a quel reame: in modo che ne’ populi quel nome inghilese è formidabile, come quegli che non distinguono che la Francia è oggi conditionata altrimenti che in quelli tempi: perchè è armata, experimentata et unita, et tiene quelli stati in su che gl’inghilesi facevano loro fondamento, come era un ducato di Brectagna e di Borgogna. Et per lo opposito, gl’inghilesi non sono disciplinati, perch’è tanto che non ebbono guerra che delli uomini che vivono oggi non è chi mai abbi visto inimico in viso; et poi li è mancato chi li acosti in terra, dallo arciduca infuori.
Temerebbono assai delli spagnuoli per la sagacità et vigilantia loro. Ma qualunche volta quel re voglia assaltare la Francia, lo fa con grande disagio: perchè, dallo stato donde moverebbe fino alle boche de’ Pirenei, che mettono nel reame di Francia, è tanto cammino e sì sterile che, ogni voltachè i Francesi faccino punta a tali bocche, così a quelle di verso Perpignano, e di verso Ghienna, potrebbe essere disordinato il suo esercito, se non per conto di soccorso, almeno per conto delle vettovaglie, avendo a condursi tanta via; perchè il paese che si lascia dietro è quasi per la sterilità inabitato e quello che è abitato appena ha da vivere per li abitanti. E per questo i Francesi di verso i Pirenei temono poco degli Spagnuoli.
De’ Fiamminghi non temono i Francesi, e nasce perchè i Fiamminghi non ricolgono per la fredda natura del paese da vivere, e massime di grani e vini, i quali bisogna che i tragghino fra di Borgogna e di Piccardia, e d’altri stati di Francia. E dipoi i popoli di Fiandra vivono di opere di mano, le quali merci e mercanzie loro smaltiscono in su le fiere di Francia: cioè di Lione ed a Parigi; perchè dalla banda della marina non vi è dove smaltirle; e di verso la Magna il medesimo, perchè ne hanno e ne fanno più che loro. E però ognivolta che mancassero del commercio con gli Francesi, non avrebbero dove finire le mercanzie e così non solamente mancherebbero delle vettovaglie, ma ancora dello smaltire quello che lavorassero. E però i Fiamminghi mai, se non forzati, avranno guerra con gli Francesi.
Teme assai la Francia de’ Svizzeri per la vicinità loro e per gli repentini assalti che vi possono fare, a che non è possibile per la prestezza loro potere provvedere a tempo. E fanno piuttosto depredazioni e correrie che altro: perchè, non avendo nè artiglierie nè cavalli, e stando le terre Francesi, che gli sono vicine, bene munite non fanno gran progressi. E poi la natura de’ Svizzeri è più atta alla campagna, ed a fare giornata, che allo espugnare e difendere terre; e malvolentieri i Francesi in quelli confini vengono alle mani con loro, perchè, non avendo fanterie buone che sieno a petto agli Svizzeri, le gente d’armi senza fanterie non vagliono. Ed ancora il paese è qualificato in modo, che le lance e gente a cavallo male vi si maneggiano; e gli Svizzeri mal volentieri si discostano da’ confini per condursi al piano, lasciandosi indietro, come è detto, le terre grosse e ben munite; dubitando, come interverrebbe loro, che le vettovaglie non mancassino, ed ancora, conducendosi al piano non potere ritornare a sua posta.
Dalla banda di verso Italia non temono, rispeto alli monti Appennini, e per le terre grosse che hanno alle radice di quegli: dove, ogni volta che uno valessi assaltare lo stato di Francia avessi a soprastare, avendo indreo uno paese tanto sterile, bisogneria o che affamassi o che si lasciassi le terre indietro, il che saria pazzia, o che si mettesse ad espugnarle; benché dalla banda d’Italia non temono, e per le ragione dete, e per non essere in Italia principe apto ad assaltargli, e per non essere Italia unita come era al tempo dei Romani.
Dalla banda di mezzodì non teme punto il reame di Francia per esservi la marina: dove sono in quelli porti legni assai, parte del re e d’altri regnicoli, da potere defendere quella parte da uno inopitato assalto: perché a uno premeditato si ha tempo a riparare, perché si mete tempo, per chi lo vuole fare, a prepararlo e meterlo ad ordine, e viene a sapersi per ciascuno. Et in tutte queste provincie tiene ordinariamente guarnigione di gente d’arme per giucare al sicuro.
Spende poco in guardare terre perché li subditi li sono obsequentissimi e forteze non usa fare guardare per il regno. Et a’ confini dove sarebbe qualche bisogno di spendere, standovi le guernigioni delle gente d’arme, manca di quella spesa: perché da uno assalto grande si ha tempo a ripararvi, perché vuole tempo a potere essere fatto e messo insieme.
Sono i popoli di Francia umili e ubbidientissimi, ed hanno in grande venerazione il loro Re. Vivono con pochissima spesa per la abbondanza grande delle grasce; ed anche ognuno ha qualche cosa stabile da per se. Vestono grossamente e di panni di poca spesa; e non usano seta di nessuna sorte, nè loro nè le donne loro, perchè sarebbono notati dalli gentiluomini.
Li vescovadi del regno di Francia, secondo la moderna computazione, sono numero cvi. computati Arcivescovadi xviii.
Le parrocchie un milione e dcc. computate dccxl. Badie. Delle priorie non si tiene conto.
L’entrata ordinaria o straordinaria della corona non ho potuto sapere, perchè ne ho domandati molti e ciascuno mi ha detto essere tanta quanta ne vuole il Re. Tamen qualcuno dice una parte dell’ordinario, cioè quello che è detto presto danajo del Re, si cava di gabella, come pane, vino, carne, e simili ha scudi un milione e dcc. mila; e lo straordinario cava di taglie quanto lui vuole, e queste si pagano alte, basse come pare al Re; ma non bastando si pongono preste, e raro si rendono; e le domandano per lettere regie in questo modo: Il Re nostro Sire si raccomanda a voi, e perchè ha fauta d’argento vi priega li prestiate la somma che contiene la lettera. E questa si paga in mano del ricevitore del luogo, e in ciascuna terra ne è uno, che riscuote tutti i proventi, così gabelle come taglie e preste.
Le terre suddite alla corona non hanno fra loro altro ordine che quello che li fa il Re in far danari o pagar dazi, come di sopra.
L’autorità de’ Baroni sopra i sudditi è mera. L’entrata loro è pane, vino, carne, come di sopra, e tanto per fuoco l’anno; ma non passa sei o otto soldi per fuoco, di tre mesi in tre mesi. Taglie o preste non possono porre senza consenso del Re; e questo raro si consente.
La corona non trae di loro altra utilità che l’entrata del sale, nè mai gli taglieggia se non per qualche grandissima necessità.
L’ordine del Re nelle spese straordinarie,, così nelle guerre come in altro è che comanda ai tesaurieri che paghino i soldati; e loro li pagono per mano di coloro che li rassegnono. I pensionari e gentili uomini vanno ai generali e si fanno dare la discarica, cioè la poliza del pagamento loro, di mese in mese; i gentiluomini e pensionari di tre mesi in tre mesi, e vanno al ricevitore della provincia dove abitano e sono subito pagati.
Li gentili uomini del re sono dugento; il soldo loro è venti scudi il mese, e sono pagati ut supra; e ogni cento ha uno capo, che soleva essere Ravel e Vidames.
Delli pensionari non vi è numero, e hanno chi poco e chi assai come piace al re, e li nutrisce la speranza di venire a grado magiore; e però non vi è ordine.
L’ufficio de’ generali di Francia e pigliare tanto per fuoco e tanto per taglia col consenso del Re; e ordinare che le spese, così ordinarie come extraordinarie, sieno pagate ai tempi, cioè le discariche, come di sopra.
Li tesaurieri tengono lo argento e pagono secondo l’ordine e discariche de’ generali.
L’ofitio del Gran Cancelliere è merum imperium, e può gratiare e condannare a suo libito etiam in capitalibus sine consensu Regis. Può rimettere i litiganti contumaci nel buon dì. Può conferire i benefitzi col consenso del Re; tamen perchè le gratie si fanno per leere reale sigillate col gran sigillo reale, però lui tiene el gran sigillo. Il salario suo è diecimila franchi l’anno e undicimila franchi per tenere tavola; tavola: s’intende per dare desinare e cena a quelli tanti del Consiglio che seguono il Grande Cancelliere, cioè advocati e altri gentiluomini, che lo seguono, quando a loro piacesse mangiare seco; che si usa assai.
La pensione che dava il Re di Francia al Re d’Inghilterra, era cinquantamila franchi l’anno, ed era per ricompensa di certe spese fatte dal padre del presente Re d’Inghilterra nella Ducea di Brettagna, la quale è finita e non si paga più.
Al presente non vi è in Francia che un gran Siniscal; ma quando vi sono più Siniscal (non dico grandi, che non è che uno) l’ufficio loro è sopra le genti d’arme ordinarie e straordinarie, le quali per degnità dello ufficio suo sono obbligate ad ubbidirlo.
I governatori delle provincie sono quanti il Re vuole, e pagati come al re pare, e si fanno annuatim, & ad vitam, ut regibus placet; e gli altri governatori, ed anco i luogotenenti delle piccole terre sono tutti messi dal Re. Ed avete a sapere, che tutti gli uffici del regno sono o donati o venduti dal re e non da altri.
Il modo del fare li stati si è, ciascuno anno di Agosto, quando d’Ottobre, quando di Gennajo, come vuole il Re; e si porta la spesa e l’entrata ordinaria di quell’anno per mano de’ generali, e quivi si distribuisce l’entrata secondo l’uscita; e si accresce e diminuisce le pensioni e pensionari come piace al Re.
Della quantità delle distribuzioni delli gentiluomini e pensionari non è numero; ma non si apruova niente per la Camera de’ conti, e basta loro l’autorità del Re.
L’ufficio della camera de’ conti è rivedere i conti a tutti quelli che ministrano danari della corona, come sono generali, tesaurieri, e ricevitori.
Lo studio di Parigi è pagato delle entrate delle fondationi de’ collegi, ma magramente.
Li Parlamenti sono cinque; Parigi, Roano, Tolosa, Burdeos, e Delfinato, e di nissuno si apella.
Li Studi primi sono quattro; Parigi, Orliens, Borges, e Pottieres; e dipoi Torsì e Angieri, ma vagliono poco.
Le guarnigioni stanno dove vuole il Re, e tante quante a lui pare, così delle artiglierie, come dei soldati. Nientedimeno tutte le terre hanno qualche pezzo d’artiglieria in munitione, e da due anni in quà se ne è fatte assai in molti luoghi del regno a spese delle terre dove furono fatte, con accrescere un danaio per bestia, o per misura. Ordinariamente quando il Regno non teme di persona le guarnigioni sono quattro, cioè in Ghienna, Piccardia, Borgogna, e Provenza; e si vanno poi mutando ed accrescendo più in uno luogo che in uno altro secondo i sospetti.
Ho fatto diligenza di ritrarre quanti danari sieno assegnati l’anno al Re per le spese sue di casa e della persona sua, e trovo averne quanti ne domanda.
Li arcieri sono quattrocento deputati alla guardia della persona del re, tra quali ne sono cento scozeschi, e anno l’anno trecento franchi per uomo e uno saione, come usano, alla livrea del re. Quelli del corpo del re, che sempre li stanno al lato, sono ventiquattro con quattrocento franchi l’uno l’anno. Capitano ne è Monsignore Dubegnì Cursores, ed il Capitano Gabriello.
La guardia degli uomini di piè è di alamanni, delli quali cento ne sono pagati di dodoci franchi il mese; e ne soleva tenere fino in trecento con pensione di dieci franchi, e di più, a tutti duoi vestimenti, l’anno per uno, cioè: uno la state e uno el verno, cioè giubbone e calze a livrea; e quelli cento del corpo avevono giubboni di seta, e questo al tempo del re Carlo.
Forieri sono quelli che sono preposti ad alloggiare la corte e sono trentadue, ed hanno trecento franchi ed uno sajone l’anno a livrea. Li loro Maniscial sono quattro; ed hanno seicento franchi per uno; e nello allogiare tengono questo ordine, cioè si dividono in quattro; ed un quarto con un Maniscial o suo luogotenente, quando non fussi in corte, rimane dove la corte si parte, acciò sia facto il dovere ai padroni delli alogiamenti; uno quarto ne va colla persona del re; e uno quarto, dove il dì debbe arrivare il re, a preparare alla corte li alloggiamenti; e l’altro uno quarto ne va dove il re debbe andare il dì dipoi. E tengono un ordine mirabile, in modochè allo arrivare ciascuno ha suo luogo, fino alle mererici.
Il Oreposto dello Ostello è un uomo che seguita sempre la persona del Re, e l’ufficio suo è meruo imperio, ed in tutti quelli luoghi che va la corte, il banco suo è primo, e puossi quelli della terra propria dove si truova gravare da lui come dal proprio luogotenente. Quelli che per cause criminali sono presi per sua mano non possono apellare alli Parlamenti. Il salario suo ordinario è sei mila franchi. Tiene due giudici in civile, pagati dal re di seicento franchi lo anno per uomo; così un luogotenente in criminale che ha trenta arcieri pagati, come di sopra. Ed espedisce così in civile come in criminale, e una sola volta che lo actore si abochi col reo alla presentia sua basta ad espedire la causa.
Mastri di Casa del Re sono otto: ma non ci è ordine fermo tra loro di salario, perchè chi ha mille franchi, chi più e chi meno come pare al Re. E dipoi il gran Mastro che successe in luogo di Monsignor di Ciamonte è Monsignor della Palissa, il padre del quale ebbe già il medesimo ufficio, che ha undicimila franchi, e non ha altra autorità che essere sopra gli altri mastri di Casa.
L’Ammiraglio di Francia è sopra tutte le armate di mare ed ha cura di quelle, e di tutti i porti del Regno. Può prendere dei legni, e fare come piace a lui de’ legni dell’armata: Ed ora è Preianni, ed ha di salario diecimila franchi.
Cavalieri dell’ordine non hanno numero, perchè sono tanti quanti il Re vuole. Quando sono creati giurano di difendere la corona, e non venire mai contro a quella, e non possono mai esser privati se non alla morte loro. La pensione loro è il più quatrromila franchi, e ne è qualcuno di meno e simil grado non si dà ad ogniuno.
L’ufficio de’ Ciamberlani è intrattenere il Re, prevenire alla camera del Re, consigliarlo; ed infatto sono i primi del regno per riputazione. Hanno gran pensione, sei, otto, diecimila franchi, e qualcuno niente, perchè il Re ne fa spesso per onorarne qualche uomo da bene, eziandio forestiere. Ma hanno privilegio nel regno di non pagare gabelle, e sempre in corte hanno le spese alla tavola de’ Ciamberlani, che è la prima dopo quella del Re.
Il grande scudiere sta sempre apresso del re. L’ufficio suo è sempre essere sopra gli dodici scudieri del Re, come è il gran Mastro, ed il Gran Ciamberlano sopra gli suoi, ed aver cura de’ cavalli del Re, metterlo e levarlo da cavallo, aver cura agli arnesi del Re, e portargli la spada avanti.
I Signori del Consiglio hanno tutti pensione di sei in ottomila franchi come pare al Re, e sono Monsignor di Parigi, Monsignor di Buovaglia, il Baglì di Amiens, Monsignor di Bussì, ed il gran Cancelliere; ed in fatto Rubertet, e Monsignor di Parigi governano il tutto.
Non si tiene adesso tavola per nissuno di poi morì il Cardinale di Roano. Perchè il gran Cancelliere non ci è, fa l’ufficio Parigi.
La ragione che pretende il Re di Francia in su lo stato di Milano è, che l’avolo suo ebbe per donna una figliuola del Duca di Milano, il quale morì senza figliuoli maschi.
Il Duca Giovanni Galeazzo ebbe due figliuole femmine, e non sò quanti maschi. Tra le femmine ne fu una che si chiamò Madonna Valentina, e fu maritata al Duca Lodovico d’Orliens, avolo di questo Re Luigi, disceso pure della schiatta di Pipino. Morto il Duca Giovanni Galeazzo gli successe il Duca Filippo suo figliuolo, il quale morì senza figliuoli legittimi, e lasciò solo di se una femmina figlia bastarda. Fu poi usurpato quello stato da questi Sforzeschi illegittimamente, ut dicunt; perchè costoro dicono quello stato pervenire alli successori ed eredi di quella Madonna Valentina, e dal giorno che Orliens s’imparentò col Milanese, acompagnò l’arme sua de’ tre gigli con una biscia, e così ancora si vede.
In ciascuna parrochia di Francia è un uomo pagato di buona pensione dalla detta parrochia, e si chiama il franco arciere, il quale è obligato tenere un cavallo buono, e stare provvisto d’armature ad ogni requisizione del Re, quando il Re fusse fuori del regno per conto di guerra, o d’altro. Sono obbligati a cavalcare in quella provincia dove fusse assaltato il regno, o dove fusse sospetto, che secondo le parrochie sono un milione e settecento.
Gli alloggiamenti per obbligo dell’ufficio loro danno i forieri a ciascuno che segue la corte; e comunemente ogni uomo da bene della terra allogia cortigiani. E perchè nessuno abbia causa di dolersi, così colui che allogia come colui che è allogiato, la corte ha ordinato una tassa, che universalmente si usa per ciascuno, cioè soldi uno per camera il dì, dove ha a essere letto e cuccietta, e mutati almanco ogni otto dì.
Danari due per uomo il giorno per i lingi, cioè tovaglie, tovagliolini, aceto, agresto, e sono tenuti a mutare detti lingi almanco due volte la settimana; ma per averne il paese abbondanza gli mutano più e meno, secondo che l’uomo domanda. E di più sono obbligati di governare, spazzare, e rifare le letta.
Danari dodici ciascun giorno e per ciascuno cavallo per lo stallagio, e non sono tenuti per li cavalli darvi cosa alcuna, salvo che vuotarvi la stalla dal letame.
Sono assai che pagano meno o per la buona natura loro o del padrone; ma tuttavolta questa è la tassa ordinaria della corte.
Le ragioni che pretendono avere gl’Inghilesi in sul reame di Francia e più fresche, ritraggo e trovo esser queste. Carlo VI. di questo nome maritò Caterina figliuola sua legittima e naturale a Enrico figliuolo legittimo e naturale di Enrico Re d’Inghilterra, e nel contratto, senza fare menzione alcuna di Carlo VII. che fu poi Re di Francia, oltre alla dote data a Caterina, istituì erede del reame di Francia doppo la morte sua, cioè di Carlo VI. Enrico suo genero e marito di Caterina; ed in caso che detto Enrico morisse avanti a Carlo VI. suo suocero e lasciasse di se figliuoli legittimi e naturali maschi, che in tal caso ancora i detti figliuoli di Enrico succedessino a Carlo VI. Il che per essere stato preterito dal padre Carlo VII. non ebbe effetto, per essere contro le leggi. All’incontro di che gl’Inghilesi dicono, detto Carlo VII. esser nato d’incestuoso concubito.
Gli Arcivescovadi d’Inghilterra sono due.
Vescovadi 22.
Parrochie cinquantadue mila.