Reso/Prologo
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corifeo
rivolto ai corèuti.
Muova d’Ettore alcuno alla tenda
delle guardie del sire, che insonni
stanno a veglia, se udir le novelle
ei vuol delle scolte,
che la quarta notturna vigilia
per tutto l’esercito fanno.
corifeo
all’ingresso della tenda d’Ettore.
Alza il capo, sul cúbito lèvati,
il sopore dagli occhi terribili
discaccia, dal letto di foglie
sorgi, Ettore, udir tu mi devi.
ettore
Chi va là? D’un amico è la voce?
Di’ su la parola.
Chi mai fra la tènebra appressa
al nostro giaciglio? Parlate.
coro
Sentinelle del campo.
ettore
Perché
t’appressi con tanto rumore?
coro
Fa’ cuor.
ettore
Faccio cuor: ci minaccia
qualche insidia notturna?
coro
Ancor no.
ettore
Perché, dunque, lasciato il tuo posto,
distogli l’esercito, quando
niun annuncio tu rechi? Non sai
che presso all’esercito argivo
giacciam, tutti chiusi nell’arme?
coro
Strofe
Stringi l’armi, al giaciglio
degli alleati corri, Ettore, esortali
che si scuotan dal sonno, e l’aste impugnino.
Alle tue schiere amici
manda: adattate ai corsïer le redini.
Chi andrà di Panto al figlio,
d’Europa al figlio, principe dei Lici?
Dove son quei che attendono alle vittime?
Dove dei frombolieri
i capitani? E voi, stringete ai cornei
archi le funi, o della Frigia arcieri.
ettore
Ciò che dici, da un lato sgomenta,
dall’altro incoraggia; e di certo
nulla dici. Di Pane Saturnio
ti percosse la sferza, e per questo,
lasciato il tuo posto,
disturbi le schiere? Che dici?
Qual nunzio dirò che tu rechi?
Le parole son molte; ma nulla
tu dici d’esplicito.
coro
Antistrofe
Ettore, alto si espande
fulgor, tra il buio, dall’argivo esercito:
le stazioni delle navi brillano.
Le schiere accorse sono
tutte quante alla tenda d’Agamènnone,
per qualche ordine; ed il tumulto è grande.
Mai prima d’ora con sí gran frastuono
non s’adunaron le falangi nautiche.
Per gli eventi futuri
temendo, io corsi a te, ché qualche biasimo
la negligenza a me poi non procuri.
ettore
Benché sgomente sian le tue parole,
giungi in buon punto: ché i nemici tentano
da questa terra, con notturna fuga,
sul mar salvarsi, e agli occhi miei sfuggire;
onde i notturni fuochi il cuor m’allegrano.
Oh Dèmone che me lungi tenesti
come leone dalla preda, quando
vincevo già, pria che l’argivo esercito
tutto potesse la mia lancia struggere!
Ché, se del sole i luminosi raggi
non si fossero spenti, io la mia lancia
vittorïosa non avrei frenata
prima che avessi arse le navi, e fossi
giunto alle tende a sterminar gli Achivi
col mio braccio omicida. Io, per mio conto,
ero disposto a seguitar la zuffa
anche di notte, e profittar dell’impeto
vittorïoso di fortuna. Ma
mi convinsero i saggi, e quanti interpreti
sono dei Numi, ch’io dovessi attendere
del dí la luce, e niuno degli Achivi
lasciare allor sul continente. E quelli
tempo non danno ch’io conduca a termine
degli arúspici il piano: assai la notte
agevola i fuggiaschi. Or quanto prima
dar conviene all’esercito l’annunzio
che sorgano dal sonno, e l’aste impugnino,
sí che qualcuno dei nemici, mentre
balza dal legno già, colpito a tergo,
spruzzi le scale col suo sangue, ed altri,
presi nei lacci delle reti, imparino
nei campi frigi a dissodar le zolle.
coro
T’affretti prima di saper gli eventi,
Ettore: non sappiam bene se fuggono.
ettore
Perché tanti, se no, fuochi arderebbero?
coro
Non so; ma gran sospetto in cuore accolgo.
ettore
Se di ciò temi, d’ogni cosa temi.
coro
Mai prima d’ora tanti fuochi accesero.
ettore
Né mai sí turpemente a fuga volsero.
coro
L’opra fu tua: provvedi ora anche al seguito.
ettore
Contro i nemici un motto basta: all’armi!
coro
Ora Enèa vedi, che a gran passo avanza,
ed agli amici un nuovo annuncio reca.
Giunge Enea.
enea
Ettore, a che l’escubie interrorite
al tuo giaciglio, fra le schiere, mossero
a favellarti, ed in tumulto è il campo?
ettore
Enea, le membra tue nell’armi chiudi.
enea
Che avvenne mai? Celata fra le tènebre
dei nemici s’annuncia alcuna frode?
ettore
Fugge il nemico, già le navi ascende.
enea
E puoi darmi di ciò prova sicura?
ettore
Tutta la notte ardono fiamme, e penso
che il dí novello attendere non vogliano,
bensí le navi a quel bagliore ascendere,
da questo suol partir, fuggire in patria.
enea
Ed a qual fine la tua mano armasti?
ettore
Mentre fuggiaschi su le navi balzano,
con la mia lancia piomberò sovr’essi
ferocemente, ostacolo farò.
Ché vergogna sarebbe, ed oltre a ciò
danno per noi, se quando a noi provvede
un Dio, fuggir lasciassimo il nemico,
senza contrasto, e tanto mal ci ha fatto.
enea
Deh, se tanto valesse il tuo consiglio
quanto il tuo braccio! Ma non può di tutto
esser maestro un uomo: han varie doti
e questo e quello: tu nelle battaglie
ed altri vale nei consigli. Tu
per la notizia di quei fuochi, immagini
che fuggano gli Achèi, ti esalti, vuoi
muover le schiere, e traversar la fossa
nel buio della notte. Or, quando avessi
traversata la sua cupa voragine,
se volti in fuga non trovassi, ma
alla tua lancia volti gli avversari,
vinto saresti, e a Troia non faresti
ritorno piú. Come potresti, infatti,
in una rotta, superare i valli,
come, senza spezzar gli assi, potrebbero
i cavalieri attraversare i ponti?
E se tu vinci, il figlio di Pelèo,
campione fresco, piomberà su te,
né lascerà che tu le navi bruci,
né che gli Achei, come disegni, stermini.
Ché bollente è quell’uomo, e a torre simile
la sua baldanza. Lascia pur che in pace
presso agli scudi dormano le schiere
dopo il travaglio della guerra. E al campo
dei nemici, direi, si mandi un uomo,
di buona voglia, ad esplorar. Se proprio
volgono a fuga, su l’argivo esercito
noi piomberemo: se un’insidia invece
questa notturna luminaria asconde,
dal nostro esplorator la frode appresa,
terrem consiglio. Io cosí penso, o re.
coro
Strofe
Ciò mi convince. Tu pure a questo parere appígliati.
Le temerarie gesta dei duci m’aggradan poco.
Miglior consiglio
v’ha che alle navi mandar chi rapido muova, ed invèstighi
per qual ragione sopra il naviglio
degl’inimici di tanti lumi scintilla il fuoco?
ettore
Vincete, quando in ciò tutti concordi
siete. Tu muovi, e fa’ che gli alleati
restin tranquilli: ché, parlare udendo
di notturne assemblee, potrebbe il campo
facilmente agitarsi. Io fra i nemici
chi esplori manderò. Se nuove ei rechi
d’un’insidia nemica, a tutto tu
sarai presente, e tutto udrai. Se invece
volgono in fuga e sciolgono le gómene,
lo squillo d’una tromba a udir t’appresta,
ch’io fermo non starò: ma questa volta
irromperò sopra le navi d’Argo.
enea
Mandalo quanto puoi prima: prudente
partito è questo ch’ora prendi. Teco
mi vedrai, dove occorra, all’opra valido.
ettore
Qual dei Troiani qui presenti vuole
esploratore muovere alla flotta
degl’inimici? A questa terra, ad Ilio
chi vuol prestare aiuto e agli alleati?
Non posso io solo provvedere a tutto.
dolone
Per la patria affrontare un tal pericolo
io bramo, andare alla nemica flotta
esploratore; e tornerò quando abbia
scoperto degli Achei tutti i disegni.
Ma pongo un patto a questa mia fatica.
ettore
Buon auspicio è il tuo nome, e tu la patria
ami, Dolone. Di tuo padre illustre
era la casa; e tu l’onor ne addoppi.
dolone
Giusto è ch’io mi travagli, e del travaglio
abbia degno compenso. Aggiunto a ogni opera,
il compenso ne fa duplice il gaudio.
ettore
Giusto è ciò che tu dici, e non contrasto.
Stabilisci tu stesso, ove non sia
la mia sovranità, questo compenso.
dolone
Non bramo il regno tuo pieno d’affanni.
ettore
Genero divenir vuoi dei Priàmidi?
dolone
Nozze coi piú da me stringer non voglio.
ettore
Oro ce n’è, se tal compenso brami.
dolone
In casa n’ho: penuria io non conosco.
ettore
Che brami, allor, di quanto Ilio racchiude?
dolone
Vinti gli Achivi, un dono a me prometti.
ettore
Lo avrai: tranne che il duce delle navi.
dolone
Per Menelao non intercedo: uccidilo.
ettore
Il figlio d’Oïlèo non vorrai chiedermi?
dolone
Man di signori poco val nei campi.
ettore
E di qual degli Achei brami il riscatto?
dolone
Già te l’ho detto, ho in casa oro a dovizia.
ettore
Le spoglie che vorrai tu stesso eleggi.
dolone
Alto sui templi dei Celesti appendile.
ettore
Qual dono chiederai maggior di questo?
dolone
I cavalli d’Achille. Alto dev’essere
il guiderdone del travaglio, quando
l’anima esponi ai dadi di Fortuna.
ettore
I cavalli che brami anch’io li bramo:
ch’essi immortali sono, e d’immortali
nacquero; e il carro traggono del figlio
impetuoso di Pelèo. Li diede,
poi che puledri li domò, raccontano,
Posídone, del mar Nume, a Pelèo.
Pur, te ne fo certa promessa: il cocchio
potrai d’Achille alla tua casa addurre.
dolone
Sta bene. E se l’avrò, dirò che in premio
del mio coraggio il piú bel dono m’ebbi
dai Frigi; e tu non devi invidïarmelo.
Mille e mille altri averne che t’aggradano
puoi: ché il piú prode sei di questa terra.
coro
Antistrofe
Grande il cimento, grande il compenso che ne desideri.
Se tu riesci, colma di gloria sarà la gesta,
tu di letizia.
Gran cosa è pure l’essere genero del re. Fra i Súperi
avrà pensiero di te Giustizia;
ma ricompensa grande fra gli uomini per te s’appresta.
dolone
Son pronto. Prima alla mia casa, ai Lari
vado, le vesti acconce indosso, e quindi
ai legni degli Achivi il pie’ sospingo.
coro
Dimmi, indossare un’altra veste pensi?
dolone
All’opra adatta ed al cammin furtivo.
coro
Da un uom che sa, puoi qualche cosa apprendere
sempre. Come sarà questa tua veste?
dolone
La pelle al dorso adatterò d’un lupo,
il muso della fiera al capo attorno,
alle mani le zampe anteriori,
i miei piedi ai suoi piedi, e imiterò
l’andatura del lupo, a quattro zampe,
sí che ai nemici arduo sia scoprirmi,
mentre ai valli m’appresso, e ai propugnacoli
navali. Quando poi giunto sarò
in qualche luogo solitario, andrò
su due piedi, diritto. Ecco la frode.
coro
Abuon fine ti guidi, e poi di nuovo
di Maia il figlio, Ermète, a noi t’adduca,
protettor degli scaltri. Il piano è fatto:
manca sol che t’assista la Fortuna.
dolone
Tornerò salvo, Ulisse ucciderò —
e il capo suo ti porterò, ché chiara
prova tu abbia che alle navi achive
giunse Dolone — , o il figlio di Tidèo.
Pria che la luce in terra torni, io qui
sarò: né la mia man di sangue immune.
Parte.