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ELETTRA 25

macchiò d’Elettra il letto: ella è ancor pura.
Ebbi la figlia di Signori grandi;
ma mi vergognerei s’io l’oltraggiassi,
ché degno io non ne sono. E per Oreste
piango, per lui che dicon mio cognato
se mai, tornando, le infelici nozze
della sorella, o misero, vedrà.
E chi stolto mi giudica, perché
una fanciulla ho in casa, e non la tocco,
sappia che falso è il metro ond’ei misura
la mia saggezza, e che lo stolto è lui.
Esce dalla casa Elettra. Indossa povere vesti, e porta sulla testa una brocca per attingere acqua.

elettra

O negra notte, o de le stelle d’oro
nutrice, all’ombra tua questa che siede
brocca sul capo a me, debbo alle fonti
fluvïali recare. A ciò ridotta
la miseria non m’ha: bensí mostrare
bramo agli Dei quanto m’offende Egisto,
lanciare nell’immenso ètere l’ululo
io voglio al padre mio: ché la Tindàride
maledetta, mia madre, via da casa
per compiacer lo sposo, mi scacciò.
Or ch’altri figli a Egisto ha procreati,
stima che siam di troppo Oreste ed io.

auturgo

Ecco, per me travagli e peni, o misera,
tu cresciuta fra gli agi: io ben ti dissi
che tu te ne astenessi; eppur lo fai.