Parodo

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Euripide - Reso (V secolo a.C.)
Traduzione di Ettore Romagnoli (1930)
Parodo
Prologo Primo episodio

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Strofe I
Delio, Timbrèo, che in Licia
inoltri il pie’ nel tempio,
giungi, o divino, o re dell’arco, Apolline,
vieni, e quest’uomo guida fra le tenebre
alla mèta sicura.
Assistilo, i Dardanidi
soccorri, tu ch’ergesti, o potentissimo,
d’Ilio le antiche mura.

Antistrofe I
Possa alla flotta giungere,
ad esplorar l’esercito
d’Ellade; e poscia torni alla sua patria
d’Ilio, e quando cadrà, dal nostro principe
disfatto, il Marte achèo,
ascender possa il cocchio
de le cavalle ch’ebbe da Posidone
l’eàcide Pelèo.

Strofe II
Ch’egli ardí pei suoi Lari e per la patria
solo alla flotta dei nemici muovere.

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Ammiro il suo coraggio.
Scarso è dei prodi il numero,
quando il mare s’ottènebra,
e fra i marosi è la città. Pur, valido
v’è alcun, tra i Frigi: nelle Misie cuspidi
è pur valore, anche se alcuno spregia
quei che al mio fianco pugnano.

Antistrofe II
Entro le tende achèe, che scempio compiere,
saprà costui, che, a piedi, a fiera simile,
imprime di quadruplice
orma il terreno? Uccidere
Menelao? D’Agamènnone
recare il capo ad Elena, che un ululo
levi sul reo cognato, che l’esercito
spinse di mille navi allo sterminio
del nostro suol, di Troia?