Poesie edite e inedite/Note generali al volume

Note generali al volume

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Appendice a Lavorare stanca Note alle singole poesie

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Note generali al volume

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1. Carattere della raccolta e delle note.

Questo volume contiene tutte le poesie di Pavese, edite e inedite, in ordine cronologico. Non vuole costituire un’edizione critica, ma un primo strumento per chi intenda seguire la poesia di P. nel suo svolgimento, con un essenziale corredo di notizie. Il testo è stato riveduto o stabilito tenendo conto delle due edizioni a stampa pubblicate vivente l’A., delle bozze di stampa con correzioni d’A. (quando sono state conservate), delle belle copie autografe o dattiloscritte, e delle minute (conservateci per quasi tutte le poesie). Dall’esame di queste carte pavesiane sono desunte pure gran parte delle notizie contenute in queste note generali e in quelle particolari che seguono per ciascuna poesia.

Le notizie che per ogni poesia vengono date nelle note particolari sono: la data; se inedita o pubblicata e dove; eventuali riferimenti alla poesia negli scritti di poetica di P. o nel diario; eventuali notizie utili all’esegesi dei versi, come certe varianti delle minute, appunti dell’A., ecc.

Naturalmente sarebbe stato impensabile dare delle minute un’edizione critica, per la mole che un tale apparato avrebbe assunto; si è voluto scegliere soltanto, tra le innumerevoli correzioni delle minute, qualche variante ritenuta utile a illuminare il significato o la genesi di una poesia o d’una sua parte. Le varianti riportate hanno tutte quindi un interesse storico ed esegetico piú che stilistico; e non c’è da stupirsi se le note che non riportano alcuna informazione tratta dai manoscritti corrispondono talora a poesie tra le piú belle: è segno che tali poesie non richiedono particolari ricerche interpretative, e che le loro minute testimoniano una stesura senza pentimenti e correzioni d’importanza rivelatrice.

Queste note vogliono essere insomma soltanto un primo invito a una successiva fase di studi pavesiani piú approfonditi, quali potranno essere condotti appena si disporrà degli strumenti indispensabili: un’edizione di tutti gli scritti editi e inediti (che appunto stiamo conducendo con questa serie delle «Opere»); l’epistolario; una biografia documentata anno per anno. [p. 212 modifica]

2. Termine d’inizio di questa raccolta.

Da questo volume sono esclusi i tentativi poetici dell’adolescenza e della prima giovinezza (che troveranno posto in una prossima raccolta degli scritti giovanili di P.) cioè di prima de I mari del Sud (datata sui manoscritti 7-14 settembre 1930), poesia che l’A. aveva sempre considerato come l’inizio della sua opera creativa valida, e con la quale aveva aperto la raccolta Lavorare stanca in entrambe le edizioni da lui curate.

Che I mari del Sud segnino uno stacco netto e inaspettato da una versificazione di sfogo sentimentale o di crepuscolarismo goliardico è confermato dall’esame dei manoscritti pavesiani di quegli anni. Non abbiamo trovato nessun tentativo che possa essere collocato come un «antecedente» dei Mari del Sud, né per la forma metrica, né per il contenuto, né per il caratteristico «piglio» narrativo-discorsivo, né per l’influenza delle letture di poeti americani fatte da P. in quegli anni (è del 1930 la sua tesi di laurea su Walt Whitman; del 1931 il suo primo saggio su Edgar Lee Masters). L’unica poesia che preannuncia il verso libero e l’andatura prosastica dei Mari del Sud è di un mese prima: Frasi all’innamorata, 4-10 agosto 1930; ma essa appartiene ancora al crepuscolarismo piú ingenuo del periodo giovanile.

Su questa priorità dei Mari del Sud concorda la testimonianza di uno degli amici piú vicini a P. in quel periodo: Massimo Mila. Si veda al proposito una sua recente prefazione (al volume: C. P., Poesie, «Universale Einaudi», Torino 1961) che dà inoltre la piú chiara definizione del ritmo ternario del verso pavesiano di tredici sillabe.

Naturalmente, non è possibile separare con un taglio netto la preistoria del P. «giovanile» dalla storia del «vero» P., prendendo come rigido limite cronologico la data dei Mari del Sud. Le quattro poesie del 1931 che pubblichiamo per la prima volta in questo volume (Le maestrine, Donne perdute, Canzone, Il vino triste) appaiono ancora molto immature strutturalmente e concettualmente, e solo per il loro interesse nella storia dello sviluppo formale e dei contenuti dell’opera pavesiana trovano il loro posto in questa raccolta piuttosto che in quella che sarà dedicata alla documentazione della gioventú dell’A.

Sarà con Antenati, datata sui manoscritti febbraio 1932, che avremo non solo una poesia tra le meglio rappresentative di P., ma anche l’inizio d’uno sviluppo ininterrotto di coscienza poetica, ossia l’uscita definitiva del dilettantismo.

3. Le date.

Nell’indice dell’edizione 1943 (Einaudi) di Lavorare stanca, P. aveva posto accanto al titolo di ogni poesia l’anno di composizione. Abbiamo [p. 213 modifica] verificato queste date nelle minute (quando in esse si trova un’indicazione di data) e in elenchi di poesie stesi da P. con le date a fianco, e abbiamo cercato, dove esiste, l’indicazione anche del mese e dei giorni in cui la poesia è stata composta.

Nei casi in cui per la stessa poesia esistano datazioni contrastanti, abbiamo scelto quella che dà maggiori garanzie d’essere la giusta: in genere quella segnata sul manoscritto presumibilmente piú antico, e quella piú precisa (cioè che indica il giorno, o se non il giorno, il mese o la stagione).

Per le due poesie piú antiche di Lavorare stanca: I mari del Sud e Antenati, le datazioni riscontrate sui manoscritti non concordano con quella (1931) dell’indice del volume. Abbiamo datato quindi l’una 7-14 settembre 1930 e l’altra febbraio 1932 secondo l’indicazione presumibilmente piú antica e piú esatta che ci è pervenuta.

Differenze piú lievi esistono tra le datazioni delle poesie scritte al confino. (Si veda il cap. 5 di queste Note generali).

Per le poesie di cui abbiamo solo l’indicazione dell’anno, si è adottato come ordine cronologico all’interno dell’anno l’ordine di successione che, quasi senza variazioni, è seguito da P. sia negli elenchi di poesie, sia nella disposizione delle minute nella cartella «Brutte copie poesie».

Le poesie posteriori a Lavorare stanca, cioè del 1943, 1946, 1950, sono tutte datate con precisione nei manoscritti.

4. Indicazione di luogo nelle date.

Anche quando segna la data, P. non indica mai dove la poesia è stata scritta. Le poesie che datiamo senza indicazione di luogo (cioè la grande maggioranza) si possono considerare tutte scritte a Torino, con poche probabilità di sbagliare. La vita di P. non conobbe grandi spostamenti; soprattutto negli anni 1930-34 in cui si concentra gran parte della sua produzione poetica si può dire che le sue sortite fuori Torino (supplenze in scuole medie di Vercelli e di Bra, soggiorni al paese natale, Santo Stefano Belbo, o in altre località di campagna) non lo staccarono mai dal Piemonte, tranne qualche soggiorno estivo al mare.

Un gruppo chiaramente localizzabile è quello delle poesie scritte durante i mesi di confino, che abbiamo datato tutte da Brancaleone Calabro. (Si veda il cap. 6 di queste Note generali).

Le poesie dall’aprile 1936 al 1940 si possono datare anch’esse tutte da Torino. I soggiorni di P. a Roma per periodi di varia durata cominciano nel 1942, in un periodo in cui egli ha interrotto la produzione poetica. [p. 214 modifica]

Il gruppo La terra e la morte, del 1945, è scritto interamente a Roma. E lo stesso si può dire delle due poesie inedite del 1946.

Il 1950 vide vari spostamenti di P., soprattutto tra Roma e Torino, ma è quasi certamente a Torino che — nel mese tra l’11 marzo e l’11 aprile — scrisse i versi del gruppo Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.

3. Le poesie scritte al confino.

Le poesie che P. scrisse durante i sette mesi trascorsi come confinato politico a Brancaleone Calabro (agosto 1935 — marzo 1936) sono chiaramente identificabili e databili perché le minute sono contenute tutte in un block-notes, con un elenco diviso per mesi. Si tratta di 16 poesie di cui 3 inedite che pubblichiamo qui per la prima volta.

Delle edite, 5 figurano già nella prima edizione (Soiaria, Firenze 1936) di Lavorare stanca; evidentemente P. le mandò da Brancaleone perché fossero aggiunte al manoscritto del volume già consegnato all’editore prima del suo arresto.

Nell’edizione definitiva di Lavorare stanca (Einaudi, Torino 1943) oltre a queste 3 (datate genericamente 1933 nell’indice) ne sono comprese altre 8 che sono le sole, in tutto l’indice del volume, ad avere oltre che l’indicazione dell’anno anche quella del mese. Evidentemente, indicando il mese, P. voleva sottolineare il fatto che erano state scritte durante la sua esperienza di confinato. Esistono delle leggere differenze tra i mesi segnati nel block-notes delle minute e quelli dell’indice del volume; le datazioni delle nostre note seguono quelle del block-notes, perché è probabile che quelle dell’indice siano state stabilite a memoria alcuni anni dopo.

6. L’edizione Solaria di «Lavorare stanca».

Delle poesie di P. venne pubblicata una prima raccolta a tiratura limitata, col titolo Lavorare stanca, a Firenze dalle Edizioni di Solaria nel gennaio 1936. (Ma l’edizione — secondo quanto l’A. dice in uno scritto posteriore — era già stata licenziata nell’ottobre 1935). La raccolta comprende 43 poesie. 39 di queste torneranno a far parte dell’edizione aumentata del 1943; le altre 6 saranno scartate dall’A. nell’ordinare la nuova edizione. Il presente volume ripubblica per la prima volta anche queste 6 poesie (Canzone di strada, Ozio, Pro prietari, Tradimento, Cattive compagnie, Disciplina antica) che — data l’esigua diffusione dell’edizione fiorentina — si possono considerare semi-inedite. [p. 215 modifica] L’indice dell’edizione Soiaria è il seguente:

I mari del Sud
Antenati
Paesaggio
Gente spaesata
Pensieri di Deola
Canzone di strada
Due sigarette
Ozio
Proprietari
Paesaggio
Paesaggio
Una stagione
Tradimento
Mania di solitudine
Il tempo passa
Grappa a settembre
Atlantic Oil
Città in campagna
Gente che non capisce
Casa in costruzione
Civiltà antica
Cattive compagnie
Piaceri notturni

Disciplina antica
Indisciplina
Paesaggio
Disciplina
Legna verde
Rivolta
Esterno
Lavorare stanca
Ritratto d’autore
Mediterranea
La cena triste
Paesaggio
Maternità
Una generazione
Ulisse
Atavismo
Avventure
Donne appassionate
Luna d’agosto
Terre bruciate
Poggio Reale
Paesaggio

Non esisteva la divisione in gruppi dell’edizione 1943. Le poesie intitolate Paesaggio non avevano numero progressivo (esse corrispondono, nell’ordine a Paesaggio I, II, III, V, IV, VI dell’edizione 1943). Le poesie Civiltà antica e Atavismo nell’edizione 1943 si scambieranno di titolo.

L’edizione Soiaria ebbe traversie con la censura1. Conserviamo fogli [p. 216 modifica] di bozza di diverse poesie già composte che si dovettero eliminare. Le traversie si aggravarono quando, mentre il libro stava per essere pubblicato, P. fu arrestato (15 maggio 1935) per attività antifascista, insieme agli altri intellettuali torinesi che facevano capo alla casa editrice Einaudi e alla rivista «La Cultura», e fu condannato al confino. I veti della censura però si appuntarono piú sulle poesie che potevano dar adito ad accuse di oscenità (Il dio-caprone, Pensieri di Dina, Balletto, Paternità) che su quelle di contenuto politico; difatti entrarono a far parte del volume anche Legna verde e Una generazione, oltre a cinque poesie scritte al confino (ma di contenuto, queste ultime, essenzialmente lirico).

7. Dedizione Einaudi di «Lavorare stanca».

Come la prima edizione di Lavorare stanca cosí anche la seconda, pubblicata da Einaudi, ebbe una lunga gestazione in tipografía e fini per uscire in un momento sfortunato. Stavolta, la ragione dei ritardi erano soprattutto i bombardamenti e lo sfollamento delle tipografie torinesi: il libro fu finito di stampare nell’ottobre 1943, già sotto l*occupazione tedesca. Sul frontespizio è scritto: Lavorare stanca. Nuova edizione aumentata, e sulla «fascetta», dettata dallo stesso P., si legge: Una delle voci piú isolate della poesia contemporanea.

La raccolta comprende 70 poesie. L’ordinamento, con la ripartizione delle poesie in gruppi, era stato completato dall’A. nel 1940. La cartella del manoscritto preparato per la stampa (con l’intestazione: «Cesare Pavese, Lavorare stanca, 2a edizione aumentata») si apre con questo appunto di pugno dell’A.: È questa la forma definitiva che dovrà avere Lavorare stanca se mai sarà pubblicato una seconda volta. Ciascuno dei titoli dei gruppi andrà scritto in occhiello. 8 aprile ’ 40.

L’ordinamento dell’edizione 1943, rimasta definitiva, è il seguente:

Antenati
I mari del Sud
Antenati
Paesaggio I
Gente spaesata
Il dio-caprone
Paesaggio II
Il figlio della vedova
Luna d’agosto
Gente che c’è stata
Paesaggio III
La notte

Dopo
Incontro
Mania di solitudine
Rivelazione
Mattino
Estate
Notturno
Agonia
Paesaggio VII
Donne appassionate
Terre bruciate
Tolleranza

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La puttana contadina
Pensieri di Deola
Due sigarette
Dopo

Città in campagna
Il tempo passa
Gente che non capisce
Casa in costruzione
Città in campagna
Atavismo
Avventure
Civiltà antica
Ulisse
Disciplina
Paesaggio V
Indisciplina
Ritratto d’autore
Grappa a settembre
Balletto
Paternità
Atlantic Oil
Crepuscolo di sabbiatori
Il carrettiere
Lavorare stanca

Maternità
Una stagione
Piaceri notturni
La cena triste
Paesaggio IV

Un ricordo
La voce
Maternità
La moglie del barcaiolo
La vecchia ubriaca
Paesaggio VIII

Legna verde
Esterno
Fumatori di carta
Una generazione
Rivolta
Legna verde
Poggio Reale
Parole del politico

Paternità
Mediterranea
Paesaggio VI
Mito
Il paradiso sui tetti
Semplicità
L’istinto
Paternità
Lo steddazzu

Appendice
Il mestiere di poeta
A proposito di certe poesie
non ancora scritte

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L’ordinamento delle poesie di Lavorare stanca in sei gruppi che prendono il nome da sei poesie (Antenati, Dopo, Città in campagna, Maternità, Legna verde, Paternità) risulta fissato definitivamente nel 1940. Ma la ricerca di formule per classificare e ripartire le poesie era sempre stata perseguita da P. come un esercizio critico sulla propria opera; e ne troviamo tracce su alcuni degli elenchi che ogni tanto egli stendeva delle poesie che aveva scritto.

Sul retro di una minuta del 1933, in un elenco di poesie che arriva fino a Crepuscolo di sabbiatori, le poesie sono distinte, mediante diversi tipi di asterischi, nei seguenti gruppi: Campagna; [p. 218 modifica] Campagna-città; Fiume; Calma stoica lavoro; Sansôssí. I primi tre sono temi ambientali, facilmente identificabili. Calma stoica lavoro comprendeva Il vino triste, Pensieri di Deola, Ozio, Mania di solitudine. Sansôssi2 comprendeva Canzone di strada e Due sigarette.

Sull’indice di una copia dell’edizione Solaria di Lavorare stanca, con aggiunte a matita di titoli non compresi nel volume, è abbozzata una prima ripartizione in sette temi: Campagna; Donne in città; Città-campagna (in Fantasie gnomiche); Fantasie solitarie; Sesso e Passione e Figure femminili; Fuga (Ulisse) e Politica; Confino (in Fantasie di rimpianto). Non riportiamo per disteso i titoli attribuiti ai vari temi, anche perché successivi spostamenti e cancellature rendono questa ripartizione assai confusa, ma essa corrisponde grosso modo ai sei gruppi definitivi.

Il gruppo Antenati corrisponde al tema Campagna, con l’aggiunta di poesie scritte in seguito, tutte su motivi agricolo-ancestrali.

Il gruppo Dopo corrisponde al tema Donne in città, con le poesie scritte in seguito che hanno in comune il motivo amoroso o sessuale composto in un tono di contemplazione e malinconia.

Il gruppo Città in campagna è il piú ricco e vi confluiscono sia le Fantasie gnomiche cioè compenetrazioni di motivi cittadini e motivi campestri, sia alcune delle Fantasie solitarie, cioè sul tema della solitudine e dell’esclusione, sia il motivo dell’esperienza avventurosa e conoscitiva del ragazzo (che in un primo tempo Pavese vedeva legato a quello dell’esperienza delle lotte sociali, nell’indicazione Fuga e politica).

Maternità corrisponde a Sesso e Passione e Figure femminili; poesie che differiscono da quelle del gruppo Dopo per la rabbia sessuale (come Pavese dice in A proposito di certe poesie non scritte) e per il senso carnale della generazione dei figli, un motivo molto profondo in Pavese.

Legna verde comprende poesie in cui l’esperienza di vita è raggiunta attraverso la politica. Se in un primo tempo Pavese aveva pensato a [p. 219 modifica] un unico tema Fuga (Ulisse) e Politica, ora il motivo del ragazzo avventuroso è rappresentato qui solo da Esterno; le altre poesie alludono con maggiore chiarezza alle lotte operaie, al terrore dei tempi dello squadrismo fascista a Torino, alla prigione (Fumatori di carta, Una generazione, Rivolta, Legna verde); altre due scritte al confino (Poggio Reale e Parole del politico), alludono alla sua esperienza diretta di carcerato e di confinato.

Paternità corrisponde al tema Confino (in Fantasie di rimpianto). Sono quasi tutte (Paesaggio VI, Mito, Semplicità, L’istinto, Paternità, Lo steddazzu) poesie scritte a Brancaleone, in cui domina un motivo lirico di esilio e nostalgia. La battuta d’inizio «L’uomo solo» è una chiave musicale che si ripete per alcune di esse. (Per il significato del titolo Paternità, si veda la nostra nota alla poesia omonima). Nel gruppo sono entrate a far parte anche una poesia di data anteriore (Mediterranea) e una piú tarda (Il paradiso sui tetti): non è facile capire la ragione della collocazione, per la prima forse il motivo dell’estraneità (nel vecchio abbozzo doveva entrare a far parte delle Fantasie solitarie) e per la seconda il senso di attesa.

9. Le varianti tra le due edizioni di «Lavorare stanca».

Tra le due edizioni a stampa di Lavorare stanca curate dall’A. (Solaria 1936 e Einaudi 1943) il testo di alcune poesie presenta poche varianti, che corrispondono a correzioni autografe su copie dell’edizione Solria o su fogli stampati o bozze della stessa edizione da P. inseriti nel manoscritto preparato per la stampa della edizione Einaudi.

Si tratta solo di alcune correzioni stilistiche, che elenchiamo qui di seguito (escludendo le oscillazioni di punteggiatura e ortografiche e i refusi). Antenati, 2° verso: tiravo gran pugni corretto in tiravo dei pugni. Mania di solitudine, 1° verso: Mangio un poco di cena seduto alla chiara finestra corretto in Mangio un poco di cena alla chiara finestra; 2° verso: si guarda nel cielo corretto in si vede nel cielo. Casa in costruzione, 2a lassa, 7° verso: i riquadri del cielo corretto in i riquadri di cielo; 4a lassa, 5° verso: in un pozzo di calce corretto in nella pozza di calce; 10° verso: attraversa le vigne corretto in traversa le vigne. Ritratto d’autore, 2a lassa, 11° verso: una barba che puzza da sola corretto in una barba che basta da sola. Maternità, 8° verso: o uno scatto corretto in né uno scatto. Atavismo, penultimo verso: affogarsi nel sole corretto in affogare nel sole; ultimo verso: per crescere un uomo corretto in per crescere uomo. Paesaggio III, 3a lassa, 3° verso: sotto un gran sole corretto in sotto il gran sole. Esterno, 3a lassa, 1° verso: Son bestie corretto in Son le bestie; 5° verso: lungo un fosso [p. 220 modifica] corretto in dentro un fosso. Ulisse, 4° verso: che si stringe una spaila corretto in che si stringe una guancia. Avventure, 3a lassa, 2° verso: che fiuta ’sto corpo corretto in che fiuta il suo corpo.

10. Le poesie inedite.

Le poesie completamente inedite che pubblichiamo sono ventinove.

Canzone, Il ragazzo che era in me, Alter ego, le Due poesie a T. sono state trovate in minute molto disordinate; il testo ne è stato stabilito da noi.

Un gruppo di poesie era stato conservato da P. in stesure definitive, scritte a mano o a macchina, nella cartella «Racconti e poesie inediti». Esse sono: Il vino triste [1°], Estate di San Martino, Pensieri di Dina, Lavorare stanca [1°], Gente non convinta, Fine della fantasia, Gelosia [1°], La pace che regna, Altri tempi, Poetica, Paesaggio [1938], piú La casa (già pubblicata postuma), e le undici Poesie del disamore di cui parliamo piú avanti. Sui dattiloscritti l’A. aveva segnato a matita, evidentemente a memoria, l’anno o la stagione, spesso con punto interrogativo; in alcuni casi abbiamo ritrovato una datazione piú precisa sulle minute, che P. conservava insieme a quelle delle poesie pubblicate in Lavorare stanca.

11. Le «poesie del disamore».

Il frontespizio d’un fascicoletto di undici fogli scritti a macchina porta scritto: Poesie | del disamore | (1934-1935) | Cesare Pavese, e, sopra, a matita, di pugno dell’A.: (il piú organico degli scarti precedenti).

Di quasi tutte queste poesie esiste il manoscritto definitivo e la minuta. L’indicazione della data talora varia tra minute, manoscritto definitivo e dattiloscritto; nelle nostre note abbiamo come sempre scelto l’indicazione piú attendibile.

Le undici Poesie del disamore sono: Il vino triste [2°], Creazione, Ritorno di Deola, Abitudini, Estate [1°], Sogno, L’amico che dorme, Indifferenza, Gelosia [2°], Risveglio, Due.

A parte le prime due, che datano dal 1934 e 1935, si tratta di poesie scritte nel periodo che segue il ritorno dal confino, quando la vena che aveva sostenuto fin qui la produzione poetica di P. entra in crisi. Di questa crisi creativa — contemporanea all’esasperazione della sua crisi amorosa piú grave, ma anche al prevalere in lui dell’atteggiamento di coscienza critica su quello di scoperta poetica — testimonia ampiamente il diario Il mestiere di vivere. E quando, in data 30 dicembre 1937, egli scrive nel diario d’avere in quell’anno «risfiorato la poesia-sfogo e vinto», è certamente a questo gruppo di poesie che egli si riferisce. [p. 221 modifica]

In seguito, egli prova la soddisfazione d’aver ritrovato l’antica vena (con Rivelazione, La puttana contadina, La vecchia ubriaca e le altre poche poesie non rifiutate degli anni che seguono il confino) ed è probabilmente allora (nel 1938, data dell’ultima poesia del fascicolo) che raggruppa le Poesie del disamore considerandole frutto d’un periodo di crisi ormai concluso.

12. L’appendice a «Lavorare stanca».

Abbiamo compreso in questo volume, perché inseparabili dai versi che commentano, le pagine di riflessioni sulla propria esperienza poetica che P. pubblicò come Appendice all’edizione 1943 di Lavorare stanca. Si tratta di due scritti: Il mestiere di poeta (a proposito di «Lavorare stanca») e A proposito di certe poesie non ancora scritte. (Dato che il titolo del secondo scritto figura nella copia dattilografata tra parentesi, come a farne un sottotitolo parallelo a quello del primo, si potrebbe considerare Il mestiere di poeta come un titolo generale comprendente i due scritti; ma questa correzione non è autorizzata dalla nota introduttiva all’appendice, né dagli indici autografi, che confermano invece la disposizione dei titoli come sono apparsi nel volume).

Il mestiere di poeta (a proposito di «Lavorare stanca»), datato nel volume novembre 1934 (fine novembre, precisa la data sul dattiloscritto), è il testo che precede idealmente la prima parte del diario, Secretum professionale (come avverte una nota di P. nel manoscritto di quest’ultimo).

A proposito di certe poesie non ancora scritte, datato nel volume febbraio 1940 ( 6-8 febbraio, nel dattiloscritto), dichiara la fine dell’avventura di Lavorare stanca. Difatti, le poesie che P. scriverà in seguito si distaccheranno completamente dalle precedenti.

13. Le poesie dal 1940 in poi.

L’ordinamento cronologico della presente raccolta ci permette di vedere chiaramente come l’approccio a un ideale di poesia-racconto che P. persegue dal 1930 ma che dal 1936 in poi dà segni di stanchezza (nonostante alcune riuscite tra le piú formalmente perfette, fino al Carrettiere del 1939 che, nel nuovo ritmo del dodecasillabo, segna quasi un addio di P. al mondo di Lavorare stanca), nel 1940 lascia il posto a una ricerca poetica completamente diversa, sia per la struttura metrica sia per l’accentuato lirismo dei contenuti. Questo momento corrisponde a quello in cui P. riesce a concentrare la sua tensione poetica nella narrativa (1939: Il carcere e Paesi tuoi; 1940: La bella estate). [p. 222 modifica]

D’ora in poi il bisogno di scrivere versi per P. tornerà solo in occasione di episodi della sua vita amorosa; e saranno sempre versi per una donna, presupporranno una interlocutrice (la F. cui sono dedicate tre poesie del 1940; la donna de La terra e la morte nel 1945; la C. di Verrà la morte e avrà i tuoi occhi nel 1950; e un’altra presenza femminile che affiora nelle due poesie finora inedite del 1946), al contrario di quanto avveniva nella tipica poesia pavesiana, dove anche i versi amorosi, e pur quelli che portano la dedica a una donna, non erano scritti per una donna, non presupponevano necessariamente un dialogo (reale o desiderato) con l’interlocutrice, ma solo esprimevano in forma epico-lirica una situazione sentimentale.

14. «La terra e la morte».

I versi che P. scrisse a Roma tra il 27 ottobre e il 3 dicembre 1945 si distaccano nettamente da quella che era stata la sua produzione poetica fino a cinque anni prima, e vanno situati nel quadro degli altri scritti pavesiani di quell’intensa stagione: l’atmosfera di mitologia mediterranea è la stessa dei Dialoghi con Leucò e del romanzo scritto a capitoli alterni con Bianca Garufi (Fuoco grande); l’impegno politico, che qui si esprime sotto forma di rimorso elegiaco di fronte ai caduti nella lotta, è quello che viene definito nelle pagine saggistiche e programmatiche di quel periodo.

P. pubblicò il gruppo di queste nove poesie, col titolo complessivo La terra e la morte, in «Le tre Venezie» di Padova, rivista diretta da Antonio Barolini, anno xxi (1947), fascicolo 4-5-6. Due poesie del gruppo («Terra rossa e terra nera» e «Tu non sai le colline») uscirono anche, per destinazione dell’A., nel catalogo Mostra di disegni del pittore Ernesto Treccani, «Galleria di pittura», Milano 1949. Sempre vivente l’A., il gruppo di poesie fu riportato integralmente da Giacinto Spagnoletti nella sua Antologia della poesia italiana 1909-1949, Guanda, Modena 1950. (Si veda nel diario Il mestiere di vivere alla data 17 dicembre 1949).

Dopo la morte dell’A., il gruppo La terra e la morte è stato compreso nel volume postumo Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.

15. «Verrà la morte e avrà i tuoi occhi».

Le 10 poesie (8 in italiano e 2 in inglese) per Constance Dowling, scritte (probabilmente tutte a Torino) tra l’11 marzo e Pl’11 aprile 1950, sono state trovate alla morte di P. in una cartella nella scrivania del [p. 223 modifica] suo ufficio nella casa editrice Einaudi. Dattiloscritte, portavano titoli e date di pugno dell’A., come pure di pugno dell’A. era il frontespizio: Verrà la morte e avrà i tuoi occhi | 11 marzo — 11 aprile 1950. Sono state pubblicate nel volume postumo omonimo (Einaudi, Torino 1951).

  1. Sui rapporti con la censura, Alberto Carocci, allora condirettore di «Soiaria», ci ha reso (8 settembre 1962) questa testimonianza:
    «A memoria posso dirti questo: al tempo nel quale pubblicai Lavorare stanca, tutte le pubblicazioni dei libri erano soggette a censura preventiva. Il censore presso la Prefettura di Firenze era quel povero diavolo del Dr. Malavasi, filosofo di formazione ma diventato poliziotto per necessità di stipendio, il quale svolgeva il suo lavoro con una preoccupante intelligenza e con una formidabile paura dei superiori che gli proveniva dal sapersi non fascista e sospettato a sua volta. Ricordo che, quando gli mandai le bozze, Malavasi mi chiamò e mi disse: “ma questo è un comunista”. Discussioni a non finire, dopodiché mi sembra che qualche cosa venne eliminato ma pochissimo o quasi nulla. Lo stesso povero Malavasi confidava nella ignoranza altrui o nella incapacità altrui di capire quale fosse il vero significato dell’opera di Pavese. Ci giovò anche il fatto che tanto “Solaria” quanto le ”Edizioni di Soiaria” uscivano in tirature limitatissime ed erano destinate ad una cerchia molto ristretta di lettori, cosicché la censura fini per essere con noi di manica un po’ piú larga di quanto sarebbe stata con un giornale e con un grande editore».
  2. Questo motivo si ricollega alla figura dello scappato di casa di cui Pavese parla in una delle prime note del diario, in data 10 novembre 1933. I sansôssí (grafia piemontese per sans-souci) è il titolo di un romanzo di Augusto Monti (professore di liceo di Pavese e suo primo maestro di letteratura e amico). Monti contrapponeva (sentendo il fascino dell’una e dell’altra) la virtú del piemontese sansôssí (fatta di spensieratezza e giovanile incoscienza) alla virtú del piemontese sodo e stoico e laborioso e taciturno. Anche il primo Pavese (o forse tutto Pavese) si muove tra quei due termini; non si dimentichi che uno dei suoi primi autori è Walt Whitman, esaltaore insieme del lavoro e della vita vagabonda. Il titolo Lavorare stanca sarà appunto la versione pavesiana dell’antitesi di Augusto Monti (e di Whitman), ma senza gaiezza, con lo struggimento di chi non si integra: ragazzo nel mondo degli adulti, senza mestiere nel mondo di chi lavora, senza donna nel mondo dell’amore e delle famiglie, senza armi nel mondo delle lotte politiche cruente e dei doveri civili.