Parte seconda del Re Enrico IV/Atto terzo
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Traduzione dall'inglese di Carlo Rusconi (1858)
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ATTO TERZO
SCENA I.
Una stanza nel palazzo.
Entrano il re Enrico in veste da camera e un paggio.
Enr. Va; di’ ai conti di Surrey e di Warwick di venir qui; ma inducili prima a legger questa lettera e a ben pesarne il testo. Parti e sii sollecito. (il paggio esce) Quante migliaia dei miei più poveri sudditi dormono ora! Oh sonno, dolce sonno che ricrei la natura, che t’ho io dunque fatto perchè tu debba fuggire da me, nè scendere più sulle mie palpebre, per immergere nell’oblio della vita gli stanchi miei sensi? Perchè ami tu più l’affumicata capanna, popolata di mille luridi insetti, che le stanze profumate dei grandi, ove i suoni di dolce melodie invitano al riposo? Bizzarro Nume, a che dividi il tetto impuro e sconcio dei miserabili, e fuggi a quello dei re? Tu chiuderai dunque gli occhi del mozzo di un vascello, che pende sulla cima commosa e pericolante d’un albero, e lo farai dormir fra le tempeste, fra il ruggir dei venti che investono le onde sdegnose, la cui criniera orrida di mille teste si rizza fino alle mobili nubi, fra strepito sì orrendo che la morte stessa si sveglerebbe nel seno dell’abisso? Oh sonno ingiusto, puoi tu in ore sì terribili prodigare il riposo al garzone bagnato dai flutti, intantochè in seno alla calma e al silenzio della profonda notte, chiamatovi da tutti gli allettamenti e da tutte le cure, tu lo rifiuti ad un re? Voi, umili sudditi, felici nel vostro abbassamento, godete del dolce riposo! Esso non è fatto per la testa che cinge una corona!
(entrano Warwick e Surrey)
War. Mille omaggi a Vostra Maestà!
Enr. Che ora è, miei lórdi?
War. Un’ora già suonata.
Enr. Allora vi auguro un buon dimani. Avete percorse, signori, le lettere che vi mandai?
War. Sì, mio sovrano.
Enr. Dunque conoscete le triste circostanze del regno: dunque sapete da quante funeste infermità è tocco, e come ei stia per finire?
War. Non v'è, signore, che un male nella sua costituzione, a cui si può facilmente ovviare. Milord Northumberland rimarrà in breve sconfidato.
Enr. Oh Cielo! Se si potesse leggere nel libro del destino e vedervi ora il torrente dei secoli appianare le più alte montagne, ora il continente, quasi stanco di sua solidità, liquefarsi e trascorrere nei mari, ora l’umido cinto di Nettuno dilatarsi ed estendersi e abbandonare il nume in mezzo all’abisso; se seguir si potessero tutti gli avvenimenti, e contemplare la mescolanza strana d’amarezze e di piaceri, di cui l’incostante fortuna riempie la tazza della vita; se veder ciò si potesse, il giovine più felice all’aspetto del corso che gli rimane da compiere, alla vista dei pericoli che ha passati, e dei doiori che lo aspettano..... chiuderebbe il libro e vorrebbe morire. — Non son dieci anni dacchè Riccardo e Northumberland, amici intimi, vivevano insieme in giuochi e in feste; due anni dopo erano in guerra. Non son che otto anni che quello stesso Percy era l’uomo da me più diletto; e che intendeva senza posa, come fratello, alle cose mie, e metteva a’ miei piedi la sua vita; e ardiva fino insultare Riccardo per mia cagione, e vilipenderlo in faccia. Chi di voi era allora presente? Voi, cugino Nevil (a War.), se ben rimembro. Fu in quei giorni che Riccardo, cogli occhi pieni di lagrime, veggendosi garrito da Northumberland, pronunziò queste parole profetiche, che l’evento oggi conferma: Northumberland, scala, con cui un mio cugino Bolingbroke ascende al mio trono..... Sebbene allora, il Ciel lo sa, non avessi tal pensiero, e fosse solo la necessità dei tempi, che abbassasse talmente lo Stato che la sovranità ed io ci trovammo ad un livello e fummo costretti ad abbracciarci. Tempo verrà, così continuava il monarca, tempo verrà, in cui questo empio delitto spargerà la corruzione..... e con tali parole lasciava l’assemblea. La predizione non si è che troppo avverata.
War. Ve sempre nella vita degli uomini qualche evento, che ritrae in parte quelli de’ secoli passati. Un savio, che osserva con attenzione, può predire le vicissitudini che non sono ancora maturate, ma che pure stanno in germe. Cotali avvenimenti ribollono segretamente in seno all’avvenire, e per una giusta congettura il re Riccardo poteva prevedere che il potente Northumberland traditore a lui, doveva divenirlo anche ad altri; a voi, io dico.
Enr. Sono dunque simili fatti inevitabilmente necessarii? Riceviamoli come se lo fossero, e seguiamo gl’impulsi della necessità. Si dice che l’arcivescovo e Northumberland siano forti di cinquantamila uomini.
War. È impossibile, signore; la fama, come la voce e l’eco, raddoppia sempre gli oggetti che si temono. Piaccia a Vostra Maestà di andar a prender un po’ di riposo. Sulla mia vita, signore, l’esercito che avete inviato verrà facilmente a capo di tale conquista; e per vieppiù consolarvi vi dirò, che ho ricevuto la notizia della morte di Glendower. Vostra Maestà è stata molto inferma in questi ultimi quindici giorni, e tali ore usurpate al sonno debbono necessariamente aggravare i vostri mali.
Enr. Seguirò il vostro consiglio: e se queste guerre intestine fossero finite, vorremmo partire, miei cari lórdi, per la Terra Santa. (escono)
SCENA II.
La Corte di Giustizia di Shallow nella provincia di Glocester.
Entrano Shallow e Silenzio da diverse parti; Mouldy, Shadow, Wart, Feeble, Bullcalf e domestici di dietro.
Shall. Inoltrate, inoltrate, inoltrate: datemi la vostra mano, signore, datemi la vostra mano: vi alzaste di buon mattino, per la croce! Come sta il mio buon cugino, Silenzio?
Sil. Buon giorno, mio caro cugino Shallow.
Shall. E come sta mja cugina vostra moglie? e la vostra amabile figlia, e mia figlioccia Elena?
Sil. Oimè! essa non è amabile, cugino Shallow.
Shall. Lo è, oso dirlo, signore, e il mio cugino Guglielmo è divenuto ora un buon studente. Egli è sempre ad Oxford, non è vero?
Sil. Appunto, signore; e mi è cagione di gravi dispendii.
Shall. In breve lo manderete, suppongo, alle scuole di giurisprudenza. Io feci i miei studi a S. Clemente, dove credo si parli ancora del pazzo Shallow.
Sil. Voi eravate chiamato l’alacre Shallow, cugino.
Shall. Per la messa! ero chiamato ogni cosa, e vi avrei fatto ogni cosa. V’era io e il piccolo Giovanni Doit di Stafford, e il nero Giorgio Bare, e Francesco Pickbone, e Guglielmo Squele di Costwolt, di cui non avreste trovato quattro valentuomini più prodi; e oso dirvi che noi sapevamo bene come si snidino gli uccelli del pollaio, e i migliori di essi avevamo al nostro comando. Vi era ancora Giovanni Falstaff, oggi cavaliere, che allora non era altro che paggio di Tommaso Mowbray, duca di Norfolk.
Sil. Questi è quel sir Giovanni, cugino, che deve venir qui per causa di reclute?
Shall. Appunto: io gli ho veduta romper la testa di Skogan alla porta del collegio, quando era ancora fanciullo; e in quei medesimo giorno lottai con Sansone Stockfish, fruttaiuolo, dietro alle scuole di Gray. Oh, i bei giorni che ho passati! E quanti oggi dei miei conoscenti son morti!
Sil. Noi pure li seguiremo, cugino.
Shall. Certo, certo; sicurissimo, sicurissimo; la morte, come dice il Salmista, non manca a nessuno; tutti moriranno. Quanto vale un buon paio di buoi alla fiera di Stamford?
Sil. In verità, cugino, non vi sono andato.
Shall. La morte è certa. — E il vecchio Double vive egli ancora?
Sil. È morto.
Shall. Morto! Vedete, vedete, ei piegava bene l’arco, ed è morto! Tirava bene un colpo di fucile, Giovanni di Gaunt lo amava assai, e scommetteva molto per luci, e nondimeno è morto! Egli avrebbe colpito un cappello a duecento passi, con gran stupore di chi lo guardava, e nondimeno è morto! A qual presso sono le pecore?
Sil. Secondo la qualità: una ventina di buone pecore può costare dieci ghinee.
Shall. E il vecchio Double non è più!
(entra Bardolfo con un altro uomo)
Sil. Vengono due uomini di sir Giovanni Falstaff, io credo.
Bard. Buon giorno, onesti gentiluomini. Io vi supplico, chi è il giudice Shallow?
Shall. Io sono Roberto Shallow, signore; povero scudiere di questa contea, e giudice di pace del re. Che volete?
Bard. Il mio capitano, signore, si raccomanda a voi; il mio capitano, sir Giovanni Falstaff, uomo valente, pel Cielo! e prode conduttore.
Shall. Ei mi onora, signore; lo conobbi buon duellista. Come sta l’ottimo cavaliere? Posso io chiedervi come stia ancora milady sua moglie?
Bard. Perdonate, signore, ma un soldato si accoppia meglio, che far non si possa con una donna.
Shall. Ben detto, in fede, signore; ben detto, si accoppia meglio!..... A meraviglia; le buone frasi sono molto lodevoli. Si accoppia!... Questo verbo viene da accoppa, meraviglioso; ottimamente detto.
Bard. Perdonatemi, signore, udii più volte tal parola. Voi la chiamate una frase? Per questo bel giorno, io non so cosa sia una frase, ma sosterrò colla spada alla mano ch’è parola degna di un soldato, eccellente parola. Accoppia!... è quando un uomo, come suol dirsi, si scapezza il collo: o quando è..... per essere... come se... riputar si potesse accoppiato; che è un’eccellente cosa. (entra Falstaff).
Shall. Saviamente dite; ecco il buon sir Giovanni. — Datemi la vostra mano, la vostra degna mano. In verità, avete un ottimo aspetto, e portate a meraviglia i vostri anni: siate il ben venuto, buon sir Giovanni.
Fal. Godo di vedervi in buon essere, caro Roberto. Questo è messer Surecard, se non erro?
Shall. No, cavaliere; è mio cugino Silenzio, mio giudice confratello.
Fal. Buon messer Silenzio, ben si addice a voi l’esser giudice di pace.
Sil. Vostra Signoria è la ben giunta.
Fal. Pel Cielo, fa molto caldo! Gentiluomini, m’avete provveduto una mezza dozzina di prodi?
Shall. Lo abbiamo fatto, signore; volete sedere?
Fal. Lasciate ch’io li vegga, ve ne supplico.
Shall. Dov’è il catalogo? il catalogo? dov’è il catalogo? a me, a me. Va, va, va, va.. ah! eccolo, (legge) Raffaele Mouldy... Si mostrino secondo che li chiamo. Dov’è Mouldy?
Moul. Presente, così vi piaccia.
Shall. Che ne dite, sir Giovanni? Un garzone nerboruto: giovine, forte e di buon parentado.
Fal. Il tuo nome è Mouldy?
Moul. Così vi piaccia.
Fal. È tempo d’impiegarti1.
Shall. Ah, ah, ah! eccellente in verità! Le cose muffate vogliono esser poste in opera. Eccellente, eccellente, ben detto, sir Giovanni; ben detto.
Fal. Esortatelo. (a Shall.)
Moul. Non avrei avuto bisogno di esortazioni se mi aveste lasciato dove ero: la mia vecchia donna morirà ora per mancanza di chi curi le sue bisogne domestiche. Non importava esortarmi; vi erano tanti altri più atti alle guerre di me.
Fal. Va, taci, Mouldy, tu devi marciare. È tempo di toglierti la muffa.
Moul. La muffa!
Shall Taci, amico, taci; sta in disparte. Sai dovè sei?..... L’altro... Sir Giovanni... lasciate ch’io regga... è Simone Shadow.
Fal. Davvero! Ch’io l’abbia sempre vicino per sedervi sotto2; ei non deve essere un soldato molto ardente.
Shall. Dov’è Shadow?
Shad. Presente, signore.
Fal. Shadow, di chi sei figlio?
Shad. Di mia madre, signore.
Fal. Figlio di tua madre! è verosimile; e ombra di tuo padre: perocchè il figlio della donna è l’ombra dell’uomo. Così è quasi sempre infatti; ombra del padre, senza che sia in te molta sostanza paterna.
Shall. Vi piace egli, sir Giovanni?
Fal. L’ombra servirà per l’estate. Esortatelo; perocchè abbiamo un gran numero d’ombre che empiono i nomi del nostro catalogo3.
Shall. Tommaso Wart!
Fal. Dov’è egli?
Wart. Presente, signore.
Fal. E il tuo nome è Wart?
Wart. Sì, signore.
Fal. Hai un nome che ti carica a dovere4.
Shall. Debbo io arringarlo, cavalier Giovanni?
Fal. Non importa; perchè si è già posta la valigia sul dorso, e sembra abbastanza ben concio: è inutile arringarlo.
Shall. Ah, ah, ah! Voi potrete farlo, cavaliere. Lodo il vostro spirito. — Francesco Feeble!
Feeb. Presente, signore.
Fal. Che mestiere fai tu, Feeble?
Feeb. Sartore da donna, signore.
Shall. Debbo arringarlo, cavaliere?
Fal. Lo potete: ma se fosse stato un sartor da uomo, avrebbe potuto invece arringar voi. — Farai tu tanti fori nei ventri nemici, quanti ne facesti fin qui nelle sottane delle femmine?
Feeb. Farò quel che posso, signore; di più non dovete chiedere.
Fal. Ben detto, buon sartore da donna! Ben detto, forte Feeble5! Tu sarai valente come un piccione in collera, o come un topo di buoni natali. Infiammate bene il sartor femminile, messer Shallow; infiammatelo bene.
Feeb. Sarei stato contento che Wart ancora fosse partito, signore.
Fal. Ed io, che tu fossi stato un sartor da uomo; onde rattopparci gli abiti, e metterli in istato di coprirci. Non potevo far soldato semplice un uomo che ne guida tante altre migliaia6. Ciò vi basti, fortissimo Feeble.
Feeb. Ciò mi basta, signore.
Fal. Ti son tenuto, vigoroso Feeble. — Chi vien dopo?
Shall. Pietro Bullcalf.
Fal. Vediamo questo toro7.
Bull. Eccomi, signore.
Fal. Davanti a Dio, è un bel garzone! Concionate questo Bull. finchè ei mugghi.
Bull. Oh signore! mio buon capitano.....
Fal. Che! muggì tu prima di esser punto?
Bull. Oh Dio, signore, sono malato.
Fal. Che malattia hai?
Bull. Una diabolica infreddatura, signore; una tosse, signore, che pigliai per aver troppo suonate le campane nel dì dell’incoronazione del re.
Fal. Ebbene, andrai alla guerra in veste da camera; faremo partir la tua tosse, e disporremo le cose per guisa, che i tuoi amici suoneranno a distesa per te. — Stan qui tutti i nostri uomini?
Shall. Ne abbiam chiamati due di più che non ve ne occorressero; ne dovevate avere soltanto quattro; onde, vi prego, venite con me a pranzo.
Fal. Terrò a bere con voi, ma non posso indugiar tanto da pranzare. Son lieto in verità di vedervi, mio buon Shallow.
Shall. Oh sir Giovanni, rammentate la notte che passammo nel mulino a vento di San Giorgio?
Fal. Non parliamo di ciò, mio buon Shallow, non parliamo di ciò.
Shall. Ah! fu un’allegra notte. E Giovanna Nightwork vive ella ancora?
Fal.. Vive messer Shallow.
Shall. Ella non volle mai venir meco.
Fal. Mai, mai; perciò diceva che non poteva abitare con messer Shallow.
Shall. Per la messa! io la sapevo far andar in collera a dovere. Ella era un cervellino allora. Si mantiene bene?
Fal. È vecchia, vecchia, messer Shallow.
Shall. Infatti deve esserlo; non può esser che vecchia; certo vecchia è; poichè aveva già avuto Robin Nightwork dal vecchio Nightwork prima ch’io andassi a San Clemente.
Sil. Son passati cinquantadue anni da ciò.
Shall. Ah! cugino Silenzio, se tu avessi veduto quello che questo cavaliere ed io abbiamo visto! Dico io bene, sir Giovanni?
Fal. Abbiamo udito spesso stormire a mezza notte, messer Shallow.
Shall. È vero, è vero; in fede, sir Giovanni, possiamo dirlo; la nostra parola d’ordine era, all’armi garzoni! Venite, andiamo a pranzo, andiamo a pranzo. Oh quali giorni abbiamo veduto! — Venite, venite. (esce con Falstaff e Silenzio)
Bull. Ascoltatemi, buon caporale Bardotto, e siatemi amico; questi son quattro enrichi e dieci scellini per voi. In verità, signore, vorrei piuttosto essere appiccato che andarmene, sebbene non sia per me, signore; ma piuttosto perchè non ne ho volontà, e desidero starmene coi miei amici. Se ciò non fosse, signore, non me ne curerei.
Bard. Vattene; sta in disparte.
Moul. Mio buon corporale capitano, per amore della mia vecchia donna siatemi cortese; non le rimane alcuno quando sarò partito, ed essa è vecchia e non può far da sè. Vi dare quaranta scellini, signore.
Bard. Vattene; sta in disparte.
Feeb. Per verità non me ne cale; l’uomo non può morire che una volta; e noi dobbiamo a Dio la nostra morte. Io non sarò mai vile, qual che si sia il mio destino. Niuno è di troppo prezzo per servire il suo principe: vadano le cose come vogliono, quegli che muore quest’anno, non avrà tal fastidio l’anno venturo.
Bard. Ben detto; tu sei un valente garzone.
Feeb. In fede, non sarò mai vile.
(rientrano Falstaff e i giudici)
Fal.. Venite, signore, quali uomini avrò io?
Shall. Quattro, a vostra elezione.
Bard. Signore, una parola con voi. (in disparte a Fal.) Mi sono offerte tre ghinee, purchè lasci Mouldy e Bullcalf.
Fal. A Meraviglia!
Shall. Dunque, sir Giovanni, quali sono i quattro che volete?
Fal. Sceglieteli per me.
Shall. Ebbene, Mouldy, Bullcalf, Feeble e Shadow.
Fal. Mouldy e Bullcalf... Voi, Mouldy, rimanetevene a casa; non siete più atto al servizio: e voi Bullcalf, crescete finchè siate atto ad esso: non vuo’ nessuno di voi.
Shall. Sir Giovanni, sir Giovanni, non commettete tal fallo: sono i vostri migliori uomini, e vorrei prendeste quanto v’ha di meglio.
Fal. Volete voi insegnarmi, messer Shallow, come si scelga un nomo? Mi curo io delle membra, dei muscoli, della statura, della pinguedine di un mortale? Voglio cuore, messer Shallow. — Cotesto è Wart8... e vedete qual goffo aspetto egli abbia? ebbene, è un uomo che caricherà e scaricherà il suo fucile colla prestezza con cui un calderaio innalza e abbassa il suo martello si ritirerà e tornerà alla carica, con più celerità che non ne abbia il garzone, che porta e riporta fiaschi di birra. E quest’altro mezzo volto d’uomo, Shadow9... vuo’ quest’uomo; ei non offre alcun bersaglio al nemico; il nemico potrebbe mirar del pari al taglio di un temperino: e in quanto alle ritirate... con quale sveltezza questo Feeble10, sartor da donna, le farà! Oh! datemi gli uomini meno stimati, e toglietemi i vostri prodi. — Ponete una colubrina nelle mani di Wart11, Bardolfo.
Bard. Tenete, Wart, marciate; così, così, così.
Fal. Maneggiate ora la vostra colubrina. Così... A meraviglia: andate... a meraviglia: cosa da inebriare. Oh! avessi io tempre di codesti vecchi, piccoli, calvi, aggrinziti. Ben fatto, in verità, Wart; tu sei un’ottima scabbia: tieni, ecco una moneta per te.
Shall. Ei non è ancora passato agli esercizii; non li compie ancora bene. Mi rammento che a Millendgreen, quand’ero a San Clemente, recitavo la parte di sir Dagonetto in Arturo, e là era un piccolo perdigiorno che trattava il suo moschetto da maestro, e volgevasi qui e là, e correva su e giù, gridando ra ta ta, quasi fosse stato uno spiritato. Non mai vedrò il simile a quello.
Fal. Costoro si comporterai! bene, messer Shallow. — Iddio vi salvi, buon Silenzio; non dirò molte parole con voi. Addio a entrambi, gentiluomini: io vi ringrazio. Mi rimangono ancora dodici miglia da fare questa sera. — Bardotto, date a queste reclute le loro uniformi.
Shall. Sir Giovanni, il Cielo vi benedica, faccia prosperare i vostri negozi, e ne dia in breve la pace! Ritornando, venite da me, onde rinnovi la nostra antica conoscenza. Forse allora vi accompagnerò alla Corte.
Fal. Vorrei che lo faceste, messer Shallow.
Shall. Andate; vi ho detto tutto in una parola. Addio.
Fal. Addio, onesti gentiluomini. (escono Shallow e Silenzio) Muoviti, Bardotto; conduci via costoro. (esce Bard. colle reclute) Ritornando vi cercherò, o giudici; che bene veggo fino al fondo questo Shallow12. Signore! Signore! come siamo proclivi noi vecchi al vizio della menzogna! Questo affamato giudice non ha fatto altro che cianciarmi delle stravaganze di sua gioventù, a dei suoi gesti a Tornbulstreet; e ad ogni tre parole proferiva una bugia, più esattamente pagata al suo ascoltatore, che nol sono i tributi imposti dal Gran Turco. Me lo ricordo a San Clemente, somiglievole a un uomo fatto dopo cena con un mozziconi di formaggio. Quando era ignudo, pareva una forca a cui si sia bizzarramente confitto un capo fatto col coltello: le sue dimensioni a qualunque breve distanza sarebbero state invisibili; sembrava il vero genio della carestia; lascivo nondimeno come una scimia, talchè donne di buon tempo lo chiamavano Mandragola13. Alla retroguardia sempre delle mode, e cantando alle sue luride ninfe le canzoni dei vetturali; tali erano le sue fantasie, e i suoi sollazzi. Ed ora ecco questo scheletro, imagine del vizio, divenuto scudiero, che vi parla così familiarmente di Giovanni di Gaunt, come se gli fosse stato fratello; quantunque io potessi giurare che mai nol vide fuorchè una volta a Tiltyart, allorchè Giovanni gli spaccò il capo per aver avuto egli l’ardire di porsi fra gli uomini del maresciallo. Io lo mirai in quella circostanza, e dissi a Gaunt, ch’ei così faceva ingiuria al proprio nome14: perocchè avreste potuto foderar costui insieme con tutto il suo bagaglio in una pelle di anguilla, e la custodia di una cornamusa gli avrebbe potuto servir di casa. Ma oggi ha terre ed armenti! Bene: se ritorno, farò conoscenza con lui; e converrà ch’ei sia diabolicamente astuto se nol converto in una pietra filosofale per me15. Se il giovine pesce è un’ottima esca pel vecchio luccio, non veggo perchè, secondo tutte le leggi Della natura, io non afferro rei costui. Mi aiuti il tempo e tutto riuscirà a dovere. (esce).
Note
- ↑ Equivoco sulla parola Mouldy che vuol dir muffato.
- ↑ Equivoco sulla parola Shadow, che significa ombra.
- ↑ Cioè a dire di nomi di soldati a cui si dà la paga quantunque non vi siano.
- ↑ Allusione alla parola Wart, che significa gobbo.
- ↑ Che vuol dir debole.
- ↑ Di gobbi.
- ↑ Così significa in inglese Bull.
- ↑ Gobbo.
- ↑ Ombra.
- ↑ Debole.
- ↑ Gobbo.
- ↑ Parola che significa superficiale.
- ↑ Pianta consacrata a Venere.
- ↑ Allusione al significato delle due parole Gaunt e Shallow, di cui l’una come si è detto, significa superficiale; l’altra magro.
- ↑ Per trarne ora.