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256 | ENRICO IV |
Fal. Va, taci, Mouldy, tu devi marciare. È tempo di toglierti la muffa.
Moul. La muffa!
Shall Taci, amico, taci; sta in disparte. Sai dovè sei?..... L’altro... Sir Giovanni... lasciate ch’io regga... è Simone Shadow.
Fal. Davvero! Ch’io l’abbia sempre vicino per sedervi sotto1; ei non deve essere un soldato molto ardente.
Shall. Dov’è Shadow?
Shad. Presente, signore.
Fal. Shadow, di chi sei figlio?
Shad. Di mia madre, signore.
Fal. Figlio di tua madre! è verosimile; e ombra di tuo padre: perocchè il figlio della donna è l’ombra dell’uomo. Così è quasi sempre infatti; ombra del padre, senza che sia in te molta sostanza paterna.
Shall. Vi piace egli, sir Giovanni?
Fal. L’ombra servirà per l’estate. Esortatelo; perocchè abbiamo un gran numero d’ombre che empiono i nomi del nostro catalogo2.
Shall. Tommaso Wart!
Fal. Dov’è egli?
Wart. Presente, signore.
Fal. E il tuo nome è Wart?
Wart. Sì, signore.
Fal. Hai un nome che ti carica a dovere3.
Shall. Debbo io arringarlo, cavalier Giovanni?
Fal. Non importa; perchè si è già posta la valigia sul dorso, e sembra abbastanza ben concio: è inutile arringarlo.
Shall. Ah, ah, ah! Voi potrete farlo, cavaliere. Lodo il vostro spirito. — Francesco Feeble!
Feeb. Presente, signore.
Fal. Che mestiere fai tu, Feeble?
Feeb. Sartore da donna, signore.
Shall. Debbo arringarlo, cavaliere?
Fal. Lo potete: ma se fosse stato un sartor da uomo, avrebbe potuto invece arringar voi. — Farai tu tanti fori nei ventri nemici, quanti ne facesti fin qui nelle sottane delle femmine?
Feeb. Farò quel che posso, signore; di più non dovete chiedere.