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ATTO TERZO 253

sità. Si dice che l’arcivescovo e Northumberland siano forti di cinquantamila uomini.

War. È impossibile, signore; la fama, come la voce e l’eco, raddoppia sempre gli oggetti che si temono. Piaccia a Vostra Maestà di andar a prender un po’ di riposo. Sulla mia vita, signore, l’esercito che avete inviato verrà facilmente a capo di tale conquista; e per vieppiù consolarvi vi dirò, che ho ricevuto la notizia della morte di Glendower. Vostra Maestà è stata molto inferma in questi ultimi quindici giorni, e tali ore usurpate al sonno debbono necessariamente aggravare i vostri mali.

Enr. Seguirò il vostro consiglio: e se queste guerre intestine fossero finite, vorremmo partire, miei cari lórdi, per la Terra Santa. (escono)

SCENA II.

La Corte di Giustizia di Shallow nella provincia di Glocester.

Entrano Shallow e Silenzio da diverse parti; Mouldy, Shadow, Wart, Feeble, Bullcalf e domestici di dietro.

Shall. Inoltrate, inoltrate, inoltrate: datemi la vostra mano, signore, datemi la vostra mano: vi alzaste di buon mattino, per la croce! Come sta il mio buon cugino, Silenzio?

Sil. Buon giorno, mio caro cugino Shallow.

Shall. E come sta mja cugina vostra moglie? e la vostra amabile figlia, e mia figlioccia Elena?

Sil. Oimè! essa non è amabile, cugino Shallow.

Shall. Lo è, oso dirlo, signore, e il mio cugino Guglielmo è divenuto ora un buon studente. Egli è sempre ad Oxford, non è vero?

Sil. Appunto, signore; e mi è cagione di gravi dispendii.

Shall. In breve lo manderete, suppongo, alle scuole di giurisprudenza. Io feci i miei studi a S. Clemente, dove credo si parli ancora del pazzo Shallow.

Sil. Voi eravate chiamato l’alacre Shallow, cugino.

Shall. Per la messa! ero chiamato ogni cosa, e vi avrei fatto ogni cosa. V’era io e il piccolo Giovanni Doit di Stafford, e il nero Giorgio Bare, e Francesco Pickbone, e Guglielmo Squele di Costwolt, di cui non avreste trovato quattro valentuomini più prodi; e oso dirvi che noi sapevamo bene come si snidino gli uccelli del pollaio, e i migliori di essi avevamo al nostro comando.