Orlando furioso (sec. la stampa 1532)/Canto 11

Canto 11

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Canto 10 Canto 12

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CANTO VNDECIMO



 [1]

Q
Vantunque debil ſreno a mezo il corſo

     Animoſo deſtrier ſpeffo raccolga,
     Raro e pho ch di ragione il morſo
     Libidinoſa ſuria a dietro volga
     Qn il piacere ha i pròto, a guiſa d’Orfo
     Che dal mei non ſi torto ſi diſtolga:
     Poi che gli ne venuto odore al naſo
     O qualche ſtilla ne guſto ſu ’l vaſo.

 [2]
Qual raggio ſia ch ’l buo Ruggier raffrene
     Si ch no voglia hora pigliar diletto
     D’Angelica gentil, che nuda tiene
     Nel ſolitario e comodo boſchetto?
     Di Bradamante piū non gli ſouiene
     Che tanto hauer ſolea ſiſſa nel petto,
     E fegli ne ſouien, pur come prima
     Pazzo e ſé qſta anchor nò pzza e ſtima.

 [3]
Con laqual non faria ſtato quel crudo
     Zenocrate di lui piū continente:
     Gittato hauea Ruggier l’haſta e lo ſcudo
     E ſi trahea l’altre arme impatiente,
     Qn abbaſſando pel bel corpo ignudo
     La donna gliocchi vergognoſamente:
     Si vide in dito il pretioſo annello
     Che giā le tolſe ad Albraca Brunello.

 [4]
Queſto e l’annel ch’ella porto giā i Fracia
     La prima volta che ſé ql camino,
     Col ſratel ſuo, che v’arreco la lancia
     Laqual ſu poi d’Aſtolfo Paladino,
     Con queſto ſé gl’incati vſcire in ciancia
     Di Malagigi al petron di Merlino,
     Co queſto Orlado, & altri vna matina
     Tolſe di ſeruitu di Dragontina.

 [5]
Con queſto vſci inuiſibil de la torre
     Doue l’hauea richiuſa vn vecchio rio,
     A che voglio io tutte ſue pue accorre:
     Se le ſapete voi coſi come io?
     Brunel ſin nel giron le ’l venne a torre,
     Ch’Agramante d’hauerlo hebbe diſio:
     Da indi in qua ſempre Fortua aſdegno
     Hebbe cortei ſin che le tolſe il regno.

 [6]
Hor che ſé ’lvede: come ho detto i mano
     Si di ſtupore, e d’allegrezza e piena
     Che quaſi dubbia di ſognarſi in vano:
     A gliocchi alla man ſua da fede a pena,
     Del dito ſé lo leua, e amano amano
     Se ’l chiude í bocca, e i men ch nò balena
     Coſi da gliocchi di Ruggier ſi cela
     Come fa il Sol quando la nube il vela.

 [7]
Ruggier pur d’ognintorno riguardaua
     E s’aggiraua a cerco, come vn matto:
     Ma poi che de l’annel ſi ricordaua
     Scornato vi rimaſe e ſtupefatto:
     E la ſua inaduertenza beſtemiaua
     E la donna accuſaua di quello atto
     Ingrato e diſcorteſe, che renduto
     In ricompenfa gliera del ſuo aiuto.

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 [8]
Ingrata damigella, e queſto quello
     Guiderdone (dicea) che tu mi rendi ?
     Che piú torto inuolar vogli l’annello
     C’hauerlo i don, pche da me noi prèdi?
     Nò pur ql, ma lo ſcudo e il deſtrier (hello
     E me ti dono, e come vuoi mi ſpèdi,
     Sol che ’l bel viſo tuo non mi naſcondi,
     Io ſo crudel che m’odi e non riſpondi,

 [9]
Coſi dicendo intorno alla ſontana
     Brancolando n’ andaua come cieco,
     O quante volte abbraccio l’aria vana
     Sperádo la donzella abbracciar ſeco,
     Quella che s’ era giá fatta lontana
     Mai no ceffo d’adar ch giuſe a vn ſpeco
     Che ſotto vn monte era capace e grade,
     Doue al biſogno ſuo trouo viuande,

 [10]
Quiui vn vecchio paſtor, ch di caualle
     Vn grade arméto hauea, facea ſoggiorno
     Le iumente paſcean giú per la valle,
     Le tenere herbe, a i freſchi riui intorno.
     Di qua di la da l’antro erano Italie:
     Doue ſuggiano il Sol del mezo giorno,
     Angelica quel di: lunga dimora
     La détro fece, e non ſu viſta anchora.

 [11]
E circa il veſpro poi che rifreſcoſſi:
     E le ſu auiſo eſſer poſata assai:
     In certi drappi rozi auiluppoſſi,
     Diſſimil troppo a i portamenti gai
     Che verdi, gialli, perſi, azurri, e roſſi
     Hebbe, e di quante ſoggie ſuron mai,
     Nò le può tor perho tato burnii gonna:
     Che bella non raffembri, e nobil Dona.

 [12]
Taccia chi loda Phyllide o Neera
     O Amarylli, o Galatea ſugace,
     Che d’ eſſe alcuna ſi bella non era
     Tityro e Melibeo con voſtra pace,
     La bella Donna trar ſuor de la ſchiera
     De le iumente, vna che piú le piace:
     Allhora allhora ſé le fece inante
     Vn penſier di tornarſene in Leuante.

 [13]
Ruggiero i tato, poi e’ hebbe gra pezzo
     Indarno atteſo s’ ella ſi ſcopriua:
     E che s’ auide del ſuo error da ſezzo:
     Che non era vicina, e non l’udiua
     Doue laſciato hauea il cauallo auezzo
     In cielo e in terra, a rimontar veniua,
     E ritrouo che s’ hauea tratto il morſo:
     E ſalia in aria a piú libero corſo.

 [14]
Fu graue e mala aggiunta all’altro dano
     Vcderſi ancho reſtar ſenza l’augello,
     Queſto non men che ’l feminile ingano
     (ili preme al cor, ma piú che qſto e qllo
     Gli preme e fa ſentir noioſo affanno
     l’hauer perduto il pretioſo annello,
     Ter le virtú non tanto ch’in lui ſono
     Quanto che ſu de la ſua Donna dono.

 [15]
Oltre modo dolente ſi ripoſe:
     Indoſſo l’arme, e lo ſcudo alle ſpalle
     Dal mar ſlugoſſi e p le piaggie herboſe
     Preſe il camiti verſo vna larga valle,
     Doue per mezo all’alte ſelue ombroſe
     Vide il piú largo, e’l piú ſegnato calle:
     Non molto va, ch’a deſtra oue piú ſolta
     E quella ſelua, vn gran ſtrepito aſcolta.

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 [16]
Strepito aſcolta e ſpauenteuol ſuono
     D’arme percoſſe inſieme, onde s’affretta
     Tra piata e piata, e truoua dui che ſono
     A grá battaglia, in poca piazza e ſtretta,
     No s’ hanno alcun riguardo, ne perdono
     Per far (non ſo di che) dura vendetta,
     l’uno e gigante alla ſembianza fiero,
     Ardito l’altro e ſranco Caualliero.

 [17]
E queſto con lo ſcudo e con la ſpada,
     Di qua di la ſaltando ſi difende,
     Perche la mazza fopra non gli cada,
     Co che il Gigate a due ma ſemp oſſede,
     Giace morto il cauallo in ſu la ſtrada:
     Ruggier ſi ferma e alla battaglia attede,
     E torto inchina V animo, e diſia
     Che vincitore il cauallier ne ſia.

 [18]
No che per queſto gli dia alcuno aiuto,
     Ma ſi tira da parte, e ſta a vedere:
     Ecco col baſton graue il piú membruto
     Sopra l’elmo a due man del minor fere,
     De la percoſſa e il cauallier caduto:
     L’altro che ’l vide attonito giacere:
     Per dargli morte l’elmo gli difiaccia,
     E fa ſi che Ruggier lo vede in faccia.

 [19]
Vede Ruggier de la ſua dolce e bella
     E cariſſima donna Bradamante
     Scoperto il viſo, e lei vede eſſer quella,
     A cui dar morte vuol l’empio Gigante,
     Si che a battaglia ſubito l’appella:
     E con la ſpada nuda ſi fa inante:
     Ma quel che nuoua pugna non attende
     La donna tramortita in braccio prende.

 [20]
Et ſé P arreca in ſpalla, e via la porta
     Come Lupo tal’hor piccolo agnello:
     O l’Aquila portar ne l’ugna torta
     Suole o Colobo, o ſimile altro augello:
     Vede Ruggier quato il ſuo aiuto Sporta
     E vien correndo a piú poter, ma quello
     Con tanta fretta i lunghi paſſi mena
     Ch co gliocchi Ruggier lo ſegue apea.

 [21]
Coli correndo l’uno, e ſeguitando
     l’altro, p vn fenderò ombroſo e ſoſco,
     Che ſempre ſi venia piú dilatando
     In vn gra prato vſcir ſuor di quel boſco
     No piú di qſto ch’io ritorno a Orlando:
     Che’l ſulgur ch porto giá il Re Cimoſco
     Hauea gittato in mar nel maggior ſodo
     Accio mai piú non ſi trouaſſe al mondo.

 [22]
Ma poco ci giouo che ’l nimico empio
     De l’humana natura: ilqual del telo
     Fu P inuétor, e’ hebbe da quel P eſempio:
     Ch’apre le nubi, e I terra vien dal Cielo:
     Con quaſi non minor di quello ſcempio
     Che ci die, quado Eua Igáno col melo:
     Lo fece ritrouar da vn Negromante
     Al tempo de noſtri Aui, o poco inante.

 [23]
La machina inſernal di piú di cento
     Paſſi d’acqua, oue ſte aſcoſa molt’anni
     Al ſommo tratta per incantamento,
     Prima portata ſu tra gli Alamanni,
     Liquali vno, & vn’ altro eſperimento
     Facendone, e il Demonio a noſtri danni
     Affutigliando lor via piú la mente,
     Ne ritrouaro l’ufo ſinalmente.

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 [24]
Italia e Francia, e tutte l’altre bande
     Del modo, ha poi la crudele arte appſa:
     Alcuno il bronzo i caue ſorme ſpande
     Che liqueſatto ha la ſornace acceſa:
     Bugia altri il ferro, e chi picciol chi grade
     Il vaſo ſorma: che piú e meno peſa
     K qual bobarda, e qual nomina ſcoppío
     Qua! ſemplice cane, qual canó doppio.

 [25]
Qual ſagra, ql falcò, qual colubrina
     Séto nomar, eoe al ſuo author piú agrada
     Che ’l ferro ſpezza, e i marmi apre e ruina
     E ouunqj paſſa ſi fa dar la ſtrada:
     Rendi miſer ſoldato alla ſucina
     Pur tutte l’arme e’ hai fin’ alla ſpada:
     E 1 ſpalla ú feoppio, o vn’ arcobugio predi.
     Ch ſenza io ſo, no toccherai ſtipedi.

 [26]
Come trouaſti o ſcelerata e brutta
     Inuention, mai loco inhuman core?
     Per te la militar gloria e diſtrutta:
     Ter te il meſtier de l’arme e ſenza hono?
     Per te e il valore e la virtú ridutta,
     Che ſpeffo par del buono il rio miglior:
     Non piú la gagliardia non piú l’ardile:
     Per te può in campo al paragon venire.

 [27]
Per te ſon giti & onderai) ſotterra
     Tanti Signori e Cauallieri tanti
     Prima elle ſia ſinita queſta guerra
     Ch 1 modo ma piú Italia, ha meſſo í piali
     Che s’ io v’ ho detto, il detto mio nò erra
     Ch be ſu il piú crudele, e il piú di (piati
     Mai ſuro al mòdo igegni épii e maligni,
     Ch’imagino ſi abominoſi ordigni.

 [28]
Et crederò che Dio, perche vendetta
     Ne ſia in eterno, nel profondo chiuda
     Del cieco Abiſſo, quella maladetta
     Anima appreſſo al maladetto Giuda:
     Ma ſeguitiamo il cauallier ch’infretta
     Brama trouarſi all’Ifola d’Hebuda:
     Doue le belle Donne e delicate
     Son per viuada a vn marin moſtro date.

 [29]
Ma (pianto hauea piú fretta il paladino
     Tanto parca che men l’haueſſe il veto:
     Spiri o dal lato deſtro, o dal mancino
     ne le poppe, ſempre e coſi lento
     Che ſi può far con lui poco camino,
     1 rimanea tal volta in tutto ſpento.
     Suiti. 1 t.ilhor ſi auerfo, che gli e ſorza
     1) di tornare o d’ir girando all’orza

 [30]
Fu volontá di Dio che non veniſſe
     Prima che ’l re d’ Hibemia in qlla parte:
     Accio con piú facilita ſegniſſe
     Quel ch’udir vi faro ſra poche carte,
     Sopra PIfola ſorti Orlando diſſe
     Al ſuo Nochiero, hor q potrai fermarte
     FI battei darmi, che portar mi voglio
     Senz’alila compagnia fopra lo ſcoglio.

 [31]
E voglio la maggior Gomona meco
     F l’Anchora maggior e’ babbi ſui legno
     Io ti faro veder perche l’arreco,
     Se co quel moſtro ad affròtar mi vegno
     dittar ſé in mare il Paliſchermo ſeco
     in lutto quel ih’ era atto al ſuo diſegno
     IHiii l’arme laſcio ſuor che la ſpada,
     E ver Io ſcoglio ſol preſe la ſtrada.

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 [32]
Si tira i remi al petto, e tien le ſpalle
     Volte alla parte, oue diſcender vuole:
     A guiſa che del mare, o de la valle
     Vſcendo al lito il falſo Granchio ſuole
     Era nel’hora che le chiome gialle
     La bella Aurora hauea ſpiegate al Sole
     Mezo ſcoperto anchora e mezo aſcofo,
     Non ſenza ſdegno di Tithon geloſo.

 [33]
Fattoſi appretto al nudo ſcoglio quanto
     Potria gagliarda man gittare vn ſaſſo,
     Gli pare vdire: e non vdire vn pianto
     Si all’orecchie gli vien debole e laſſo,
     Tutto ſi volta ſui finiſtro canto
     E poſto gliocchi appſſo all’onde al baffo
     Vede vna Dona nuda come nacque
     Legata a tróco, e i pie le bagna l’acqj.

 [34]
Perche glie áchor lótana, e pche china
     La faccia tien: no ben chi ſia diſcerne
     Tira in fretta ambi i remi, e s’ auicina
     Con gran difío, di piú notitia hauerne,
     Ma muggiar ſente in queſto la marina
     E rimbombar le ſelue e le cauerne:
     Gófiafi l’onde, & ecco il moſtro appare,
     Ch ſotto il petto ha quaſi aſcofo il mare

 [35]
Come d’ oſcura valle humida aſcende
     Nube di pioggia, e di tempeſta pregna,
     Che piú che cieca notte ſi diſtende
     Per tutto ’l modo, e par che’l giorno ſpegn
     Coſi nuota la ſera, e del mar prède
     Tanto, che ſi può dir che tutto il tegna
     Fremono l’onde, Orlando in ſé raccolto
     La mira altier, ne cangia cor ne volto.

 [36]
E come quel e’ hauea il péſier ben fermo
     Di quanto volea far, ſi moſſe ratto
     E perche alla Donzella eſſere ſchermo
     E la ſera aſſalir poteſſe a vn tratto:
     Entro ſra l’Orca e lei col paliſchermo
     Nel fodero laſciando il brando piatto:
     l’Ancora con la Gomona in man preſe,
     Poi co gra cor l’horribil moſtro atteſe.

 [37]
Toſto che l’Orca s’ accorto e ſcoperſe
     Nel ſchifo Orlando co poco Iteruallo:
     Per ingiottirlo tanta bocca aperſe
     Ch’entrato vn’huomo vi faria a cauallo,
     Si ſpinfe Orlando inanzi: e ſé gl’immerſe
     Con qlla Anchora i gola: e s’io no fallo
     Col battello acho, e l’Anchora attaccolle
     E nel palato, e ne la lingua molle.

 [38]
Si che ne piú ſi puon calar di fopra
     Ne alzar di ſotto le maſcelle horrende,
     Coſi chi ne le mine il ferro adopra
     La terra ouunqj ſi fa via fuſpende,
     Che ſubita ruina non lo cuopra
     Métre mal cauto al ſuo lauoro intende
     Davn’hamo all’altro l’Anchora e tato alta
     Che nò v’arriua Orlando ſé nò ſalta

 [39]
Meſſo il puntello, e fattoſi ſicuro
     Che’l moſtro piú ſerrar nò può la bocca
     Stringe la ſpada, e p quel antro oſcuro
     í Di qua e di la con tagli e punte tocca:
     Come ſi può, poi che ſon dentro al muro
     Giunti i nimici, ben difender rocca:
     Coſi difender l’Orca ſi potea
     Dal paladin che ne la gola hauea.

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 [40]
Dal dolor vinta hor Copra il mar ſi lacia
     E moſtra i ſianchi e le ſcaglioſe ſchene
     Hor dentro vi s’attufa, e con la pancia
     Muoue dal fondo, e fa ſalir l’arene:
     Sentendo l’acqua il Cauallier di Fracia
     Ctl troppo abóda, a nuoto ſuor neviene,
     Laſcia l’Anchora fitta, e in mano prende
     La ſune che da l’Anchora depende.

 [41]
E con quella ne vien nuotando in fretta
     Verſo lo ſcoglio: oue fermato il piede
     Tira l’Anchora a ſé, ch’in bocca ſtretta,
     Con le due piite il brutto Moſtro ſiede,
     L’Orca a ſeguire il canape e conſtretta
     Da quella ſorza ch’ogni ſorza eccede,
     Da quella ſorza che piú in vna ſcoſſa
     Tira, ch’in dieci vn’ Argano far poſſa.

 [42]
Come Toro ſaluatico ch’ai corno
     Gittar ſi ſenta vn’ improuiſo laccio,
     Salta di qua di la, s’aggira intorno,
     Si colca e lieua, e nò può vſcir d’ ipaccio
     Coſi ſuor del ſuo antico almo ſoggiorno
     l’Orca tratta per ſorza di quel braccio,
     Con mille guizzi, e mille ſtrane ruote:
     Segue la ſune, e feior non ſé ne puote.

 [43]
Di bocca il ſangue in tata copia ſonde
     Ch qſto hoggi il mar Roſſo ſi può dire,
     Doue in tal guiſa ella percuote l’onde
     Ch’ inſino al fondo le vedrette aprire,
     Et hor ne bagna il cielo, e il lume aſcóde
     Del chiaro Sol, tanto le fa ſalire,
     Rimbobano al rumor ch’intorno s’ode
     Le ſelue, i monti, e le lontane prode.

 [44]
Fuor de la grotta il vecchio Proteo, qn
     Ode tanto rumor fopra il mare eſce:
     E viſto entrare e vſcir de l’Orca Orlado
     E al lito trar ſi ſmiſurato peſce:
     Fugge per l’alto occeano, obliando
     Lo ſparfo gregge, e ſi il tumulto creſce
     Che fatto al carro i ſuoi Delphini porre
     Quel di Nettunno in Etiopia corre.

 [45]
Con Melicerta in collo Ino piangendo
     E le Nereide co i capelli ſparfi,
     Glauci e Tritoni e glialtri non ſappiédo
     Doue, chi qua chi la van per ſaluarſi,
     Orlando al lito traſſe il peſce horrendo,
     Col qual non biſogno piú affaticarli:
     Che pel trauaglio, e per l’hauuta pena
     Prima mori che foſſe in ſu l’arena.

 [46]
De l’Ifola non pochi erano corſi
     A riguardar quella battaglia ſtrana:
     I quai da vana religion rimorſi
     Coſi fant’ opra riputar profana:
     E dicean che farebbe vn nuouo torſi
     Proteo nimico, e attizar l’ira inſana
     Da farli porre il mariti gregge in terra
     E tutta rinouar l’antica guerra.

 [47]
E che meglio fará di chieder pace
     Prima all’oſleſo Dio ch peggio accada:
     E queſto ſi fará quando l’audace
     Gittato in mare a placar Proteo vada
     Come da fuoco l’una a l’altra face
     E toſto alluma tutta vna contrada:
     Coſi d’un cor ne l’altro ſi difonde,
     L’ira ch’Orlando vuol gittar ne l’onde.

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Oh’L.Ì.XDO FI’/? /oso

 [48]
Chi d’una ſròba, e chi d’un’ arco armato,
     Chi d’haſta chi di ſpada al lito ſcende:
     E dinanzi e di dietro, e d’ogni lato
     Lòtano e appreſſo, a piú poter l’oſſende,
     Di ſi beſtiale inſulto e troppo ingrato
     Gran merauiglia il Paladin ſi prende,
     Pel moſtro vcciſo ingiuria far ſi vede
     Doue hauer ne ſpero gloria e mercede.

 [49]
Ma come l’Orfo ſuol che per le ſiere
     Menato ſia da Ruſci o da Lituani:
     Paſſando per la via poco temere
     l’importuno abbaiar di picciol cani:
     Che pur non ſé li degna di vedere
     Coſi poco temea di quei Villani
     Il Paladin, che con vn ſoſſio ſolo
     Ne potrá fracaffar tutto lo ſtuolo.

 [50]
E ben ſi fece far ſubito piazza
     Che lor ſi volſe e Durindana preſe:
     S’ hauea creduto quella gente pazza
     Che le doueſſe far poche conteſe,
     Quando ne indoſſo gli vedea corazza,
     Ne ſcudo in braccio, ne alcun’ altro arneſe
     Ma nò ſapea che dal capo alle piate
     Dura la pelle hauea piú che Diamante.

 [51]
Quel che d’Orlado a glialtri far no lece
     Di far de glialtri a lui giá non e tolto:
     Trenta n’uccife, e ſuro in tutto diece
     Botte, o ſé piú non le paſſo di molto:
     Toſto intorno ſgombrar l’arena fece:
     E per ſlegar la donna era giá volto
     Quado nuouo tumulto e nuouo grido
     Fé riſuonar da vn’ altra parte il lido.

 [52]
Mentre hauea il Paladin da queſta bada
     Coſi tenuto i Barbari impediti
     Eran ſenza contraſto quei d’ Irlanda
     Da piú parte ne l’Iſola ſaliti:
     E ſpenta ogni pietá ſtrage neſanda
     Di quel popul facean per tutti i liti:
     Foſſe Iuſtitia o foſſe crudeltade
     Ne feſſo riguardauano ne etade.

 [53]
Neſſun ripar fan gl’Iſolani o poco:
     Parte ch’accolti ſon troppo improuiſo,
     Parte che poca gente ha il picciol loco
     E quella poca e di neſſuno auiſo:
     l’hauer ſu meſſo a ſacco: meſſo fuoco
     Fu ne le caſe, il populo ſu vcciſo,
     Le mura fur tutte adeguate al ſuolo,
     Non ſu laſciato viuovn capo ſolo,

 [54]
Orlando come gli appertenga nulla:
     l’alto rumor, le ſtride, e la ruina
     Viene a colei che ſu la pietra brulla
     Hauea da diuorar l’Orca marina:
     Guarda, e gli par conoſcer la fanciulla:
     E piú le pare, e piú che s’auicina:
     Gli pare Olympia, & era Olympia certo
     Che di ſu a fede hebbe ſi iniquo merto.

 [55]
Mifera Olympia a cui dopo lo ſcorno
     Che gli ſé Amore, ancho fortuna cruda
     Mádo i corſari, e ſu il medeſmo giorno:
     Che la portaro all’Iſola d’Hebuda:
     Riconoſce ella Orlando nel ritorno
     Che fa allo ſcoglio, ma pch’ella e nuda
     Tien baffo il capo, e nò che no gli parli
     Ma gliocchi non ardiſce al viſo alzarli.

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 [56]
Orlando domando ch’iniqua ſorte
     l’haueſſe fatta all’Iſola venire:
     Di la doue laſciata col conſorte
     Lieta l’hauea quanto ſi può piú dire:
     Nò ſo (diſſe ella) s’ io v’ ho: ch la morte
     Voi mi ſchiuaſte, gratie a riferire:
     O da dolermi, che per voi non ſia
     Hoggi ſinita la miſeria mia.

 [57]
Io v’ho da ringratiar ch’una maniera
     Di morir mi ſchiuaſte troppo enorme:
     Che troppo faria enorme: ſé la ſera
     Nel brutto ventre haueſſe hauuto a porrne
     Ma giá nò vi rigratio ch’io no pera
     Che morte ſol può di miſeria torme:
     Ben vi ringratiero ſé da voi darmi
     Quellavedro ch d’ogni duol può trarmi

 [58]
Poi con gran pianto ſeguito dicendo
     Come lo ſpofo ſuo l’hauea tradita,
     Che la laſcio ſu l’Iſola dormendo
     Donde ella poi ſu da i corſar rapita:
     E mentre ella parlaua riuolgendo
     S’ andana in quella guiſa che (colpita
     O dipinta e Diana ne la ſonte:
     Ch getta P acqua ad Atheone in ſronte.

 [59]
Che qjto può naſconde il petto e’l vètre
     Piú liberal de i ſianchi e de le rene
     Brama Orlado ch’I porto il ſuo legno entre
     Ch lei ch ſciolta hauea da le cathene
     Vorria coprir d’alcua verte: hor mentre
     Ch’a qſto e intèto, Oberto fopra viene
     Oberto il Re d’ Hibemia e’ hauea inteſo
     Che’l marin Moſtro era ſui lito ſtefo.

 [60]
E che nuotando vn cauallier era ito
     A porgli I golavn’ Anchora assai graue
     E che l’hauea coſi tirato al lito
     Come ſi ſuol tirar cótr’ acqua naue:
     Oberto per veder ſé riferito
     Colui da chi l’ha iteſo il vero gli haue
     Se ne vien quiui: e la ſua gente intanto
     Arde e diſtrugge Hebuda in ogni cato.

 [60]
Il Re d’ Hibemia achor ch ſolle Orlado
     Di (angue tito e d’acqua molle e brutto
     Brutto del ſangue che ſi traſſe, quando
     Vſci de l’Orca in ch’era entrato tutto,
     Pel conte l’andò pur raſſigurando:
     Tanto piú che ne l’animo hauea indutto
     Toſto che del valor ſenti la nuoua
     Ch’altri ch’Orlado nò faria tal pruoua.

 [61]
Lo conoſcea perch’era ſtato Infante
     D’honore in Francia, e ſé n’era partito
     Per pigliar la corona l’anno inante
     Del padre ſuo ch’era di vita vſcito:
     Tante volte veduto, e tante e tante
     Glihauea parlato ch’era in inſinito:
     Lo corte ad abbraciare, e a fargli feſta:
     Trattafi la celata e’ hauea in teſta.

 [63]
Non meno Orlando di veder contento
     Si moſtro il Re, che’l Re di veder lui,
     Poi che ſuro a iterar l’abbracciamento
     Yna o due volte tornati amendui
     Narro ad Oberto Orlado il tradimento
     Che ſu fatto alla giouane, e da cui
     Fatto le ſu dal perfido Bireno
     Che via d’ognaltro lo douea far meno.

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 [64]
Le pruoue gli narro che tante volte
     Ella d’amarlo dimoſtrato hauea:
     Come i parenti e le fuſtantie tolte
     Le ſuro, e al ſin per lui morir volea,
     E ch’effo teſtimonio era di molte
     E renderne buon conto ne potea,
     Mentre parlaua i begliocchi ſereni
     De la Donna di lagrime eran pieni.

 [65]
Era il bel viſo ſuo quale eſſer ſuole
     Da prima vera alcunavolta il cielo:
     Qn la pioggia cade: e a vn tèpo il Sole
     Si ſgombra intorno il nubiloſo velo:
     E come il Roſignuol dolci carole
     Mena ne i rami alhor del verde ſtelo:
     Coſi alle belle lagrime le piume
     Si bagna Amore e gode al chiaro lume.

 [66]
E ne la face de begliocchi accende
     L’aurato ſtrale, e nel ruſcello amorza
     Che tra vermigli e bianchi fiori ſcende,
     E temprato che l’ha tira di ſorza
     Contra il garzon: che ne ſcudo difende
     Ne maglia doppia ne ferigna ſcorza:
     Clí metre ſta a mirar gliocchi e le chióe
     Si ſente il cor ferito e non fa come.

 [67]
Le bellezze d’Olympia eran di quelle,
     Ch ſon piú rare, e no la ſróte ſola
     Gliocchi, e le guade, e le chiome hauea
     La bocca, il naſo, gli homeri, e la gola:
     Ma diſcendendo giú da le mamelle
     Le parti che ſolea coprir la ſtola:
     Fur di tanta eſcellentia ch’anteporfe
     A quáte n’ hauea il mondo potean ſorſè.

 [68]
Vinceano di candor le nieui intatte,
     Et eran piú ch’auorio a toccar molli:
     Le poppe ritondette parean latte
     Ch ſuor de i giuchi allhora allhora tolli
     Spatio ſra lor tal diſcèdea: qual fatte
     Eſſer veggian ſra piccolini colli
     L’obroſe valli: I ſua ſtagione amene
     Che’l verno habbia di nieue allhora piene

 [69]
I rilettati ſianchi e le belle anche
     E netto piú che ſpecchio il ventre piano
     Pareano fatti: e qlle coſcie bianche
     Da Phidia atomo, o da piú dotta mano:
     Di quelle parti debboui dir anche
     Che pur celare ella bramaua in vano?
     Diro i ſomma ch’in lei dal capo al piede
     Quant’ eſſer può beltá tutta ſi vede.

 [70]
Se foſſe ſtata ne le valli Idee
     Viſta dal paſtor Phrigio: io nò ſo quato
     Vener ſé ben vincea quelle tre Dee
     Portato haueſſe di bellezza il vato
     Ne ſorſè ito faria ne le Amyclee
     Contrade eſſo a violar l’hoſpitio ſanto:
     Ma detto hauria co Menelao ti reſta
     Helena pur ch’altra io nò vo che qſta.

 [71]
E ſé foſſe coſtei ſtata a Crotone
     Quando Zeuſi l’imagine far volſe
     belle Che por douea nel tempio di Iunone:
     E tante belle nude inſieme accolſe:
     E che per vna farne in perfettione.
     Da chi vna parte, e da chi vn’ altra tolſe
     Non hauea da torre altra che coſtei
     Che tutte le bellezze erano in lei.

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 [72]
Io non credo che mai Bireno nudo
     Vedette quel bel corpo, ch’io ſon certo,
     Che ſtato no faria mai coli crudo
     Che l’haueſſe laſciata in quel deſerto
     Ch’Oberto ſé n’accende io vi concludo
     Tanto che’l fuoco non può ſtar coperto
     Si ſtudia cofolarla e darle ſpeme.
     Ch’uſcira i bene il mal c’hora la preme.

 [73]
E le promette andar ſeco in Olanda:
     Ne ſin che ne lo ſtato la rimetta
     E e’ habbia fatto iuſta e memoranda
     Di quel periuro e traditor vendetta:
     No ceſſara con ciò che poſſa Irlanda:
     E lo fará quanto potrá piú in fretta,
     Cercare in tanto in qlle caſe e in queſte,
     Facea di gonne e di feminee veſtc.

 [74]
Biſogno non fará per trouar gonne
     Ch’ acercar ſuor de l’Iſola ſi mende:
     Ch’ogni di ſé n’hauea da quelle donne
     Che de l’auido Moſtro eran viuande:
     No ſé molto cercar che ritrouonne
     Di varie ſoggie Oberto copia grande:
     E ſé veſtir Olympia: e ben gl’increbbe,
     Non la poter veſtir come vorrebbe.

 [75]
Ma ne ſi bella ſeta o ſi fin’ oro
     Mai Fiorettai induſtri teſſer fenno,
     Ne chi ricama fece mai lauoro
     Poſtoui tempo diligentia e ſenno,
     Che poteſſe a coſtui parer decoro
     Se lo feſſe Minerua o il Dio di Lenno
     E degno di coprir ſi belle membre
     Che ſorza e adhor adhor ſene rimébre.

 [76]
Per piú riſpetti il Paladino molto
     Si dimoſtro di queſto Amor contento:
     Ch’oltre ch’I Re nò laſciarebbe aſciolto
     Bireno andar di tanto tradimento:
     Sarebbe anch’ elfo per tal mezo tolto
     Di graue e di noioſo impedimento:
     Quiui non per Olympia, ma venuto
     Per dar ſé v’ era alla ſua Donna aiuto.

 [77]
Ch’ella non v’era ſi chiari di corto
     Ma giá non ſi chiari ſé v’era ſtata
     Perche ogn’ huomo nel’Iſola era morto,
     Ne vn ſol rimaſo di ſi gran brigata:
     Il di ſeguente ſi partir del porto
     E tutti inſieme andaro in vna armata
     Con loro andò in Irlanda il Paladino
     Che ſu per gire in FrAcia il ſuo camino.

 [78]
A pena vn giorno ſi fermo in Irlanda
     Nò valſer preghi a far che piú vi ſteffe
     Amor che dietro alla ſua Dona il máda
     Di fermaruiſi piú non gli concede:
     Quindi ſi parte e prima raccomanda
     ( Olympia al Re che ſerui le promeſſe:
     Benché non bifognaffi, che gli attenne
     Molto piú che di far non ſi conuenne.

 [79]
Coli ſra pochi di gente raccolſe:
     E fatto lega col Re d’ Inghilterra,
     E con l’altro di Scotia: gli ritolſe
     Olanda: e in Friſa non gli laſcio terra:
     Et a ribellione ancho gli volſe
     La ſua Selandia, e non ſini la guerra
     Che gli die morte, ne perho ſu tale
     La pena, ch’ai delitto andaſſe eguale.

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 [80]
Olympia Oberto ſi piglio per moglie,
     E di Conteſſa la ſé gran Regina:
     Ma ritorniamo al Paladin che ſcioglie
     Nel mar le vele, e notte e di camina:
     Poi nel medeſmo porto le raccoglie
     Donde pria le ſpiego ne la marina:
     E fu’l ſuo Brigliadoro armato falſe
     E laſcio dietro i venti e l’onde falſe.

 [81]
Credo che’l reſto di quel verno coſe
     Faceſſe degne di tenerne conto,
     Ma fur fin’a quel tempo ſi naſcofe
     Che non e colpa mia s’hor non le conto,
     Perche Orlando a far l’opre virtuoſe
     Piū ch a narrarle poi: ſempre era proto:
     Ne mai ſu alcun de li ſuoi fatti eſpreffo,
     Se no quādo hebbe i teſtimonii appſſo.

 [82]
Paſſo il reſto del verno coſi cheto
     Che di lui non ſi ſeppe coſa vera:
     Ma poi che’l Sol nel’animai diſcreto,
     Che porto Phrifo illumino la Sphera:
     E Zephiro torno ſoaue e lieto
     A rimenar la dolce primauera:
     D’Orlando vſciron le mirabil pruoue
     Co i vaghi fiori, e con l’herbette nuoue.

 [83]
Di piano in monte e di campagna in lido
     Pien di trauaglio e di dolor ne giā:
     Qn all’entrar d’un boſco un lugo grido
     Vn’alto duol l’orecchie gli feria:
     Spinge il cauallo, e piglia il brado ſido
     E dondeviene il ſuon ratto s’inuia
     Ma diferiſco vn’altra volta a dire
     Quel che ſegui ſé mi vorrete vdire.