Orlando furioso (sec. la stampa 1532)/Canto 11
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CANTO VNDECIMO
[1]
Animoſo deſtrier ſpeffo raccolga,
Raro e pho ch di ragione il morſo
Libidinoſa ſuria a dietro volga
Qn il piacere ha i pròto, a guiſa d’Orfo
Che dal mei non ſi torto ſi diſtolga:
Poi che gli ne venuto odore al naſo
O qualche ſtilla ne guſto ſu ’l vaſo.
[2]
Qual raggio ſia ch ’l buo Ruggier raffrene
Si ch no voglia hora pigliar diletto
D’Angelica gentil, che nuda tiene
Nel ſolitario e comodo boſchetto?
Di Bradamante piū non gli ſouiene
Che tanto hauer ſolea ſiſſa nel petto,
E fegli ne ſouien, pur come prima
Pazzo e ſé qſta anchor nò pzza e ſtima.
[3]
Con laqual non faria ſtato quel crudo
Zenocrate di lui piū continente:
Gittato hauea Ruggier l’haſta e lo ſcudo
E ſi trahea l’altre arme impatiente,
Qn abbaſſando pel bel corpo ignudo
La donna gliocchi vergognoſamente:
Si vide in dito il pretioſo annello
Che giā le tolſe ad Albraca Brunello.
[4]
Queſto e l’annel ch’ella porto giā i Fracia
La prima volta che ſé ql camino,
Col ſratel ſuo, che v’arreco la lancia
Laqual ſu poi d’Aſtolfo Paladino,
Con queſto ſé gl’incati vſcire in ciancia
Di Malagigi al petron di Merlino,
Co queſto Orlado, & altri vna matina
Tolſe di ſeruitu di Dragontina.
[5]
Con queſto vſci inuiſibil de la torre
Doue l’hauea richiuſa vn vecchio rio,
A che voglio io tutte ſue pue accorre:
Se le ſapete voi coſi come io?
Brunel ſin nel giron le ’l venne a torre,
Ch’Agramante d’hauerlo hebbe diſio:
Da indi in qua ſempre Fortua aſdegno
Hebbe cortei ſin che le tolſe il regno.
[6]
Hor che ſé ’lvede: come ho detto i mano
Si di ſtupore, e d’allegrezza e piena
Che quaſi dubbia di ſognarſi in vano:
A gliocchi alla man ſua da fede a pena,
Del dito ſé lo leua, e amano amano
Se ’l chiude í bocca, e i men ch nò balena
Coſi da gliocchi di Ruggier ſi cela
Come fa il Sol quando la nube il vela.
[7]
Ruggier pur d’ognintorno riguardaua
E s’aggiraua a cerco, come vn matto:
Ma poi che de l’annel ſi ricordaua
Scornato vi rimaſe e ſtupefatto:
E la ſua inaduertenza beſtemiaua
E la donna accuſaua di quello atto
Ingrato e diſcorteſe, che renduto
In ricompenfa gliera del ſuo aiuto.
[8]
Ingrata damigella, e queſto quello
Guiderdone (dicea) che tu mi rendi ?
Che piú torto inuolar vogli l’annello
C’hauerlo i don, pche da me noi prèdi?
Nò pur ql, ma lo ſcudo e il deſtrier (hello
E me ti dono, e come vuoi mi ſpèdi,
Sol che ’l bel viſo tuo non mi naſcondi,
Io ſo crudel che m’odi e non riſpondi,
[9]
Coſi dicendo intorno alla ſontana
Brancolando n’ andaua come cieco,
O quante volte abbraccio l’aria vana
Sperádo la donzella abbracciar ſeco,
Quella che s’ era giá fatta lontana
Mai no ceffo d’adar ch giuſe a vn ſpeco
Che ſotto vn monte era capace e grade,
Doue al biſogno ſuo trouo viuande,
[10]
Quiui vn vecchio paſtor, ch di caualle
Vn grade arméto hauea, facea ſoggiorno
Le iumente paſcean giú per la valle,
Le tenere herbe, a i freſchi riui intorno.
Di qua di la da l’antro erano Italie:
Doue ſuggiano il Sol del mezo giorno,
Angelica quel di: lunga dimora
La détro fece, e non ſu viſta anchora.
[11]
E circa il veſpro poi che rifreſcoſſi:
E le ſu auiſo eſſer poſata assai:
In certi drappi rozi auiluppoſſi,
Diſſimil troppo a i portamenti gai
Che verdi, gialli, perſi, azurri, e roſſi
Hebbe, e di quante ſoggie ſuron mai,
Nò le può tor perho tato burnii gonna:
Che bella non raffembri, e nobil Dona.
[12]
Taccia chi loda Phyllide o Neera
O Amarylli, o Galatea ſugace,
Che d’ eſſe alcuna ſi bella non era
Tityro e Melibeo con voſtra pace,
La bella Donna trar ſuor de la ſchiera
De le iumente, vna che piú le piace:
Allhora allhora ſé le fece inante
Vn penſier di tornarſene in Leuante.
[13]
Ruggiero i tato, poi e’ hebbe gra pezzo
Indarno atteſo s’ ella ſi ſcopriua:
E che s’ auide del ſuo error da ſezzo:
Che non era vicina, e non l’udiua
Doue laſciato hauea il cauallo auezzo
In cielo e in terra, a rimontar veniua,
E ritrouo che s’ hauea tratto il morſo:
E ſalia in aria a piú libero corſo.
[14]
Fu graue e mala aggiunta all’altro dano
Vcderſi ancho reſtar ſenza l’augello,
Queſto non men che ’l feminile ingano
(ili preme al cor, ma piú che qſto e qllo
Gli preme e fa ſentir noioſo affanno
l’hauer perduto il pretioſo annello,
Ter le virtú non tanto ch’in lui ſono
Quanto che ſu de la ſua Donna dono.
[15]
Oltre modo dolente ſi ripoſe:
Indoſſo l’arme, e lo ſcudo alle ſpalle
Dal mar ſlugoſſi e p le piaggie herboſe
Preſe il camiti verſo vna larga valle,
Doue per mezo all’alte ſelue ombroſe
Vide il piú largo, e’l piú ſegnato calle:
Non molto va, ch’a deſtra oue piú ſolta
E quella ſelua, vn gran ſtrepito aſcolta.
[16]
Strepito aſcolta e ſpauenteuol ſuono
D’arme percoſſe inſieme, onde s’affretta
Tra piata e piata, e truoua dui che ſono
A grá battaglia, in poca piazza e ſtretta,
No s’ hanno alcun riguardo, ne perdono
Per far (non ſo di che) dura vendetta,
l’uno e gigante alla ſembianza fiero,
Ardito l’altro e ſranco Caualliero.
[17]
E queſto con lo ſcudo e con la ſpada,
Di qua di la ſaltando ſi difende,
Perche la mazza fopra non gli cada,
Co che il Gigate a due ma ſemp oſſede,
Giace morto il cauallo in ſu la ſtrada:
Ruggier ſi ferma e alla battaglia attede,
E torto inchina V animo, e diſia
Che vincitore il cauallier ne ſia.
[18]
No che per queſto gli dia alcuno aiuto,
Ma ſi tira da parte, e ſta a vedere:
Ecco col baſton graue il piú membruto
Sopra l’elmo a due man del minor fere,
De la percoſſa e il cauallier caduto:
L’altro che ’l vide attonito giacere:
Per dargli morte l’elmo gli difiaccia,
E fa ſi che Ruggier lo vede in faccia.
[19]
Vede Ruggier de la ſua dolce e bella
E cariſſima donna Bradamante
Scoperto il viſo, e lei vede eſſer quella,
A cui dar morte vuol l’empio Gigante,
Si che a battaglia ſubito l’appella:
E con la ſpada nuda ſi fa inante:
Ma quel che nuoua pugna non attende
La donna tramortita in braccio prende.
[20]
Et ſé P arreca in ſpalla, e via la porta
Come Lupo tal’hor piccolo agnello:
O l’Aquila portar ne l’ugna torta
Suole o Colobo, o ſimile altro augello:
Vede Ruggier quato il ſuo aiuto Sporta
E vien correndo a piú poter, ma quello
Con tanta fretta i lunghi paſſi mena
Ch co gliocchi Ruggier lo ſegue apea.
[21]
Coli correndo l’uno, e ſeguitando
l’altro, p vn fenderò ombroſo e ſoſco,
Che ſempre ſi venia piú dilatando
In vn gra prato vſcir ſuor di quel boſco
No piú di qſto ch’io ritorno a Orlando:
Che’l ſulgur ch porto giá il Re Cimoſco
Hauea gittato in mar nel maggior ſodo
Accio mai piú non ſi trouaſſe al mondo.
[22]
Ma poco ci giouo che ’l nimico empio
De l’humana natura: ilqual del telo
Fu P inuétor, e’ hebbe da quel P eſempio:
Ch’apre le nubi, e I terra vien dal Cielo:
Con quaſi non minor di quello ſcempio
Che ci die, quado Eua Igáno col melo:
Lo fece ritrouar da vn Negromante
Al tempo de noſtri Aui, o poco inante.
[23]
La machina inſernal di piú di cento
Paſſi d’acqua, oue ſte aſcoſa molt’anni
Al ſommo tratta per incantamento,
Prima portata ſu tra gli Alamanni,
Liquali vno, & vn’ altro eſperimento
Facendone, e il Demonio a noſtri danni
Affutigliando lor via piú la mente,
Ne ritrouaro l’ufo ſinalmente.
[24]
Italia e Francia, e tutte l’altre bande
Del modo, ha poi la crudele arte appſa:
Alcuno il bronzo i caue ſorme ſpande
Che liqueſatto ha la ſornace acceſa:
Bugia altri il ferro, e chi picciol chi grade
Il vaſo ſorma: che piú e meno peſa
K qual bobarda, e qual nomina ſcoppío
Qua! ſemplice cane, qual canó doppio.
[25]
Qual ſagra, ql falcò, qual colubrina
Séto nomar, eoe al ſuo author piú agrada
Che ’l ferro ſpezza, e i marmi apre e ruina
E ouunqj paſſa ſi fa dar la ſtrada:
Rendi miſer ſoldato alla ſucina
Pur tutte l’arme e’ hai fin’ alla ſpada:
E 1 ſpalla ú feoppio, o vn’ arcobugio predi.
Ch ſenza io ſo, no toccherai ſtipedi.
[26]
Come trouaſti o ſcelerata e brutta
Inuention, mai loco inhuman core?
Per te la militar gloria e diſtrutta:
Ter te il meſtier de l’arme e ſenza hono?
Per te e il valore e la virtú ridutta,
Che ſpeffo par del buono il rio miglior:
Non piú la gagliardia non piú l’ardile:
Per te può in campo al paragon venire.
[27]
Per te ſon giti & onderai) ſotterra
Tanti Signori e Cauallieri tanti
Prima elle ſia ſinita queſta guerra
Ch 1 modo ma piú Italia, ha meſſo í piali
Che s’ io v’ ho detto, il detto mio nò erra
Ch be ſu il piú crudele, e il piú di (piati
Mai ſuro al mòdo igegni épii e maligni,
Ch’imagino ſi abominoſi ordigni.
[28]
Et crederò che Dio, perche vendetta
Ne ſia in eterno, nel profondo chiuda
Del cieco Abiſſo, quella maladetta
Anima appreſſo al maladetto Giuda:
Ma ſeguitiamo il cauallier ch’infretta
Brama trouarſi all’Ifola d’Hebuda:
Doue le belle Donne e delicate
Son per viuada a vn marin moſtro date.
[29]
Ma (pianto hauea piú fretta il paladino
Tanto parca che men l’haueſſe il veto:
Spiri o dal lato deſtro, o dal mancino
ne le poppe, ſempre e coſi lento
Che ſi può far con lui poco camino,
1 rimanea tal volta in tutto ſpento.
Suiti. 1 t.ilhor ſi auerfo, che gli e ſorza
1) di tornare o d’ir girando all’orza
[30]
Fu volontá di Dio che non veniſſe
Prima che ’l re d’ Hibemia in qlla parte:
Accio con piú facilita ſegniſſe
Quel ch’udir vi faro ſra poche carte,
Sopra PIfola ſorti Orlando diſſe
Al ſuo Nochiero, hor q potrai fermarte
FI battei darmi, che portar mi voglio
Senz’alila compagnia fopra lo ſcoglio.
[31]
E voglio la maggior Gomona meco
F l’Anchora maggior e’ babbi ſui legno
Io ti faro veder perche l’arreco,
Se co quel moſtro ad affròtar mi vegno
dittar ſé in mare il Paliſchermo ſeco
in lutto quel ih’ era atto al ſuo diſegno
IHiii l’arme laſcio ſuor che la ſpada,
E ver Io ſcoglio ſol preſe la ſtrada.
[32]
Si tira i remi al petto, e tien le ſpalle
Volte alla parte, oue diſcender vuole:
A guiſa che del mare, o de la valle
Vſcendo al lito il falſo Granchio ſuole
Era nel’hora che le chiome gialle
La bella Aurora hauea ſpiegate al Sole
Mezo ſcoperto anchora e mezo aſcofo,
Non ſenza ſdegno di Tithon geloſo.
[33]
Fattoſi appretto al nudo ſcoglio quanto
Potria gagliarda man gittare vn ſaſſo,
Gli pare vdire: e non vdire vn pianto
Si all’orecchie gli vien debole e laſſo,
Tutto ſi volta ſui finiſtro canto
E poſto gliocchi appſſo all’onde al baffo
Vede vna Dona nuda come nacque
Legata a tróco, e i pie le bagna l’acqj.
[34]
Perche glie áchor lótana, e pche china
La faccia tien: no ben chi ſia diſcerne
Tira in fretta ambi i remi, e s’ auicina
Con gran difío, di piú notitia hauerne,
Ma muggiar ſente in queſto la marina
E rimbombar le ſelue e le cauerne:
Gófiafi l’onde, & ecco il moſtro appare,
Ch ſotto il petto ha quaſi aſcofo il mare
[35]
Come d’ oſcura valle humida aſcende
Nube di pioggia, e di tempeſta pregna,
Che piú che cieca notte ſi diſtende
Per tutto ’l modo, e par che’l giorno ſpegn
Coſi nuota la ſera, e del mar prède
Tanto, che ſi può dir che tutto il tegna
Fremono l’onde, Orlando in ſé raccolto
La mira altier, ne cangia cor ne volto.
[36]
E come quel e’ hauea il péſier ben fermo
Di quanto volea far, ſi moſſe ratto
E perche alla Donzella eſſere ſchermo
E la ſera aſſalir poteſſe a vn tratto:
Entro ſra l’Orca e lei col paliſchermo
Nel fodero laſciando il brando piatto:
l’Ancora con la Gomona in man preſe,
Poi co gra cor l’horribil moſtro atteſe.
[37]
Toſto che l’Orca s’ accorto e ſcoperſe
Nel ſchifo Orlando co poco Iteruallo:
Per ingiottirlo tanta bocca aperſe
Ch’entrato vn’huomo vi faria a cauallo,
Si ſpinfe Orlando inanzi: e ſé gl’immerſe
Con qlla Anchora i gola: e s’io no fallo
Col battello acho, e l’Anchora attaccolle
E nel palato, e ne la lingua molle.
[38]
Si che ne piú ſi puon calar di fopra
Ne alzar di ſotto le maſcelle horrende,
Coſi chi ne le mine il ferro adopra
La terra ouunqj ſi fa via fuſpende,
Che ſubita ruina non lo cuopra
Métre mal cauto al ſuo lauoro intende
Davn’hamo all’altro l’Anchora e tato alta
Che nò v’arriua Orlando ſé nò ſalta
[39]
Meſſo il puntello, e fattoſi ſicuro
Che’l moſtro piú ſerrar nò può la bocca
Stringe la ſpada, e p quel antro oſcuro
í Di qua e di la con tagli e punte tocca:
Come ſi può, poi che ſon dentro al muro
Giunti i nimici, ben difender rocca:
Coſi difender l’Orca ſi potea
Dal paladin che ne la gola hauea.
[40]
Dal dolor vinta hor Copra il mar ſi lacia
E moſtra i ſianchi e le ſcaglioſe ſchene
Hor dentro vi s’attufa, e con la pancia
Muoue dal fondo, e fa ſalir l’arene:
Sentendo l’acqua il Cauallier di Fracia
Ctl troppo abóda, a nuoto ſuor neviene,
Laſcia l’Anchora fitta, e in mano prende
La ſune che da l’Anchora depende.
[41]
E con quella ne vien nuotando in fretta
Verſo lo ſcoglio: oue fermato il piede
Tira l’Anchora a ſé, ch’in bocca ſtretta,
Con le due piite il brutto Moſtro ſiede,
L’Orca a ſeguire il canape e conſtretta
Da quella ſorza ch’ogni ſorza eccede,
Da quella ſorza che piú in vna ſcoſſa
Tira, ch’in dieci vn’ Argano far poſſa.
[42]
Come Toro ſaluatico ch’ai corno
Gittar ſi ſenta vn’ improuiſo laccio,
Salta di qua di la, s’aggira intorno,
Si colca e lieua, e nò può vſcir d’ ipaccio
Coſi ſuor del ſuo antico almo ſoggiorno
l’Orca tratta per ſorza di quel braccio,
Con mille guizzi, e mille ſtrane ruote:
Segue la ſune, e feior non ſé ne puote.
[43]
Di bocca il ſangue in tata copia ſonde
Ch qſto hoggi il mar Roſſo ſi può dire,
Doue in tal guiſa ella percuote l’onde
Ch’ inſino al fondo le vedrette aprire,
Et hor ne bagna il cielo, e il lume aſcóde
Del chiaro Sol, tanto le fa ſalire,
Rimbobano al rumor ch’intorno s’ode
Le ſelue, i monti, e le lontane prode.
[44]
Fuor de la grotta il vecchio Proteo, qn
Ode tanto rumor fopra il mare eſce:
E viſto entrare e vſcir de l’Orca Orlado
E al lito trar ſi ſmiſurato peſce:
Fugge per l’alto occeano, obliando
Lo ſparfo gregge, e ſi il tumulto creſce
Che fatto al carro i ſuoi Delphini porre
Quel di Nettunno in Etiopia corre.
[45]
Con Melicerta in collo Ino piangendo
E le Nereide co i capelli ſparfi,
Glauci e Tritoni e glialtri non ſappiédo
Doue, chi qua chi la van per ſaluarſi,
Orlando al lito traſſe il peſce horrendo,
Col qual non biſogno piú affaticarli:
Che pel trauaglio, e per l’hauuta pena
Prima mori che foſſe in ſu l’arena.
[46]
De l’Ifola non pochi erano corſi
A riguardar quella battaglia ſtrana:
I quai da vana religion rimorſi
Coſi fant’ opra riputar profana:
E dicean che farebbe vn nuouo torſi
Proteo nimico, e attizar l’ira inſana
Da farli porre il mariti gregge in terra
E tutta rinouar l’antica guerra.
[47]
E che meglio fará di chieder pace
Prima all’oſleſo Dio ch peggio accada:
E queſto ſi fará quando l’audace
Gittato in mare a placar Proteo vada
Come da fuoco l’una a l’altra face
E toſto alluma tutta vna contrada:
Coſi d’un cor ne l’altro ſi difonde,
L’ira ch’Orlando vuol gittar ne l’onde.
Oh’L.Ì.XDO FI’/? /oso
[48]
Chi d’una ſròba, e chi d’un’ arco armato,
Chi d’haſta chi di ſpada al lito ſcende:
E dinanzi e di dietro, e d’ogni lato
Lòtano e appreſſo, a piú poter l’oſſende,
Di ſi beſtiale inſulto e troppo ingrato
Gran merauiglia il Paladin ſi prende,
Pel moſtro vcciſo ingiuria far ſi vede
Doue hauer ne ſpero gloria e mercede.
[49]
Ma come l’Orfo ſuol che per le ſiere
Menato ſia da Ruſci o da Lituani:
Paſſando per la via poco temere
l’importuno abbaiar di picciol cani:
Che pur non ſé li degna di vedere
Coſi poco temea di quei Villani
Il Paladin, che con vn ſoſſio ſolo
Ne potrá fracaffar tutto lo ſtuolo.
[50]
E ben ſi fece far ſubito piazza
Che lor ſi volſe e Durindana preſe:
S’ hauea creduto quella gente pazza
Che le doueſſe far poche conteſe,
Quando ne indoſſo gli vedea corazza,
Ne ſcudo in braccio, ne alcun’ altro arneſe
Ma nò ſapea che dal capo alle piate
Dura la pelle hauea piú che Diamante.
[51]
Quel che d’Orlado a glialtri far no lece
Di far de glialtri a lui giá non e tolto:
Trenta n’uccife, e ſuro in tutto diece
Botte, o ſé piú non le paſſo di molto:
Toſto intorno ſgombrar l’arena fece:
E per ſlegar la donna era giá volto
Quado nuouo tumulto e nuouo grido
Fé riſuonar da vn’ altra parte il lido.
[52]
Mentre hauea il Paladin da queſta bada
Coſi tenuto i Barbari impediti
Eran ſenza contraſto quei d’ Irlanda
Da piú parte ne l’Iſola ſaliti:
E ſpenta ogni pietá ſtrage neſanda
Di quel popul facean per tutti i liti:
Foſſe Iuſtitia o foſſe crudeltade
Ne feſſo riguardauano ne etade.
[53]
Neſſun ripar fan gl’Iſolani o poco:
Parte ch’accolti ſon troppo improuiſo,
Parte che poca gente ha il picciol loco
E quella poca e di neſſuno auiſo:
l’hauer ſu meſſo a ſacco: meſſo fuoco
Fu ne le caſe, il populo ſu vcciſo,
Le mura fur tutte adeguate al ſuolo,
Non ſu laſciato viuovn capo ſolo,
[54]
Orlando come gli appertenga nulla:
l’alto rumor, le ſtride, e la ruina
Viene a colei che ſu la pietra brulla
Hauea da diuorar l’Orca marina:
Guarda, e gli par conoſcer la fanciulla:
E piú le pare, e piú che s’auicina:
Gli pare Olympia, & era Olympia certo
Che di ſu a fede hebbe ſi iniquo merto.
[55]
Mifera Olympia a cui dopo lo ſcorno
Che gli ſé Amore, ancho fortuna cruda
Mádo i corſari, e ſu il medeſmo giorno:
Che la portaro all’Iſola d’Hebuda:
Riconoſce ella Orlando nel ritorno
Che fa allo ſcoglio, ma pch’ella e nuda
Tien baffo il capo, e nò che no gli parli
Ma gliocchi non ardiſce al viſo alzarli.
[56]
Orlando domando ch’iniqua ſorte
l’haueſſe fatta all’Iſola venire:
Di la doue laſciata col conſorte
Lieta l’hauea quanto ſi può piú dire:
Nò ſo (diſſe ella) s’ io v’ ho: ch la morte
Voi mi ſchiuaſte, gratie a riferire:
O da dolermi, che per voi non ſia
Hoggi ſinita la miſeria mia.
[57]
Io v’ho da ringratiar ch’una maniera
Di morir mi ſchiuaſte troppo enorme:
Che troppo faria enorme: ſé la ſera
Nel brutto ventre haueſſe hauuto a porrne
Ma giá nò vi rigratio ch’io no pera
Che morte ſol può di miſeria torme:
Ben vi ringratiero ſé da voi darmi
Quellavedro ch d’ogni duol può trarmi
[58]
Poi con gran pianto ſeguito dicendo
Come lo ſpofo ſuo l’hauea tradita,
Che la laſcio ſu l’Iſola dormendo
Donde ella poi ſu da i corſar rapita:
E mentre ella parlaua riuolgendo
S’ andana in quella guiſa che (colpita
O dipinta e Diana ne la ſonte:
Ch getta P acqua ad Atheone in ſronte.
[59]
Che qjto può naſconde il petto e’l vètre
Piú liberal de i ſianchi e de le rene
Brama Orlado ch’I porto il ſuo legno entre
Ch lei ch ſciolta hauea da le cathene
Vorria coprir d’alcua verte: hor mentre
Ch’a qſto e intèto, Oberto fopra viene
Oberto il Re d’ Hibemia e’ hauea inteſo
Che’l marin Moſtro era ſui lito ſtefo.
[60]
E che nuotando vn cauallier era ito
A porgli I golavn’ Anchora assai graue
E che l’hauea coſi tirato al lito
Come ſi ſuol tirar cótr’ acqua naue:
Oberto per veder ſé riferito
Colui da chi l’ha iteſo il vero gli haue
Se ne vien quiui: e la ſua gente intanto
Arde e diſtrugge Hebuda in ogni cato.
[60]
Il Re d’ Hibemia achor ch ſolle Orlado
Di (angue tito e d’acqua molle e brutto
Brutto del ſangue che ſi traſſe, quando
Vſci de l’Orca in ch’era entrato tutto,
Pel conte l’andò pur raſſigurando:
Tanto piú che ne l’animo hauea indutto
Toſto che del valor ſenti la nuoua
Ch’altri ch’Orlado nò faria tal pruoua.
[61]
Lo conoſcea perch’era ſtato Infante
D’honore in Francia, e ſé n’era partito
Per pigliar la corona l’anno inante
Del padre ſuo ch’era di vita vſcito:
Tante volte veduto, e tante e tante
Glihauea parlato ch’era in inſinito:
Lo corte ad abbraciare, e a fargli feſta:
Trattafi la celata e’ hauea in teſta.
[63]
Non meno Orlando di veder contento
Si moſtro il Re, che’l Re di veder lui,
Poi che ſuro a iterar l’abbracciamento
Yna o due volte tornati amendui
Narro ad Oberto Orlado il tradimento
Che ſu fatto alla giouane, e da cui
Fatto le ſu dal perfido Bireno
Che via d’ognaltro lo douea far meno.
[64]
Le pruoue gli narro che tante volte
Ella d’amarlo dimoſtrato hauea:
Come i parenti e le fuſtantie tolte
Le ſuro, e al ſin per lui morir volea,
E ch’effo teſtimonio era di molte
E renderne buon conto ne potea,
Mentre parlaua i begliocchi ſereni
De la Donna di lagrime eran pieni.
[65]
Era il bel viſo ſuo quale eſſer ſuole
Da prima vera alcunavolta il cielo:
Qn la pioggia cade: e a vn tèpo il Sole
Si ſgombra intorno il nubiloſo velo:
E come il Roſignuol dolci carole
Mena ne i rami alhor del verde ſtelo:
Coſi alle belle lagrime le piume
Si bagna Amore e gode al chiaro lume.
[66]
E ne la face de begliocchi accende
L’aurato ſtrale, e nel ruſcello amorza
Che tra vermigli e bianchi fiori ſcende,
E temprato che l’ha tira di ſorza
Contra il garzon: che ne ſcudo difende
Ne maglia doppia ne ferigna ſcorza:
Clí metre ſta a mirar gliocchi e le chióe
Si ſente il cor ferito e non fa come.
[67]
Le bellezze d’Olympia eran di quelle,
Ch ſon piú rare, e no la ſróte ſola
Gliocchi, e le guade, e le chiome hauea
La bocca, il naſo, gli homeri, e la gola:
Ma diſcendendo giú da le mamelle
Le parti che ſolea coprir la ſtola:
Fur di tanta eſcellentia ch’anteporfe
A quáte n’ hauea il mondo potean ſorſè.
[68]
Vinceano di candor le nieui intatte,
Et eran piú ch’auorio a toccar molli:
Le poppe ritondette parean latte
Ch ſuor de i giuchi allhora allhora tolli
Spatio ſra lor tal diſcèdea: qual fatte
Eſſer veggian ſra piccolini colli
L’obroſe valli: I ſua ſtagione amene
Che’l verno habbia di nieue allhora piene
[69]
I rilettati ſianchi e le belle anche
E netto piú che ſpecchio il ventre piano
Pareano fatti: e qlle coſcie bianche
Da Phidia atomo, o da piú dotta mano:
Di quelle parti debboui dir anche
Che pur celare ella bramaua in vano?
Diro i ſomma ch’in lei dal capo al piede
Quant’ eſſer può beltá tutta ſi vede.
[70]
Se foſſe ſtata ne le valli Idee
Viſta dal paſtor Phrigio: io nò ſo quato
Vener ſé ben vincea quelle tre Dee
Portato haueſſe di bellezza il vato
Ne ſorſè ito faria ne le Amyclee
Contrade eſſo a violar l’hoſpitio ſanto:
Ma detto hauria co Menelao ti reſta
Helena pur ch’altra io nò vo che qſta.
[71]
E ſé foſſe coſtei ſtata a Crotone
Quando Zeuſi l’imagine far volſe
belle Che por douea nel tempio di Iunone:
E tante belle nude inſieme accolſe:
E che per vna farne in perfettione.
Da chi vna parte, e da chi vn’ altra tolſe
Non hauea da torre altra che coſtei
Che tutte le bellezze erano in lei.
[72]
Io non credo che mai Bireno nudo
Vedette quel bel corpo, ch’io ſon certo,
Che ſtato no faria mai coli crudo
Che l’haueſſe laſciata in quel deſerto
Ch’Oberto ſé n’accende io vi concludo
Tanto che’l fuoco non può ſtar coperto
Si ſtudia cofolarla e darle ſpeme.
Ch’uſcira i bene il mal c’hora la preme.
[73]
E le promette andar ſeco in Olanda:
Ne ſin che ne lo ſtato la rimetta
E e’ habbia fatto iuſta e memoranda
Di quel periuro e traditor vendetta:
No ceſſara con ciò che poſſa Irlanda:
E lo fará quanto potrá piú in fretta,
Cercare in tanto in qlle caſe e in queſte,
Facea di gonne e di feminee veſtc.
[74]
Biſogno non fará per trouar gonne
Ch’ acercar ſuor de l’Iſola ſi mende:
Ch’ogni di ſé n’hauea da quelle donne
Che de l’auido Moſtro eran viuande:
No ſé molto cercar che ritrouonne
Di varie ſoggie Oberto copia grande:
E ſé veſtir Olympia: e ben gl’increbbe,
Non la poter veſtir come vorrebbe.
[75]
Ma ne ſi bella ſeta o ſi fin’ oro
Mai Fiorettai induſtri teſſer fenno,
Ne chi ricama fece mai lauoro
Poſtoui tempo diligentia e ſenno,
Che poteſſe a coſtui parer decoro
Se lo feſſe Minerua o il Dio di Lenno
E degno di coprir ſi belle membre
Che ſorza e adhor adhor ſene rimébre.
[76]
Per piú riſpetti il Paladino molto
Si dimoſtro di queſto Amor contento:
Ch’oltre ch’I Re nò laſciarebbe aſciolto
Bireno andar di tanto tradimento:
Sarebbe anch’ elfo per tal mezo tolto
Di graue e di noioſo impedimento:
Quiui non per Olympia, ma venuto
Per dar ſé v’ era alla ſua Donna aiuto.
[77]
Ch’ella non v’era ſi chiari di corto
Ma giá non ſi chiari ſé v’era ſtata
Perche ogn’ huomo nel’Iſola era morto,
Ne vn ſol rimaſo di ſi gran brigata:
Il di ſeguente ſi partir del porto
E tutti inſieme andaro in vna armata
Con loro andò in Irlanda il Paladino
Che ſu per gire in FrAcia il ſuo camino.
[78]
A pena vn giorno ſi fermo in Irlanda
Nò valſer preghi a far che piú vi ſteffe
Amor che dietro alla ſua Dona il máda
Di fermaruiſi piú non gli concede:
Quindi ſi parte e prima raccomanda
( Olympia al Re che ſerui le promeſſe:
Benché non bifognaffi, che gli attenne
Molto piú che di far non ſi conuenne.
[79]
Coli ſra pochi di gente raccolſe:
E fatto lega col Re d’ Inghilterra,
E con l’altro di Scotia: gli ritolſe
Olanda: e in Friſa non gli laſcio terra:
Et a ribellione ancho gli volſe
La ſua Selandia, e non ſini la guerra
Che gli die morte, ne perho ſu tale
La pena, ch’ai delitto andaſſe eguale.
[80]
Olympia Oberto ſi piglio per moglie,
E di Conteſſa la ſé gran Regina:
Ma ritorniamo al Paladin che ſcioglie
Nel mar le vele, e notte e di camina:
Poi nel medeſmo porto le raccoglie
Donde pria le ſpiego ne la marina:
E fu’l ſuo Brigliadoro armato falſe
E laſcio dietro i venti e l’onde falſe.
[81]
Credo che’l reſto di quel verno coſe
Faceſſe degne di tenerne conto,
Ma fur fin’a quel tempo ſi naſcofe
Che non e colpa mia s’hor non le conto,
Perche Orlando a far l’opre virtuoſe
Piū ch a narrarle poi: ſempre era proto:
Ne mai ſu alcun de li ſuoi fatti eſpreffo,
Se no quādo hebbe i teſtimonii appſſo.
[82]
Paſſo il reſto del verno coſi cheto
Che di lui non ſi ſeppe coſa vera:
Ma poi che’l Sol nel’animai diſcreto,
Che porto Phrifo illumino la Sphera:
E Zephiro torno ſoaue e lieto
A rimenar la dolce primauera:
D’Orlando vſciron le mirabil pruoue
Co i vaghi fiori, e con l’herbette nuoue.
[83]
Di piano in monte e di campagna in lido
Pien di trauaglio e di dolor ne giā:
Qn all’entrar d’un boſco un lugo grido
Vn’alto duol l’orecchie gli feria:
Spinge il cauallo, e piglia il brado ſido
E dondeviene il ſuon ratto s’inuia
Ma diferiſco vn’altra volta a dire
Quel che ſegui ſé mi vorrete vdire.