Orlando furioso (sec. la stampa 1532)/Canto 12

Canto 12

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Canto 11 Canto 13

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CANTO DVODECIMO



[1]

C
Erere poi che da la madre idea

     Tornado i fretta alla ſolinga valle
     La doue calca la montagna Ethnea
     Al ſulminato Encelado le ſpalle:
     La ſiglia non trouo doue l’hauea
     Laſciata ſuor d’ogni ſegnato calle:
     Fatto e’ hebbe alle guade al petto a i crini
     E a gliocchi dano, al ſin ſuelſe duo pini.

[2]
E nel fuoco gli acceſe di Vulcano
     E die lor non potere eſſer mai ſpenti,
     E portandoli qſti vno per mano
     Sul carro che tirauan dui Serpenti
     Cerco le ſelue, i capi, il monte, il piano
     Le valli, i ſiumi, li ſtagni, i torrenti
     La terra, e’l mare, e poi ch tutto il modo
     Cerco di fopra, andò al tartareo fondo.

[3]
S’in poter foſſe ſtato Orlando pare
     All’Eleufina Dea come in diſio:
     Non hauria per Angelica cercare
     Laſciato, o ſelua, o capo, o ſtagno, o rio,
     O valle, o mòte, o piano, o terra, o mare:
     Il Cielo, e’l fondo del eterno oblio,
     Ma poi che’l carro e i draghi no hauea,
     La giā cercando al meglio che potea.

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[4]
l’ha cercata p Fracia hor s’ apparecchia
     Per Italia cercarla e per Lamagna
     Per la nuoua Cartiglia, e p la vecchia,
     E poi paſſare in Lybia il mar di Spagna
     Mentre penſa coſi (ente all’orecchia
     Vna voce venir che par che piagna,
     Si ſpinge inanzi e fopra vn gra deſtriero
     Trottar ſi vede inanzi vn caualliero.

[5]
Che porta í braccio, e ſu l’arcion datiate
     Per ſorza vna meſtiffima Donzella:
     Piange ella e ſi dibatte e fa ſembiante
     Di gran dolore, & in ſoccorſo appella,
     Il valoroſo principe d’Anglante,
     Che come mira alla giouane bella
     Gli par colei, per cui la notte e il giorno,
     Cercato Fracia hauea détro e d’intorno.

[6]
Non dico ch’ella foſſe: ma parea
     Angelica gètil ch’egli tant’ama:
     Egli che la ſua donna e la ſua dea
     Vede portar ſi addolorata e grama:
     Spinto da l’ira e da la ſuria rea
     Co voce horrèda il cauallier richiama:
     Richiama il caualliero e gli minaccia
     E Brigliadoro a tutta briglia caccia.

[7]
Non reſta quel fellon ne gli riſponde
     All’alta preda al gran guadagno intento
     E ſi ratto ne va per quelle ſronde
     Che faria tardo a ſeguitarlo il vento
     L’un ſugge e l’altro caccia, e le profonde
     Selue s’odon ſonar d’alto lamento,
     Corrèdo vſciro i u grá prato e qllo,
     Hauea nel mezzo u gráde e ricco hoſtello.

[8]
Di vari marmi con ſuttil lauoro
     Edificato era il palazzo altiero,
     Corſe dentro alla porta merla d’oro
     Co la Donzella in braccio il caualliero.
     Dopo non molto giunſe Brigliadoro
     Che porta Orlando diſdegnoſo e fiero:
     Orlando come e dentro gliocchi gira
     Ne piú il guerrier ne la Donzella mira.

[9]
Subito ſmonta e ſulminando parta
     Doue piú dentro il bel tetto s’alloggia
     Corre di qua, corre di la, ne laſſa
     Ch no vegga ogni camera ogni loggia,
     Poi che i ſegreti d’ogni ſtanza baſſa
     Ha cerco in van: ſu per le ſcale poggia:
     E no men pde ancho a cercar di fopra,
     Che perderti di ſotto il tempo e l’opra,

[10]
D’oro e di ſeta i letti ornati vede
     Nulla de muri appar ne de pareti:
     Che qlle e il ſuolo oue ſi mette il piede
     Som da cortine aſcoſe e da tapeti:
     Di ſu di giú va il Cote Orlando e riede,
     Ne p queſto può far gli occhi mai lieti,
     Che riueggiano Angelica o quel ladro,
     Che n’ ha portato il bel viſo leggiadro.

[11]
E mètre hor qnci hor qndi i vao il parto
     Mouea pien di trauaglio e di penſieri,
     Ferau, Brandimarte, e il Re Gradaſſo
     Re Sacripante, & altri cauallieri
     Vi ritrouo, ch’andauano alto e bado
     Ne men facean di lui vani ſentieri:
     E ſi ramaricauan del maluagio.
     Inuilibil Signor di quel palagio.

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[12]
Tutti cercando il vati tutti gli danno,
     Colpa di ſurto alcú che lor fatt’ habbia,
     Del dſtrier ch gli ha tolto altri e i affano
     C habbia pduta altri la dona arrabbia:
     Altri d’altro l’accuſa, e coſi ſtanno
     Che nò ſi fan partir di quella gabbia,
     E vi ſon molti a queſti inganno preſi
     Stati le fettimane intiere e i meli.

[13]
Orlando poi che quattro volte e fei
     Tutto cercato hebbe il palazzo ſtrano
     Diſſe ſra ſé: qui dimorar potrei
     Gittare il tèpo e la fatica in vano:
     E potria il ladro hauer tratta coſtei
     Da vn’ altra vſcita e molto eſſer lutano:
     Con tal penſiero vſci nel verde prato,
     Dal qual tutto il palazzo era aggirato.

[14]
Mentre circonda la caſa filueſtra
     Tenendo pur a terra il viſo chino:
     Per veder f ’ orma appare o da ma deſtra,
     O da finiſtra di nuouo camino:
     Si ſente richiamar da vna fineſtra
     E leua gliocchi, e quel parlar diuino
     Gli pare vdire, e par che miri il viſo
     Che P ha da quel che ſu tanto diuiſo.

[15]
Pargli Angelica vdir: che ſupplicando
     E piangendo gli dica aita aita
     La mia virginitá ti raccomando
     Piú che l’anima mia piú che la vita:
     Duqj in preſentia del mio caro Orlando
     Da queſto ladro mi fará rapita?
     Piú toſto di tua man dami la morte
     Che venir laſci a ſi inſelice ſorte.

[16]
Cjueſte parole vna & vn’ altra volta
     Fanno Orlando tornar per ogni ſtanza:
     Con paſſione, e con fatica molta,
     Ma temperata pur d’ alta ſperanza,
     Talhor ſi ferma & vna voce aſcolta,
     Che di quella d’Angelica ha ſembiaza:
     E s’ egli e da vna parte ſuona altronde,
     Che chieggia aiuto, e nò fa trouar dode.

[17]
Ma Tornado a Ruggier ch’io laſciai: qn
     Diſſi che per ſentiero ombroſo e ſoſco
     Il Gigante e la Donna ſeguitando
     In vn gra prato vſcito era del boſco:
     Io dico ch’arduo qui doue Orlando
     Dianzi arriuo (fe’l loco riconoſco)
     Dentro la porta il gran Gigate paſſa
     Ruggier glie appſſo e di ſeguir no laſſa

[18]
Toſto che pon détro alla ſoglia il piede
     Per la gran corte, e per le loggie mira:
     Ne piú il Gigante, ne la Donna vede:
     E gliocchi Idarno hor qnci hor qndi aggira
     Di ſu di giú va molte volte e riede
     Ne gli ſuccede mai quel che deſira:
     Ne ſi fa imaginar doue ſi toſto,
     Con la Donna il fellon ſi ſia nafeoſto.

[19]
Poi che reuiſto ha quattro volte e cinqj
     Di ſu di giú camere e loggie e ſale,
     Pur di nuouo ritorna: e non relinque,
     Che non ne cerchi ſin ſotto le ſcale,
     Con ſpeme al ſin che ſian ne le propine^
     Selue, ſi parte, ma vna voce, quale
     Richiamo Orládo, lui chiamo nò maco:
     E nel palazzo il ſé ritornar’ ancho.

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[20]
Vna voce medeſma vna perſona
     Che paruta era Angelica ad Orlando,
     Parue a Ruggier la dona di Dordona
     Che lo tenea di ſé medeſmo in bando
     Se con Gradaſſo o con alcun ragiona
     Di qi ch’andaua nel palazzo errando
     A tutti par che quella coſa ſia
     Che piú ciaſcun per ſé brama e deſia.

[21]
Queſto eravn nuouo e diſuſato incanto
     C’hauea compoſto Atlante di Carena:
     Perche Ruggier foſſe occupato tanto
     In quel trauaglio, in quella dolce pena,
     Che’l mal’influffo n’andaffe da canto
     l’influſſo ch’a morir giouene il mena,
     Dopo il cartel d’acciar che nulla gioua
     E dopo Alcina, Atlate achor fa pruoua.

[22]
Non pur cortili, ma tutti glialtri anchora
     Ch di valore í Fracia ha maggior fama:
     Accio che di lor ma Ruggier no mora:
     Codurre Atlate in queſto incanto trama
     E mentre fa lor far quiui dimora:
     Perche di cibo non patiſchin brama:
     Si ben ſornito hauea tutto il palagio,
     Che donne e caualliervi ſtanno adagio.

[23]
Ma torniamo ad Angelica che ſeco
     Hauendo quell’annel mirabil tanto
     Ch’in bocca aveder lei fa l’occhio cieco
     Nel dito l’aſſi cura dal’incanto:
     E ritrouato nel lontano ſpeco
     Cibo hauendo, e caualla, e verte, e quáto
     Le ſu biſogno, hauea fatto diſegno
     Hi ritornare in India al Aio bel regno.

[24]
Orlando volentieri o Sacripante
     Voluto haurebbe i còpagnia: no ch’ella
     Piú caro haueſſe l’un, che l’altro amate,
     Anzi di par ſu a lor diſii ribella,
     Ma douendo per girſene in Leuante
     Paſſar tante citta, tante cartella:
     Di còpagnia biſogno hauea e di guida.
     Ne potea hauer con altri la piú ſida.

[25]
Hor l’uno hor l’altro ado molto cercado
     Prima ch’inditio ne trouaſſe o ſpia,
     On in cittade, e quado í ville, e quado
     In alti boſchi, e quando in altra via:
     Fortuna al ſin la doue il conte Orlando,
     Fcrrau e Sacripante era, la inuia
     Con Ruggier co Gradaſſo, & altri molti
     Ch v’ hauea Athlate i ſtráo itrico auolti.

[26]
Quiui entra ch veder nò la può il Mago
     E cerca il tutto, aſcoſa dal ſuo annello,
     E truoua Orlando e Sacripante vago
     Di lei cercare i van per quello hoſtello,
     Vede cóme ſingendo la ſua imago
     Athlante vſa gra ſraude a qſto, e a qllo,
     Chi tor debba di lor molto riuolue
     Nel ſuo penſier, ne ben ſé ne riſolue.

[27]
Non fa rtimar chi ſia per lei migliore
     Il cote Orlando, o il Re de i ſier CircalTi
     Orlando la potrá con piú valore
     Meglio ſaluar ne i periglioſi paſſi,
     Ma ſé ſua guida il fa, fe’l fa ſignore
     Ch’ella non vede come poi l’abballi
     Qualunque volta di lui fatia, farlo
     Voglia minore, o in Fracia rimandarlo.

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[28]
Ma il Circaſſo depor quando le piaccia
     Potrá, ſé ben l’haueſſe porto in cielo:
     Queſta ſola cagió vuol ch’ella il faccia
     Sua ſcorta, e moſtri hauergli fede e zelo
     l’annel traſſe di bocca, e di ſua faccia
     Leuo da Gliocchi a Sacripante il velo,
     Credette a lui ſol dimoſtrarfi, e auenne
     Ch’Orlando e Ferrau le foprauenne.

[29]
Le foprauenne Ferrau & Orlando,
     Che l’uno e l’altro parimente giua
     Di ſu di giú, dentro, e di ſuor cercando
     Del gran palazzo, lei ch’era lor diua,
     Corſer di par tutti alla Dona, quando
     Neſſuno incantamento gli impediua:
     Perche l’annel ch’ella ſi poſe in mano
     Fece d’Atlante ogni diſegno vano.

[30]
l’uſbergo idoſſo haueáo, e V elmo í teſta
     Dui di queſti guerrier de iquali io cáto,
     Ne notte o di, dopo ch’entraro in qſta
     Stanza, l’haueano mai meſſi da canto,
     Che facile a portar come la veſta
     Era lor, perche in vſo V hauean tanto:
     Ferrau il terzo era acho armato, eccetto
     Che no hauea, ne volea hauere elmetto.

[31]
Fin che quel non hauea, che’l Paladino
     Tolſe Orládo al ſratel del Re Troiano:
     Ch’allhora lo giuro che l’elmo ſino
     Cerco de l’Argalia nel fiume in vano,
     E ſé ben quiui Orlando hebbe vicino
     Ne perho Ferrau poſe in lui mano,
     Auenne che conofeerfi tra loro
     Non ſi poter mentre la dentro ſoro.

[32]
Era coſi incantato quello albergo
     Ch’infieme riconoſcer non poteanſi,
     Ne notte mai ne di, ſpada ne vſbergo
     Ne ſcudo pur dal braccio rimoueanſi,
     I lor caualli con la fella al tergo
     Pendédo i morſi da l’arcion, paſceanſi
     In vna ſtanza, che preſſo all’uſcita
     D’orzo, e di paglia ſempre era ſornita.

[33]
Atlante riparar non fa: ne puote
     Ch’in fella non rimontino i guerrieri:
     Per correr dietro alle vermiglie gote
     All’auree chiome, & a begli occhi neri
     De la donzella, ch’in ſuga percuote
     La ſua iumenta, perche volentieri,
     Non vede li tre amanti in compagnia,
     Che ſorſè tolti vn dopo l’altro hauria.

[34]
E poi che dilungati dal palagio
     Gli hebbe ſi, che temer piú non douea
     Che contra lor l’incantator maluagio
     Poteſſe oprar la ſua fallacia rea:
     l’annel che le ſchiuo piú d’un diſagio
     Tra le roſate labra ſi chiudea:
     Donde lor ſparue ſubito da gliocchi,
     E gli laſcio come infenfati e ſciocchi.

[35]
Come che foſſe il ſuo primier diſegno
     Di voler ſeco Orlando o Sacripante:
     Ch’a ritornar l’haueffero nel regno
     Di Galaphron ne l’ultimo Leuante:
     Le vennero amendua ſubito a ſdegno,
     E ſi muto di voglia in vno inſtante:
     E ſenza piú obligarſi o a qſto, o a quello
     Penſo baſtar per amedua il ſuo annello.

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[36]
Volgo pel boſco hor qnci, hor qndi í fretta
     Quelli ſcherniti la ſtupida faccia
     Come il cane tal’hor ſé gli e intercetta
     O Lepre o Volpe, a cui daua la caccia,
     Che d’improuifo in qualche tana ſtretta
     O í ſolta macchia, o in vn ſoſſo ſi caccia,
     Di lor ſi ride Angelica protenia,
     Che no e viſta, e i lor progredí oſſerua.

[37]
Per mezo il boſco appar ſol vna ſtrada:
     Credono i cauallier che la donzella
     Inanzi alor per quella ſé ne vada:
     Che no ſé ne può andar ſé non per qlla,
     Orlando corre e Ferrau non bada
     Ne Sacripante men ſprona e puntella:
     Angelica la briglia piú ritiene,
     E dietro lor con minor fretta viene.

[38]
Giunti che fur correndo, oue i ſentieri
     A perder ſi veniali ne la foreſta:
     E cominciar per l’herba i cauallieri
     A riguardar ſé vi trouauan peſta:
     Ferrau che potea ſra quanti altieri
     Mai foſſer, gir con la corona in teſta:
     Si volſe con mal viſo a glialtri dui,
     E grido lor doue venite vui ?

[39]
Tornate a dietro, o pigliate altra via
     Se non volete rimaner qui morti:
     Ne in amar, ne in ſeguir la donna mia
     Si creda alcun che còpagnia comporti:
     Diſſe Orlando al Circaſſo che potria
     Piú dir coſtui? s’ambi ci haueſſe ſcorti
     Per le piú vili, e timide puttane
     Che da conocchie mai traheffer lane?

[40]
Poi volto a Ferrau diſſe, huom beſtiale
     S’ io non guardaſſi che ſenza elmo fei
     Di ql e’ hai detto, s’hai bè detto o male
     Senz’ altra indugia accorger ti farei:
     Diſſe il Spagnuol, di ql ch’ame non cale
     Perche pigliarne tu cura ti dei ?
     Io ſol cetra ambidui per far ſon buono
     Quel ch detto ho, ſenza elmo eoe ſono.

[41]
Deh (diſſe Orlando al Re di Circaſia)
     In mio ſeruigio a coſtui l’elmo preſta
     Tanto ch’io gli habbia tratta la pazzia
     Ch’altra non vidi mai ſimile a queſta,
     Riſpoſe il Re, chi piú pazzo faria ?
     Ma ſé ti par pur la domanda honeſta
     Preſtagli il tuo, ch’io non faro men atto,
     Che tu ſia ſorſè, a caſtigare vn matto,

[42]
Suggiunſe Ferrau ſciocchi voi, quali
     Che ſé mi foſſe il portar elmo aggrado
     Voi ſenza non ne foſſe giá rimaſi,
     CI) tolti i voſtri haurei voſtro mal grado
     Ma per narrami in parte li miei cali
     Per voto coſi ſenza me ne vado:
     Et andero ſin ch’io non ho quel ſino,
     Che porta in capo Orlando paladino.

[43]
Dunque riſpoſe ſorridendo il Conte
     Ti penſi a capo nudo eſſer baſtante
     Far ad Orlado, ql che in Aſpramonte
     Egli giá fece al figlio d’Agolante?
     Anzi credo io ſé tei vedeſſi a ſronte
     Ne tremereſti dal capo alle piante,
     Non che voleſſi l’elmo, ma dareſti
     L’altre arme a lui di patto che tu veſti.

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[44]
Il vantator Spagnuol diſſe, gia-molte
     Fiate, e molte: ho coſi Orlando affretto
     Che facilmente l’arme gli haurei tolte
     Quate indoſſo n’ hauea, no ch l’elmetto:
     E s’io noi feci, occorrono alle volte
     Pèſier, che prima no s’ haueano in petto:
     Nò n’hebbi, giá ſu, voglia, hor l’haggio e
     Ch mi potrá ſucceder di leggiero

[45]
Non potè hauer piú patiétia Orlando
     E grido mentitor brutto Marrano
     In che paeſe ti trouaſti ? e quando ?
     A poter piú di me co l’arme in mano?
     Quel paladin, di che ti vai vantando
     Son’io, che ti penſaui eſſer lontano:
     Hor vedi ſé tu puoi l’elmo leuarme
     O s’io ſon buò p torre a te l’altre arme.

[46]
Ne da te voglio vn minimo vantaggio,
     Coſi dicendo l’elmo ſi diſciolſe ,
     E lo fuſpeſe a vn ramuſcel di faggio:
     E quaſi a vn tempo Durindana tolſe,
     Ferrau non perde di ciò il coraggio:
     Traſſe la ſpada e in atto ſi raccolſe,
     Onde con eſſa e col leuato ſcudo
     Poteſſe ricoprirfi il capo nudo.

[47]
Coſi li duo guerrieri incominciaro
     Lor caualli aggirando, a volteggiarſi:
     E doue l’arme ſi giungeano, e raro
     Era piú il ferro, col ferro a tentarli,
     Non era in tutto’l mondo vn’ altro paro
     Ch piú di queſto haueſſi ad accopiarſi:
     Pari eran di vigor, pari d’ardire
     Ne l’un ne l’altro ſi potea ferire.

[48]
C’habbiate Signor mio giá iteſo eſtimo
     Che Ferrau per tutto era fatato,
     Fuor che la doue l’alimento primo
     Piglia il babin nel ventre achor ferrato,
     E ſin che del ſepolchro il tetro limo
     La faccia gli copſe: il luogo armato
     ſpo Vſo portar, doue era il dubbio ſempre
     Di fette piaſtre fatte a buone tempre.

[49]
Era vgualmente il principe d’ Anglante
     Tutto fatato ſuor che in vna parte:
     Ferito eſſer potea ſotto le piante:
     Ma le guardo con ogni ſtudio & arte:
     Duro era il reſto lor piú che diamante
     (Se la fama dal ver non ſi diparte)
     E l’uno e l’altro andò piú per ornato
     Ch per biſogno alle ſue impreſe armato.

[50]
S’ incrudeliſce e inaſpra la battaglia
     D’horrore in viſta, e di ſpauento piena:
     Ferrau quando punge, e quando taglia
     Ne mena botta che non vada piena,
     Ogni colpo d’ Orlado, o piaſtra, o maglia
     e ſchioda, erópe, & apre, e aſtraccio mèa
     Angelica inuiſibil lor pon mente
     Sola a tanto ſpettacolo preſente.

[51]
In tanto il Re di Circaſſia, ſtimando
     Che poco inanzi Angelica correſſe:
     Poi ch’attaccati Ferrau & Orlando
     Vide reſtar, per quella via ſi meſſe
     Che ſi credea, che la donzella, quando
     Da lor diſparue, ſeguitata haueſſe:
     Si che a quella battaglia, la ſigliuola
     Di Galafron, ſu teſtimonia ſola.

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[52]
Poi che horribil come era e ſpauètofa,
     L’hebbe da parte ella mirata alquanto:
     E che le panie assai pericoloſa
     Coſi da l’un come da l’altro canto,
     Di veder nouita voluntaroſa
     Diſegno l’elmo tor, per mirar quanto
     Fariano i duo guerrier, viſtofel tolto
     Ben con penſier di non tenerlo molto.

[53]
Ha ben di darlo al Conte intentione,
     Ma ſé ne vuole in prima pigliar gioco:
     l’elmo diſpicca, e in grembio ſé lo pone
     E ſta a mirare i cauallieri vn poco:
     Dipoi ſi parte, e non fa lor ſermone:
     E lontana era vn pezo da quel loco
     Prima ch’alai di lor v’ haueſſe mente,
     Si l’uno e l’altro era nel’ira ardente.

[54]
Ma Ferrati che prima v’ hebbe gliocchi
     Si diſpicco da Orlando, e diſſe a lui
     Deh eoe n’ha damale accorti e ſciocchi
     Trattati il cauallier ch’era con nui:
     Che premio ſi a ch’ai vincitor piú tocchi
     Sc’l bel’elmo inuolato n’ha coſtui?
     Riti affiOrlando, e gliocchi al ramo gira
     Non vede l’elmo, e tutto auampa d’ira.

[55]
E nel parer di Ferrau concorſe
     Che’l cauallier che dianzi era con loro
     Se lo portaſſe, onde la briglia torſe
     E ſé ſentir gli ſproni a Brigliadoro:
     Ferrati che del campo il vide torſe
     Gli venne dietro, e poi che giunti ſoro
     Doue nel’herba appar l’orma nouella,
     C hauea fatto il Circaſſo, e la donzella.

[56]
l’refe la ſtrada alla finiſtra il Conte
     Yerſo vna valle, oue il Circaſſo era ito:
     Si tenne Ferrau piú preſſo al monte,
     Doue il ſentiero Angelica hauea trito,
     Angelica in quel mezo ad vna ſonte
     Giunta era, ombroſa e di giocondo ſito,
     Ch’ognQ ch paſſa alle freſchc ombre ittita
     Ne ſenza ber mai laſcia far partita.

[57]
Angelica ſi ferma alle chiare onde
     Non penſando ch’alcun le foprauegna
     E per lo ſacro annel che la naſconde
     Non può temer che caſo rio le auegna:
     A prima giunta in ſu l’herboſe ſponde
     Del riuo l’elmo, a vn ramuſcel cóſegna:
     Poi cerca oue nel boſco e miglior ſraſca
     La iumenta legar, pche ſi pafea.

[58]
Il cauallier di Spagna, che venuto
     Era per l’orme, alla ſontana giunge,
     Non l’ha ſi toſto Angelica veduto
     Che gli diſpare, e la caualla punge:
     L’elmo che fopra l’nerba era caduto,
     Ritor non può, che troppo reſta lunge,
     Come il Pagan d’Angelica s’accorfe
     Toſto ver lei pien di letitia corſe.

[59]
Gli ſparue (come io dico) ella dauante
     Come fantaſma al dipartir del ſonno:
     Cercando egli la va per quelle piante
     Ne i miſeri occhi piu veder la ponno,
     Beſtemiando Machone e Triuigante,
     E di ſua legge ogni maeſtro e donno
     Ritorno Ferrau verſo la Fonte
     V ne l’herba giacea l’elmo del Conte.

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[60]
Lo riconobbe toſto che mirollo
     Per lettere e’ hauea ſcritte ne I* orlo
     Che dicean, doue Orlando guadagnollo
     E come, e quando, & a chi ſé deporlo
     Armoſſene il Pagano il capo, e il collo,
     Che no laſcio pel duol, e’ hauea di torlo
     Pel duol e’ hauea di qlla che gli ſparue
     Come ſparir ſoglion notturne larue.

[61]
Poi ch’allacciato s’ ha il buo elmo I teſta
     Auifo glie che a contentarli a pieno
     Sol ritrouare Angelica gli reſta
     Che gli appar’ e diſpar come baleno,
     Per lei tutta cerco l’alta foreſta.
     E poi ch’ogni ſperanza venne meno
     Di piú poterne ritrouar veſtigi,
     Torno al campo ſpagnuol verſo Parigi.

[62]
Teperado il dolor ch gli ardea il petto:
     Di non hauer ſi gran diſir sfogato,
     Col refrigerio di portar l’elmetto
     Che ſu d’Orládo, come hauea giurato,
     Dal Conte, poi che’l certo gli ſu detto
     Fu lungamente Ferrau cercato
     Ne ſin quel di dal capo gli lo ſciolſe
     Che ſra duo ponti la vita gli tolſe.

[63]
Angelica inuiſibile e ſoletta
     Via ſene va, ma con turbata ſronte,
     Che de l’elmo le duol, che troppa fretta
     Le hauea fatto laſciar preſſo alla ſronte,
     Per voler far quel ch’a me far no ſpetta
     (Tra ſé dicea) leuato ho l’elmo al Còte:
     Queſto pel primo merito, e assai buono
     Di quanto a lui pur vbligata ſono.

[64]
Con buona intentione (e fallo Idio)
     (Ben che diuerſo e triſto effetto ſegua)
     Io leuai l’elmo, e ſolo il penſier mio
     Fu di ridur quella battaglia a triegua,
     E non che per mio mezo il ſuo diſio
     Queſto brutto Spagnuol’hoggi 9fegua:
     Coſi di ſé s’andaua lamentando
     D’ hauer de l’elmo ſuo prillato Orlado,

[65]
Sdegnata e mal contenta, la via preſe
     Che le parea miglior verſo Oriente,
     Piú volte aſcoſa andò, talhor paleſe
     Secondo era oportuno inſra la gente,
     Dopo molto veder molto paeſe
     Giunſe in vn boſco, doue iniquamente
     Fra duo compagni morti, vn giouinetto
     Trouo, ch’era ferito in mezo il petto.

[66]
Ma non diro d’ Angelica hor piú inante,
     Che molte coſe ho da narrarui prima,
     Ne ſono a Ferrau ne a Sacripante
     Sin’ a gran pezzo per donar piú rima,
     Da lor mi leua il Principe d’ Anglante
     Ch di ſé vuol ch inazi a glialtri eſprima
     Le fatiche, e gli affanni che ſoſtenne
     Nel gran diſio di che a ſin mai no vene.

[67]
Alla prima citta ch’egli ritruoua
     (Perche d’ andare occulto hauea gra cura)
     Si pone í capo vna barbuta nuoua
     Senza mirar s’ha debil tempra, o dura,
     Sia qua! ſi vuol, poco gli nuoce o gioua
     Si ne la fatagion ſi raſſicura
     Coſi coperto ſeguita l’inchieſta,
     Ne notte, o giorno, o pioggia, o Sol l’arreſta.

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[68]
Era ne l’hora che trahea i caualli
     Phebo del mar con rugiadoſo pelo,
     E l’Aurora di fior vermigli e gialli
     Venia ſpargèdo d’ ognintorno il cielo:
     E laſciato le ſtelle haueano i balli
     E per partirli poſtofi giá il velo:
     Quado appſſo a Parigi vn di pattando
     Moſtro di ſua virtú gran ſegno Orlado.

[69]
In dua ſquadre incòtroſſi, e Manilardo
     Ne reggea l’una il Saracin canuto,
     Re di Noritia giá fiero e gagliardo
     Hor miglior di conſiglio che d’aiuto:
     Guidaua l’altra ſotto il ſuo ſtendardo
     Il Re di Tremiſen ch’era tenuto
     Tra gli Africani cauallier perfetto,
     Alzirdo ſu (da chil conobbe) detto.

[70]
Queſti con l’altro eſercito pagano
     Quella íuernata hauea fatto ſoggiorno
     Chi preſſo alla citta, chi piú lontano
     Tutti alle ville, o alle cartella intorno:
     C’hauédo ſpefo il Re Agramáte i vano
     (Per eſpugnar Parigi) piú d’ un giorno:
     Volſe tentar l’affedio ſinalmente
     Poi che pigliar no lo potea altrimente.

[71]
E per far queſto, hauea gente inſinita
     Che oltre a qlla che con lui giunt’era
     E quella che di Spagna hauea ſeguita
     Del Re Marſilio la real bandiera:
     Molta di Francia n’ hauea al ſoldo vnita
     Che da Parigi inſino alla riuiera
     D’Arli, co parte di Guaſcogna (eccetto
     Alcune rocche) hauea tutto ſuggetto.

[72]
Hor cominciando i trepidi ruſcelli
     A ſciorre il ſreddo giaccio I tiepide ode
     E i prati di nuoue herbe, e gli arbuſcelli
     A riueſtirfi di tenera ſronde,
     Raguno il Re Agramante tutti quelli
     Che ſeguian le ſortune ſue feconde:
     Per fard raſſegnar l’armata torma
     Indi alle coſe ſue dar miglior ſorma.
[73]
A queſto effetto il Re di Tremifenne
     Con quel de la Noritia ne venia,
     Per la giungere a tempo, oue ſi tenne
     Poi conto d’ ogni ſquadra o buona o ria,
     Orlando a caſo ad incontrar ſi venne
     (Come io v’ ho detto) i qſta còpagnia:
     Cercando pur colei come egli era vſo
     Che nel career d’Amor lo tenea chiuſo.

[74]
Come Alzirdo appreſſarvide quel Cote
     Che di valor non hauea pari al mondo,
     In tal ſembiante, in ſi ſuperba ſronte:
     Che’l Dio de l’arme a lui parea fecódo,
     Reſto ſtupito alle fattezze conte
     Al fiero ſguardo, al viſo ſuribondo,
     E lo ſtimo guerrier d’ alta prodezza
     Ma hebbe del prouar troppa vaghezza.

[75]
Era giouane Alzirdo, & arrogante
     Per molta ſorza, e per gra cor pregiato:
     Per gioſtrar ſpinfe il ſuo cauallo inante,
     Meglio per lui ſé foſſe in ſchiera ſlato:
     Che ne lo ſcontro, il principe d’Anglate
     Lo ſé cader, per mezo il cor paſſato:
     Giua in ſuga il deſtrier di timor pieno,
     Che ſu non v’ era chi reggerle il ſreno.

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[76]
Leuaſi vn grido ſubito & horrendo
     Che d’ ogn’ intorno n’ha l’aria ripiena,
     Come ſi vede il giouene cadendo
     Spicciar il ſangue di ſi larga vena,
     La turba verſo il Conte vien ſremendo
     Diſordinata, e tagli, e punte mena
     Ma quella e piú: che con pennuti dardi
     Tèpeſta il fior de i cauallier gagliardi.

[77]
Con qual rumor la ſetoloſa ſrotta
     Correr da monti ſuole, o da campagne,
     Se’l Lupo vſcito di naſcofa grotta
     O POrfo ſcefo alle minor montagne
     Vn tener porco preſo habbia tal’hotta:
     Che co grugnito e gran ſtridor ſi lagne:
     Con tal, lo ſtuol barbarico era moſſo,
     Verſo il Conte, gridando adoſſo adoſſo.

[78]
Lance ſaette e ſpade hebbe l’ufbergo
     A vn tépo mille, e lo ſcudo altretante
     Chi gli percuote con la mazza il tergo
     Chi minaccia da lato, e chi dauante:
     Ma ql ch’ai timor mai no diede albergo
     Eſtima la vii turba, e l’arme tante,
     Quel che détro alla madra, alPaer cupo
     11 numer de l’agnelle ertimi il Lupo.

[79]
Nuda hauea in man qlla ſulminea ſpada
     Che porti ha tanti ſaracini a morte,
     Duncg chi vuol di quanta turba cada
     Tenere il conto, ha impreſa dura e ſorte,
     Roſſa di ſangue giá correa la ſtrada
     Capace a pena a tante genti morte,
     Perche ne targa ne capei difende
     La fatai Durindana, oue diſcende.

[80]
Ne verta piena di cotone, o tele
     Che circondino il capo in mille volti:
     Non pur per l’aria, gemiti, e querele
     Ma volan braccia e ſpalle, e capi ſciolti:
     Pel campo errando va morte crudele
     In molti varii, e tutti horibil volti:
     E tra ſé dice in man d’Orlando vaici
     Durindana per cento de mie falci.

[81]
Vna percoſſa, a pena l’altra aſpetta
     Be torto cominciar tutti a ſuggire:
     E quando prima ne veniano in fretta
     Perch’era ſol, credeanſelo inghiottire:
     Non e chi per leuarſi de la ſtretta
     l’amico aſpetti e cerchi inſieme gire,
     Chi ſugge a piedi i qua, chi cola ſprona
     Neſſun domanda ſé la ſtrada e buona.

[82]
Virtude andaua intorno con lo ſpeglio
     Che fa veder ne l’anima ogni ruga:
     Neſſun vi ſi miro, ſé non vn veglio
     A cui il ſangue l’etá non l’ardir ſciuga:
     Vide coſtui, quanto il morir ſia meglio
     Che con ſuo dishonor metterli in ſuga,
     Dico il Re di Noritia, onde la lancia
     Arreſto contra il Paladin di Francia.

[83]
E la roppe alla penna de lo ſcudo
     Del fiero Conte, che nulla ſi moſſe:
     Egli e’ hauea alla porta il brado nudo
     Re Manilardo al trapaſſar percoſſe:
     Fortuna l’aiuto che’l ferro crudo
     In man d’Orlando al venir giú voltoſſe:
     Tirare i colpi a ſilo ogn’ hor non lece,
     Ma pur di fella ſtramazzar lo fece.

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CA N TO lí VO P E C/M O

[84]
Stordito de l’arcion quel Re ſtramazza
     Non ſi riuolge Orlando a riuederlo:
     Che glialtrí taglia, tróca, fende, amazza,
     A tutti pare in ſu le ſpalle hauerlo:
     Come per l’aria oue ha ſi larga piazza
     Fuggon li ſtorni da l’audace Smerlo,
     Coſi di quella ſquadra hormai disfatta
     Altri cade, altri ſugge, altri s’appiatta.

[85]
Non ceffo pria la ſanguinoſa ſpada
     Che ſu di viua gente il campo voto:
     Orlando e in dubbio a ripigliar la ſtrada
     Ben che gli ſia tutto il paeſe noto,
     O da man deſtra, o da finiſtra vada,
     Il pender da l’andar ſempre e remoto,
     D’Angelica cercar ſuor ch’oue ſia
     Sempre e in timore, e far contraria via.

[86]
II ſuo camin (di lei chiedendo ſpeffo)
     Hor per li campi hor per le ſelue tenne:
     E (ſi come era vſcito di ſé ſteffo)
     Vſci di ſtrada, e a pie d’un monte véne:
     Doue la notte, ſuor d’un ſaſſo feſſo
     Lòtan vide vii ſplendor batter le penne:
     Orlando al ſaſſo per veder s’accoſta,
     Se quiui foſſe Angelica repoſta.

[87]
Come nel boſco del’humil Ginepre
     O ne la ſtoppia alla campagna aperta:
     Quando ſi cerca la pauroſa Lepre
     Per trauerſati ſolcili e per via incerta:
     Si va ad ogni ceſpuglio, ad ogni vepre
     Se per ventura vi foſſe coperta:
     Coſi cercaua Orlando con gran pena
     La donna tua, doue ſperanza il mena.

[88]
Verſo ql raggio andando infretta il cote
     Giunſe oue ne la ſelua ſi diffonde
     Dal’anguſto ſpiraglio di quel monte
     Ch’una capace grotta in ſé naſconde,
     E truoua inanzi, ne la prima ſronte
     Spine, e virgulti come mura e ſponde
     Per celar quei che ne la grotta (tanno
     Da chi far lor cercaſſe oltraggio e dáno.

[89]
Di giorno ritrouata non farebbe,
     Ma la facea di notte il lume aperta:
     Orlando penſa ben quel ch’effer debbe
     Pur vuol ſaper la coſa ancho piú certa,
     Poi che legato ſuor Brigliadoro hebbe
     Tacito viene alla grotta coperta:
     E ſra li ſpeſſi rami ne la buca
     Entra ſenza chiamar chi l’introduca.

[90]
Sri tuie la tomba molti gradi al baffo
     Doue la viua gente ſta ſepolta,
     Era non poco ſpatiofo il ſaſſo
     Tagliato a punte di ſcarpelli inuolta,
     Ne di luce diurna in tutto caffo,
     Ben che l’entrata non ne daua molta,
     Ma ve ne venia assai da vna fineſtra,
     Che ſporgea in vn ptugio da ma deſtra.

[91]
In mezo la ſpelòca appretto a vn fuoco
     Ii.i vna donna di giocondo viſo:
     Quindici anni pattar douea di poco
     Oliato ſu al Còte al prío ſguardo auiſo:
     Et era bella ſi, che facea il loco
     Saluatico parere vn Paradiſo:
     Ben e’ hauea gliocchi di lachryme pregni
     Del cor dolente manifeſti ſegni.

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[92]
V’era vna vecchia e facean gran conteſe
     Come vſo feminil ſpeffo eſſer ſuole
     Ma come il Conte ne la grotta ſcefe,
     Finiron le diſpute e le parole,
     Orlando a ſalutarle ſu corteſe
     (Cóme con dòne ſempre eſſer ſi vuole)
     Et elle ſi leuaro immantinente
     E lui riſalutar benignamente.

[93]
Glie ver ch ſi ſmarriro in faccia alquāto
     Come improuiſo vdiron quella voce,
     E inſieme entrare armato tutto quanto
     Vider la dentro vn huom tanto feroce:
     Orlando domando qual foſſe tanto
     Scorteſe ingiuſto barbaro & atroce
     Che ne la grotta teneſſe ſepolto
     Vn ſi gentile & amoroſo volto.

[94]
La vergine a fatica gli riſpofe
     Interrotta da ſeruidi ſigniozzi,
     Che da i Coralli e da le pretioſe
     Perle vſcir fanno i dolci accenti mozzi,
     Le lachryme ſcendean tra gigli e roſe
     La doue auien ch’alcuna ſé n’inghiozzi
     Piacciaui vdir nel’altro canto il reſto
     Signor, che tepo e homai di ſinir qſto.