Memorie storiche della città e del territorio di Trento/Parte seconda/Capo XVI

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CAPO XVI.
Memorie Storiche dall’anno 1659
fino all’anno 1725.

Dopo la morte di Carlo Emanuele venne eletto dal Capitolo li 7 Febbraio 1659 il Serenissimo Sigismondo Francesco Arciduca d’Austria, che aveva abbracciato lo stato ecclesiastico, ed era Canonico e Preposito della Cattedrale di Trento, ed era pure stato eletto Vescovo d’Augusta e di Gurch. Egli era figlio [p. 151 modifica]dell’Arciduca Leopoldo Conte del Tirolo, e della Serenissima Claudia de’ Medici, nato in Innsbruck li 28 Novembre 1630. Egli non potè ottenere la conferma pontificia della sua elezione, ma ottenne però dall’Imperatore Leopoldo suo cugino la solenne investitura delle Regalie, ed il temporale dominio del Principato di Trento, e ne prese il possesso li 14 Settembre 1660 col mezzo de’ suoi procuratori. Avvenuta poi improvvisamente li 30 Dicembre 1662 la morte in Caldaro dell’Arciduca Ferdinando suo maggior fratello, egli abbandonò le dignità ecclesiastiche, alle quali era stato eletto, e li 28 Maggio 1665 rinunziò solennemente quella di Trento. Egli si congiunse poi in matrimonio con una Principessa figlia del Conte Palatino del Reno; ma ai 25 di Giugno 1665 egli morì inaspettatamente nella più verde età in Innsbruck, dando un nuovo esempio della caducità ed incertezza della vita umana.

Dopo tali avvenimenti dovendo il Capitolo di Trento passare all’elezione d’un nuovo Vescovo Principe, egli elesse a tale dignità con unanimi voti o a meglio dir postulò solennemente Ernesto Adalberto de’ Conti di Harrach Arcivescovo di Praga e Cardinale, il quale era pure Canonico della Cattedrale di Trento. L’atto di questa postulazione seguì li 31 Luglio 1665, che confermata fu dal Sommo Pontefice gli 11 Novembre dello stesso anno 1665. Egli ottenne la consueta imperial [p. 152 modifica]investitura delle Regalie li 18 Dicembre, e prese il possesso della nuova sua dignità col mezzo di Lidvino Piccolomini Preposito della Cattedrale di Trento suo procuratore li 9 Luglio 1666. Il dì 7 Settembre dello stesso anno egli fece il suo solenne ingresso in Trento sotto un arco trionfale erettogli dalla città alla porta di S. Martino ornato di statue, di emblemi, e d’iscrizioni, che prolissamente descrive il Mariano pag, 405 e segg. Nello stesso tempo seguì l’arrivo in Trento dell’Infanta Margherita figlia del Re di Spagna Filippo IV. destinata sposa dell’Imperator Leopoldo I. Il Cardinal d’Harrach con altri principi e signori andò ad incontrarla a Roveredo, ove seguì la consegna della reale sposa, che la Corte spagnuola, da cui era accompagnata, fece alla Corte tedesca. Ella giunse in Trento li 20 Ottobre 1666, e fu dal Cardinale Harrach accolta nel Castello e trattata con magnifica pompa, e ad essa pure la città eresse un pomposissimo arco trionfale in contrada larga descritto ampiamente dal Mariano. Ella partì da Trento il giorno appresso accompagnata dallo stesso Cardinale Harrach fino a Vienna. Il Cardinale Harrach essendosi poi recato in Roma, ritornato in Vienna morì in essa città il dì 25 Ottobre 1667 nell’età d’anni sessantanove.

Divenuta nuovamente vacante la sede episcopale di Trento venne alla medesima eletto dal Capitolo colla pluralità de’ suffragi [p. 153 modifica]il dì 9 Gennaio 1668 Sigismondo Alfonso de’ Conti di Thunn Vescovo e Principe di Bressanone. Egli era nato in Castel Thunn li 7 Novembre 1621 da Wolfgango Teodorico e da Margherita Contessa de Thunn della linea di Castel Braghiero. Divenne Canonico di Trento l’anno 1641, e l’anno 1663 venne innalzato alla dignità di Vescovo Principe di Bressanone, della qual chiesa era pure Canonico; ma la sua elezione al Vescovato di Trento non passò senza gravissima opposizione e contesa. Guidobaldo de’ Conti pure di Thunn (della linea di Boemia) Arcivescovo di Salisburgo, Vescovo di Ratisbona, e Cardinale aspirava anche alla dignità di Vescovo e Principe di Trento, essendo pur egli Canonico d’essa chiesa. Fatto lo scrutinio ed aperte le cedole degli elettori si ritrovò, che il Preposito e sette altri voti stavano per Sigismondo Alfonso, ed il Decano, il quale aveva doppio voto, e cinque altri stavano per l’Arcivescovo e Cardinal Guidobaldo. Sigismondo Alfonso aveva dunque in favor suo un voto di più, ma Guidobaldo pretendea, che quattro di quei voti, che stavano per Sigismondo Alfonso, non dovessero porsi in calcolo, e fossero per varie ragioni invalidi e di niun valore. Nella celebre opera del Cardinal de Luca intitolata Theatrum Veritatis et Justitiæ Lib. XII. de Canonicis et Capitulo (Disc. XXVIII.) leggesi intorno a quest’affare un Discorso col titolo [p. 154 modifica]Tridentina Electionis, dal quale impariamo, che portata la causa in Roma, fu essa agitata e discussa innanzi alla sacra congregazione concistoriale, ma non decisa; perchè superventa, dic’egli, mors ejusdem Cardinalis liti finem dedit, atque alter Electus confirmationem obtinuit. Sigismondo Alfonso divenuto quindi, rimosso ogni ostacolo, Vescovo e Principe di Trento partitosi da Bressanone e venuto in Trento smontò al palazzo di sua famiglia, ed il dì seguente recatosi nel Duomo, e poi nel Castello del Buon-Consiglio dopo aver rinnovate le così dette Compattate col Serenissimo Conte del Tirolo prese nelle consuete forme possesso della sua nuova dignità; ma nè il suo ingresso in città, nè il suo possesso accompagnati furono da alcuna pompa, non da illuminazioni, non da alcun arco trionfale, e non da alcun altro segno di pubblica esultanza. Sigismondo Alfonso durante il suo governo in Trento dimostrò costantemente un grande zelo pel mantenimento dell’ordine pubblico, per la estirpazion degli abusi, e per la punizion de’ delitti, e singolarmente de’ contratti illeciti ed usurarj; ma questo suo zelo gli suscitò contro gravissima odiosità, e libelli, e satire in gran numero, venendo egli tacciato d’eccessivo rigore. Noi non possiamo sapere oggidì, se giusta o non giusta fosse questa taccia, o se la sua severità fosse pur salutare e necessaria, in qual caso degli meritava lode e non biasimo; perchè salutaris [p. 155 modifica]severitas, dice Cicerone, vincit inanem speciem aut gloriam clementiæ. Sigismondo Alfonso ristaurò il Palazzo pretorio, come attesta l’iscrizione affissa al Palazzo medesimo del seguente tenore: «Hoc Episcopale Palatium vetustate collapsum restituit Sigismundus Alphonsus Episcopus Princepsque Tridenti et Brixinæ ex Comitibus de Thunn. Anno Domini MDCLXXVI.»

Era stata stabilita in Trento fin dall’anno 1628 sotto il Cardinale Carlo Madruzzo un’Accademia letteraria col nome di Accademia degli Accesi, che vi fiorì per molt’anni, ma che in progresso di tempo venne meno, ed era già quasi spenta. Sigismondo Alfonso la richiamò a nuova vita, e quest’Accademia degli Accesi continuò a fiorire in Trento fino al principio del secolo decimottavo, e v’hanno di essa molti componimenti poetici resi pubblici colle stampe in varie occasioni; ma ella rimase poi spenta nuovamente, e non resta oggidì che la memoria della sua passata esistenza.

Sigismondo Alfonso morì in Trento li 2 Febbraio 1677, e sepolto fu nella Cattedrale. Seguita la di lui morte il Capitolo elesse Francesco degli Alberti di Poja, ch’era stato pria Vicario generale della Diocesi, e poi fu Canonico, Consigliere aulico, Sommo Scolastico ed Arcidiacono. Egli nacque li 22 Maggio 1610 dalla nobile famiglia Alberti, che da Poja piccola Terra delle Giudicarie erasi fin [p. 156 modifica]dall’anno 1550 trasferita in Trento. Egli fu eletto con unanimi suffragi li 3 Aprile 1677; ma con singolare e raro esempio egli ricusò da principio costantemente d’accettare la nuova dignità, a cui veniva nominato, ed il Capitolo durò gran fatica per indurlo ad acconsentire alla sua elezione; nè deesi già credere finta o simulata questa sua renitenza, perchè egli era allora già giunto all’età di sessantasette anni, e possedeva un ricco patrimonio di sua famiglia; onde non è maraviglia, s’egli amasse meglio di passare in una vita privata e tranquilla i giorni, che ancor gli restavano. Il Capitolo nella lettera, con cui li 6 Aprile 1677 notificò all’Imperatore Leopoldo l’elezione da se fatta del nuovo Vescovo Principe, lo chiamò Vìrum de Ecclesia nostra benemeritum, prudentia, pietate, et doctrina præditum, et Subditis jucundum et gratum. Egli prese il possesso del Principato li 25 Novembre dello stesso anno 1677. L’anno appresso egli fu consacrato da’ Vescovi di Verona, Feltre, e Belluno, e fu investito nelle consuete forme delle Regalie del suo Principato dall’Imperatore Leopoldo li 26 Aprile 1679. Nello stesso anno uscì alla pubblica luce colle stampe di Carlo Zanetti in Trento una raccolta contenente oltre l’orazion panegirica i varj componimenti poetici sì italiani come latini, che in lode del nuovo Eletto furono recitati nell’adunanza dell’Accademia degli Accesi, della quale egli era stato principe.

[p. 157 modifica]Egli eresse col suo proprio danajo, ed ornò di statue, di marmi, e pitture la Cappella del Crocifisso in Duomo, ed ornò pure il Duomo medesimo con pitture, e l’arricchì di copiosa suppellettile ed argenteria. Egli riunì il Palazzo Clesiano al vecchio Castello del Buon-Consiglio, e l’aumentò di nuove fabbriche. Dopo aver regnato felicemente e con universale applauso pel corso d’anni dodici, egli morì li 4 Febbraio 1689, e fu sepolto nella sua Cappella del Crocifisso, ove avevasi già in vita preparato il sepolcro. Nel suo testamento egli instituì erede delle ampie sue facoltà l’unica nipote, ch’egli aveva, figlia d’un suo fratello a lui premorto congiunta in matrimonio al Conte Alberti de Colico; ma una gran parte del suo patrimonio egli lasciò insieme colla sua casa posta nella contrada della così detta Badìa a Francesc’Antonio Alberti suo agnato, di cui crediamo di dover qui far parola. Era questi, essendo ancor giovine, Vicario nella Valle di Fiemme, ma Francesco Alberti, allorchè salì alla dignità di Vescovo Principe, il chiamò tosto a sedere nel suo Consiglio aulico, e lo creò poscia suo primo ministro e gran cancelliere, nè s’ingannò punto in tale scelta; perchè Francesc’Antonio Alberti ai talenti ed al sapere accoppiava tutte quelle qualità, per cui ben era degno d’occupare quella primaria carica, ed eguagliò, se non superò nel merito i cancellieri suoi antecessori, cioè Antonio Quetta, [p. 158 modifica]Felice Alberti de Enno, e Gian Giacomo Sizzo, tutti e tre benemeriti ed insigni ministri.

Dopo la morte del Vescovo Principe Francesco Alberti di Poja un altro Alberti fu eletto a suo successore, ma d’una famiglia Alberti dalla prima affatto diversa. Questi fu Giuseppe Vittorio Alberti de Enno nato li 24 Luglio 1622. Egli fece i suoi studj in Roma, e ritornato in Trento fu creato prima Canonico della Cattedrale, e fu poi Vicario generale della Diocesi, ed indi Decano del Capitolo. Egli fu eletto alla dignità di Vescovo Principe con unanimi voti li 28 Aprile 1689, allorchè contava già sessantasei anni dell’età sua. Egli regnò soli anni sei essendo morto li 31 Dicembre 1695, ed il suo governo non fu che dolce, moderato, e giusto, egualmente che quello del suo antecessore.

Successore di Giuseppe Vittorio fu Giovanni Michele de’ Conti di Spaur nato li 7 Luglio 1638 nel Castello di Mezzolombardo. Egli fu eletto li 7 Marzo 1696 a preferenza del Conte Antonio Piccolomini Sanese, ch’era Canonico e Preposito della Cattedrale di Trento, avendo Gian Michele avuta per se la pluralità delle voci. L’anno 1711 egli ricevette splendidamente nel Castello di sua residenza l’Imperatore Carlo VI. con tutta la sua Corte, che dalla Spagna portavasi in Germania a prendervi la corona imperiale ed il possesso dell’austriaca monarchia, ch’erasi a lui devoluta per la morte senza prole dell’Imperatore [p. 159 modifica]Giuseppe I. suo maggior fratello, nella qual occasione fu ad onore di questo Imperatore eretto dalla città di Trento nel sobborgo di santa Croce quell’arco, che anche oggi sussiste, con una iscrizione, che essendo ora in gran parte corrosa noi riporteremo qui interamente


Imperatori . Caesari . Carolo . VI
Divi . Leopoldi . Filio
Quod . Hostibus . Terra . Marique . Victis
Tranquillitate . Italiæ . Restituta
Ad . Capessendam . Imperii . Coronam
Ex . Hispania . In . Germaniam . Proficissens
Urbem . Hanc . Sua . Majestate . Illustravit
S . P . Q . Tridentinus


Gian Michele de Spaur regnò pel lungo corso d’anni ventinove, morto essendo li 22 Aprile 1725, e sepolto colle consuete forme nella Cattedrale. Ognuno doveva in lui lodare la pietà, e l’illibatezza ed integrità della sua vita; ma egli venne incolpato d’aver lasciato regnare in sua vece il Conte Francesco e la Contessa Giuditta suoi nipoti, e d’aver dato in Trento l’esempio di quel nepotismo così detto, che sotto alcuni Papi videsi in Roma con isfregio del loro nome. Molte eran le tacce, che venivano date al Conte Francesco ed alla Contessa Giuditta, ma noi non possiam ora sapere, se vere fossero e giuste, o non lo fossero, avvenendo pure talvolta, che [p. 160 modifica]le tacce, che ad alcun dannosi, tutt’altro sono che vere.

Fu sotto questo Principe che accadde l’assedio della città di Trento postovi dai Francesi l’anno 1703. Ardeva allora la guerra per la successione alla monarchia di Spagna tra il Re di Francia Luigi XIV, ed il nuovo Re di Spagna Filippo V. suo nipote dall’una, e l’Imperatore Leopoldo, l’Inghilterra, e l’Olanda dall’altra parte. Era stato concertato col Re di Francia e l’Elettor di Baviera suo alleato il piano o progetto d’invadere il Tirolo ed il Trentino; il perchè l’Elettor Bavaro venne effettivamente con un possente esercito fino ad Innsbruck, ed il Duca di Vandomo supremo comandante dell’armata francese in Italia si mosse con una parte della medesima alla volta del Trentino sperando di toccar la mano ai Bavaresi, che dovevano venirgli incontro. «Passarono i Francesi, come scrive il Muratori1, per Monte Baldo, e per le rive del Lago di Garda, e s’impadronirono prima della città di Riva, delle terre di Nago, e di Torbole, e poi di Mori, Brentonico, ed altri luoghi, che niuna resistenza opposero; ma il Castel d’Arco posto sopra un dirupato colle sostenne per cinque giorni l’impeto de’ cannoni nemici colà con incredibile stento strascinati.» Giunse poi al fine d’Agosto il Duca di [p. 161 modifica]Vandomo alla vista di Trento, ed accampato il suo esercito sul colle, che gli sovrasta coll’Adige frappostovi, chiamato il Dos Trento cominciò da quel colle a bombardare la città, che non era difesa se non da alcune compagnie di soldati cesarei comandati dal generale Conte Solari; ma fallita andò l’impresa dell’Elettor di Baviera contro il Tirolo; perchè i contadini tirolesi e massimamente i bravi lor bersaglieri talmente ristrinsero e tempestarono co’ loro fucili rigati le truppe nemiche, prendendo spezialmente di mira i loro uffiziali, che l’esercito bavaro si vide costretto a ritornarsi malconcio nelle sue contrade. Nello stesso tempo accadde inoltre, che Luigi XIV. Re di Francia avendo avuta notizia o almen concepito sospetto, che Vittorio Amadeo Duca di Savoja abbandonata l’alleanza, che aveva con esso lui contratta, si fosse stretto segretamente in lega coll’Imperator Leopoldo, e coll’Inghilterra e l’Olanda sue nemiche, mandò ordine al Duca di Vandomo, mentre stavasi sul Dos Trento, di dovere tantosto ritornare in Italia, e volger l’armi contro il Duca di Savoja. Dovette dunque partirsi il Vandomo, e Trento restò avventurosamente salvo dalla rovina, di cui era minacciato; ma l’armata francese nella sua partenza fra gli altri danni e guasti incendiò e distrusse il bel Castello o Palazzo di Oppio de’ Signori di Castelbarco, come distrusse pure e smantellò il Castello di Arco, ch’erasi finallora creduto inespugnabile.

[p. 162 modifica]Dopochè per la famosa battaglia di Torino la guerra tra le armate francese ed austro-sarda ebbe fine in Italia, il Duca di Mantova, che avea seguito il partito del Re di Francia, e con lui stretta aveva lega, tuttochè egli possedesse i suoi Stati come feudi imperiali, venne per solenne sentenza del supremo Consiglio aulico dell’Impero dichiarato reo di fellonia, e quindi privato del Ducato di Mantova, e di tutti i suoi altri dominj, i quali vennero dall’Impero conceduti all’Imperatore Leopoldo ed alla Casa d’Austria in perpetuo con trasferirne in essa la sovranità ed il dominio. L’Imperatore Leopoldo andò dunque al possesso del Ducato di Mantova, e con esso occupò pure il Marchesato di Castellaro, ch’era stato sempre finallora posseduto da’ Duchi di Mantova, e che credevasi essere una parte del Ducato medesimo. Il nostro Principe Vescovo rimostrò all’Imperial Regia Corte di Vienna, che la Casa Gonzaga, e tutti gli antichi Marchesi e poi Duchi di Mantova non avevano posseduto il Marchesato di Castellaro con altro titolo che come vassalli della Chiesa di Trento, siccome attestava la lunga serie delle investiture feudali concedute prima alla famiglia Bonacolsi, ed indi alla famiglia Gonzaga succeduta a quella nella signoria di Mantova, investiture sempre poi rinnovate con tutti i successori Duchi di Mantova. Secondo la regola del diritto pubblico germanico i feudi, che il vassallo reo di [p. 163 modifica]fellonia rilevava immediatamente dall’Imperatore e dall’Impero, ricadevano all’Impero medesimo; ma que’ beni o paesi, ch’egli aveva acquistati a titolo di feudo da un altro principe o Stato dell’Impero, solo a quel principe si devolvevano, da cui gli aveva ricevuti. Il Marchesato di Castellaro erasi dunque devoluto legalmente non all’Impero ma al Principe Vescovo di Trento, che ne era il diretto signore. Il piissimo Imperator Leopoldo conobbe esser giusta la dimanda del Principe Vescovo di Trento, il quale perciò riunì il Marchesato di Castellaro al suo immediato dominio, che poi tutti i suoi successori tennero sempre e conservarono pacificamente fino a’ nostri giorni, cioè fino al trattato di pace di Luneville, in virtù del quale il Ducato di Mantova insieme col Marchesato di Castellaro passò nel dominio della così allora chiamata Repubblica cisalpina, e poi in quello del nuovo Regno d’Italia.

Note

  1. Annali d’Italia Anno 1703.