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Egli eresse col suo proprio danajo, ed ornò di statue, di marmi, e pitture la Cappella del Crocifisso in Duomo, ed ornò pure il Duomo medesimo con pitture, e l’arricchì di copiosa suppellettile ed argenteria. Egli riunì il Palazzo Clesiano al vecchio Castello del Buon-Consiglio, e l’aumentò di nuove fabbriche. Dopo aver regnato felicemente e con universale applauso pel corso d’anni dodici, egli morì li 4 Febbraio 1689, e fu sepolto nella sua Cappella del Crocifisso, ove avevasi già in vita preparato il sepolcro. Nel suo testamento egli instituì erede delle ampie sue facoltà l’unica nipote, ch’egli aveva, figlia d’un suo fratello a lui premorto congiunta in matrimonio al Conte Alberti de Colico; ma una gran parte del suo patrimonio egli lasciò insieme colla sua casa posta nella contrada della così detta Badìa a Francesc’Antonio Alberti suo agnato, di cui crediamo di dover qui far parola. Era questi, essendo ancor giovine, Vicario nella Valle di Fiemme, ma Francesco Alberti, allorchè salì alla dignità di Vescovo Principe, il chiamò tosto a sedere nel suo Consiglio aulico, e lo creò poscia suo primo ministro e gran cancelliere, nè s’ingannò punto in tale scelta; perchè Francesc’Antonio Alberti ai talenti ed al sapere accoppiava tutte quelle qualità, per cui ben era degno d’occupare quella primaria carica, ed eguagliò, se non superò nel merito i cancellieri suoi antecessori, cioè Antonio Quetta,