Memorie storiche della città e del territorio di Trento/Parte seconda/Capo XVII
Questo testo è completo. |
◄ | Parte seconda - Capo XVI | Parte seconda - Capo XVIII | ► |
CAPO XVII.
Memorie Storiche dall’anno 1725
fino all’anno 1756.
Seguita la morte del Vescovo Principe Gian Michele de’ Conti Spaur fu eletto con unanimi suffragi Gian Benedetto Gentilotti. Egli era nato in Trento di nobile famiglia gli 11 Luglio 1672, ed era figlio di Gian Battista Gentilotti Consiglier aulico in Trento, e di Cecilia Baronessa de Lener. Egli fece i primi suoi studj nel patrio ginnasio in Trento, e li continuò in Salisburgo ed in Innsbruck. Recatosi poi in Roma, ove dimorò per otto anni, ivi apprese oltre la scienza del diritto civile e canonico le lingue greca, ebraica, ed arabica. Mosso dalla fama del suo sapere Giovanni Ernesto de’ Conti di Thunn Arcivescovo di Salisburgo lo invitò alla sua Corte l’anno 1703, ed il nominò suo Consiglier aulico e Direttore della sua Cancelleria; ma l’Imperatore Leopoldo l’anno seguente 1704 il nominò Prefetto della cesarea Biblioteca in Vienna. L’anno 1707 dall’Imperatore Giuseppe I. fu inviato in Napoli aggiunto al Conte Giorgio Adamo Martiniz da lui creato Vicerè di quel regno. Ritornato in Vienna alla sua carica di Prefetto della Biblioteca cesarea egli dimorò in quella città fino all’anno 1723, in cui dall’Imperator Carlo VI. nominato fu Uditore della Rota Romana per la nazione germanica. Gian Benedetto prese il possesso di questa importante carica li 14 Novembre 1724, ed essendo egli Canonico della Cattedrale di Trento, divenuta vacante la sede vescovile egli venne coi voti concordi di tutto il Capitolo li 9 Settembre 1725 eletto Principe Vescovo di Trento. Generale fu l’applauso, con cui udita fu questa elezione, e solenni feste per essa si fecero in Trento, ma la pubblica esultanza si convertì ben presto in lutto; perchè Gian Benedetto Gentilotti dopo aver accettata, non senza molta ripugnanza questa sua nuova dignità cadde infermo, e morì in Roma nello stesso anno 1725 nell’età di soli anni cinquantatre e mesi due.
Grandissima era la sua erudizione e dottrina, e grandissimo il suo nome nella repubblica letteraria. Le opere di lui uscite alla pubblica luce colle stampe, che sono poche, possono vedersi riferite nel libro Monumenta Ecclesiæ Tridentinæ pag. 253 e segg., tra le quali meritano d’essere annoverate le note, ed osservazioni, ch’egli ha fatte all’Italia sacra dell’Ughelli, relative a’ Vescovi di Trento; ma opere ben più importanti possiam credere, ch’egli avrebbe pubblicate, se da si immatura morte non fosse stato rapito. Nel citato libro Monumenta Ecclesiæ Tridentinæ vengono pur nominati i molti scrittori italiani e tedeschi, che di lui parlarono, e l’encomiarono nelle lor opere, tra i quali sono Francesco Adamo Kollario in Supplemen. ad Bibliothec. Vindobonens., ed il Lambeccio; ma io non voglio qui passare sotto silenzio l’elogio, che nel libro Monumenta Ecclesiæ Tridentinæ non leggesi, e che di lui fece il Padre Hansiz nella prefazione all’opera sua intitolata Germania sacra, e singolarmente una di lui epistola riportata dal citato Lambeccio, che sembra, dic’egli, non da un uomo, che piange la morte d’un amico, ma dallo stesso dolore dettata. In quest’epistola il Padre Hansiz così scrive: «Sic Ecclesia Tridentina Antistitem doctrina et virtute clarissimum, Orbis litterarii illustre decus, Augustissimus Cæsar Ministrum in spes haud dubie maximas reservatum, Terræ Austriacæ ornamentum ingens.... O diem acerbum! quem et Pallas, et Apollo, et Musæ omnes plangant, et virtus ipsa deploret.»
Nella chiesa de’ Padri Minori Conventuali di S. Francesco posta fuori delle mura della città di Trento fu a Gian Benedetto Gentilotti meritamente eretto un mausoleo, in cui fu scolpito il seguente epitafio composto dal Canonico Pantaleone Borzi, del quale avremo occasione di parlare in altro luogo, epitafio che per essere la detta chiesa ora divenuta un magazzino militare, più non vi si legge, ma che merita d’essere qui trascritto.
«Cristo Deo
Io. Benedicto Gentilotto ab Engelsbrun Ord. Equest. Tridentino, Icto, Polyhistori, Ebraice, Arabice, Græce docto, Latine scribendi æque ac morum elegantia, Germanici, Italici, Hispanici, Gallici idiomatum, quæ emendate loquebatur, peritia, scriptis editis et nondum vulgatis conspicuo, Qui variis apud Principes Viros muneribus functus, tum Augustæ Bibliothecæ Vindobonen. Præfectus, et difficili Hispanici Belli tempore ad recipiendum in fidem Neapolitanum Regnum Martinizio Proregi comes datus, tribus Cæsaribus operam suam probavit, Carolo VI. acceptissimus, cujus nomine Sacri Palatii XII. Vir litibus judicandis Romam missus, Demum unanimi Patrum suffragio, atque incredibili omnium Ordinum letitia Patriæ Episcopus et Princeps renunciatus, postquam honorem, ut Pontificiæ et Cæsareæ voluntati obsequeretur, admisisset invitus, contracta ægritudine altero die in Morbum heu supremum incidit.
Cæcilia Mater contra votum superstes, Io. Franciscus, Io. Bernardinus, Io. Josephus Germani mæstissimi, ne debitæ erga colendissimum Fratrem Virumque simul præstantissimum pietati suæ deessent, monumentum hoc posteritati ad virtutem invitamentum poss.
Vixit annos LIII. menses II. dies IX.
Decessit XII. Kl. Octob. MDCCXXV.
Sepultus est Romæ ad D. Mariæ Animarum Patronæ».
Divenuta nuovamente vacante la sede episcopale di Trento fu ad essa eletto li 26 Novembre 1725 Antonio Dominico della famiglia nobilissima de’ Conti di Wolckenstein della linea residente in Trento, signora di Castel Toblino e di Castel Ivano. Egli era nato li 29 Gennajo 1662, ed era già da quarantacinque anni Canonico della Cattedrale, allorchè fu eletto. Egli regnò solo cinque anni, e morì li 5 Aprile 1730, e fu nelle consuete forme sepolto nella Cattedrale. Tutti dovevano encomiare in lui la pietà, una vita illibata, e purissimi costumi, ed una maravigliosa liberalità verso de’ poveri: ma se egli non aveva le altre virtù che convengono ad un principe e reggitore de’ popoli, governava per lui il Conte Gasparo de Wolkenstein suo fratello, saggio e virtuoso signore, ed il suo governo fu costantemente moderato e giusto, e degno delle pubbliche lodi.
Nella elezione, che dopo la morte di Antonio Domenico de Wolckenstein doveva farsi d’un nuovo Vescovo Principe, divisi essendo i voti degli elettori tra il Decano Conte de Trapp, ed il Suffraganeo Conte de Spaur, non riunendosi nè per l’uno nè per l’altro di essi la pluralità de’ suffragi, cadde l’elezione in un terzo, il qual fu Dominico Antonio dei Conti di Thunn della linea di Castel Thunn, il quale era allora nell’età di quarantaquattro anni. Egli nacque in Trento il primo di Marzo 1686, e fu eletto li 19 Giugno 1730, e prese il possesso del Principato li 18 Dicembre dello stesso anno 1730. Varie importanti e salutari leggi egli pubblicò nell’anno 1734, nell’anno 1737, nell’anno 1741, e nell’anno 1744. Egli accolse ed alloggiò nel Castello di sua residenza con magnifica e splendida pompa nel loro passaggio per Trento l’Imperatore Francesco I. allora Gran Duca di Toscana, e la Reale sua sposa Maria Teresa poi Imperatrice, allorchè gli augusti conjugi recavansi in Toscana. Il governo di Dominico Antonio fu ne’ primi dieci anni saggio e giusto, pieno di dignità e di vigore, e tale in ogni sua parte, che comandava il rispetto e la venerazione pubblica; ma mancato di vita il Conte Agostino suo fratello, che coi suoi consigli una gran parte aveva a questa felice amministrazion dello Stato, cangiossi improvvisamente la scena. Dominico Antonio dopo la morte del Conte Agostino si diede a menar una vita del tutto dalla prima diversa. Egli non voleva più che sollazzi, trastulli, feste, e piaceri d’ogni maniera: egli accolse nella sua Corte uomini sollazzevoli, e giocolari, e buffoni: canti, suoni, e conviti, e passatempi erano tutte le sue cure ed occupazioni. Egli s’avvisò una volta di voler andar a passare il carnovale in Venezia, e vi si portò con una parte de’ suoi cortigiani, e colla pompa conveniente ad un Principe. La sua generosità era estrema, e non bastando ad essa le ordinarie rendite del Principato aggravò la Mensa o Camera episcopale d’una non lieve somma di debiti. Egli faceva grazia a tutti anche a’ rei di delitti i più gravi, ed esaudiva prontamente, sia nel conferir posti od impieghi, sia in qualunque altra cosa tutte le suppliche, che gli venivano presentate, e ch’egli segnava con rescritti di propria mano. Egli visitò come Vescovo tutta la vasta sua Diocesi, ma accompagnato anche in essa da’ suoi giocolieri, e non cercando anche in essa che trastulli e solazzi. La disciplina ecclesiastica era in tale stato di cose sommamente decaduta, e molti e gravi erano i disordini e gli inconvenienti, che vi si vedevano. Il suo Vicario generale era il Canonico Pantaleone Borzi, uomo erudito e dotto nelle latine e toscane lettere, il quale lasciò sebbene inedite e non stampate varie eccellenti produzioni del suo sapere; ma egli non potea porre riparo ai traviamenti del suo Signore. Malgrado di tutto questo Dominico Antonio godeva in sommo grado l’amore ed il rispetto del popolo, il quale non vedeva in lui che bontà, benificenza, ed un animo sempre propenso a far bene a tutti, e non mai male ad alcuno; ma i disordini, che abbiamo accennati, ognor più crescenti imposero al Capitolo della Cattedrale il dovere di non più starsi in silenzio, e di rappresentarli tanto alla Corte di Roma, quanto a quella dell’Imperatore qual capo supremo dell’Impero, onde ottenerne l’opportuno rimedio; se non che al Conte Francesco de Firmian, ch’era cognato del Principe Vescovo, riuscì d’indurlo e persuaderlo a rinunziare l’amministrazione e il governo del Vescovato e Principato con chiedere al Capitolo l’elezione d’un Coadjutore ed Amministratore plenipotenziario cum futura successione. Fece egli in effetto tale rinunzia, ed il Capitolo li 29 Maggio 1748 venne all’elezione d’un Coadjutore ed Amministratore plenipotenziario, il quale fu Leopoldo Ernesto de’ Conti di Firmian, come appresso diremo.
Durante il governo di Dominico Antonio cioè l’anno 1743 venne eretto nella Cattedrale il nuovo magnifico altare maggiore adorno di quattro colonne, in una delle quali leggesi scolpita la seguente iscrizione:
D. O. M.
«In honorem B. B. M. M. Vigilii et Adelpreti Epp. Trid. Ob Urbem Contra Gallos servatam. Anno MDCCIII. Votum Pub. solvit lubens merito. S. P. Q. Tridentinus. Anno MDCCXLIII.»
In un’altra colonna dello stesso altare altra iscrizione leggesi del seguente tenore:
D. O. M.
Quod. Paulo III. Pont. Max. priores Octo Concilii Tridentini Sessiones, sedente vero Julio III. aliæ sex in hac. Æde habitæ, Quodque hic itidem ejusdem Concilii, in Tempio quidem Sanct Mariæ Majoris Absoluti, Decreta omnia ante Crucifixi Christi Simulacrum in conjuncto Sacello modo positum promulgata fuerint, Posteritati Monumentum.»
Leopoldo Ernesto de’ Conti di Firmian eletto, come detto abbiamo, Coadjutore ed Amministratore ·plenipotenziario nacque in Trento li 22 Settembre 1708. L’anno 1730 egli divenne Preposito della Cattedrale di Trento, l’anno 1733 li 23 Settembre ottenne la dignità di gran Decano del Capitolo di Salisburgo, e l’anno 1739 li 13 Febbrajo quella di Vescovo di Secovia nella Stiria. Nella elezione alla dignità di Coadjutore ed Amministratore plenipotenziario in Trento divisi erano i voti degli elettori, stando gli uni pel Vescovo di Secovia Conte di Firmian, e gli altri per Francesco Felice de’ Conti degli Alberti de Enno Canonico d’essa Chiesa, ma fattosi lo scrutinio si ritrovò, che la pluralità con un voto di più stava in favore del Conte di Firmian. Prese egli dunque il possesso della nuova sua dignità, e ben presto mostrò, quanto ne fosse degno. Egli tolse ed estirpò tutti gli abusi e disordini, ch’erano invalsi sotto il suo antecessore, ristabilì e fece rifiorire la disciplina ecclesiastica ed i costumi del clero. Morto essendo il Vicario generale Pantaleone Borzi egli eresse un concistoro ecclesiastico composto di pii non meno che dotti soggetti, e nominò Presidente del medesimo Monsignor Bartolammeo Antonio Passi Vescovo di Pella suo Suffraganeo, e Preposito della Cattedrale, il quale sia pei lumi e pel sapere, sia per la pietà, la prudenza, ed altre virtù era un vero ornamento della Chiesa di Trento. Bellissime sono, e degne dei maggiori encomj tutte le lettere pastorali del Coadjutore de Firmian, e tutte le leggi e costituzioni ecclesiastiche, ch’egli pubblicò durante la sua amministrazione, una parte delle quali può leggersi aggiunta come appendice alle costituzioni sinodali del Cardinale Lodovico Madruzzo ristampate nuovamente in Trento dal Tipografo Monauni. Nè meno ammirabili sono le leggi e gli editti, ch’egli promulgò come Principe in Trento riguardo al governo del Principato; ma mentre egli vi regnava con tanta sua gloria, inaspettatamente nel mese di Settembre dell’anno 1755 scrisse al Capitolo, ch’egli erasi determinato a rinunziare la sua dignità di Coadjutore ed Amministratore plenipotenziario a quello, che il Capitolo alla dignità medesima avrebbe eletto. Vi rinunziò egli effettivamente, ed in suo successore fu eletto Francesco Felice de’ Conti Alberti de Enno, come diremo nel seguente capo, cioè quello ch’era stato suo competitore nella precedente elezione.
Leopoldo de Firmian fu poscia l’anno 1763 il 1.° Settembre eletto Vescovo Principe di Passavia, ed indi decorato della porpora cardinalizia, Principe beneficentissimo e sapientissimo, e degno d’eterna fama.
Durante il suo governo in Trento essendo rimasta estinta la casa de’ Conti di Liechtenstein Signori della giurisdizione di Castel Corno ossia d’Isera nella Valle Lagarina, i quali ottenuta l’avevano, come altrove abbiam detto, in feudo da’ Vescovi Principi di Trento, il Coadjutore de Firmian superati gli ostacoli, che vi si erano frapposti, la riunì all’immediato dominio de’ Principi di Trento, e riunita vi rimase fino all’epoca della secolarizzazione de’ Principati ecclesiastici.