Memorie storiche della città e del territorio di Trento/Parte seconda/Capo XV

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CAPO XV.
Memorie Storiche dall’anno 1600
fino all’anno 1659.

Grandi furono le feste celebrate in Trento per l’elezione del nuovo Vescovo Principe Carlo Madruzzo. Egli fu incontrato al suo [p. 141 modifica]ingresso nella città da cinquanta gentiluomini a cavallo, e tre sontuosi archi trionfali gli furono eretti dalla città con geroglifici ed iscrizioni, che si leggono presso il Mariano pag. 369. L’anno 1604 egli fu innalzato alla dignità di Cardinale, e grandi feste si rinnovarono in Trento anche per tale elezione, ed allorchè gli fu portata la berretta cardinalizia. L’anno 1609 egli promulgò varie leggi o costituzioni intorno alla forma di costituire i censi, intorno al regolamento delle ferie o vacanze, ed altre che sono inserite nello Statuto di Trento. L’anno 1612 fu inviato dal Pontefice Paolo V. Legato a Latere alla Dieta de’ Principi dell’Impero in Ratisbona, nella qual legazione egli venne accompagnato da Giovanni Gaudenzo Madruzzo suo fratello con isplendida pompa.

L’anno 1622 passò per Trento la Principessa di Mantova Eleonora Gonzaga sposa dell’Imperatore Ferdinando II. Essa venne incontrata nelle praterie di Lidorno da Carlo Emanuele Madruzzo nipote del Cardinal Carlo, che allora era in Roma, con nobilissima comitiva, ed albergata poi nel Castello, ed ivi trattata con reale magnificenza.

L’anno 1625 il Cardinal Carlo promulgò in Trento un’altra nuova legge o costituzione chiamata Carolina intorno agli onorarj dovuti ai Pretori d’essa città nelle cause civili e criminali inserita egualmente nello Statuto di Trento. Egli morì in Roma li 14 Agosto 1629, [p. 142 modifica]e fu sepolto nella Cappella Madruzziana, in cui stavan pure riposte le ossa dei due Cardinali Cristoforo e Lodovico suoi antecessori nella Chiesa di S. Onofrio, Cappella ch’egli aveva ristaurata e resa adorna con insigni pitture. A lui dedicò il Magini la sua Carta geografica del territorio trentino, e nel libro intitolato Monumenta Ecclesiæ Tridentinæ pag. 225 molti scrittori leggonsi nominati, che encomiarono le di lui virtù.

Al Cardinal Carlo succedette Carlo Emanuele Madruzzo di lui nipote. Nacque questi il mese di Febbraio 1599. Nell’anno 1618 egli divenne Canonico di Trento e di Bressanone, e nell’anno 1622 li 2 Luglio fu dal Capitolo di Trento sulla dimanda del Cardinal Carlo suo zio eletto Coadjutore ed Amministratore cum futura successione, e l’anno poi 1629 li 4 Gennajo avendogli il Cardinal Carlo rassegnato interamente il Vescovato, e divenuto quindi Vescovo e Principe di Trento egli ne prese solennemente il possesso li 21 Maggio 1630 con universale applauso.

Fu in quest’anno 1630, che la peste venne sventuratamente a desolare un’altra volta il nostro paese non meno che una gran parte d’Italia. Non si conosceva allora il modo di tener lontano questo flagello, e s’ignoravano, allorchè fosse penetrato, i mezzi che deonsi porre in opera per arrestarne i progressi, ed impedirne la propagazione, come si conoscono e si praticano fortunatamente [p. 143 modifica]oggidì. Il Principe Vescovo Carlo Emanuele si ritirò nel suo Castel Nano in Val di Non, ove dimorò colla sua Corte per un intero anno, e fu salvo dal fatal morbo. Egli visitò l’anno seguente come Vescovo tutte le chiese della Valle di Non, e quelle pure della Val di Sole; in qual occasione leggesi in un manoscritto di quel tempo, ch’egli venne nobilmente albergato in Cogolo dai signori Migazzi insieme con quaranta persone del suo seguito.

Avvenne nell’anno 1635, che il Capitolo di Trento presentò al supremo Consiglio aulico dell’Impero varj richiami o lamenti contro il nuovo Principe Vescovo Carlo Emanuele Madruzzo intorno ad alcuni supposti disordini del suo governo; il perchè quell’augusto tribunale giudicò opportuno di spedire in Trento due Commissarj cesarei. Questi furono il Principe Vescovo di Bressanone, ed il Barone Tobia di Haubitz Consigliere nel prefato supremo Consiglio aulico dell’Impero, i quali recatisi personalmente in Trento proposero una transazione divisa in più articoli, che furono da ambe le parti concordemente accettati, e tra i quali sono osservabili i seguenti: «Primo ut Illustrissimus et Reverendissimus Princeps, ac Dominus Episcopus Tridentinus in arduis negotiis et causis Episcopatus hujus incolumitatem et salutem concernentibus Venerabilis sui Capituli consilio, consensu, et assistentia semper utatur. [p. 144 modifica]Secundo ut ad hunc effectum felicius consequendum Illustrissimus Princeps imposterum præter Dominum Decanum in Consilium adhibeat unum aliumve Canonicum Capitularem actu residentem, qui ea propter fidelitatem et silentium juxta receptum stylum Principi jurato promittere, e contra Princeps eidem de salario prospicere tenebitur.» A questa Transazione venne dappoi dal Capitolo di Trento dato il nome di legge fondamentale dello Stato; del che avremo occasione di parlare in altro luogo.

L’anno 1646 il Vescovo Principe Carlo Emanuele accolse nel suo Castello in Trento la Serenissima Anna de’ Medici, allorchè andava alle nozze dell’Arciduca d’Austria Ferdinando Carlo, e magnifiche feste ad essa pure furono date: ma l’anno 1648 avvenne in Trento non già solamente un passaggio ma il soggiorno di ben cinque mesi di Ferdinando IV. Re de’ Romani, e dell’Arciduchessa sua sorella Maria Anna destinata sposa del Re Cattolico Filippo IV. Giunsero essi in Trento li 21 Dicembre 1648 col seguito di circa mille persone e seicento cavalli. Il Principe Vescovo Carlo Emanuele accompagnato da tutta la nobiltà e cittadinanza di Trento andò ad incontrar gli augusti Principi fino a Lavis, e gli accolse con magnifica pompa nel Castello di sua residenza. La consegna della Reale Arciduchessa alla Corte di Spagna doveva secondo il concertato esser fatta in Roveredo; [p. 145 modifica]ma o che fossero insorte questioni intorno al ceremoniale da praticarsi, o qualunque altra ne fosse la causa, la consegna fu diferita, ed in Trento vennero pure da Roveredo i cavalieri e le dame della Corte spagnuola destinata a ricevere la Real sposa. In Trento rimasero le due Corti tedesca e spagnuola fino ai 19 Maggio 1649. Grandissimo era il numero delle persone, che erano al loro seguito, ma grande fu pur quello che accompagnò i Reali Arciduchi d’Austria Ferdinando Carlo coll’Arciduchessa sua consorte, e l’Arciduca Sigismondo Francesco ed Isabella Chiara loro sorella venuti da Innsbruck a corteggiare il Re de’ Romani Ferdinando e la Reale sposa loro cugini. Il Mariano fa un lungo racconto delle varie sontuose feste, che furono fatte in tal occasione, e nomina pure i varj principi ed i personaggi, che vennero in Trento dall’Italia ad onorare la Real Corte austriaca. Fra queste feste venuta la primavera ebbe luogo un gran Torneo nella strada che conduce al Palazzo delle Albere, la pompa del quale viene pur descritta dal detto Mariano, ed in cui i primi a correr la giostra furono i Reali Arciduchi Ferdinando e Sigismondo, e dopo di essi giostrarono varj cavalieri tedeschi, italiani, e spagnuoli, e dei nostri il Barone di Firmian, il Conte d’Arsio, il Barone di Welsperg, ed il Barone di Mollar.

Nuovo passaggio ed arrivo in Trento seguì l’anno 1651 della Principessa Eleonora di [p. 146 modifica] Mantova, che accompagnata dalla Duchessa sua madre e dal Duca Carlo di Mantova andava alle nozze dell’Imperatore Ferdinando III., accolta pure ed albergata da Carlo Emanuele nel Castello di sua residenza con isplendida pompa. Nè dobbiam passare sotto silenzio il passaggio seguito l’anno 1655 della celebre Cristina Regina di Svezia, la quale dopo avere abbiurata solennemente in Innsbruck avanti il Nunzio Pontificio Luca Holstenio stando presenti gli Arciduchi d’Austria la nuova eresia di Lutero, ed abbracciata la religione cattolica recavasi a Roma colla sua Corte, e col seguito di più di dugento persone. Il Vescovo Principe Carlo Emanuele accompagnato da numeroso brillante corteggio andò ad incontrarla fino a Gardolo, e giunta la Regina in città smontò alle porte del Duomo, ove entrata udì nella Cappella del Crocifisso la solenne messa, nella quale fu intonato a di lei onore il versetto: Ista est speciosa inter filias jerusalem. Andò poscia la Regina alla Chiesa di Santa Maria Maggiore, ove udì suonare l’Organo, ed osservò il gran quadro, in cui vedesi dipinto il Sacro Concilio. Non andò la Regina in Castello, come era stata invitata per parte del Vescovo al suo arrivo in Innsbruck dal Barone Giovanni Giorgio di Firmian colà inviato espressamente a tal fine; ma proseguendo il cammino senza volersi fermar in città ricevette il pranzo nel Palazzo Madruzzo delle [p. 147 modifica]Albere, che le fu apprestato con real pompa, e partitasi poi dopo il pranzo fu accompagnata da Carlo Emanuele e da tutto il suo corteggio fino alla campagna di Lidorno. La Regina andò a pernottare in Ala, e di là volle scrivere di propria mano a Carlo Emanuele in francese la seguente lettera: «Mon Cousin — Je me sens si obligée de Vos civilités, et du bon accueil, que vous m’avez fait, que je n’ai pas voulu laisser retourner les Gens de Monsieur l’Archiduc sans vous en faire encore mes remerciements, et sans vous assurer que je souhaiterois fort de trouer les moyens de pouvoir vous temoigner ma reconoissance, et Vous donner des marques de la sincerité, avec la quelle je suis

Mon Cousin
a Hall 17 Novembre 1655

Votre affectionée
Cousine et Amie
Cristine.»


Il Vescovo Carlo Emanuele Madruzzo gravi controversie sopra alcuni punti di giurisdizione o di autorità ebbe colla Serenissima Claudia Vedova dell’Arciduca Leopoldo Conte del Tirolo, per le quali egli portò la sua causa innanzi alla Dieta de’ Principi dell’Impero in Ratisbona. Di questa celebre causa trattarono ampiamente ne’ loro libri il Limneo (Jus pubblicum Tom. I. addit. ad Lib. 5 cap. 2), il Gostalio (de Stat. publ. Europ. [p. 148 modifica]cap. 15 § 63), il Lunig (Biblioth. univ. deduct. cap. 1 N. 12, et cap. 4 N. 86) il Peffingero (ad Vitriar. Illustrat. jus publ. Lib. I tit. 15 § 13.).

Carlo Emanuele vedendo spegnersi in lui ed estinguersi interamente la nobilissima sua famiglia per non esservi più in essa alcuna prole maschile, desiderava di poter abbandonato lo stato ecclesiastico contrarre matrimonio, e presentò per ciò iterate suppliche alla Sede Pontificia, e tutti i mezzi impiegò onde impetrare tal facoltà, ma inutilmente non avendo giammai potuto ottenerla. Egli aveva scelta per isposa Claudia Particella nobile donzella di Trento, a cui fece pure larghi doni di beni, che la famiglia Particella anche oggi possede; ma lo scrittore della sua vita manoscritta, che ho innanzi agli occhi, ci assicura, che i suoi amori eran casti, nè altro scopo avevano che il matrimonio con essa, allorchè potuto avesse ottenere la facoltà di contrarlo. Carlo Emanuele era piissimo, e d’irreprensibili ed esemplarissimi costumi, giustissimo sempre e rettissimo, liberale e beneficentissimo verso i poveri, intrepido nella difesa dei diritti della sua Chiesa, di costante animo nelle avversità, dotato dalla natura di felicissimo ingegno, ch’egli coltivò pure collo studio delle lettere, ed adorno in fine di tutte quelle virtù, che rendono degno della venerazione pubblica un Vescovo ed un Principe. Dopo aver governato saggiamente per ventotto anni [p. 149 modifica]il suo Vescovato e Principato egli morì li 15 Dicembre 1658 nell’età di soli anni cinquantanove nell’atto di alzarsi dal letto per l’improvviso scoppio d’una vomica, che gli tolse repentinamente la vita. La nuova di questa inaspettata morte sparse un universal dolore e cordoglio in tutta la città. Il suo corpo dopo essere stato imbalsamato fu riposto nella Cappella del Castello, ed ivi fu tenuto per sette giorni continui, finchè si fosse allestita e disposta ogni cosa pe’ suoi funerali, che il Capitolo della Cattedrale volle, che fossero sontuosi e magnifici, onde render dopo morte un solenne omaggio alle sue virtù. Il Capitolo fece ergere nel Duomo un grande catafalco ornato d’iscrizioni italiane e latine, e di quattro statue rappresentanti la misericordia, la giustizia, la fortezza, e la vigilanza, ch’erano le virtù principali del defunto Principe. Li 22 Dicembre il suo corpo fu dal Castello trasportato nel Duomo con solennissima processione di tutte le confraternite laicali, e di tutte le scuole d’arti, di tutti gli ordini religiosi o monastici, e di tutto il clero secolare della città e de’ suoi contorni, di tutta la nobiltà e cittadinanza di Trento, e di tutta la Corte del defunto Principe in abito di gramaglia, ed in fine d’un’immensa folla di popolo, che sinceramente piangea la di lui morte. Le sue esequie furono rinnovate solennemente per tre giorni con esservi stata recitata ogni volta un’orazione funebre da tre [p. 150 modifica]diversi oratori. Questi onori resi dopo morte a quello, da cui nulla più avevasi a sperare o temere, ed in cui rimaneva estinta interamente la sua famiglia, onori resi spontaneamente e generalmente da tutte le classi della società, sono la più sicura e certa testimonianza delle virtù del Principe, a cui si rendettero. La Casa Madruzzo, che con ragione può riguardarsi come una delle più insigni famiglie d’Italia, regnò in Trento incominciando dal Cardinal Cristoforo pel corso non interrotto di cento diciannove anni, ed il governo de’ quattro Vescovi Principi, che si succederono, fu sempre giusto, moderato, e paterno, ed i popoli goderono costantemente durante questo lungo periodo d’uno stato, per quanto il permette la condizione delle cose umane, tranquillo e felice.