Liombruno/Cantare secondo

Cantare secondo

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Cantare primo

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CANTARE SECONDO

1
Imperador de’ regni sempiterni,
luce del mondo e bontade infinita,
che tutto il mondo mantieni e governi
ed incarnasti in la Madre gradita,
donami grazia, Dio, tal ch’i’ discerni
la bella istoria con rima fiorita.
Al nome di Dio voglio cominciare
di Liombruno il secondo cantare.
2
Signori, io dissi giá nell’altra rima
come Liombrun del demonio scampòe;
di punto in punto vi contai da prima,
con grande onore al padre ritornòe;
e sí vi dissi, come il libro stima,
come madonna Aquilina il lasciòe,
e non gli lasciò arme né cavallo,
e come si scontrò in un gran fallo.
3
Tre malandrini avevano rubato
due mercatanti e morti a gran furore,
e’ lor denari avevano in un prato
sopra una pietra, a partirli in quell’ore
e ciascuno pareva disperato,
insieme si facevan gran rumore;
per darsi morte avean tratti i pugnali,
per un mantello ed un par di stivali.

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4
Perché il mantello lo voleva l’uno,
l’altro gli usatti non potea accordare,
il terzo, disse, rimaneva al bruno;
e tutti se n’avevano a crucciare.
Intanto lí passava Liombruno.
Quando lo vidder, tutti hanno a gridare,
e il piú antico di loro lo chiamòe,
e Liombruno prestamente andòe.
5
E sí gli disse: — Amico valoroso,
in queste cose ponci providenza.
Questo mantello è tanto grazioso;
di questi usatti sappi la credenza. —
E Liombruno a lor ebbe risposto:
— Acciò che possa dar giusta sentenza,
la virtú del mantel voi mi direte
e degli usatti, poi che lo sapete. —
6
Un di lor due, ch’era il piú saputo,
a Liombruno sí prese a parlare,
e sí gli disse: — Tu sei proveduto:
chi lo mantello adosso avrá a portare
da uom del mondo non sará veduto;
di questi usatti ti voglio contare:
e chi gli ha in piè, cammina come il vento,
perché son fatti per incantamento.
7
Liombrun disse: — Giá nol crederia,
se primamente non gli ho a provare. —
Il piú antico sí gli rispondia:
— Or te gli metti, e sí comincia andare,
alquanti passi fa’ per questa via. —
Ei se gli messe senza dimorare.
Da poi che fu calzato Liombruno,
ei del mantello domandava ad uno.

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8
— Sed egli è ver quel che voi detto avete,
un gran tesoro vale, in fede mia. —
Ed il piú antico disse: — Or vel mettete,
voi vederete s’ella così sia. —
Ed ei sel misse e disse: — Or mi vedete? —
— Non ti vediamo — il malandrin dicía.
Prese di quei fiorini a suo piacere,
di niuna parte lo potean vedere.
9
E Liombruno non tardò niente,
el mantello e gli usatti n’ha portati.
Ciascun de’ malandrin restò dolente:
sopra el piú antico si fûrno crucciati,
dicendo: — Gli è tuo amico o tuo parente,
che per tal modo via ne l’hai cacciato. —
Il piú antico disse: — Nol conosco,
nol viddi mai, se non in questo bosco. —
10
E non gli valse scusa ch’e’ facía,
che pur al tutto non volson udire,
dicendo: — Pur tu l’hai mandato via,
per ritrovarlo poi al tuo desire! —
Forte infiammato, ciascuno venía,
con le spade il cominciono a ferire,
in cotal modo che costui moríe
suso quel prato e sua vita finíe.
11
E, fatto questo, si furon voltati
suso la pietra, ov’erano i danari,
e, vedendo com’erano scemati,
tutti a due se n’ebbono a crucciare,
dicendo l’uno a l’altro: — Gli hai rubati! —
e con le spade comincionsi a dare.
Li colpi furon valorosi e forti
ché in quel prato ambidue restaron morti.

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12
E Liombruno udiva il gran rumore,
voltossi indietro e stavasi a vedere,
e vidde i crudi colpi di valore
che ciaschedun si dá di mal volere;
indietro ritornò, senza timore,
e prese quei fiorini a suo piacere,
ch’eran piú di tremila settecento,
poi camminava piú che non fa il vento.
13
E Liombruno tanto camminòe,
che presso a un’osteria ne fu arrivato
e dentro quella prestamente entròe;
tre mercatanti v’ebbe ritrovato,
e messer Liontbrun gli salutòe.
Ed il saluto a quello han raddoppiato;
per lo saluto fece Liombruno,
in piedi fu levato ciascheduno.
14
Vedendo Liombruno i mercatanti
che ciaschedun gli facea grand’onore,
a lor parlava con dolci sembianti:
— Sedete giuso, o caro mio signore! —
E Liombruno disse a l’oste: — Avanti,
reca del vino e togli del migliore,
a questi mercatanti date bere,
ché voglio star con lor di buon volere. —
15
E, cosí stando, il vino fu recato.
Poiché ebbono bevuto lí davanti,
Liombruno allora sí ebbe parlato,
ed a lor disse: — O degni mercatanti,
voi che cercate il mondo in ogni lato,
li regni e li paesi tutti quanti,
deh, ditemi la terra oltramarina,
ov’è signora madonna Aquilina! —

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16
Niun di lor non gliel seppe insegnare
e ciascun gli rispose assai cortese:
— Mai a mia vita l’udi’ menzionare,
in veritade, mai cotal paese. —
Disse il piú antico: — Tu potresti andare,
molt’anni e molti, piú che qualche mese,
non troveresti sí fatto argomento,
non tel potria insegnar se non il vento. —
17
Liotnbrun disse: — V’è nissun che sapesse
come il vento io potesse ritrovare? —
Ed il piú antico par che rispondesse:
— Se su quel monte tu potessi andare
ed aspettassi vento che traesse,
ché da un romito vengono albergare
piú di sessanta venti di certano;
quando vi sono, ognun par corpo umano.
18
Ma dell’andar non ti metter in prova,
ché non fu giamai uomo alcuno nato;
sol un romito, e questo si ritrova,
perché da’ venti sí vi vien portato,
ed ogni capo d’anno si rinnova,
siccome l’alto Dio ne gli ha ordinato;
e cosí viene portato dal vento,
siccome a Dio Signor è in piacimento.
19
Questa montagna è di sí grande altura,
cosí pendente da montar lá suso,
ma, se nessun vi monta per sciagura,
mezzo miglia non va, che cade in giuso,
morto si trova giú, in quella pianura.
Però d’andarvi nessun mai fu uso.
Deh, non andar, se tu non vuoi morire! —
Disse Liombruno: — E’ mi convien pur gire. —

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20
Ancor non era il sole tramontato,
e da costor Liombruno si partía.
Il mercatante sí gli ebbe insegnato
della montagna il cammino e la via,
e Liombruno l’ebbe ringraziato.
Di lí si parte, il mantel si mettía
e que’ stivali pigliò a tal partito,
che innanzi sera giunse dal romito.
21
Per la virtú che avean quegli usatti,
allegramente Liombrun camminava,
alla montagna giunse a tali patti,
senza paura suso alto mirava.
Arrivato alla cella, batti, batti!
e quel romito si maravigliava,
e ’l segno della croce si facea,
lo sportell’apre e nessun si vedea.
22
E quel romito gran paura avía,
credendosi che fusse il diavol fello.
E Liombruno indietro si traía,
tosto di dosso si cavò il mantello,
chiamando Cristo con Santa Maria,
e si fece davanti allo sportello.
E quel romito forte si assicura,
chiamar sentendo la Vergine pura.
23
Ancor non era il sol bene al tramonto,
che Liombruno è al romito arrivato,
secondo che l’istoria ne fa conto.
Quel romito sí l’ebbe domandato,
e disse: — Amico, a che se’ tu qua gionto?
Or da qual parte se’ quassú montato?
Uomo non fu giamai che ci arrivasse
salvo se ’l vento non ce lo portasse. —

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24
E Liombruno sí gli respondía,
e disse a quel romito con desio:
— Mi ha portato la ventura mia,
e gli stivali che portato ho io,
sol per amore della donna mia,
la quale tien legato lo cuor mio.
Donna Aquilina si chiama palese,
che signoreggia questo stran paese. —
25
E quel romito, ch’è da Dio ispirato,
a Liombruno sí prese a parlare:
— A la mia vita mai, a nessun lato,
cotal paese non odii nomare. —
Disse Liombruno: — E’ m’è stato insegnato
che quassú i venti vengono albergare.
Per lo mio amor, quando saran tornati,
per vostra cortesia, gli domandati. —
26
— Or entra dentro — quel romito disse —
infin ch’e’ venti tornan uno ad uno,
e intenderò s’alcun ve ne venisse. —
E nella cella entrava Liombruno
nel luogo del romito, e lí s’affisse,
perfin che i venti tornasse ciascuno.
E quel romito sí gli scongiurava,
e di monna Aquilina domandava.
27
In prima venne il vento di Ponente,
e dopo lui il gagliardo Garbino,
vento Levante poi subitamente,
e ’l vento Greco e ’l buon vento Marino,
vento Maestro venne similmente,
che face ’l mondo al suo furor tapino,
vent’Ostro, Borea e vento Tramontana,
molti venti del mare e della Tana.

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28
E quel romito, ch’è da Dio ispirato,
tutti gli scongiurava arditamente
che quel paese gli fusse insegnato,
dalla parte di Cristo onnipotente.
Ciascun diceva: — Io non vi son mai stato. —
Ed un di loro parlò immantinente,
disse: — Sirocco ancor ha da tornare,
forse ch’ei lo saprá tosto insegnare. —
29
E, cosí stando, Sirocco è arrivato
e quel romito per virtú divina
di quel paese l’ebbe domandato
che signoreggia madonna Aquilina.
E Sirocco rispose: — Io vi son stato,
e tornare io vi voglio domattina. —
E Liombruno sí gli prese a dire:
— Se ti piace, con teco vo’ venire. —
30
E ’l vento disse: — Vuoi venir con mene
a quel paese, ch’è cosí lontano?
Ed aspettare io non potre’ giá tene,
amico; sicché tu ragioni invano! —
Disse Liombruno: — Io vo molto bene
e seguirotti per monte e per piano;
se domattina tu mi vuoi chiamare,
quando vorrai ’l cammin incominciare. —
31
Disse Sirocco: — Ed io ti chiameròe,
poiché con meco tu vuoi pur venire.
In niuno patto non ti aspetteròe,
questo ti dico e faccioti a sentire.
La strada col cammin ti mostreròe
e vederò se mi potrai seguire.
— Io son contento — Liombrun rispondía —
purché mi mostri ’l cammino e la via. —

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32
E quel romito da cena gli dava
di quelle cose che per lui avía.
L’angiol del cielo sí lo visitava.
E Liombrun col romito partía,
ed a dormir poi subito n’andava:
gli usatti di piè trar non si volía,
per star in punto, se ’l vento ’l chiamasse,
e seguitarlo dov’egli ne andasse.
33
E, quando il giorno si venne a schiarare,
Sirocco Liombruno ebbe chiamato,
e disse: — Amico, vuo’ tu camminare? —
Ed ei rispose: — Io sono apparecchiato. —
Uscí di fuora senza dimorare;
la strada ed il cammin gli ebbe mostrato,
dicendo: — Ve’ quella montagna, lungi?
Lassú mi troverai, se tu mi aggiungi. —
34
Poi si partiva Sirocco fuggendo,
e Liombruno da quel fraticello
prese commiato, e vassen via correndo
dietro del vento, e méssesi il mantello.
Sirocco indietro s’andava volgendo,
e Liombruno andava innanzi ad ello.
E cosí alla montagna egli arrivò
prima del vento, e qui lui aspettò.
35
— Or — disse il vento — che uomo sei tu,
che non ti posso veder né sentire
e quanto me cammini, ed ancor piú?
Io non credea che potessi venire.
Quella montagna, lungi, vedi tu?
Lassú con meco ti conviene gire
e sí ti mostrerò, amico bello,
di madonna Aquilina il suo castello. —

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36
Allor Sirocco innanzi si avviava,
Liombruno il mantello si mettía,
e innanzi al vento d’un gran pezzo entrava.
Sirocco pur indietro si volgía,
e spesse volte Liombrun chiamava;
e Liombruno innanzi rispondeva.
E cosí alla montagna fu arrivato
innanzi al vento, e ’l mantel s’ha cavato.
37
Cosí cavato che s’ebbe ’l mantello,
il vento giunse e tal parole disse:
— Io ti prometto, caro amico bello,
che sei ’l miglior corrier che mai sentisse!
Or leva suso e lá vedi il castello. —
E poscia il vento da lui dipartisse,
e per un’altra strada se n’andava,
e Liombruno al castel camminava.
38
E Liombruno niente ha dimorato
per infin ch’al castel ebbe arrivare;
con allegrezza subito fu entrato
e nel palazzo entrò senza tardare.
E nella sala trovò apparecchiato,
che madonna Aquilina è a desinare.
Egli si affetta e mangiava al tagliero;
la donna non vedeva il cavaliero!
39
Una donzella di cortel tagliava,
l’altra donzella di coppa servía,
e Liombruno di buon cuor mangiava,
ciò gli bisogna, e nessun non vedía.
Ma quella dama si meravigliava
che quella robba, che innanzi venía,
la quarta parte non gli par mangiare
di quel che innanzi si facea recare!

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40
E quella donna nobile e reale
subitamente sí s’ebbe pensato,
infra ’l suo cuore disse: — Gli è segnale
che Liombruno sí è mal arrivato:
o ch’egli è molto, o ver ch’egli ha gran male!
Tapina me, ch’io feci gran peccato!
Io non dovevo guardar al suo fallo,
che non gli lasciai arme né cavallo! —
41
Per la virtú che aveva quel mantello,
le donne non vedevano l’ardito;
e Liombruno aveva ancor l’anello
ch’ella gli die’, quando si fu partito.
Ed egli allor si ricordò di quello,
e Liombruno, quel signor gradito,
sopra il taglier se lo lasciò cascare.
La donna il vide, e presto ebbe a parlare:
42
— Questo è l’anello cosí grazioso,
ch’a Liombruno diedi quella volta
ch’egli da me partí tanto gioioso,
e verso la sua patria diede vòlta.
Sempre il mio cuor ne resterá doglioso,
e l’alma mia sará fra pene involta
fin che ’l mio cor non veggio e la mia vita! —
E cadde in su la panca, tramortita.
43
Le donne la portorno suso a letto,
fregandole le mani e ’l chiar visaggio.
Ella rivenne e disse con affetto:
— Lassa! tapina me! come faraggio?
Di Liombruno, il mio sposo diletto,
in questa notte saper io vorraggio,
lá dove gli è andato ed in qual parte!
In questa notte lo saprò per arte. —

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44
Allor le donne di camera uscía,
come la donna gli aveva ordinato
presto Liombrun dentro se ne gía,
alla sua sposa egli si fu accostato;
e quella donna di dolor dormía;
presso di lei egli si fu appoggiato,
il chiaro viso e la bocca ha baciata
di quella donna, che si fu svegliata.
45
E Liombruno il mantel si mettía
e la sua donna nol vedea per niente.
Subitamente questa si dicía
infra ’l suo cuor: — Lassa, o me dolente!
che Liombruno fussi mi credía,
io bene l’ho sognato certamente.
Tapina me, ch’io non ho piú conforto!
Questo segno è che Liombruno è morto! —
46
Cosí la donna, non vedendo niente,
un’altra volta si mise a dormire.
E Liombrun si fece similmente.
Piú che di prima la fece smarrire;
ma ella si voltò sí prestamente,
che del mantel non si puoté coprire,
che pur alquanto lo vidde per certo
prima che del mantel fusse coperto.
47
Ed Aquilina di dormir si finse.
Liombruno il mantello si ha cavato;
ella fu presta e con la mano il cinse,
’nanzi che del mantel sia covertato,
sí fortemente allora ella lo strinse,
dicendo: — Liombrun, chi t’ha insegnato
lo incantamento adoperi per arte?
Chi t’insegnò venire in questa parte? —

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48
E Liombrun gli disse tutti i fatti,
de’ malandrini che trovato avía
e del mantello ancora e degli usatti,
e di quel vento gli insegnò la via.
Infra lor due non bisognò altri patti;
le braccia al collo ciascun si ponía,
e poi intramendue si fêr la pace,
annullando ciascun ciò che dispiace.
49
E così stêrno insieme allegramente,
infin che visson, con perfetto amore.
I’ priego Gesú Cristo onnipotente
e la sua Madre, piena di valore
che salvi e guardi tutta buona gente,
che si mantenga in pace e buon amore.
Al nostro fine Dio ci dia la gloria.
Al vostro onor, finita è questa storia!