Le rive della Bormida nel 1794/Capitolo X

Capitolo X

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CAPITOLO X.



Staccia buratta, dal convento alla palazzina del signor Fedele, e da questa al convento, siamo lì, direbbe un marinaio genovese, sempre di faccia a Pegli. Ma quello che non posso pigliar di spazio, piglierò di tempo; per dire, che in capo a quindici giorni, ognuno in quella casa, aveva intera nel viso e nei portamenti, l’impressione dell’animo in cui s’era sentito all’arrivo dell’Alemanno.

Al signor Fedele, s’era fatta una cera di trionfo; non vedeva più che Bianca, la portava in palmo di mano, era il suo occhio dritto. Damigella Maria e Margherita parevano la istoria dell’olmo e della vite; e stavano sole la meglio parte del giorno, scansando con ogni cura il padre Anacleto. La cieca aombrava più sempre, dell’avviamento che pigliavano le cose; si coricava la sera disegnando per l’indomani di dire tutto il suo cuore; ma poi taceva dalla tema di ridestare le collere del cognato; di far nascere qualche diceria sul conto della nipote; e confidando nel senno di questa, tirava innanzi. Il frate veniva sin due volte ogni giorno, e soleva passare di lunghe ore, o vicino a Bianca o al letto dell’Alemanno; il quale aveva cominciato a migliorare tanto che presto si sarebbe sentito risanato.

E Bianca? Riacquistato l’affetto del padre, non [p. 183 modifica]s’accorgeva di nulla, neanco dei mutamenti avvenuti in sè stessa. La solitudine patita per castigo, nei giorni andati, adesso la cercava da sè. In quell’ore solitarie le accadeva sovente di trovarsi, non sapeva nè a che nè come, vicino all’uscio dell’Alemanno; e là origliando i discorsi piacevoli del frate o del proprio padre, gioiva; e le pareva strano, ma delle tre, la voce del ferito le cercava il cuore più dolcemente. Pensava all’Alemagna lontana, ch’essa non sapeva immaginarsi diversa da quella vallicella e da quei monti, che aveva sempre veduti intorno a sè. Le città, le grandi vie, i giardini di cui udiva parlare, non potevano essere più che le vie di C.... prolungate; non più che orti come quello del convento, forse un po’ meno foresti; la casa del barone poi, se la figurava come quella dei marchesi di C..., tutta sale e gallerie da trovarvisi spauriti. Egli parlava dei suoi, e più della propria madre, dando a capire come fosse di grande stato: e Bianca sentiva pietà di quella donna lontana; e come un lampo, che guizzando lascia nell’occhio una traccia luminosa, le passava dinanzi l’imagine della signora Maddalena. Già, tutte le madri sono donne di una certa età, quali più quali meno, ma tutte un po’ meste; e la fanciulla s’accostumava a confondere quella dell’Alemanno con quella di Giuliano. A questo poi non pensava più, se non come ad un peccato di cui avesse fatta la confessione, e ne fosse stata assolta con qualche rabbuffo. Se alle volte l’immagine di lui si veniva a porre in mezzo a’ suoi pensieri, essa penava prima di poterla scacciare; ma se ne confidava al padre Anacleto, il quale la tirava su da quelle corte cadute, e la rimetteva in via benedetta. Le ore che passava col frate l’accostumarono alla sua compagnia; nè l’avrebbe pensato mai, ma una volta ch’egli non comparve, capì che di lui non poteva fare a meno, per difendersi dalle memorie pure e dolcissime, d’altri tempi ancor freschi. Come mai non compariva, egli puntuale sempre come un oriolo, a venire, dopo aver detto messa? [p. 184 modifica]Che al padre guardiano fosse paruta soverchia la frequenza di lui in quella palazzina, o gli avesse vietato di tornarvi? Bianca cominciava a formare congetture e a spazientirsi, s’affacciava ogni tantino a vedere se spuntasse da qualche parte, si provava a farlo partire colla fantasia ora dalla cella, ora dalla sagrestia; l’accompagnava contandone i passi, «eccolo — diceva — dovrebbe esser qui,» tornava ad affacciarsi...., nulla. Allora ripigliava il suo lavoro, stizzita.

Un giorno essa era sola nella sala; il signor Fedele s’era recato al borgo per sue faccende: damigella Maria e Margherita, essendo assai di mattino, non erano per anco venute fuori della loro camera; ed essa poteva pensare, sospirare, piangere a suo talento, che nessuno l’avrebbe turbata. Sfaldava tela, sebbene in tutti quei giorni, delle filacciche ne avesse fatte tante da bastare ad una intera coorte di feriti; e si sarebbe detto che non pensasse, come alla fine dovesse pur venire un giorno, in cui l’ospite non avrebbe più avuto mestieri di quelle robe. E sì che sapeva come egli, da un par di giorni, cominciasse a vestirsi, e stesse in camera coll’agonia di poter fare due passi all’aperto!

In uno di quei momenti in cui stanca d’affacciarsi invano, pensava al rimprovero da farsi al padre Anacleto, un fruscio, come di sandali, le si fece sentire alle spalle; ed essa levandosi ritta, nell’atto di volgersi a chi veniva, sclamò: «bravo, il padre Anacleto!» ma facendosi nel volto di fuoco, poi come un panno lavato, chinò gli occhi quasi persona colta in fallo, e giunse le mani tremando.

L’Alemanno, pallido, col braccio sorretto da una fascia annodata sul collo, severo e quasi bello, sebbene paresse intimorito, con voce impressa di gentilezza e d’affetto, le disse:

«Ed io?.... Io le fo paura? Veggo che ho osato troppo.... Ma, o Bianca, se m’avesse visto qua dentro in questi giorni....! Essere in casa sua, sapere che era [p. 185 modifica]sempre lì a due passi...., mia fidanzata...., e non vederla....! Ora..., l’ho intesa sospirare, son venuto per dirle che io non posso più reggere..., e veggo che le ho fatto paura...»

«Oh no paura...! credeva fosse il padre Anacleto...» rispose Bianca cogli occhi bassi e colla voce tremante.

«Ebbene — ripigliò l’Alemanno — sono io..., sono io qui, per dirle quello che sa, ma che non ho potuto dirle mai da me..., l’amo, e le chieggo una grazia, quella di dirmi il giorno delle nostre nozze...»

Essa che già era confusa e quasi smarrita, udì queste parole, come fosse stata a camminare sul ciglio d’una rupe altissima, e un impeto di vento l’avesse investita, in punto di mettere un piede nel vuoto. Diede uno sguardo intorno a sè; e il suo pensiero urtò per tutto. L’empio che aveva amato riputandolo un angelo; il frate che si era adoperato a salvarle l’anima; la memoria dei trattamenti paterni del mese addietro; tutto le turbinò in giro, togliendole la vista d’ogni varco a scampare: e alzati un poco gli occhi in viso all’Alemanno, vedendolo in certa guisa abbellito dallo struggimento, aperse le labbra e le venne detto:

«Bisognerà sentire mio padre...

«Oh! benedetta la mia vita! Voi Bianca verrete a far meravigliare le donne delle mie contrade, comparendo un momento in mezzo ad esse! Un momento solo..., poi torneremo quassù, e vi farò signora di tutto quel che vi parrà bello...! Io farò vostro quel castello, che vedeva là dal mio letto, e in questi giorni lo riedificai colla fantasia mille volte...! E lo riedificherò per voi davvero..., vi chiameranno la castellana, ed io sarò l’uomo più felice di questa terra...! Dov’è vostro padre?

«Non è in casa... rispose a fatica Bianca.

«Non è in casa? — sclamò l’Alemanno turbato; poi sentendo dar giù quel bollore dell’animo, proseguì umiliato: «allora.... perdonatemi.... mi perdoni, Bianca, io non lo sapeva...»

E salutando modestamente, lasciò lei che non mosse; [p. 186 modifica]discese le scale, uscì dalla palazzina, e aprendo il petto a quell’aria pura del mattino, non più respirata da lunga pezza, temprò un poco quella sorta di sgomento in cui era caduto. «O bei colli — sclamò — patria mia dell’avvenire, io vorrei baciare ogni vostra zolla! Ma essa..., che dirà di me...? Penserà che io stetti in agguato per coglierla sola?» Questo pensiero gli fece scottare la terra sotto le piante; vagò senza badare per dove; e alla fine s’abbandonò a piè d’un filare d’avellani, forse a un trar di mano dalla palazzina.

La fanciulla, rimasta un tratto come persona che pena a destarsi; rinvenendo da quella sorta di stordimento, sentì qualcosa che poteva essere rimorso e sdegno dell’Alemanno, di sè, di tutto; ma udendo la zia che entrava in sala, fuggì paurosa in punta di piedi; prese le scale, fu alla porta della cascinaia, la chiamò a bassa voce come per un brutto sotterfugio; e corse con essa difilata al convento.

«Bianca — diceva la cieca, mestissima nell’aspetto, venendo oltre per la sala, colle mani tese verso la parte dove la fanciulla soleva stare: — ho inteso... tutto... tu dunque lo sposerai? tu ci lascierai qui sole, e andrai tanto lontana, che neanco sapremo di te se sarai viva o morta? Non ti ricordi di quel giorno, di don Marco, della signora Maddalena...? Oh tu singhiozzi...! tu non lo sposerai no, tuo padre non fisserà nessun giorno...! tu sei più mia che sua, nevvero? Vieni... vieni Margherita... (e porgeva la mano a questa che veniva dietro lentamente), vieni... preghiamola, povera Bianca... ti vogliono ingannare...

«O zia, — diceva Margherita — Bianca non v’è mica, non v’è...

— Come! — esclamò damigella Maria, corrugando la fronte; e il petto le si affannò, la gola le si gonfiò di singhiozzi l’uno incalzato dall’altro, vacillò, si resse a Margherita, e tacque.

In questo mezzo Bianca giungeva al convento. Sotto il [p. 187 modifica]portichetto, donde si godeva la bella vista dei pergolati, alcuni laici sedevano sulla cassapanca colle mani in mano; di certo chiacchierando di pace e di guerra, che tale era di quei giorni l’oggetto d’ogni discorso. All’apparire di lei, forse si misero a parlare della sua bellezza, e ci avranno avuto il garbo, che avrebbe a suonar la cetra quell’animale, di cui ricorre il nome quando tra uomini si vuol dirsi ingiuria.

Come la giovinetta fu vicina a costoro, dimandolli del padre Anacleto, dove lo si potesse vedere; ed uno, il quale alla colatura di cera che aveva sulle maniche del saio pareva il sagrestano, pose lei e la cascinaia su di una viuzza che menava a trovarlo.

Bianca ringraziò appena, e si mise a camminare frettolosa, lasciando quei laici addietro a fare le congetture.

Proprio bell’e in mezzo al bosco, vi era uno spianato erboso, sopra il quale i rami delle querce più antiche, erano infittiti per modo che non vi poteva raggio di sole. Sorgeva a quell’ombra una cappella modesta, quella se ci rammenta, a cui damigella Maria aveva fatto voto di venire di notte per ringraziarvi San Francesco, della pace ricondottale in casa dal padre Anacleto. Il Santo era dipinto sul muro di quella cappella, a mani giunte dinanzi a un crocifisso, con a piè della croce un teschio e un libro, i cui fogli parevano assai bene agitati dal vento. Due lagrime gli colavano per la guancia scarna, e le stigmate apparivano infiammate e sanguinose. La dipintura si vede ancora ai nostri dì, e durerebbe intatta, se molte scalcinature non mostrassero che vi furono tratte schiopettate, a prova o a disprezzo. Quelle palle le tirarono i Francesi nel 1794, nè so come non sia stato detto che il piombo rimbalzando uccise i profanatori. Nella vallata lo si avrebbe creduto; e sarebbe rimasta fama di malurioso al luogo assai bello. Il quale in un col convento minato, attende qualcuno che del mondo n’abbia assai; e venga a farne la sede di piaceri [p. 188 modifica]tranquilli; e ad allevarvi figliuoli, robusti come i nodi di quelle roveri solitarie, che videro il mio frate e la fanciulla che l’andava a trovare.

Egli pigliava il fresco, seduto su d’una delle pietre che giacevano a piè della cappelletta; e lavorava a formare di canne un arnese, da farne un presente al barone. Appena le due visitatrici l’ebbero veduto, la cascinaia, da donna esperta, rattenne il passo; lasciando che Bianca andasse oltre da sè. Questa che non bramava di meglio, entrò sotto l’ombra delle querce, togliendosi la pezzuola che tra via s’aveva messa in capo; e il suo volto acceso dal caldo già forte a quell’ora, espresse subito il ristoro della freschezza che era là sotto.

Alle pedate leggere, il frate alzò il capo, e visto lei che discosta pochi passi si peritava a venire innanzi; levossi in piedi e le si fece incontro sorridendo:

«Che miracolo — le disse — che tu, figliuola mia, sia venuta sin qua con questo sole?

«Ci sarei venuta se anche avesse grandinato a baleni — rispose Bianca. — O perchè stamane non si è fatta vedere?

«Eh! a casa tua ci verrò di rado d’ora in poi; tua zia si è fatta capire che non le vado più a genio...

«Mia zia...? Ma le sarà parso, padre...

«Eh sì parso! E mi è parso che tiri dalla sua anche Margherita... Ma finchè avete in casa un uomo che soffre io ci verrò... Vedi? Stava appunto lavorando per lui quest’arnese, che è un’incannucciata da reggervi il braccio, quando uscirà a passeggiare...

«Padre — disse Bianca chinando gli occhi, vergognosa di aver lasciato che il frate entrasse pel primo a parlare di colui, che in parte era la cagione di quella sua venuta, — egli è già uscito.

«Ebbene? che c’è da farti rossa per questo?

«Egli mi trovò sola, e mi chiese quale sarà il giorno che io fisserò...

«Per le nozze, nevvero? Oh! E tu chi sa che avrai risposto...? [p. 189 modifica]

«Che bisognava parlare con babbo...

«Saviamente risposto! Ma... quella castellanina di cui parlammo una volta, avrebbe avuto altro cuore.... E tu quando tuo babbo avrà fissato il giorno; tu testolina, avrai viso di rispondere che non lo vuoi più...

«Ma non ha visto padre, che gran signore egli è? Che dirò quando mi condurrà nella sua città, nel suo palazzo? E sua madre? Mi troverà fatta troppo alla buona...; e poi no... io non voglio andare così lontano, voglio vedere sempre mia zia, mia sorella...

«Ah sempliciona! E tu una volta pensavi di andar monaca, di quelle che non escono più di monastero nè vive nè morte! Stai pure, che coll’amore si vince, e potremo tirare il tuo sposo a stabilirsi quassù da noi.

«Per codesto, disse che comprerà tutta la vallata, o il castello; e che lo farà ricostruire per me...

«Vedi, vedi? Lascia fare a me, che dentr’oggi s’ha a a fissare ogni cosa...

«Oh! padre... no così presto...

«Sta zitta: Tutta la valle sa che ti hai a sposare.... E se la guerra ce lo portasse via? Che si direbbe? Che t’ha piantata... Chi ha tempo non aspetti. Tu sarai la prima dama del borgo; avrai fanciulle che ti serviranno come una regina; ti faranno priora della confraternita di Sant’Elisabetta; e quando sarai lassù nel tuo castello, a farti fresco col ventaglio, affacciata al balcone; e vedrai questo povero frate, per l’erta, venire da te..., dirai: «Sarei stata pur sciocca a non dargli ascolto!» Ed io sarò contento, come fossi io stesso al tuo posto.»

Bianca, ascoltando, fissava gli occhi nell’erba; e pareva le si dipingesse su quella, la scena di cui il frate parlava. A un tratto essa uscì in queste parole, che suonarono come un ultimo squillo di tromba in mezzo alla sconfitta.

«Ma egli è soldato....

«E gli faremo smettere il mestiere! — sclamò il frate impettito come chi ha superato l’ultimo riparo nemico: [p. 190 modifica]— gli faremo smettere il mestiere: s’intende nè oggi nè domani, ma quando lo potrà, colla stima dei gentiluomini suoi pari...

«Ma se venisse a sapere che io volli bene a quell’altro....

«E chi glie l’ha a dire....?

«E il Signore m’avrà perdonata...?

«Altro che perdonata! — interruppe il frate, prodigo di perdono, appunto (per continuare la similitudine) come il vincitore di cure al vinto; — va in buona ventura..., anzi t’accompagnerò io stesso....

«Oh no! — pregò Bianca — ci venga più tardi: il barone potrebbe credere, che io sia venuta da lei a posta....

«E tu va... che io ti seguirò...»

Bianca stette un altro poco, quasi avesse qualcosa ancora da dire; poi baciato quel benedetto cordone, che aveva avuti tanti suoi baci, raggiunse la cascinaia rimasta sempre in disparte; e s’allontanarono, spedito com’erano venute, per un sentiero, che lasciando il convento a manca, metteva di là alla palazzina.

Poichè le ebbe viste sparire, il padre Anacleto si volse a quel San Francesco della cappelletta, e dall’allegrezza gli parve di vedere il diavolo, vestito alla foggia del paese, fatto della persona su per giù come quel Giuliano di D..., fuggire colle corna rotte e colla coda tra le gambe, più che se avesse avuto alle spalle una fiumana d’acqua benedetta. Si prostrò dinanzi all’immagine del Santo e proruppe. «O San Francesco, sia vostra gloria, se io senza correre in contrade selvagge, senza attraversare mari e deserti, ho potuto togliere al diavolo l’anima di questa fanciulla! Così il buon pievano di D..., potesse acciuffare il giacobino che la voleva perdere; acciuffarlo e guardandogli bene in viso, dirgli: «ma chi t’ha posto in corpo la legione di demoni che tu ci hai? Pentiti, pentiti, pentiti!» e dargli intanto squassi e benedizioni, finchè gli avesse tutti vomitati...! [p. 191 modifica]

Nella foga del dire, per poco non tese la mano ai capegli dipinti del Santo, scambiandolo per un vivo, ma subito la rattenne proseguendo: «San Francesco benedetto, tutta questa settimana e la ventura, dirò messa al vostro altare...!»

Ciò detto, si mise di nuovo su quella pietra, si recò in mano l’incannucciata che stava formando; e s’affrettò a terminarla cogli occhi sull’opera, e i pensieri nel barone ed in Bianca.

La quale rientrando nella palazzina, udì la zia e Margherita che parlavano tra loro in sala; e pur vergognandosi vinta dalla curiosità, intese queste cose.

«Dunque non c’è verso a trovarla? — diceva la cieca — Ma si fosse almeno certi della sua fuga...! Oh traditore! E colui? Affacciati, guarda se lo vedi sempre?

«Sì — rispondeva Margherita — è laggiù all’ombra degli avellani...»

Bianca udì; e quelle parole della zia le fecero come una fiammata levatasi improvvisa dal cuore per tutta la vita. Non sapeva bene il perchè, ma si sentiva ferita proprio nel vivo dell’anima; e fattasi forza salì, si mise dentro la sala, severissima nell’aspetto.

«Eccola! eccola! — gridò Margherita, battendo le mani e correndo ad abbracciarla.

«Donde venite? — chiese levandosi ritta, la cieca — E Bianca, più sempre ferita da quel sentirsi dare del voi rispose:

«Dal convento.

«Questa è la prima, e sia l’ultima volta che v’avrò vista allontanarvi.... da sola! Almeno, dico sin che io sarò qui....: dopo farete il piacer vostro!

«Ah zia» — sclamò Bianca, dandosi le mani nel viso; e col cuore alla gola salì in camera. Là il pensiero le ritornò sui giorni passati nella solitudine e nel pianto. Ma allora niuno aveva pensato di lei, quello che le pareva d’aver indovinato, nelle parole della zia. Adesso l’ingiustizia le parve troppa; troppa verso di lei, troppa [p. 192 modifica]verso l’Alemanno; e quasi per ricattarsi dell’offesa, si compiacque amaramente nel desiderio, che il barone fosse vicino, per farsi udire dalla cieca a parlare con esso.

In questo mezzo, il padre Anacleto, s’era mosso anch’egli dalla cappelletta, e per diverso sentiero da quel che aveva visto pigliar da Bianca, veniva alla palazzina. Quando all’uscire del bosco fu sopra un poggiuolo scoperto, dal quale si poteva godere la bella vista del pian di C...., che a quell’ora di mezza mattinata pareva una conca; si fermò un istante, e gli cadde lo sguardo sopra un uomo, che giaceva nel vigneto del signor Fedele, a piè d’un filare d’avellani. Il sito era in parte, donde non si poteva vedere chi venisse dal convento per la via fatta da Bianca; ma il padre Anacleto, che teneva altro sentiero, fu visto da quell’uomo, il quale subito si levò in piedi, e mosse ad incontrar lui, che facendosi solecchio colla mano procedeva guardandolo.

Quell’uomo era il barone, stato quasi due ore a giacere sull’erba, oprando poco da savio, uscito come era di malattia. Se n’avvide ai primi passi che volle fare, perchè le gambe non lo volevano reggere, e gli pareva che il cervello andasse per aria. Allora s’appoggiò ad un albero e attese il frate, che disviando un tantino, veniva diritto verso di lui.

«Figliuolo, — disse questi arrivando e facendo vedere l’incannuciata; — ecco tutto quello che ci rimane di quel che sapeva fare San Francesco: egli risanava gli infermi con un soffio, io ho potuto appena formare quest’arnese che l’aiuti a reggere il braccio un po’ più agiato che codesta fascia....» E presogli il braccio, glie lo acconciava, su quello strumento con molto amore.

«A me importa nulla guarire!» — disse il barone con voce profonda.

Allora il padre Anacleto guardandolo in viso, sfatto come fosse tutt’altro che in via d’uscir guarito, diede un passo addietro e proruppe: «O che la fa [p. 193 modifica]bestemmiare in codesta guisa? E che vuol dire la faccia così smorta?

«Ho fatto una mala azione, padre; e meriterei che mi si spogliasse della divisa, e mi si mandasse ai Francesi, che mi uccidessero!.... In casa al signor Fedele io non c’entro più, perchè uscii di camera, trovai Bianca..., le parlai..., e suo padre non c’era....

«Oh ragazzo! — interruppe il frate; — uomini che con una spada in mano affrontano la morte, tremano in casa d’amici, per una parola, per uno sguardo! O Bianca non è sua fidanzata? E quando non ci si trova niun male noi, voi ve lo trovate?»

L’Alemanno mise i suoi occhi verdastri, tra ciglio e ciglio al padre Anacleto; e gli parve di non aver visto mai viso impresso di più sincerità. Non aggiunse parola, si lasciò pigliare a braccetto, e condurre alla palazzina; discosta quanto un uomo destro lancierebbe, in due tratti, una pietra.

Là, il signor Fedele, tornato un momento prima da C... aveva cacciato il capo dentro la camera dell’Alemanno, ma vistola vuota, rimasto col piede sulla soglia, e col dito sul sali-scendi, chiedeva stupito alla cognata, che non s’era mossa dalla sala:

«E il signor barone?

«Il signor barone — rispose asciuttamente la cieca: — potete cercarlo fuori; in casa non c’è, e così non vi fosse stato mai!

«Oh lo spensierato che io fui! — sclamò il signor Fedele dandosi una palmata nella fronte: — spensierato che io fui a lasciarvi sole, a non tornare addietro, quando incontrai quel guasta capi di don Marco, che veniva da questa parte! Che c’è venuto a fare qui? Chi l’ha chiamato? dov’è? Ditelo, prima che vi ponga le mani addosso!

«Don Marco! — levossi a dire la cieca maestosa, mentre Margherita le si rannicchiava dietro, paurosa del padre imbestialito: — don Marco? Fosse venuto! ma [p. 194 modifica]egli non si cura di voi, nè di noi.., nè delle case come la vostra...!

«Zitta! — disse il signor Fedele tra denti: — udite? il barone arriva..., guai a chi osa fiatare.» — E spingendo la cieca e Margherita verso la loro camera minaccioso, le chiuse; poi si fece sulla scala a vedere l’Alemanno che saliva aiutato dal frate.

Il barone era pallido, e pareva tornato ai giorni in cui la febbre della ferita l’aveva più travagliato. Teneva, salendo, gli occhi nel signor Fedele; e come fu in cima alla scala, li girò attorno, cercando con gran desiderio. Il frate fece per disopra le spalle di lui, un cenno a quello, che era lì per prorompere chi sa in quali esclamazioni; e fra tutti e due si diedero attorno a riporlo a letto. Egli si lasciava fare come un fanciullo.

Damigella Maria e Margherita spinte dal signor Fedele, in quella guisa brutale, nella loro camera, stavano questa sbigottita, quella così offesa nel vivo, e incerta di quel che s’avesse a fare; che si sarebbe chinata a baciare i piedi, a chi fosse venuto a darle un consiglio. E non le pareva vero che don Marco fosse passato da quelle parti, senza rammentarsi di lei, e fantasticava, e si lagnava di lui colla nipote. A un tratto si levò in piedi, e giunte le mani: «Oh guarda! — sclamò — e non ci aveva pensato. Oggi è il natalizio di don Marco, e di certo egli andò a dir messa laggiù a San Matteo. Non hai inteso la campanella, che sarà un’ora, suonava! E sì che mi pareva d’udirla dire: «vieni! vieni!» Margherita, dammi la mia pezzuola, poni in capo la tua, anderemo tanto che lo troveremo!

Margherita obbedì sollecita; e non viste nè udite dal signor Fedele, uscirono guadagnando spedite la via, che sul margine d’un rigagnolo detto dei frati, menava diritto a un gruppo di case, raccolte, come famiglia concorde, intorno ad una chiesicciuola, in fondo alla vallicella.

Là don Marco soleva andare il dì del suo natalizio, a dir messa e a pregare pei suoi vecchi; che erano stati [p. 195 modifica]di quel casale. I villani accorrevano dai campi e dai vigneti; reverenti a quel prete buono, che riveniva ogni anno, come la rondinella della gronda, a far sentire la sua parola d’amore nella chiesetta. Detta la messa, egli andava a far colazione con qualcuno di essi; poi se ne tornava a casa, e fino all’altro anniversario non lo si vedeva più comparire.

La cieca pensò, che il meglio era aspettarlo a un bivio, a mezza strada tra la palazzina e quel casale; e ivi si fermò appunto in quella, che egli spuntava a una svolta della via, camminando colla testa bassa, e forse pensando alla gente della palazzina, che vedeva poco discosta.

«È qui — disse Margherita, e damigella Maria si sentì dare un gran tuffo al sangue.

Appena le vide, don Marco affrettò il passo, e quasi turbato disse alla cieca: «grazie, o Maria, grazie! io da lei non mi sentiva il cuore di venirvi!

«O don Marco! in casa nostra non ci si può più vivere; ci comanda il padre Anacleto, e Bianca pare che le abbiano mutato il cuore. Venga, venga un po’ lei, ci scampi tutti, per carità...

«Andiamo — disse don Marco: e Margherita che s’era tirata in disparte, e in quel mattino s’era indonnita più che non avrebbe fatto in un anno; corse a dar in mano alla zia un po’ della sua gonna, come soleva, per aiutarla a camminare. Così mossero, badando essa e il prete, che la cieca ponesse a modo i piedi per quelle sassaie; e s’avviarono alla palazzina.

Bianca che non s’era più tolta dalla finestra della sua camera, gli scoperse improvvisamente. L’apparizione di don Marco, fu per lei, come se l’avessero posta dinanzi ad uno specchio, e di bellissima che era stata, si fosse vista divenuta deforme. Ripensò a quel giorno, in cui s’era andata a gittare a’ piedi della signora Maddalena, in casa del prete; sentì come un’eco lontana delle parole che aveva detto quel giorno; e misurato l’abisso [p. 196 modifica]che già la disgiungeva da quella d’allora; provò dentro qualcosa a guisa dei fanciulli, i quali svegliandosi al buio, colti da terrore, s’affagottano nelle coltri a segno d’affogare. La sua coscienza si fece codarda; e presa da uno sgomento invincibile, si cacciò su per una scaletta angusta, e si rifugiò in una torretta, che spiccava alta sul tetto della palazzina. Alcuni colombi, che annidavano lassù, turbati fuggirono a stormo per la campagna; ed essa, pensando che quegli innocenti l’avessero in orrore, si rannicchiò in quel luogo immondo, e non ebbe il conforto manco del pianto. Fu quello il momento più amaro della sua vita; ma pur di fuggire la vista di don Marco, sentiva che sarebbe stata lassù tutta l’eternità, come in luogo di penitenza.

Damigella Maria, Margherita e don Marco, giungevano intanto alla soglia della palazzina; e questi veniva messo dentro dalla cieca, in una stanza terrena, dove nella state si soleva raccogliere la famiglia a godere il fresco.

«Maria — disse egli — io aspetto qui suo cognato; vorrei parlargli da solo, gli dica che col suo comodo ci venga un momento.»

La cieca salì con Margherita, e trovato il signor Fedele che stava mangiando col padre Anacleto gli disse: «V’è di sotto una persona che vi vuole....»

Al tono della voce severo, al silenzio di Margherita, egli si levò da mensa, ricambiò col frate alcuni sguardi, discese a terreno, e si vide innanzi a Don Marco. Se l’aspettava e non se l’aspettava; ma da quel fino dissimulatore che egli era, non fece segno di essere scontento; anzi, gli fu incontro colle braccia aperte, come chi accoglie un amico desiderato.

«Fedele — cominciò don Marco — fummo amici da giovani.

«Amiconi, diascolo! In che ti posso servire?...

«In una cosa...; dimmi, in casa tua siete tutti felici?

«Felici! Tu insegni che il Signore felici non ne vuole; ma per quanto si può.... [p. 197 modifica]

«Tu stai per maritare Bianca?

«Te lo voleva dire quel giorno, in cui venni in casa tua a pigliare lo sposo....

«Sposo! E tu pensi che Bianca lo ami, codesto sposo che tu vuoi darle? Bada, Fedele; al mondo, dei miseri ve ne sono già troppi; e pensa che degli affetti delle fanciulle, un cristiano deve farne altra stima da quella che si suole. La donna è abbastanza infelice da sè: e darla contro il suo cuore, a chi piace a noi; è forse un aprire la via della fuga alla virtù, che prima o poi se ne va. Tua figlia ama un altro; lo sai?

«Che ha il nostro Don Marco?» — entrò dicendo il padre Anacleto, disceso in quel punto, a porsi tra i due.

«Ho che qui si vuol rovinare una fanciulla inesperta! — sclamò Don Marco all’improvvisa apparizione del frate: — ed ella dovrebbe aiutarmi a fare che non avvenisse!

«Ma Don Marco, — disse il signor Fedele, tutto cuore a sentirlo: — chi ti fa credere, che io voglia maritare per forza mia figlia?

«Va — interruppe il padre Anacleto, sicuro del fatto suo: — va, falla venir quà, che egli la vegga, la oda; certe cose non c’è che vederle da sè... va....»

Fedele salì, in cerca di Bianca; e il frate e il prete rimasero un istante a guardarsi in viso.

«Don Marco; — disse alfine il padre Anacleto: — ella è il decano del clero di C...; parliamoci chiaro: viene per intercedere a prò di quel suo scolare di D..., Giacobino e Volterriano, più prossimo al carcere che all’aule, dove dà a credere di stare a studio?

«Empio? — rispose Don Marco: — io, quanto a me, non so a qual uomo getterei in faccia questa parola. Che io poi sia qui pel bene di quel giovane, è la verità....

«E poichè ella dice la verità, la dirò anch’io; sì anch’io son qui, e ci fui, e ci sto: lieto d’aver tolta Bianca al pericolo di perdere l’anima sua, e d’averla tornata nell’obbedienza del padre.... [p. 198 modifica]

«Oh se noi, — sclamò doloroso Don Marco — se noi ci immischiassimo meno della salute dell’anime; e si pensasse a fare che sulla terra fosse un po’ più di giustizia! Si soffrirebbe meno, e si godrebbe abbastanza; e il fumo del peccato non s’innalzerebbe con quello degli incensi, che noi abbruciamo ogni giorno! Padre Anacleto, abbandoniamo questa casa ambedue, la luce del Signore vi discenderà da sè....»

A questo punto, il signor Fedele tornava con Bianca. L’aveva cercata coll’aiuto di Margherita, ed anche di damigella Maria; e scovertala in quel nascondiglio, erano riusciti a cavarnela più a forza, che colle preghiere. Di che stizzita, vergognosa, aveva dato in ismanie dapprima; poi sbigottita al pensiero dell’Alemanno che poteva udirla, e disperando d’essere lasciata in pace; «che si vuole da me? — aveva sclamato — che chiede Don Marco? Mi cerca? dov’è? io non lo fuggo mica!» E mentre la cieca si sentiva rimpicciolire il cuore, il signor Fedele quasi in punto di battere le mani dall’allegrezza, menava la figlia giù per le scale a quella stanza, dove erano Don Marco e il frate.

Alla vista dei due, Bianca fu quasi colta da capogiro: sentì gli ultimi pensieri di rispetto che aveva pel prete, cozzare coi nuovi postile in mente dal padre Anacleto, e involarsi; appunto come avevano fatto poco prima i colombi alla sua apparizione. E Don Marco, con voce impressa d’affetto pietoso le disse:

«O Bianca; sono venuto a vederti, e tu non mi dici nulla..., che pensi, che fai?...»

Essa chinò gli occhi e rispose:

«Io non ho nulla a dire... faccio quello che il Signore comanda..., obbedisco mio padre....

«Dunque tutto quell’affetto....

«Ho pianto abbastanza; — interruppe Bianca — e non voglio peccare, pur col rammentare il passato...»

Don Marco rimase come uomo che acciechi improvvisamente. Aperse le braccia, guardò in alto, e senza più [p. 199 modifica]dire parola, uscì di quella casa, dove gli pareva di sentirsi strozzare. La famiglia del cascinaio lo vide allontanarsi quasi fosse perseguitato da qualche nemico; e vide anche il padre Anacleto venir sulla soglia, e fargli dietro una croce, per mandarlo segnato e benedetto. Questi, rientrando, stava per fare le feste di quella sua nuova vittoria; quando tastoni, ansante, pallida come una morta, veniva giù della scala madamigella Maria.

«E voi — sclamava — voi avete scacciato Don Marco? Scacciate dunque me pure!» — E così dicendo faceva atto d’andarsene sola. Senonchè il cognato, il padre Anacleto, la stessa Bianca le furono attorno, e ingegnandosi di trattenerla, questa diceva:

«O zia, Don Marco se n’è andato da sè..., io gli dissi che farò quello che mio padre vuole, ed egli rimase contento che il Signore m’abbia illuminata....

«Illuminata! — diceva singhiozzando la cieca: dunque tu andrai lontana?... tu m’ingannavi?... Fu nulla tutto quello che io penai per te... o Bianca, Bianca!...» E presa tra le mani la testa di lei, le baciava i capelli, la fronte, la bocca, per tutto dove in quella angoscia le cadevano le labbra.

La fanciulla piangeva; il signor Fedele era quasi commosso; il padre Anacleto coglieva il modo di quetare la cieca, e diceva;

«Come! e tu Bianca non hai detto a tua zia, che lo sposo t’ha promesso di stare quassù; di far tua, se vorrai, tutta la valle; di riedificare il castello..., e tante altre bellissime cose? Datti pace Maria, tu starai sempre con essi, sarai l’angelo consolatore della loro casa; ma ora per carità non facciamoci intendere da lui; che potrebbe risentirne la sua salute.»

Damigella Maria, solo a udire che Bianca sarebbe rimasta sempre in C..., sebbene tutti quei giorni si fosse accostumata a fidarsi poco del padre Anacleto, si quetò un tantino; e disse che pigliava un po’ di tempo per [p. 200 modifica]trovare il partito che più le conveniva. Fu lasciata con Bianca; e il signor Fedele salì dall’Alemanno il quale stando a letto aveva udito quel viavai, ma per buona sorte non ci si era raccapezzato.

Nella palazzina si rifaceva la quiete, essendo quasi l’ora di mezzogiorno; e il padre Anacleto tornando al convento guardava se in qualche punto della vallicella scoprisse Don Marco; il quale dallo sgomento di quelle sconfitte, doveva a sentir suo, avere smarrita per lo meno la via.