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pre lì a due passi...., mia fidanzata...., e non vederla....! Ora..., l’ho intesa sospirare, son venuto per dirle che io non posso più reggere..., e veggo che le ho fatto paura...»

«Oh no paura...! credeva fosse il padre Anacleto...» rispose Bianca cogli occhi bassi e colla voce tremante.

«Ebbene — ripigliò l’Alemanno — sono io..., sono io qui, per dirle quello che sa, ma che non ho potuto dirle mai da me..., l’amo, e le chieggo una grazia, quella di dirmi il giorno delle nostre nozze...»

Essa che già era confusa e quasi smarrita, udì queste parole, come fosse stata a camminare sul ciglio d’una rupe altissima, e un impeto di vento l’avesse investita, in punto di mettere un piede nel vuoto. Diede uno sguardo intorno a sè; e il suo pensiero urtò per tutto. L’empio che aveva amato riputandolo un angelo; il frate che si era adoperato a salvarle l’anima; la memoria dei trattamenti paterni del mese addietro; tutto le turbinò in giro, togliendole la vista d’ogni varco a scampare: e alzati un poco gli occhi in viso all’Alemanno, vedendolo in certa guisa abbellito dallo struggimento, aperse le labbra e le venne detto:

«Bisognerà sentire mio padre...

«Oh! benedetta la mia vita! Voi Bianca verrete a far meravigliare le donne delle mie contrade, comparendo un momento in mezzo ad esse! Un momento solo..., poi torneremo quassù, e vi farò signora di tutto quel che vi parrà bello...! Io farò vostro quel castello, che vedeva là dal mio letto, e in questi giorni lo riedificai colla fantasia mille volte...! E lo riedificherò per voi davvero..., vi chiameranno la castellana, ed io sarò l’uomo più felice di questa terra...! Dov’è vostro padre?

«Non è in casa... rispose a fatica Bianca.

«Non è in casa? — sclamò l’Alemanno turbato; poi sentendo dar giù quel bollore dell’animo, proseguì umiliato: «allora.... perdonatemi.... mi perdoni, Bianca, io non lo sapeva...»

E salutando modestamente, lasciò lei che non mosse;