Le colpe altrui/Parte II/Capitolo XI

Capitolo XI

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XI.


La prima volta che Vittoria uscì di casa, dopo il parto, fu per recarsi in chiesa col «bambino nuovo».

Il tempo favoriva la passeggiata; era un pomeriggio tiepido; dalle finestre aperte entrava l’odore della brughiera e in lontananza, tra il verde argenteo dei pascoli, le macchie scure della filirèa pareva galleggiassero nell’acqua.

Tuttavia Marianna Zanche aveva paura che il bambino e Vittoria prendessero freddo.

— È già tardi, — disse guardando l’ombra della casa, — e presto comincia l’umido; sbrìgati, palma; ecco qui il pannolino caldo.

Vittoria s’indugiava a far bello il bambino; gli tirò un po’ con un dito di sotto alla cuffia rossa frangiata un ciuffettino di capelli biancastri, gli legò sotto il mento grassoccio i nastri di seta; e come egli ruminava e faceva smorfie di disgusto, e spalancando ogni tanto gli occhi rotondi d’un verde dorato guardava attentamente il soffitto, ella lo baciò, e diede in gridi di ammirazione.

— Il gattino bianco, la mela d’oro! Apre gli occhi, lui, il bello grande, il dominio senza confini! Gesù, Gesù, come è bello!

Lo sollevò, se lo strinse al seno, fece una giravolta, accennò a lanciarlo lontano. Sembrava tornata fanciulla, quando sbatteva la gonna [p. 302 modifica]davanti alla sua porta, e i suoi occhi brillavano come l’erba al mattino quando è coperta di rugiada.

— Sbrìgati, palma vera; prenderete freddo.

La suocera spiegava la mantiglia di scarlatto segnata con una croce di nastro azzurro; e mentre la stendeva sull’omero e sul petto di Vittoria, si chinò sul bambino e dopo averlo baciato gli fece sul visetto il segno della croce.

— Piccola rondine mia, piccola rondine addormentata...

Una vaga inquietudine, insolita in lei, le velava il viso appassito.

— Chi sa che incontriate Mikali di ritorno. A quest’ora dovrebbe essere arrivato al paese.

Vittoria non rispose. Oramai era abituata alle assenze brevi e lunghe di Mikali, come a un dolore cronico che si fa più o meno acuto secondo le giornate, ma che si sa inevitabile. Ch’egli andasse o venisse, ella era decisa a sopportare tutto: non aveva sopportato l’assenza di lui durante la notte dolorosa del parto? Un uomo che commetteva una simile viltà era capace di tutto. Ed ella era convinta che Mikali si assentava per essere più libero nella sua perdizione: le avevano detto che bazzicava persino dalle fattucchiere, in villaggi lontani: lo avevano veduto su alle rovine del convento, lo avevano veduto con suo cugino Predu il bandito. Due giorni prima s’era assentato dicendo appunto che andava ad accompagnare Predu che s’imbarcava per l’America con passaporto falso. [p. 303 modifica]

Quando la mantiglia fu bene distesa, ella vi mise una mano sopra; con l’altra prese un cero e s’avviò, ma passando dinanzi a zia Sirena seduta accanto al fuoco si chinò alquanto e le fece vedere il bambino.

La vecchia non s’era rimessa del suo catarro; verso il tramonto le padrone la costringevano ad andare a letto; ella però si alzava all’alba e faticava tutto il giorno cercando di frenare la tosse che le ronzava e la pungeva in gola come uno sciame d’api; e il suo viso pallido cascante pareva quello di un cadavere che conservasse ancora un’espressione di rimprovero e di minaccia contro i suoi nemici. A volte persino Mikali aveva soggezione a guardarla.

Davanti a Vittoria e al bambino, quel viso morto parve per un momento riflettere il colore della mantiglia e un barlume di gioia rifulse negli occhi spenti.

— Va a San Pietro delle Immagini, — mormorò, senza baciare il bambino.

E come spinta da un comando, Vittoria andò a San Pietro delle Immagini, la chiesetta che era al di là del paese, fra macchie e roccie. Nella spianata alcune ragazze la raggiunsero, e poichè la fama della bellezza del bambino s’era sparsa nei dintorni, lo vollero vedere, dando in esclamazioni di gioia, chiamandolo il bello grande, la bandiera di seta, il gigante, Bakisio Zanche futuro papa in Roma.

Anche una ragazzetta con un ciclamino in bocca corse giù dalle roccie per vederlo, ma Vittoria lo ricoprì tosto per paura che il fiore [p. 304 modifica]gli cadesse in mano, cosa fatale se avviene prima che il bambino abbia compiuto l’anno.

Una vecchia che scendeva i gradini della chiesetta le domandò:

— E come lo chiamate? Andrìa?

— No, Bakis, come il nonno, — disse Vittoria, e si rattristò.

Entrata nella chiesetta, depose il cero sull’altare tra i vasetti di legno dorato e i fiori polverosi irti come cardi secchi, poi s’inginocchiò sul pavimento. Rimase sola; il tramonto dorava l’antico candeliere di legno fasciato di ragnatele che pendeva dal centro della navata; qualche lucertolina attraversava le pareti andando ad abbeverarsi alla pila dell’acqua santa.

Nella nicchia polverosa un piccolo e tozzo San Pietro in legno, con le chiavi nel pugno, la barba nera coperta di ragnatele, sedeva sopra una roccia come un mandriano taciturno; e intorno a lui, su un avanzo di affresco della parete, viluppi di braccia e di gambe, qualche piede, qualche omero, qualche ginocchio, emergevano dallo sfondo verdastro e scrostato come membra di annegati da uno strato di acqua limacciosa.

Vittoria fissava queste Immagini misteriose e più che al Santo domandava a loro, come a potenze ambigue capaci di bene e di male, la protezione del suo bambino. Sapeva bene perchè la vecchia serva l’aveva mandata là.

— Va a San Pietro delle Immagini...

Bakis Zanche andava laggiù a cantare i Salmi, ogni prima domenica del mese: la sua [p. 305 modifica]figura gigantesca è ancora lì, bianca e nera davanti alle Sacre Immagini, davanti al piccolo Santo che pare gli offra le chiavi affascinato dalla voce potente, dallo sguardo dominatore di lui.

— Santu Paulu, Santu Matteu, Santu Juanne, — ella pregava cullando un poco il bambino che si lamentava sotto la mantiglia come un uccellino nel nido, — ecco ve lo offro, il mio agnellino appena nato, il grappolo d’uva ancora acerba; proteggetelo, ajutatelo, accompagnatelo, che egli diventi forte come Sansone e savio come l’Imperatore Costantino. Eccolo qui, come il dolce sul vassoio, come il fiore nel cespuglio: prendetelo, presentatelo a Dio: che egli diventi felice come il cervo che corre sui monti, bello come la luna che spunta; Santu Jacu, Santu Andrìa...

A questo nome lagrime di tenerezza e di rimorso le velarono gli occhi; le pareva di svenire; sedette per terra e diede il seno al bimbo, e come il bimbo che si abbandonava a una dolce sonnolenza pure continuando a succhiare, ella si abbandonò al suo dolore pure continuando a pregare. In fondo provava una voluttà triste a nutrirsi di quello che le sembrava il castigo di Dio per la sua colpa d’inganno e di tradimento: l’inganno e il tradimento di Mikali.

— Tutto ho provato, — diceva, continuando la sua offerta, — ma tutto vi offro, Signore mio, Santi miei. Neppure quello che le altre madri domandano posso domandare: che mio figlio rassomigli a suo padre. No, no, vi [p. 306 modifica]domando che non gli rassomigli. Mikali mi ha tradita con le serve e con le ostesse, e mi ha abbandonato anche nel parto. Ma sia fatta la vostra volontà, o Signore. Castigatemi pure, castigate me e il mio compagno di colpa, ma che la nostra colpa non ricada su mio figlio come le colpe altrui sono ricadute su noi. Signore, Signore, prendetevi tutta la mia vita, sfogliatela giorno per giorno come un fiore, pestatela come sale nel mortaio, ma che mio figlio sia felice. Amen.

S’alzò confortata e riprese la via. Il sole tramontava e la metà del suo disco fermo sopra la linea del monte le parve un arco aperto su un mondo luminoso, mentre le ombre verdognole della sera coprivano d’umido e di tristezza la terra. Per via la raggiunse la gobbina.

— Ah, da tua madre non sei venuta, ma con le donne ti sei fermata a chiacchierare! E il bambino lo hanno accarezzato, ma la lingua poi l’hanno adoperata, come il coltello sul pane. E dicevano che sei felice, adesso, che non ti manca nulla, dopo che hai corso la cavallina con questo e con quello e hai fatto morire un uomo... E dicevano che adesso Marianna Zanche è contenta, nella casa dond’era stata cacciata; contenta come la volpe che si annida nella tana della lepre dopo che se l’è mangiata viva. Sì, tutte felici, siete, e il prossimo per questo vi odia. Anche Mikali è fortunato; sì, dove trovava una moglie più compiacente di te? Taci?... che pensi? Ecco, questo mi fa rabbia, [p. 307 modifica]in verità mia: taci come un santo di legno. Altre volte non eri così...

Vittoria taceva e affrettava il passo; e le pareva di essere leggera come una piuma e che le parole della donnina si sperdessero in aria col sussurro del vento.

*

Rientrando, trovò frate Zironi seduto sulla panca di cucina, pallido, raggrinzito tutto come una foglia secca, con gli occhi dolci infossati.

— Ebbene, che nuove, para?

— Nuove vecchie: è caduto il tetto del refettorio, e lo speculatore ha ordinato il taglio del bosco; ma di lassù non mi snidano, ti dico; finchè rimarrà una grotta, frate Zironi resterà lassù.

— Ma perchè non vi ritirate in qualche altro convento? Dio è lo stesso in ogni luogo.

— Dio sì, ma noi no!

Ella andò a cambiarsi il vestito e sentì zia Sirena che la chiamava dalla sua camera.

— Prima di andartene a letto vieni, chè voglio dirti una cosa, palma d’oro, poi reciteremo tutte assieme il rosario.

— Mikali è uscito?

— Non l’ho veduto neppure! È rientrato? Che c’è di nuovo?

La vecchia non volle dirle altro, ma la spiegazione gliela diede frate Zironi appena ella rientrò in cucina. [p. 308 modifica]

— Siedi lì, Vittoria, ho da dirti una cosa.

— Anche voi? — ella disse inquieta. — Che c’è dunque stasera?

— Vittoria, — egli cominciò, immobile sulla panca, con le mani entro le maniche e il viso chino illuminato dal chiarore della fiamma, — ciò che devo dirti è grave, e Marianna Zanche può ascoltare poichè ella è in mezzo a voi come il nocciolo dentro il frutto. Sedete lì anche voi, zia Marià, e ascoltate.

La donna sedette per terra, col gomito su una mano e il viso sull’altra; il suo viso pareva di cera, ma gli occhi avevano come un bagliore lontano, che colpì Vittoria.

— È inutile ricordare il passato, — riprese il fraticello. — Esso vive in voi, ed anzi quello che sto per dirvi è l’epilogo di tutto questo passato di errori, dei quali forse ho colpa anch’io... Sì, donne mie: e solo per questo mi sono preso l’incarico di parlare con voi stasera: Mikali mi ha detto che vuol partire per l’America...

— Per l’America? Perchè? — disse Vittoria senza troppa meraviglia. Ma ciò che la sorprendeva era il contegno della suocera. — Voi sapete qualche cosa, madre?

Marianna Zanche le accennò di dar retta al frate.

— Perchè? Per lavorare e guadagnare, dice lui; per far penitenza, dico io. Il Signore lo inspira. Mikali capisce che stando qui, la sua vita sarà sempre oziosa, che i vizi continueranno a incatenarlo come un prigioniero; e vuole andare. Lasciatelo. Uno, due, cinque [p. 309 modifica]anni. Lasciatelo. Imparerà a lavorare, conoscerà la vita dura, si abituerà a tutto: tornerà qui che sarà un altro; porterà l’abitudine di lavorare...

— Ma scusate se vi interrompo, frate Zirò, — disse Vittoria un poco ironica, — è diventato matto, mio marito? Gli è venuto un verme alla testa? Se vuol lavorare non può farlo qui? Prenda la zappa e vada al predio.

— Egli non vuol lavorare in terreno non suo.

— Non suo? E di chi è allora? Non mio certamente. Ma mettiamo pure che non sia nè mio nè suo: non è di nostro figlio?

Marianna Zanche, col viso fra le mani, scuoteva lievemente la testa con rimprovero.

— Mio marito dica piuttosto che vuole andarsene perchè è stanco di me, della famiglia. Vuole fuggire il vizio? Ah, mi fa ridere, del riso sardonico, però. Egli vorrà andarsene per essere più libero...

— Vittoria! Non parlare da donna senza senno, — disse allora la madre, sollevando gli occhi infiammati. E Vittoria la guardò con gelosia.

— Ah, egli s’è confidato con voi? Non occorreva dunque che mandasse il frate con l’ambasciata.

— Vittoria, nelle ore di dolore la madre è prima della moglie.

— Dolore, lui? Lui non conosce che lo spasso e il divertimento; per lui non esiste nè la madre nè la moglie e neppure il figlio. Era forse qui quando è nato? No, egli non può [p. 310 modifica]dire di aver veduto nascere suo figlio. Egli assisteva altra donna, non sua moglie...

— Adesso hai torto, Vittoria. Tu parli senza sapere, — disse il frate. — Egli era là, sì, mentre la donna moriva: egli assisteva vinto dal terrore non dall’amore; ed è stato forse lo spettacolo della morte ad incoraggiarlo nei suoi propositi di penitenza. Sì, — proseguì curvandosi e come parlando sottovoce alla fiamma che sorgeva in mezzo a loro, — tu non hai dunque capito, Vittoria? Egli si pente della morte del fratello, si pente delle sue colpe, ha rimorso di vivere qui, donde era stato scacciato, e vuol farsi una piccola fortuna per non usufruire del patrimonio di Bakis Zanche. Tu capisci, Vittoria; è inutile che io continui...

— Io credo alle vostre parole, ma non credo alle sue: egli vi ha ingannato, come ha ingannato me, sempre....

— Vittoria, figlia mia, basta! Se tu parli così vuol dire che non conosci mio figlio! Egli vuol partire per penitenza e tu, se non vuoi dannarti l’anima, devi lasciarlo partire.

Era la madre che parlava: s’era drizzata sulla schiena e tendeva verso il fuoco le mani che tremavano come insanguinate.

Vittoria si sbiancò in viso e gli occhi le si riempirono di lagrime.

— Credo anche a voi, madre, — disse dopo un momento di silenzio; — ebbene, che egli vada. Ma non basta questo. Ho anch’io un peso sul cuore e voglio liberarmene. Voglio dare [p. 311 modifica]via tutto, voglio anch’io spogliarmi di questa camicia di fuoco. Lo so, lo so; non parlate più, voi due: vi capisco dagli occhi, come voi capite me. Noi viviamo con la roba usurpata, e l’anima di Bakis Zanche ci perseguita col suo odio. Per questo viviamo in discordia. Ma oggi stesso, oggi al tramonto, io lo dissi bene alle Immagini di San Pietro... dissi... prendetevi tutto, ma ridonatemi la pace e salvate mio figlio dall’errore. Dov’è Mikali? — proseguì sempre più eccitata. — Fatelo venire qui; parliamo tutti assieme, combiniamo. Ha paura di parlare con me, mio marito? Chiamatelo: da questo momento io sono disposta ad andare via di qui dove ogni pietra mi brucia i piedi come ferro arroventato. Chiamatelo.

Marianna Zanche si alzò; nulla di meglio anche lei chiedeva: andarsene, ritornare a fare la serva, ma che i suoi figliuoli vivessero in pace.

— Calmatevi, donne, — disse il frate sollevando le mani. — Non sono cose da decidersi così in un momento. Per adesso si tratta solo di lasciare o no partire Mikali. Per partire egli ha bisogno del consentimento della moglie senza il quale non gli concedono il passaporto. Dammi una risposta, Vittoria: Mikali mi attende nello stradone, e così quando egli rientrerà vi intenderete meglio.

— Ma se diamo via tutto, egli non avrà più bisogno di partire. Lavorerà qui.

— Qui non c’è lavoro adatto per lui. Laggiù invece avrà un guadagno sicuro e quando tornerà potrà decorosamente provvedere ai [p. 312 modifica]bisogni della famiglia. Dimmi dunque che cosa devo rispondergli.

— Sì, — disse la madre tornando a sedersi rassegnata davanti al fuoco. — Tutto è pronto: egli ha le lettere che gli assicurano il lavoro, e c’è pure, dice lui, chi gli dà i denari per il viaggio.

— E con me taceva! — mormorò Vittoria, nascondendo il viso fra le mani; ma subito tornò a sollevarsi; — ebbene, che egli venga a parlare con me. Dio ci illuminerà.

Mentre Marianna Zanche dava da cenare al frate, ella andò di là nella sua camera per vedere il bambino e raccogliere le sue idee prima di parlare con Mikali: e sentiva una grave tristezza, ma in fondo al cuore anche un senso di gioia; le sembrava che veramente Dio l’avrebbe illuminata e aiutata, e che già doveva rallegrarsi per il ravvedimento di Mikali.

Ma nel corridoio si fermò turbata; vedeva una forma nera accovacciata sul pavimento, nel chiarore della lampadina di Sant’Isidoro.

— Zia Sirena! Che fate qui? Perchè vi siete alzata?

La vecchia si alzò pesantemente appoggiandosi alla panca su cui sedette; tremava tutta e dalla gola le usciva un ronzio che a tratti diventava un sibilo.

— Sono venuta per domandare consiglio al nostro piccolo Santo. Eccolo lì che fa maturare il grano col solo guardarlo. È lì da anni, Vittoria, è lì da prima che nascesse tua madre, colomba mia. L’ho conosciuto lì da [p. 313 modifica]quando ero bambina e venivo a chiedere un poco di lievito a Chiara Zanche, la madre del padrone morto: un giorno piangevo perchè ero venuta per domandare un cero per mio padre moribondo, e Chiara Zanche mi prese per mano, mi fece inginocchiare qui; io guardai il santo con questi occhi che allora erano perle e mi parve di vederlo sorridere. Tornai a casa; mio padre campò altri vent’anni. E Bakis Zanche urlava quando, più tardi, entrata io qui al suo servizio, lasciavo mancare l’olio alla lampada; e diceva: così verrà meno il tuo senno. La sera della disgrazia lo vidi inginocchiato qui a piangere come un bambino. A te, sì, colomba mia, lo posso dire: una volta sola egli si lamentò con me, quando tornò dall’accompagnare Andrea al camposanto: aveva già la morte negli occhi e mi disse: Sirena, l’uomo forte non deve mai piegare nè a dritta nè a manca, ma forse avrei fatto bene per mio figlio Andrea a dare ascolto al nostro piccolo Santo, quella sera; sì, il nostro piccolo Santo mi consigliava di perdonare. — Hai inteso, Vittoria? Non lasciare andare tuo marito Mikali in America.

Vittoria trasalì e le afferrò il braccio volgendosi a lei tutta ansante.

— Voi pure sapete?

— Io pure so! Mikali è venuto poco fa da me, prima che tu rientrassi, per domandarmi in prestito i denari del viaggio. Gli dissi di sì, ma non glieli darò perchè tu non lo lascerai partire. [p. 314 modifica]

— Anche a voi s’è rivolto! A tutti si è rivolto fuori che a me. Io non conto più nulla per lui! Voi sola mi rimanete. È meglio che mi vediate morire — singhiozzò Vittoria, appoggiandole la testa sull’omero. — È il castigo... è il castigo...

La vecchia la lasciò piangere, ma il suo tremito diventava più forte e gli occhi minacciosi rivolti al Santo si velarono di lagrime.

— Non lasciarlo partire. Vittoria! Egli tornerà a te perchè il marito non può vivere senza la moglie.

— Egli vuole andare per penitenza.

— La vostra penitenza è qui. Che egli lavori qui, se vuole! Tu, Vittoria, non rinunziare alla roba di Bakis Zanche. Tu cammina dritta per la tua via senza volgere nè a destra nè a manca. Essi, di là, saranno contenti.

Il pianto di Vittoria diventò un mugolio disperato: allora la vecchia disse due volte «senti... senti...» senza poter proseguire e ansò, stringendole la mano con la sua mano scarna e forte come un artiglio; poi trasse di sotto al grembiale il libro di Bakis Zanche e cercò una paginetta ch’ella conosceva senza saperla leggere.

— Tutti siamo colpevoli. Leggi qui sul suo libro.

Vittoria si asciugò gli occhi e lesse il versetto che l’unghia nera della vecchia le segnava.

«E Gesù disse: chi è senza peccato scagli la prima pietra...» [p. 315 modifica]

La vecchia guardava anche lei la pagina quasi vi sapesse leggere, e ripetè sottovoce:

— Tutti siamo colpevoli. Io, tu, Mikali, sua madre, i morti...

— Andrea no... povera anima!

— Lui più di tutti. Ha offeso il Signore rifiutando la vita come uno che rifiuta un dono perchè non gli sembra abbastanza prezioso. E Bakis Zanche era un peccatore anche lui. E peccavamo insieme, quando sua moglie era qui... appena sposa. Perchè dunque gettare la pietra? Sai cosa ti dico, Vittoria? Siamo noi che cerchiamo di caricare le colpe nostre sugli altri. Senti, non lasciar partire Mikali.

Entrambe sollevarono il viso: nel cerchio di luce proiettata dalla lampadina, il piccolo santo vestito di rosso usciva dall’ombra della nicchia come da una grotta, guidando i buoi neri sulle cui corna spuntavano i frutti delle quattro stagioni, — l’oliva, la ghianda, l’arancia, l’uva: le spighe si maturavano nella sua mano come nella terra di luglio ed egli spingeva il carro verso i campi ove fa sempre sereno.

*

Come un peso cadde dal cuore di Vittoria; la mente le si snebbiò e vide chiaro ciò che doveva fare.

Ajutò zia Sirena a mettersi a letto, ripose il libro sotto il guanciale e promise di ritornare dopo il colloquio con Mikali.

E attese nella sua camera: tutto là dentro era in ordine e sotto il basso soffitto di legno [p. 316 modifica]i vecchi mobili dormivano circondati dalla loro ombra, e il letto era bianco come la sera delle nozze. Come era possibile lasciare partire Mikali da quella casa ove egli, nei primi tempi dopo il matrimonio, l’aveva amata fino a farle dimenticare i fantasmi che la circondavano? Adesso toccava a lei; ma il cuore le batteva, come quel giorno in riva al torrente, quando avevano rifatto la pace. Si sentiva debole, davanti a lui, e prevedeva che egli, appunto come in quel giorno, le avrebbe rinfacciato di essere stata lei a creare la loro sorte. E in ultimo se ne andrebbe lo stesso, senza il consenso di lei, lasciando la casa vuota e buia, e lei sola in mezzo alle tenebre ed ai fantasmi.

Mise il bimbo nella piccola culla e per addormentarlo si inginocchiò e cominciò a battergli lievemente una mano sulle braccine fasciate, improvvisando una ninna-nanna:

Mai mi benzas mancu,
Su puzone biancu,
Dormi e ista chin Deu
Prend’ e consolu meu...1

Cantava, ma il suo pensiero andava, nelle tenebre dell’avvenire, triste e smarrito; anche quando il bambino chiuse gli occhi ella continuò la ninna-nanna; e la sua voce tremava e le sue lagrime cadevano dentro la culla come dentro una tomba.

Note

  1. Mai non venirmi meno,
    Uccello bianco.
    Dormi e sta con Dio,
    Giojello e consolazione mia...